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Napoli

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  1. Isabel
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    Provincia di Napoli

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    - Info-

    La provincia di Napoli (pruvincia 'e Nàpule in napoletano) è un ente locale della Regione Campania, la sua area geografica e amministrativa conta 3.079.711 abitanti, è la terza più popolosa, nonché la più densamente popolata d'Italia. Si estende su una superficie di 1.171 km² e comprende 92 comuni. Affacciata a sud e ad ovest sul mar Tirreno, confina a nord con la provincia di Caserta e la provincia di Benevento, a est con la provincia di Avellino e a sud – est con la provincia di Salerno. Situata nella parte centrale costiera della regione, disposta a mezzaluna intorno al celebre golfo di Napoli; è racchiusa tra la Terra di Lavoro a nord, i gruppi montuosi del Partenio e del Pizzo d'Alvano a levante, la catena dei monti Lattari a mezzogiorno e il mar Tirreno a ponente. Al centro è dominata dal Vesuvio. Il PIL pro capite nominale della provincia, secondo dati Unioncamere relativi al 2009, si attesta sui 15.758 €.

    Storia

    Già in età preromana era abitata da popolazioni osce, subì particolarmente lungo le coste il dominio etrusco, fu poi colonizzata dai greci, che, sull'isola d'Ischia e a Cuma, fondarono le loro colonie più settentrionali (VIII secolo a.C.). In epoca classica fece interamente parte della I REGIO augustea con gli importanti municipi di CUMA (Cuma), PUTEOLI (Pozzuoli) e NEAPOLIS (Napoli).
    Dopo il crollo dell'impero romano il territorio divenne bizantino, nacque il Ducato di Napoli (VI secolo, si articolava in cinque distretti: Territorium Plagiense, Territorium Puteolanum, Ager Neapolitanum, Territorium Nolanum e Liburia; questi ultimi due furono a lungo contesi dai longobardi di Benevento.
    La conquista del Mezzogiorno da parte del normanno Ruggero II, re di Sicilia, pose fine all'esistenza del ducato: da allora il territorio rientrò nella vasta regione geografica Terra di Lavoro, fu soggetta prima agli Svevi, poi agli Angioini e quindi agli Aragonesi. Rimase sotto il controllo dei viceré spagnoli dal 1503 al 1714, quando passò per breve tempo sotto il dominio austriaco e, a partire dal 1734, fu assegnata ai Borbone; durante il dominio francese, la provincia fu ufficialmente istituita da Giuseppe Bonaparte re di Napoli. Il sovrano decretò l'abolizione del feudalesimo e riformò la ripartizione territoriale del regno sulla base del modello francese, con la legge 132 del 1806 Sulla divisione ed amministrazione delle province del Regno di Napoli.

    Demografia

    La Provincia di Napoli ha delle peculiarità che la distinguono nettamente dalle altre province italiane: oltre ad avere una vulnerabiltà sismica e vulcanica, dovuta alla presenza del Vesuvio e dei Campi Flegrei, il suo territorio (1.171 km²) occupa appena l'8,6% della superficie campana (13.590 km²) e in essi è concentrata più della metà dell'intera popolazione regionale. Tale fenomeno di sovraffollamento ha creato un forte squilibrio demografico con le altre quattro province della Campania, più estese e meno popolate. Per avere un'idea dei suoi limiti basti considerare che la distanza tra Napoli e Caserta è pari al diametro del grande raccordo anulare di Roma (23 km). Dunque, San Pietro si trova all'incirca dov'è Aversa, cioè al confine tra le province di Napoli e Caserta. Fino agli inizi dell'Ottocento questo confine non c'era. La piana campana, quale unità geomorfologica, storica, economica, formava una sola provincia: la Terra di Lavoro. Il territorio, per quanto esiguo, è caratterizzato dalla presenza di numerosi centri completamente urbanizzati e con un'elevata quantità e densità di popolazione che già nel 1903 Francesco Saverio Nitti definì "la corona di spine che attorniano la città e la soffocano". La densità abitativa della provincia di Napoli infatti è pari a 2632 ab/km², 4 volte superiore a quella della Provincia di Roma (778 ab./km²), 9 volte quella di Firenze e più di 10 volte quella di Palermo (249 ab./km²); ben 12 comuni della provincia di Napoli superano infatti i 50 000 abitanti e nell'elenco dei primi 60 comuni italiani ne figurano tre dell'orbita napoletana: Giugliano, Torre del Greco e Pozzuoli. Del vasto entroterra restano porzioni di territori in cui l'intensità colturale è ancora elevata, distanti dai centri abitati e situati perlopiù nelle frazioni dell'area settentrionale che lambisce il casertano, oggi provincia autonoma, ma fino al 1945 nel perimetro della provincia napoletana, che nel corso degli ultimi due secoli ha conosciuto diversi riassetti amministrativi e territoriali. Con l'espansione urbana di Napoli durante il regime fascista, dovuta all'annessione di una parte degli antichi casali autonomi che oggi corrispondono ai quartieri periferici della città e la soppressione della Terra di lavoro nel 1927, la provincia napoletana amplia il suo territorio incorporando i circondari di Caserta e Nola. Nel 1945, con decreto luogotenenziale n. 373 dell'11 giugno 1945 del governo Bonomi, fu istituita la provincia di Caserta, comprendente la parte della provincia di Terra di Lavoro passata alla provincia di Napoli ad eccezione del circondario Nola - Acerra. Quest'ultima pianificazione traccia il perimetro della attuale provincia di Napoli, oggi caratterizzata da una diffusa urbanizzazione spesso incontrollata e che ha creato una delle conurbazioni più vaste d'Italia. I comuni cresciuti perlopiù sulle vecchie strade statali, come la Nazionale delle Puglie, la Sannitica, il miglio d'oro e l'antica via delle Calabrie, oggi non sono altro che dei suburbi di piccole e medie dimensioni, una sorta di quartieri decentrati e sovrappopolati, un mosaico di frammenti istituzionalmente autonomi, che gravitano sulla città pur non rientrando nella sua area urbana. Allo stato attuale infatti è quanto mai difficile distinguere la linea di confine tra città madre, aree contigue ed entroterra, completamente saldate tra loro in un unico agglomerato urbano senza soluzione di continuità, sia nella vasta area nord (giuglianese, afragolese, acerrana e nolana) che in quella flegrea, vesuviana e torrese-stabiese; meno caotiche e fuori dalla conurbazione sono la Penisola Sorrentina e le isole del golfo, Ischia, Capri e Procida. L'eccessiva, disordinata e speculativa cementificazione dell'hinterland napoletano, non ha creato una armatura urbana omogenea, gradevole e dotata di strutture adeguate, ma ha trasformato gran parte della provincia in periferia; tale trasformazione non è stata però accompagnata da uno sviluppo economico, urbanistico ed infrastrutturale atto a garantire una buona qualità della vita e dei servizi ed ha aumentato un grande fenomeno di pendolarismo verso il centro della metropoli, che tutt'oggi, nonostante il suo crescente e costante calo demografico non è in grado di reggere una tale dilatazione, la struttura interna, lo scheletro (fisico e metafisico) della città storica, non è in grado di sostenere il peso sovracomunale di un entroterra tanto popoloso e sovraurbanizzato che nel corso degli anni si è totalmente insediato nel suo tessuto urbano, economico e sociale. Napoli si presenta quindi dal punto di vista urbanistico come una delle metropoli più compatte, popolose e congestionate d'Europa è la terza d'Italia o seconda, se si conta la sua area metropolitana (non ancora delimitata) che secondo stime di diversi istituti di ricerca e statistica valica i suoi confini provinciali.

    Comuni
    Appartengono alla provincia di Napoli i seguenti 92 comuni:
    • Acerra • Afragola • Agerola • Anacapri • Arzano
    • Bacoli • Barano d'Ischia • Boscoreale • Boscotrecase • Brusciano
    • Caivano • Calvizzano • Camposano • Capri • Carbonara di Nola • Cardito • Casalnuovo di Napoli • Casamarciano • Casamicciola Terme • Casandrino • Casavatore • Casola di Napoli • Casoria • Castellammare di Stabia • Castello di Cisterna • Cercola • Cicciano • Cimitile • Comiziano • Crispano
    • Ercolano
    • Forio • Frattamaggiore • Frattaminore
    • Giugliano in Campania • Gragnano • Grumo Nevano
    • Ischia
    • Lacco Ameno • Lettere • Liveri
    • Marano di Napoli • Mariglianella • Marigliano • Massa Lubrense • Massa di Somma • Melito di Napoli • Meta • Monte di Procida • Mugnano di Napoli
    • Napoli • Nola
    • Ottaviano
    • Palma Campania • Piano di Sorrento • Pimonte • Poggiomarino • Pollena Trocchia • Pomigliano d'Arco • Pompei • Portici • Pozzuoli • Procida
    • Qualiano • Quarto
    • Roccarainola
    • San Gennaro Vesuviano • San Giorgio a Cremano • San Giuseppe Vesuviano • San Paolo Bel Sito • San Sebastiano al Vesuvio • San Vitaliano • Sant'Agnello • Sant'Anastasia • Sant'Antimo • Sant'Antonio Abate • Santa Maria la Carità • Saviano • Scisciano • Serrara Fontana • Somma Vesuviana • Sorrento • Striano
    • Terzigno • Torre Annunziata • Torre del Greco • Trecase • Tufino
    • Vico Equense • Villaricca • Visciano • Volla

    Piano territoriale

    La Regione Campania ha suddiviso il territorio in sei macro aree omogenee che dovranno formare la futura Città metropolitana di Napoli con la conseguente abrogazione della provincia, ai sensi della legge n°142/90, della riforma del titolo V dell'articolo 114 e della legge 42/2009 sulle autonomie locali. Le leggi approvate prevedono il decentramento di funzioni amministrative nelle municipalità cittadine e nei comuni della provincia; il tutto è racchiuso nel progetto denominato Grande Napoli che dovrebbe portare ad una nuova strategia di governo del territorio. Un primo passo per la nascita della città metropolitana è stato avviato dal comune di Napoli nel 2005 con l'abolizione delle 21 circoscrizioni cittadine e la nascita delle 10 Municipalità. I novantuno comuni della provincia dovrebbero trasformarsi in comuni metropolitani e assorbire diverse funzioni che oggi detiene l'ente provinciale. La Città Metropolitana costituirà quindi un passaggio ad un quadro normativo semplificato, in cui il livello intermedio tra Regione e comuni (necessario per gestire molte importanti funzioni quali i trasporti, la gestione dei rifiuti, le infrastrutture) risponderà pienamente e con più efficacia ad una omogeneità territoriale di fatto già esistente.

    Itinerari turistici

    Pompei e Vesuvio

    ☺ Centro storico di Napoli.
    ☺ Monumenti di Napoli.
    ☺ Napoli sotterranea.
    ☺ Catacombe di Napoli.
    ☺ Città della scienza.
    ☺ Vesuvio.
    ☺ Stazioni Metrò dell'Arte.
    ☺ Golfo di Napoli.
    ☺ Pompei, Ercolano e Torre Annunziata con i loro siti archeologici legati all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C..
    ☺ Miglio d'oro e le antiche Ville Vesuviane.
    ☺ Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa.
    ☺ Castellammare di Stabia, con la Reggia di Quisisana, le terme e i siti archeologici legati all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C..
    ☺ Isole di Capri, Ischia e Procida.
    ☺ Pozzuoli, Rione Terra, la Solfatara, Anfiteatro Flavio, Cuma.
    ☺ Bacoli e il Castello di Baia, Casina Vanvitelliana.
    ☺ Sorrento e Penisola sorrentina tra cui Vico Equense con le sue spiagge e il suo Monte Faito.
    ☺ Agro nolano antiche civiltà etrusche, Basiliche Paelocristiane di Cimitile.
    ☺ Striano e Poggiomarino con i loro siti archeologici dell'età del Ferro sulle Rive del Fiume Sarno.

    Edited by PatriziaTeresa - 7/6/2015, 11:06
     
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  2. Allodola_Diaz
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    Duomo di Napoli

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    - Info -

    Il duomo di Santa Maria Assunta è la cattedrale dell'arcidiocesi di Napoli. È tra le più grandi basiliche della città; inoltre, ospita il battistero più antico d'occidente (battistero di San Giovanni in Fonte). Il tempio sorge lungo il lato est di via Duomo, in una piazzetta contornata da portici.

    Cenni storici

    Secondo la Cronaca di Partenope, risalente al XIV secolo, qui sorse l'oratorio di Santa Maria del Principio, dove Aspreno, il primo vescovo della città, decise di insediare l'episcopato di Napoli. A partire dal IV secolo nacquero diversi edifici di culto nell'insula episcopale e tra queste si ricordano la basilica di Santa Restituta, il battistero di San Giovanni in Fonte e diverse cappelle annesse come quelle di San Lorenzo, Sant'Andrea e Santo Stefano. Nel XIII secolo fu iniziata la costruzione dell'edificio sacro inglobando le precedenti strutture paleocristiane del battistero e della primitiva basilica. La costruzione della cattedrale comportò anche la demolizione di altre strutture, come la basilica Stefania, voluta dall'arcivescovo Stefano I (fine del V secolo - inizi del VI) e rimaneggiata dopo un incendio dall'arcivescovo Stefano II (seconda metà dell'VIII secolo), il cui quadriportico è visibile nel Palazzo arcivescovile. La struttura era stata decorata con mosaici e panni dipinti, collocati negli intercolumini delle navate dall'arcivescovo Attanasio I (849-872). Per la progettazione e la costruzione della nuova chiesa, per volontà del re Carlo II di Napoli e d'intesa con l'arcivescovo Giacomo da Viterbo, che aveva sollecitato al sovrano tale opera, vennero chiamati architetti di estrazione francese. La cattedrale fu completata nel 1313. La seconda parte del cantiere fu eseguita da maestranze locali o italiane: le fonti indicano Masuccio I, Giovanni Pisano e Nicola Pisano. Durante il terremoto del 1349 crollarono il campanile e la facciata , che venne ricostruita agli inizi del XV secolo in stile gotico. A metà del secolo, un altro terremoto danneggiò gravemente la cattedrale, facendo crollare alcune parti della navata, che in seguito fu però ricostruita. Tra il 1497 e il 1508 fu realizzata come cripta la cappella del Succorpo, con decorazioni di Tommaso Malvito. In seguito al voto fatto dai partenopei al santo durante la pestilenza del 1526, Francesco Grimaldi innalzò, di fronte alla basilica di Santa Restituta, la Reale cappella del tesoro di San Gennaro. Nel 1621 il tetto a capriate venne coperto da un cassettonato in legno.

    Esterno

    La facciata della cattedrale fu ricostruita più volte nel corso dei secoli: quella attuale fu rifatta in stile neogotico da Errico Alvino alla fine dell'Ottocento ed inaugurata solo nel 1905. Il progetto dell'Alvino è peraltro incompleto in quanto mancano le due torri campanarie ai lati del corpo centrale della struttura, i cui lavori furono interrotti all'altezza del basamento.
    Il decoro della facciata aveva il compito di assemblare alle preesistenti strutture gotiche dei portali, risalenti ad una prima fase ricostruttiva avvenuta nel 1407, altre opere in marmo per le quali furono chiamati importanti scultori del panorama artistico di fine XIX secolo: Salvatore Cepparulo, Domenico Jollo, Alberto Ferrer, Giuseppe Lettieri, Raffaele Belliazzi, Salvatore Irdi, Michele Busciolano, Stanislao Lista e Tommaso Solari. Ai lati del finestrone centrale ci sono sculture di Francesco Jerace e Domenico Pellegrino.

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    Particolare del
    portale principale:
    opera di Tino
    di Camaino
    e Baboccio
    da Piperno

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    Uno dei leoni che
    caratterizzano la facciata
    La facciata presenta una struttura a salienti, con tre portali gotici e tre cuspidi, ornate da sculture in marmo, in corrispondenza di ognuna delle tre navate; in quella centrale, entro un rosone cieco, si trova la statua del Cristo Benedicente. Nel progetto di Alvino fu previsto dunque l'inserimento di opere risalenti ai lavori di rifacimento di inizio Quattrocento, infatti il portale centrale, sostenuto da leoni stilofori consumati dal tempo di Tino di Camaino, così come i due portali laterali, in stile gotico internazionale, sono pressoché originali ed eseguiti su committenza del cardinale Enrico Minutolo, appartengono allo scultore Antonio Baboccio da Piperno, che eseguì nella lunetta centrale anche le sculture dei Santi Pietro e Gennaro ed il Cardinale Minutolo adorante, ai lati della Madonna col Bambino ancora del Camaino. Nella facciata si aprono inoltre cinque finestre, anch'esse in stile gotico: due bifore nei due basamenti dei campanili, due trifore, una per ognuna delle due navate laterali, e la quadrifora nella navata centrale.
    La facciata fu danneggiata durante la seconda guerra mondiale e restaurata nel 1951, ma un restauro integrale fu eseguito nel 1999; nell'occasione l'architetto Atanasio Pizzi ha realizzato il rilievo della facciata principale, del cassettonato ligneo della navata centrale e del transetto in scala 1/1.
    Dei tre portali, per tradizione, quello di destra viene aperto solo in occasioni particolari, come durante le festività per san Gennaro oppure un matrimonio di un membro della famiglia Capece Minutolo.







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    Il cardinale Crescenzio Sepe durante il rito dello scioglimento del sangue di san Gennaro

    Nel 1688 e nel 1732 furono ricostruite le parti più danneggiate dai terremoti e nella seconda metà del Seicento, si ebbero gli interventi barocchi nelle cappelle, arricchite da decorzioni marmoree e in stucco. Nel 1732 vennero ricostruiti l'abside e i transetti. Nel 1788, un ulteriore restauro apportò modifiche alla navata, trasformata secondo un revival gotico con influssi settecenteschi. Per esigenze estetiche fu quindi bandito un concorso per la facciata, che fu innalzata nell'Ottocento in stile neogotico da Errico Alvino. Durante il seconda guerra mondiale i bombardamenti alleati danneggiarono le strutture e pertanto, tra il 1969 e il 1972, vennero effettuati restauri e consolidamenti strutturali all'intero edificio. Durante gli scavi vennero portati alla luce resti archeologici romani, greci e altomedioevali che oggi sono raccolti negli scavi archeologici del duomo. Uno dei più recenti restauri è stato apportato alla cappella del Succorpo e ha permesso il recupero del cassettonato marmoreo del Cinquecento. Oggi la chiesa ospita due volte l'anno il rito dello scioglimento del sangue di san Gennaro.

    Architettura

    La facciata fu ricostruita più volte nel corso dei secoli: quella attuale fu rifatta in stile neogotico da Errico Alvino alla fine dell'Ottocento ed inaugurata solo nel 1905. Il progetto dell'Alvino è peraltro incompleto in quanto mancano le torri campanarie ai lati del corpo centrale della struttura, i cui lavori furono interrotti all'altezza del basamento. Al decoro della facciata, che aveva il compito di raccordare le preesistenti strutture gotiche dei portali, furono chiamati importanti scultori del panorama aristico di fine XIX secolo: Salvatore Cepparulo, Domenico Jollo, Alberto Ferrer, Giuseppe Lettieri, Raffaele Belliazzi, Salvatore Irdi, Michele Brusciolani, Stanislao Lista e Tommaso Solari. Ai lati del finestrone centrale ci sono sculture di Francesco Jerace e Domenico Pellegrino. Nel progetto di Alvino fu previsto l'inserimento delle opere di Tino da Camaino per ornare il portale principale sostenuto da leoni stilofori consumati dal tempo. I portali lateriali, risalenti al principio del XV secolo, in stile gotico internazionale erano stati eseguiti dallo scultore Antonio Baboccio da Piperno. La facciata fu danneggiata durante la seconda guerra mondiale e restaurata nel 1951, ma un restauro integrale fu eseguito nel 1999; nell'occasione l'architetto Atanasio Pizzi ha realizzato il rilievo della facciata principale, del casettonato ligneo, della navata centrale e del transetto in scala 1/1.

    Interno

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    Visuale dell'interno

    L'interno, a pianta a croce latina con cappelle, è lungo circa 100 m. La navata centrale è delimitata da una sequenza di otto pilastri per lato, in cui sono incorporati fusti di antiche colonne romane, sulle quali poggiano gli archi ogivali, decorati a stucco e marmo. Il soffitto a cassettoni, intagliato e dorato, ospita tele di Fabrizio Santafede e Girolamo Imparato. Sulle pareti della navata ci sono dipinti di Luca Giordano, mentre sui sedici pilastri sono sistemate le edicole con i busti dei vescovi della città, scolpiti tra il Seicento e il Settecento. Sulla controfacciata sono collocati i sepolcri dei sovrani angioini, così disposti da Domenico Fontana nel 1599. Sotto l'arcata sinistra c'è il fonte battesimale secentesco, che riutilizza una vasca di basalto egiziano di epoca romana, sulla quale è posto un gruppo bronzeo raffiguarnte il Battesimo di Gesù. Il transetto ospita due grandi opere di Giorgio Vasari.


    Basilica di San Pietro ad Aram

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    - Info -

    La Basilica di San Pietro ad Aram è una chiesa di Napoli. È famosa perché, secondo la tradizione, il tempio custodirebbe l'Ara Petri, ovvero l'altare su cui pregò san Pietro durante la sua venuta a Napoli. La basilica si erge nel centro storico della città e, fino all'Ottocento, era affiancata da un chiostro monumentale.

    Cenni storici



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    La navata

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    L'altare maggiore
    Per la sua particolare antichità papa Clemente VII, le concesse il privilegio di poter celebrare il giubileo un anno dopo quello di Roma, in modo da evitare un eccessivo affollamento nella capitale pontificia, ma anche per evitare al popolo napoletano l'allora faticoso viaggio. I post-giubilei vennero celebrati nel 1526, nel 1551 ed infine nel 1576. Papa Clemente VIII abolì questo privilegio alla città nel XVII secolo. Secondo la leggenda la chiesa è sorta sul luogo dove san Pietro aveva battezzato Santa Candida e Sant'Aspreno, i primi napoletani convertiti, come narra anche l'affresco nel vestibolo (recentemente attribuito a Girolamo da Salerno). Nel vestibolo vi è l'altare in marmo con iscrizione Angioina e colonnine sveve, sormontato dal baldacchino di Giovan Battista Nauclerio. L'attuale ristrutturazione è del XVII secolo (compiuta negli anni fra il 1650 e il 1690), su precedente disegno di Pietro De Marino e Giovanni Mozzetta. Alla fine del secolo scorso, con i lavori del cosiddetto Risanamento, i capitelli del distrutto chiostro di età Aragonese furono trasferiti nel sacello di Sant'Aspreno in piazza Borsa. Il portale dell'ingresso secondario (XVI secolo), da cui si accede alla chiesa, è in pietra scolpita a motivi di girali vegetali e proviene dal Conservatorio dell'Arte della Lana, in vico Miroballo, demolito per i lavori del Risanamento.

    L'interno

    L'interno è a navata unica, a croce latina. Sull'altare della prima cappella sulla destra vi è il rilievo con la Madonna delle Grazie di Giovanni da Nola; la tela con il Giubileo è opera di Wenzel Cobergher, del 1594. Nel transetto destro il San Raffaele è di Giacinto Diano, il Battesimo di Cristo di Massimo Stanzione, la Madonna con San Felice da Cantalice e di Andrea Vaccaro. Nel presbiterio sibi collocate due tele giovanili di Luca Giordano: San Pietro e San Paolo si abbracciano prima di andare al martirio e La consegna delle chiavi. Il coro ligneo, del 1661, è di Giovan Domenico Vinaccia. Nelle rimanenti cappelle, tra gli altri, dipinti di Sarnelli, Pacecco De Rosa, Giacinto Diano, Cesare Fracanzano e Nicola Vaccaro.

    Organo a canne

    Sulla cantoria alle spalle dell'altare maggiore, si trova l'organo a canne Tamburini opus 291, costruito nel 1950.Lo strumento, a trasmissione elettrica, ha due tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note. La mostra è composta da cinque cuspidi formate da canne di Principale e Violoncello prive di cassa.

    La cripta

    Dal transetto sinistro si scende nella cripta, che in seguito ai restauri del 1930 si rivelò essere una chiesa paleocristiana; questa presenta tre navate, articolate con colonne monolitiche in marmo, dove sono state scoperte anche delle catacombe. In queste catacombe è presente un culto delle anime del purgatorio simile a quello praticato nel cimitero delle Fontanelle.



    Basilica santuario del Gesù Vecchio dell'Immacolata di Don Placido

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    - Info -

    La basilica santuario del Gesù Vecchio è una delle basiliche di Napoli; si trova in via G. Paladino, nel cuore del centro storico della città. Il tempio è denominato "del Gesù Vecchio" (o dell'Immacolata di Don Placido) per via del fatto che successivamente, causa l'espansione della Compagnia di Gesù, a breve distanza fu costruita una nuova chiesa molto più vasta conosciuta col nome di chiesa del Gesù Nuovo (o della Trinità Maggiore). Nel 1958 è stata elevata alla dignità di basilica minore.

    Storia


    La basilica venne fondata nel 1554, mentre quattro anni dopo i lavori furono portati avanti sotto la direzione di Giovanni Tristano che realizzò la chiesa con il primo nucleo del collegio. Dal 1568 al 1575 i lavori vennero proseguiti da Giovanni De Rosis, che iniziò anche l'espansione del collegio del Salvatore su disegno del precedente architetto gesuita. Al 1578 risale l'innauguarazione del refettorio. Appena dopo, nel 1583, nei lavori di espansione del collegio subentrò, per circa ventidue anni, Giuseppe Valeriano. Tuttavia, tra il 1608 e il 1623 la chiesa venne ricostruita su disegno di padre Pietro Provedi e solo al 1623 il cantiere venne diretto da Agatio Stoia; la chiesa fu aperta al culto un anno dopo. Dal 1630, e per i successivi ventiquattro anni, vennero realizzati diversi lavori da Cosimo Fanzago, come il Cappellone di San Francesco Saverio, la rampa di collegamento tra l'edificio di clausura e l'atrio e il Cappellone di Sant'Ignazio di Loyola. Nel 1678 Giovan Domenico Vinaccia ridisegnò la terza cappella; lo stesso architetto, nel 1688, progettò anche la facciata. Nel 1700 venne aperta la biblioteca, mentre a metà del secolo vi fu un rimaneggiamento tardobarocco su progetto di Giuseppe Astarita. Nei dieci anni che intercorrono il 1767 e il 1777 si registra l'espulsione dei Gesuiti e la riconversione della struttura in Real Liceo Convitto e, successivamente, nella sede dell'Università di Napoli. Al contempo la stessa chiesa divenne parrocchia di Santa Maria della Rotonda. Al principio del XIX secolo venne risistemanta l'abside e, col ritorno dei Gesuiti, la chiesa divenne Rettoria e fu affidata al ven. Don Placido. Ciononostante, i religiosi vennero di nuovo espulsi nel 1806 e due anni dopo venne costituita la biblioteca universitaria; verso la fine del secolo e l'inizio del Novecento la struttura venne inglobata nel complesso universitario, così come appare oggi. Fu danneggiata durante il terremonto del 1980.

    Descrizione

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    Scorcio dell'interno

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    Particolare dell'altare
    La chiesa presenta una facciata, realizzata sul finere del XVII secolo da Giovan Domenico Vinaccia in stile barocco, dall'andamento leggermente convesso: al centro si apre il portone d'accesso, sovrastato da una grande finestra rettangolare. L'interno della chiesa ha una struttura architettonica a croce latina, con un'unica navata e cappelle laterali, e conserva numerose opere d'arte, tra cui, nella terza cappella a sinistra, la tela raffigurante San Luigi Gonzaga, opera di Battistello Caracciolo (1627), i dipinti di Marco Pino da Siena (Trasfigurazione, Madonna e Santi, Circoncisione), alcune tele di Girolamo Cenatiempo (1712) nella prima, terza e quarta cappella a sinistra, la pala di San Francesco Saverio, opera di Cesare Fracanzano (1641) e la statua di San Francesco Borgia di Pietro Ghetti. L'altare maggiore racchiude una scultura dell'Immacolata appartenuta a Don Placido. In sacrestia vi è il dipinto di Francesco De Mura raffigurante Maria che indica il monogramma di Cristo a San Luigi Gonzaga (metà del XVIII secolo).

    Edited by PatriziaTeresa - 7/6/2015, 12:20
     
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    Basilica di Santa Restituta

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    - Info -

    La basilica di Santa Restituta è l'antica chiesa cattedrale di Napoli: di origine paleocristiana è raggiungibile dalla navata sinistra dell'attuale cattedrale di Santa Maria Assunta.

    Storia


    SMazy
    Il soffitto dipinto
    della navata centrale
    La fondazione della basilica è attribuita all'imperatore Costantino in base ad un passo della vita di papa Silvestro I nel Liber pontificalis: "[…] eodem tempore fecit Costantinus Augustus basilicam in civitatem Neapolim" (in italiano: […] in quel tempo, l'imperatore Costantino edificò una basilica nella città di Napoli). In origine si presentava a cinque navate, più estesa rispetto a come la vediamo oggi, e forse dotata di un ingresso per ognuna delle navate. Dopo il terremoto del 1456, le navate più esterne furono trasformate in cappelle laterali e i corrispondenti ingressi murati per rafforzare l'edificio. Altri lavori di consolidamento furono condotti nel 1742 per volontà del cardinale arcivescovo Giuseppe Spinelli, che fece murare altri due ingressi laterali per consentire maggiore stabilità all'edificio. Risalgono alla fine del Seicento, invece, i restauri che hanno determinato l'attuale aspetto barocco della basilica, condotti da Arcangelo Guglielmelli.

    Descrizione

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    Lello da Orvieto: mosaico
    raffigurante la Madonna
    in trono con bambino
    tra San Gennaro e
    Santa Restituta nella
    cappella della Madonna
    del Principio
    Si accede alla basilica tramite un portale situato nella quarta campata della navata di destra della cattedrale, in asse con quello d'accesso alla Cappella del Tesoro di San Gennaro che si apre sulla navata opposta, ma non con l'altar maggiore della basilica, rispetto al quale è spostato verso destra. Lo spazio interno della basilica è suddiviso in tre navate da sette arcate ogivali per lato sorrette dalle antiche colonne originarie. I restauri della fine del XVII secolo hanno lasciato la struttura dell'edificio inalterata, modificandone, però, lo stile architettonico e apportando, dunque, le relative modifiche: a questi restauri, infatti, si deve la foggia rettangolare delle finestre della navata maggiore. Mentre il soffitto delle navate laterali è ancora quello originario con volte a crociera gotiche, quello della navata centrale è frutto dei rifacimenti barocchi ed è opera di Luca Giordano; i dipinti della pareti, invece, sono opera di Santolo Cirillo, mentre i tondi affrescati con le immagini di alcuni santi sono di Francesco De Mura. La parete di fondo della navata centrale è decorata dal grande drappeggio in stucco di Arcangelo Guglielmelli e realizzata grazie anche alla collaborazione del Ghetti e di Lorenzo Vaccaro che incornicia il dipinto Gloria del Salvatore di Nicola Vaccaro. La parete d'ingresso, invece, presenta un affresco che la occupa completamente e che raffigura una falsa prospettiva architettonica. L'abside, più bassa rispetto alla navata centrale, presenta, nel catino absidale, l'affresco duecentesco con al centro Cristo in trono e, dietro l'altare la pala cinquecentesca Madonna in trono fra i santi Michele e Restituta. Fra le cappelle laterali, la più rilevante è la Cappella della Madonna del Principio, collocata in fondo alla navata di sinistra. Nell'abside vi è l'affresco Madonna in trono col Bambino fra i Santi Gennaro e Restituta, realizzato nel 1322 da Lello da Orvieto; al centro della cappella, invece, l'altare barocco. Dalla navata di destra si accede all'antico Battistero di San Giovanni in Fonte, mentre alle spalle dell'abside vi è l'accesso agli scavi archeologici del Duomo.

    Organo

    Sulla cantoria della controfacciata vi è l'organo positivo barocco costruito nel 1750 da Tomaso de Martino. Lo strumento possiede ancora le caratteristiche foniche ed estetiche originarie ed è stato ripristinato nel 1994 con un restauro da Bartolomeo Formentelli. La cassa, riccamente decorata con intagli dorati e motivi floreali dipinti, presenta la mostra, costituite dalle canne del registro di Principale 8', collocata entro una serliana. L'organo ha una tastiera di 50 note (Si-1-Do5) con prima ottava cromatica e una pedaliera di 12 note (Si-1-Sib1); la trasmissione è integralmente meccanica. La sua disposizione fonica in base alla posizione dei pomelli dei vari registri nelle due colonne della registriera.




    Reale cappella del tesoro di San Gennaro

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    Cupola della Cappella del Tesoro vista da Piazza Riario Sforza

    - Info -

    La Reale cappella del tesoro di San Gennaro, all'interno del Duomo di Napoli, oltre a custodire le reliquie ed il sangue di san Gennaro, è uno dei gioielli universali dell'arte napoletana, ricca di marmi, affreschi, dipinti e altre opere d’arte dei migliori artisti dell'epoca è sicuramente uno dei monumenti più importanti del barocco napoletano seicentesco.

    Storia

    Negli anni 1526 e 1527 la città di Napoli subì contemporaneamente due flagelli: la guerra tra Spagna e Francia, che ebbe come principale teatro proprio il Regno di Napoli, e la pestilenza, che trovò terreno fertile con la carestia e con la fame conseguente alla guerra. Per questi tragici avvenimenti, il popolo partenopeo il 13 gennaio 1527, nell'anniversario della traslazione delle ossa di san Gennaro da Montevergine a Napoli, implorò la protezione del santo patrono, formulando il voto solenne di erigergli una nuova e più ampia cappella del tesoro nel duomo. Quella precedente, infatti, situata nella torre esistente sulla sinistra della facciata del duomo, era troppo angusta e vi si accedeva attraverso una disagevole e stretta scala. L'impegno del popolo fu immediatamente assunto e sottoscritto dagli Eletti della città, cioè dai rappresentanti dei cinque Sedili nobili e del Sedile del popolo che il 5 febbraio 1601 nominarono una deputazione di dodici membri, due per ciascun Sedile, a cui affidarono l'incarico di provvedere alla fondazione della cappella. La Deputazione della real cappella del tesoro costituisce tuttora un'istituzione di esistenza plurisecolare, espressione diretta della città di Napoli e del legame tradizionale tra il popolo e il Santo martire. La cappella del tesoro, progettata dall'architetto teatino Francesco Grimaldi, fu inaugurata il 16 dicembre 1646 e nello stesso giorno vi furono trasferite le reliquie del santo, le statue d’argento e le preziose suppellettili già presenti nel tesoro vecchio.

    Architettura e arte


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    Scorcio dell'interno
    La cappella del tesoro conserva la struttura architettonica, il cancello e il pavimento, disegnati da Cosimo Fanzago ed è decorata di marmi pregiati, da sculture, da argenti lavorati e da numerose pitture e affreschi. Il primo sabato di maggio tutto il popolo vi si trova nel particolare momento del miracolo della liquefazione del sangue. Le maggiori sculture furono eseguite dal carrarese Giuliano Finelli allievo del Bernini; l'insieme della decorazione marmorea peraltro aveva avuto inizio nel 1610 su disegno del Grimaldi ed era stata realizzato nell'arco di oltre un ventennio sotto la direzione di Cristoforo Monterosso. L'altare della cappella è in porfido e fu disegnato da Francesco Solimena, mentre il grande paliotto dell'altare maggiore, commissionato dalla Deputazione a Giovan Domenico Vinaccia, è d'argento a sbalzo e raffigura varie scene di vita popolare e religiosa, tra le quali il racconto della traslazione del corpo del santo da Montevergine a Napoli, voluta dal vescovo Carafa e la scena di san Gennaro che benedice la città. Dietro l'altare, due nicchie con sportelli argentei custodiscono il busto e le ampolle. Il busto del patrono, sempre d’argento, fu realizzato da tre orafi provenzali e donato da Carlo II d'Angiò nel 1305. Nel capo del busto sono conservate le ossa del cranio di san Gennaro. Nel febbraio 2009, sulle mura dei vecchi ambienti della struttura sono stati rinvenuti degli affreschi risalenti al XVI secolo circa.

    Edited by PatriziaTeresa - 7/6/2015, 12:21
     
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  4. Regina_Villareal
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    Chiesa dei Girolamini

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    - Info -

    La chiesa dei Girolamini (o Gerolomini) è una chiesa basilicale di Napoli. È tra i più vasti edifici di culto napoletani (le sue dimensioni sono paragonabili a quelle della Cattedrale); inoltre, il suo interno presenta un'elevata concentrazione di opere artistiche, scultoree ed architettoniche poiché vi lavorarono a più riprese, vari artisti di estrazione toscana, emiliana e romana. Si erge in via dei Tribunali. Essa fa parte di un complesso monumentale situato nel centro storico di Napoli, di fronte al Duomo di San Gennaro. Nel complesso, oltre alla chiesa basilicale in oggetto, è ospitata una prestigiosa pinacoteca, una biblioteca con oltre 150.000 volumi, l'Oratorio dell'Assunta (detto "degli artisti"), la Cappella dei Dotti parzialmente integra a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale e la Cappella dei bambini. La chiesa, dopo una chiusura durata oltre trent'anni, pur necessitando di restauri, è stata riaperta al pubblico nel settembre 2009. Tuttavia è stata richiusa per via dei danni subiti durante il capodanno 2011 nel quale alcuni petardi hanno danneggiato diverse vetrate ed alcuni stucchi dell'interno costringendo così la chiesa ad essere oggetta di ulteriori restauri. Nel maggio 2011, la chiesa viene definitivamente restaurata e nuovamente aperta portando, inoltre, alla luce altri dipinti chiusi al pubblico da molti anni. I dipinti, mai mostrati sono quattro di Luca Giordano (San Gennaro nella fornace, San Carlo Borromeo e San Filippo Neri, San Carlo Borromeo bacia le mani a San Filippo Neri e San Nicola di Bari ed i fanciulli salvati dal tino) e tre di Guido Reni (Gesù incontra San Giovanni Battista, L’estasi di San Francesco e la Fuga in Egitto). Successivamente vengono mostrati al pubblico altre due tele di Luca Giordano, interessate da recenti lavori di restauro: San Canuto Re e Madonna col Bambino. Nel novembre 2011 il complesso dei Girolamini apre per la prima volta al pubblico le porte del convento; viene inaugurata una mostra di disegni e stampe del XVIII e XIX secolo recuperate dall'archivio oratoriano e viene aperta la storica sala della biblioteca detta Sala del Camino. La chiesa dei Gerolamini è accessibile dalla facciata laterale, su via Duomo, ovvero accanto all'edificio che ospita l'omonima quadreria. Infine, sempre accanto all'ingresso laterale della chiesa e sempre facente parte del complesso dei Gerolamini, vi è l'accesso all'oratorio dell'Assunta.

    L'esterno


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    Le Tavole dei
    Comandamenti
    in ebraico
    La chiesa venne eretta negli anni novanta del XVI secolo su progetto di Giovanni Antonio Dosio nelle forme classiche toscane; dopo la sua morte fu continuata da Dionisio Nencioni di Bartolomeo fino all'ultimazione nel 1639. La cupola fu eretta a metà del XVII secolo da Dionisio Lazzari; egli realizzò anche la facciata, che però fu rifatta nel 1780 su disegni di Ferdinando Fuga. Si presenta in marmi bianchi e bardiglio. Ai lati è delimitata da due campanili gemelli dotati di orologi, mentre il prospetto vero e proprio è impaginato su due ordini delimitati da una trabeazione: nel registro inferiore, articolato per mezzo di lesene scanalate, si aprono tre portali, di cui quello centrale è il maggiore; il gruppo scultoreo sovrastante il portale centrale riproduce le tavole dei comandamenti con il testo in ebraico. La parte superiore della facciata è alleggerita mediante un finestrone rettangolare sormontato da un timpano triangolare, oltre il quale svetta un coronamento costituito da un timpano arcuato e spezzato, al centro del quale si innalza un setto decorato con l'immagine della Maternità, sormontato da un ulteriore timpano arcuato. Nelle nicchie dell'attuale prospetto sono poste delle statue iniziate da Cosimo Fanzago e ultimate da Giuseppe Sammartino; altre statue, opera dello stesso scultore, sono collocate sul portale.

    L'interno

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    Scorcio delle tre navate
    L'interno è molto vasto, e presenta una pianta a croce latina suddivisa in tre navate per mezzo di ventiquattro colonne di granito (dodici per lato). Le cappelle sono dodici (sei per lato), tutte decorate quasi omogeneamente, da artisti di estrazione toscana, romana ed emiliana. Sulla controfacciata c'è un affresco di Luca Giordano, mentre la calotta interna della cupola è stata rinnovata nel 1845 con affreschi di Camillo Guerra. Le sculture sono del Bernini. Il presbiterio è cinto da una balaustra marmorea e nell'abside, a pianta rettangolare, sono presenti dipinti di Giovanni Bernardino Azzolino e Belisario Corenzio; nella cappella a destra c'è una decorazione marmorea di Dionisio Lazzari e di Jacopo Lazzari e affreschi di Francesco Solimena. Infine il soffitto a cassettoni venne decorato nel 1627 da Marcantonio Ferrara, Nicola Montella e da Giovanni Iacopo De Simone. Tra la navata centrale e quella a sinistra, lungo il colonnato, è visibile la tomba di Giambattista Vico. Proprio al filosofo napoletano, che donò le prime edizioni di tutte le sue opere al convento, è dedicata una sala (la sala Vico) dell'annessa e mai aperta al pubblico biblioteca, quest'ultima custode di circa 200.000 manoscritti (di cui circa 6.500 riguardano composizioni ed opere musicali dal XVI al XIX secolo).

    I chiostri

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    Il Cortile degli Aranci


    I chiostri della chiesa (l'accesso è in via Duomo, al numero 142) sono due:
    • il chiostro piccolo detto Maiolicato venne realizzato su progetto del Dosio, che adattò lo spazio del cortile di Palazzo Serripando in un chiostro a pianta quadrata. Il corpo di fabbrica è sorretto da cinque colonne per lato, mentre ai quattro lati ci sono pilasti in piperno; la pavimentazione, in maioliche, è stata ricavata dal precedente edificio. Al centro c'è un pozzo cinquecentesco;
    • il secondo è detto dell' Aranceto, proprio per le coltivazioni di aranci. Fu eretto nel Seicento sui disegni di Dionisio Nencioni di Bartolomeo e di Dionisio Lazzari. Questo è il più grande fra i chiostri; la struttura del corpo di fabbrica è sorretta da possenti pilastri ed i giardini sono ad una quota più bassa rispetto al suolo e sono collegati con l'ambulacro tramite scale.


    La quadreria

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    Complesso dei Girolamini: particolare della facciata d'ingresso di fronte al Duomo

    Adiacente al complesso religioso vi è la quadreria dei Girolamini, la quale espone importanti tele della scuola napoletana (Battistello Caracciolo, Massimo Stanzione, Francesco Solimena e Luca Giordano) e di altri importanti autori operanti in città (Jusepe de Ribera, Guido Reni e Francesco Gessi). La quadreria è frutto di donazioni fatte da privati a partire dall'anno di fondazione dello stesso istituto, ovvero dal XVI secolo.

    I sotterranei

    Posti dietro all'altare maggiore, i sotterranei dei Girolamini costituiscono un luogo esoterico. La cripta è costituita da due stanze: la prima serviva come sepoltura nella terra dei padri oratoriani, la seconda è custode di centinaia di ossa. Inoltre il luogo è caratterizzato da un affresco raffigurante San Filippo, la cui base è accompagnata da un altarino in marmo (destinazione d'uso ancora ignota). Per molto tempo i teschi sono stati oggetti di culto (vi si trovano ancora bigliettini di richieste), esattamente come accadeva nel ben più vasto Cimitero delle Fontanelle; un fattore che ha dato un'ulteriore prova della doppia natura religiosa del popolo napoletano: cattolica e pagana. Secondo la leggenda il luogo fungeva come ulteriore laboratorio di studio del principe Raimondo di Sangro. I sotterranei sono stati chiusi nel 1979 e riaprono occasionalmente solo in via eccezionale.



    Chiesa dei Pappacoda

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    - Info -

    La chiesa o Cappella dei Pappacoda è una chiesa monumentale di Napoli; si erge in largo San Giovanni Maggiore.

    Cenni storici

    Venne realizzata nel 1415 e prende il nome dal consigliere di re Ladislao I d'Angiò, Artusio Pappacoda. La chiesa è nota anche come Cappella di San Giovanni dei Pappacoda. La struttura religiosa è stata rimaneggiata nella seconda metà del XVIII secolo.

    La cappella

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    Facciata della Cappella

    Il tempio è preceduto da una grande cancellata eretta non molti anni fa per impedire vandalismi e saccheggi; la facciata è in tufo giallo sulla quale vi è uno splendido portale ogivale gotico, in marmo bianco e piperno, di Antonio Baboccio, datato al 1415. Interessanti sono le opere medioevali custodite all'interno, i due sepolcri di Angelo e Sigismondo Pappacorda dello scultore rinascimentale Girolamo Santacroce e gli Evangelisti del neoclassico Angelo Viva.

    Il campanile

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    Campanile della Cappella


    Il grazioso campanile che si caratterizza per una bella associazione cromatica nei materiali impiegati, il tufo giallo e il piperno grigio scuro, è del XV secolo. Presenta archetti trilobi e colonnine binate, finestre bifore, e nelle parti alte numerosi frammenti scultorei marmorei antichi, di epoca romana, reimpiegati, fra cui una grande testa in marmo bianco e rilievi funerari con ritratti di coniugi a mezzo busto.

    La cappella oggi

    La Cappella Pappacoda, situandosi proprio di fronte al Palazzo Giusso, sede storica dell'Università degli studi di Napoli "L'Orientale", è spesso utilizzata dalla stessa Università come sede per le sedute di laurea.



    Edited by PatriziaTeresa - 7/6/2015, 12:23
     
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  5. Isabel
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    Basilica dell'Incoronata Madre del Buon Consiglio

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    - Fonte -

    La Basilica dell'Incoronata Madre del Buon Consiglio è la più recente basilica di Napoli (XX secolo). Accanto alla basilica è presente l'ingresso alle catacombe di San Gennaro, antiche aree cimiteriali sotterranee risalenti al II secolo le quali rappresentano il più importante monumento del Cristianesimo a Napoli.

    Storia

    La chiesa fu fortemente voluta da Maria di Gesù Landi. Nata a Napoli il 21 gennaio 1861, già da bambina dimostrava fervide vocazioni spirituali. Ella si distinse per la sua grande devozione alla Madonna del Buon Consiglio di cui, nel 1884, si fece dipingere un quadro.

    Fu molto amata dal popolo napoletano a seguito di due miracoli:
    • nel 1884 mostrò al popolo l'immagine della Madonna del Buon Consiglio e l'epidemia di colera che attanagliava Napoli in quel periodo, cessò immediatamente;
    • nel 1906, a seguito di un'eruzione del Vesuvio, la città era sotto una densa coltre di cenere e numerosi tetti e solai crollarono; di conseguenza Maria espose il quadro fuori al balcone di casa e un raggio di sole lo illuminò. Qualche giorno dopo l'eruzione cessò e su Napoli la cenere cominciò a scemare.


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    La basilica dall'alto
    Più tardi, ottenne il riconoscimento del culto, l'incoronazione del quadro e l'aggiunta del titolo Regina della Cattolica Chiesa. Nel frattempo, i pellegrinaggi si susseguirono numerosi e, ben presto, sopra le catacombe, venne eretto questo tempio; fatto erigere esattamente dove le aveva chiesto la Vergine Maria durante le sue contemplazioni. La costruzione della basilica è durata quarant'anni (1920-1960); fu edificata su progetto dell'architetto Vincenzo Veccia ad imitazione della Basilica di San Pietro in Vaticano, sia all'interno che all'esterno. Maria di Gesù Landi morì il 26 marzo 1931, ma la costruzione della basilica proseguì. All'interno vi sono numerose opere d'arte e, nelle cappelle laterali, le tombe delle principesse di casa Savoia, dei cardinali Alessio Ascalesi, Corrado Ursi e Michele Giordano, e di Maria di Gesù Landi. Il tempio ha custodito momentaneamente dipinti provenienti da altre chiese della città dopo il terremoto dell'Irpinia. La cultura popolare vuole che durante il sisma del 1980 il busto marmoreo raffigurante la Madonna si staccò, cadendo in piedi e senza subire danni. In realtà la statua, a figura intera, si divise in due parti e la parte superiore, il busto, cadde dal frontone della chiesa senza danni e senza ferire nessun passante. Una lastra di pietra posta all'ingresso della Basilica lascia intendere erroneamente che la statua si sia del tutto frantumata in quanto recita queste parole: « Scossa della violenza del sisma che alle ore 19:25 di domenica 23 novembre 1980 sconvolse Napoli, il busto marmoreo si staccò dal blocco inferiore della statua raffigurante la Madonna con il bambino e precipitò dall'alto della facciata, frantumandosi sulla scala di accesso al tempio; è stata accuratamente restaurata, la sacra immagine fu qui riposta il 26 aprile 1981 e vi è rimasta come oggetto di continua testimonianza di amore e pietà mariana fino al 4 giugno 1983, allorquando, consolidate le strutture della facciata; è stata ricollocata al suo posto in alto, vigile protettrice alle soglie della città » Intorno al complesso vi sono le Catacombe di San Gennaro e il parco di Capodimonte con l'omonima reggia. Nel piazzale della basilica vi è una nuova entrata monumentale alle catacombe di San Gennaro, rappresentata da un grande busto del santo alto più di 4 metri, per quindici quintali di peso; l'opera, la più grande del suo genere presente in città, è stata realizzata da Lello Esposito.

    Catacombe di San Gennaro

    Accanto alla chiesa è visitabile il più antico ritratto conosciuto di san Gennaro, risalente al V secolo, che raffigura il martire tra una bambina ed una donna e con il capo sormontato dalla scritta Sancto Martyri Januario. Tale ritratto fa parte del sito delle catacombe di San Gennaro, uno dei più importanti resti archeologici della città.






    Basilica della Santissima Annunziata Maggiore

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    - Fonte -

    La Basilica della Santissima Annunziata Maggiore è una chiesa basilicale di Napoli; è situata nel quartiere Pendino nei pressi di Forcella, nel centro storico della città.

    L'istituzione: la Real Casa dell'Annunziata di Napoli


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    Interno

    La basilica attuale fa parte di un vasto complesso monumentale costituito in origine, oltre che dalla chiesa, da un ospedale, un convento, un ospizio per i trovatelli ed un "conservatorio" per le esposte (le ragazze povere e/o prive di famiglia, che venivano internate per conservarne la virtù, ma anche fornite di una piccola dote per essere maritate). L'istituzione, dedicata alla cura dell'infanzia abbandonata, era patrocinata dalla Congregazione della Santissima Annunziata, fondata nel 1318. Nel 1343 la regina Sancha d'Aragona, moglie di Roberto d'Angiò, provvide a dotare la congregazione, che crebbe, da allora, all'ombra dei re di Napoli, assumendo la veste giuridica di Real Casa dell’Annunziata di Napoli. La congregazione, sostenuta dalle famiglie nobili di Napoli, fu ricca ed ebbe vita assai lunga, giungendo fino a metà del Novecento. Nei secoli gli edifici che costituivano il complesso furono variamente rimaneggiati: l'edificio che ancora oggi ospita l'ospedale ginecologico e pediatrico fu restaurato ancora a metà del XVIII dai Borboni, come recitano le iscrizioni del cortile interno.

    La ruota degli esposti

    Su via dell'Annunziata, a sinistra dell'arco cinquecentesco d'ingresso, è ancora visibile - benché oggi chiuso - il pertugio attraverso il quale venivano introdotti nella ruota gli "esposti", cioè i neonati che le madri abbandonavano, per miseria o perché illegittimi. La ruota e l'ambiente dove essi venivano ricevuti sono stati recentemente restaurati e sono visitabili (da questa condizione derivano i numerosissimi cognomi Esposito, Degli Esposti e così via). A partire dal XVI secolo esistono registri nei quali si annotavano il giorno e l'ora di ingresso, l'età e lineamenti del piccolo, e gli eventuali segni distintivi - abiti, biglietti o piccole doti - con i quali era stato consegnato. A volte si trattava di una parte di una moneta o di un cartiglio, grazie ai quali chi lo lasciava pensava di poterlo riconoscere e riprendere in tempi di miglior fortuna, più spesso i piccoli arrivavano solo con gli stracci che li coprivano. La ruota fu chiusa nel 1875, ma siccome l'unità d'Italia non aveva certo debellato la miseria del popolo, ancora per diversi anni i piccoli continuarono ad essere esposti, nottetempo, sui gradini della chiesa.

    La basilica


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    Facciata principale della chiesa

    La prima chiesa fu realizzata nel XIII secolo dagli Angioini. L'edificio fu poi completamente ricostruito e ampliato a partire dal 1513; la ricostruzione fu presa in mano nel 1540 da Ferdinando Manlio. La chiesa fu però quasi completamente distrutta da un grande incendio nel 1757 ed i lavori di ristrutturazione vennero affidati a Luigi Vanvitelli. L'artista seppe riutilizzare gli ambienti cinquecenteschi, incorporandoli nell'attuale struttura, ma non riuscì a portare a termine i lavori che vennero proseguiti sotto la direzione del figlio Carlo. Nella seconda guerra mondiale l'edificio fu gravemente danneggiato e si dovette sottoporlo ad un complicato restauro che interessò sia l'interno che l'esterno.

    Descrizione
    La ricostruzione intrapresa nel Settecento conferì alla chiesa un aspetto tardo-barocco, in cui si avverte peraltro l'influenza del classicismo francese dei secoli XVII e XVIII. All'esterno ciò è evidente nella facciata, caratterizzata da un andamento leggermente concavo e ornata con due ordini sovrapposti di colonne classiche. Sulla sinistra della chiesa è conservato il possente campanile cinquecentesco. L'interno, a croce latina con navata unica e sei cappelle laterali, è considerato tra le più belle creazioni di Luigi Vanvitelli; si presenta molto ampio e prevale il principale intervento settecentesco di suddetto artista e del figlio Carlo (la disposizione delle 44 colonne corinzie che raccordano la navata alle cappelle laterali). In particolare, le cappelle laterali, intervallate dalle possenti colonne binate, richiamano alla mente l'articolazione della Cappella Palatina nella Reggia di Caserta, realizzata proprio da Luigi Vanvitelli.

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    Altra visuale dell'interno
    Dal punto di vista artistico, all'interno è da citare la Cappella Carafa, scampata al disastroso incendio, che ha conservato in maniera intatta marmi e monumenti sepolcrali del XVI secolo. La sacrestia possiede affreschi di Belisario Corenzio (Le storie del Vecchio Testamento, 1605), mentre gli arredi lignei intagliati sono di Salvatore Caccavallo e di Girolamo D'Auria. Un ulteriore elemento di spicco è sicuramente la maestosa cupola di Domenico Fontana che, insediata su un alto tamburo, dona maestosità all'intera struttura. L'altezza della chiesa raggiunge i 67 metri. Tra gli elementi recuperati dell'edificio cinquecentesco è la sepoltura di Francesco Nomicisio, nativo di Tropea, vescovo di Lesina, che dopo 24 anni di governo, morì a Napoli nel 1507 e fu sepolto in questa basilica, di cui era stato rettore, con questo epitaffio: «REVERENDO DOMINO FRANCESCO NOMICISIO HUIUS ALMAE BASILICAE RECTORI ET PONTIFICI LESINESI MAGISTRI SEPULCRUM FECERE AN. SAL. MDVII».

    Il succorpo


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    La chiesa sotterranea: il succorpo dell'Annunziata

    Per consentire le celebrazioni religiose anche durante i lavori di ricostruzione, il Vanvitelli realizzò una chiesa sotterranea, indipendente da quella superiore, anche se posta in corrispondenza della cupola. Si tratta di un ambiente particolarissimo e assai suggestivo: seminterrato, rispetto al livello del cortile, a pianta circolare e a volta ribassata, con sei nicchie-altare nelle quali Vanvitelli sistemò alcune delle sculture sopravvissute all'incendio della chiesa cinquecentesca, più due aperture diametrali per le porte che aprono il cerchio. La particolarità dello spazio interno è sottolineata da un ulteriore cerchio interno costituito da otto coppie di colonne tuscaniche. L'organizzazione dello spazio evoca, in piccolo, quella di Santo Stefano Rotondo a Roma, nonché quella dell'atrio ottagonale della Reggia di Caserta (sempre di Vanvitelli). Tra le sculture presenti si ricordano una Madonna con Bambino di Domenico Gagini, il Battesimo di Gesù di Andrea Ferrucci (1507) ed altre settecentesche di Francesco Pagano.






    Basilica dello Spirito Santo

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    - Fonte -

    La Basilica dello Spirito Santo è una basilica di Napoli; è sita di fronte al Palazzo Doria d'Angri.

    Storia


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    L'interno della navata

    Nel 1562 fu edificata una piccola chiesa e due conservatori, presso il palazzo del duca di Monteleone, dalle congreghe dei Bianchi (Real Compagnia ed Arciconfraternita dei Bianchi dello Spirito Santo) e dei Verdi, così chiamate per via degli abiti indossati. Tra il 1572 e il 1576 furono eseguiti lavori di ampliamento sotto la direzione di Cafaro Pignaloso e Giovanni Vincenzo Della Monica; i lavori durarono fino al primo quarto del XVII secolo sotto la direzione di Simone Moccia, autore del portale. Nel 1748, Nicola Tagliacozzi Canale disegnò la sacrestia e nel 1754 Luigi Vanvitelli scelse, fra quattro progetti, quello di Mario Gioffredo che venne iniziato solo nel 1758. Il progetto di Gioffredo mirava alla conservazione del portale in facciata del primo Seicento e delle cappelle laterali del Cinquecento, mentre rinnovava l'invaso centrale, con la costruzione di una cupola più alta in grado di illuminare la navata. I lavori vennero ultimati nel 1775 e l'edificio venne rilevato, insieme ai conservatori e al convento, nella Mappa del Duca di Noja; il raffronto della cartografia con quella del secolo successivo mette in evidenzia un'area non completamente edificata, come invece risulta nella pianta dello Schiavoni, dove si notano nuovi fabbricati attorno al convento.

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    La cupola
    Nel 1929 furono condotti i restauri riguardanti la chiesa. Nel dopoguerra il conservatorio fu demolito parzialmente e rifatto, alterando il rapporto tra preesistenze e nuove edificazioni. Nel 1990 furono condotti restauri sia nella chiesa che nei locali annessi a seguito del sisma del 1980. È stata donata alla comunità del Rinnovamento Carismatico Cattolico, chiamata Comunità Gesù Risorto.

    Descrizione
    La facciata è sobria ed imponente; la domina una delle più eleganti cupole della città. L'interno della chiesa è formato da un'unica vasta navata, con cupola e tribuna. Alla destra e alla sinistra dell'ingresso, sono da ammirare i due monumenti funebri di Ambrogio Salvio e di Paolo Spinelli (opere scultoree di Michelangelo Naccherino). Ulteriori opere di Naccherino sono locate anche nella quarta cappella. Il tempio è inoltre arricchito da dipinti di Francesco De Mura (abside) e Fedele Fischetti (altare del transetto destro), da citare anche i pregevoli dipinti di Fabrizio Santafede.

    Edited by PatriziaTeresa - 5/6/2015, 13:07
     
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  6. tagliatella86
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    a cappella pappacoda mi sono laureata io alla specialistica :)
     
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    Bellissima citta'.... :wub:

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