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Krotone

Capoluogo di provincia

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  1. Isabel
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    Crotone antica

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    - Fonte -

    "Sembra che la città coltivasse soprattutto l'arte militare e le gare di atletica: nel corso di un'olimpiade i primi sette che si classificarono nella corsa dello stadio erano tutti crotoniati; sicché pare giustamente che si dicesse che l'ultimo dei crotoniati era il primo degli altri greci"
    [Strabone, VI, 1,12]

    La colonizzazione

    Nell'VIII secolo a.C., per molteplici motivazioni – in cui rientrano, ma non esclusivamente, cause demografiche, sociali, economiche e politiche, e finalità commerciali - si avviano dalle comunità della Grecia continentale ed insulare le migrazioni di coloni che, guidati da un ecista (oikistès), partono alla volta dell'Occidente. Qui, in aree precedentemente esplorate lungo rotte percorse a fini commerciali o per approvvigionarsi di materie prime (soprattutto metalli) con modalità di rapporti con le popolazioni indigene che variano da caso a caso. si insediano le nuove poleis, città-stato indipendenti. La colonia infatti è definita in greco apoikia per sottolineare il distacco dalla madrepatria (metropolis). Le nuove comunità politiche, sfuggite a guerre, carestie o altro, si insediano in genere in territori pianeggianti, prossimi a corsi d'acqua ed in un primo tempo alla costa, con buone possibilità agrarie legate alla fertilità dell'area occupata, senza talvolta disdegnare la posizione strategica e il controllo di rotte commerciali. Si comprende dunque che il fenomeno della colonizzazione greca d'Occidente è complesso e sfaccettato, legato all'origine dei gruppi etnici. Esemplari in tal senso sono proprio le fondazioni greche nell'attuale Calabria.

    Gli Achei, che fondarono Sibari e Crotone, ad esempio, mirarono innanzitutto allo sfruttamento agricolo. La prima, in particolare, si pose a dominio di una delle più fertili piane dell'Italia Meridionale. La seconda, oltre a disporre di terre coltivabili, aveva scali portuali a controllo di importanti vie marittime nel Mar Jonio. I Calcidesi invece, giunti precedentemente sulle rive dello Stretto, dove avevano fondato Zancle (Messina), consolidarono la loro posizione strategica a controllo delle rotte che da lì passavano fondando Reggio.

    In seguito, rafforzata la propria posizione, le colonie greche lungo la costa ionica della Calabria (Sibari, Crotone, Locri Epizefirii) favorirono l'insediamento di altre colonie sullo Jonio (Metaponto, Kaulonia) e promossero la fondazione di sub-colonie, presto indipendenti, sulle coste tirreniche, come nel caso di Hipponion (Vibo Valentia) e Medma (Rosario), fondate da Locri Epizefiri o Poseidonia-Paestum, fondata dai Sibariti, e Terina fondata da Crotone.



    Storia Insediativa

    Dalla preistoria alla protostoria agli antefatti della fondazione

    La particolare conformazione del tratto di costa ionica tra la foce del fiume Neto, la foce del fiume Esaro, il promontorio Lacinio (odierno Capo Colonna), Capo Rizzuto e Le Castella, insieme ad altre particolarità geografiche del territorio che su quella costa si affaccia, ha da sempre attirato le comunità umane ad insediarvisi in modo più o meno stabile. Nel Neolitico (7000-3000 a.C.) si segnalano strumenti in pietra e selce, ceramiche dello stile di “Stentinello”, di “Serra d'Alto” e di “Diana”, rinvenuti per esempio a Capo Alfiere e in località Soverito. Nel periodo successivo, l'Eneolitico (o Età del Rame), la presenza umana nel territorio è documentata dallo strumentario in pietra e manufatti ceramici provenienti dal territorio di Isola Capo Rizzuto (KR). All'età del Bronzo rimandano eccezionali materiali provenienti dalla Crotoniatide meridionale e dalle prossime aree presilane di Roccabernarda (asce da parata in bronzo) e Cotronei e dalle colline di Cirò Superiore (depositi di asce ad occhio, anche non rifinite). Un grandissimo interesse riveste poi un frammento di vaso di produzione micenea (Miceneo I-II, 1550-1425 a.C.) da Capo Piccolo, testimonianza di contatti precoloniali tra le genti locali e commercianti di stirpe greca. Quanto all'area che sarà prescelta dai coloni greci per l'impianto della nuova colonia e quelle su cui sorgeranno santuari famosi, primo fra tutti l'Heraion lacinio, risultano abbastanza stabilmente frequentate da genti indigene tra l'età del Bronzo e l'età del Ferro. Lo provano frammenti di ciotole ad impasto dell'età del Bronzo e della prima età del Ferro, recuperati da strati molto profondi a cui si è attinto in occasione di indagini in via Firenze e in via XXV Aprile, ma anche nel rione S. Francesco . Ad un periodo che precede di poco l'arrivo degli Achei, appartengono alcuni frammenti di fibule ad arco serpeggiante in bronzo provenienti da diversi cantieri urbani, ma anche dalla necropoli in località Carrara.

    Crotone Greca

    La fondazione e la prima generazione di coloni

    Le prime generazioni di coloni che si insediarono nella nuova città di Kroton hanno lasciato come testimonianze materiali numerosi frammenti di ceramiche d'uso databili fra la fine dell'VIII sec. a.C. e l'inizio del VII sec. a.C. Si tratta di frammenti di coppe e crateri della classe «di Thapsos» (coevi alla fondazione e databili intorno al 730-720 a.C.), con fitta trama di motivi geometrici, prodotti a Corinto e presto imitati anche localmente, ceramiche protocorinzie (soprattutto kotylai) e greco-orientali.

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    Il VII secolo a.C., a conferma dell'importanza del nuovo insediamento, avviato verso un ulteriore sviluppo, colpisce per la notevole quantità di materiali di importazione e di produzione locale, soprattutto fittili, segno della vitalità dei traffici commerciali dalla madrepatria e della perizia raggiunta dalle officine artigianali crotoniate. Se ancora cospicua è la circolazione di manufatti corinzi, dall'Attica giunge l'olio, nelle anfore cosiddette «SOS» (in vetrina è presente il collo di un'anfora della variante «OSO»). Dalla Grecia insulare e dal mondo greco orientale provengono altre classi di manufatti, quali unguentari, piatti, coppe (come quella rodia «ad uccelli» dell'inizio del VII sec. a.C.). Tra i numerosi frammenti di crateri subgeometrici prodotti localmente spicca quello dall'area Montedison con la rappresentazione del tripode delfico che scelto, come émblema della polis achea a ricordo della sua fondazione, comparirà nel VI sec. a.C. sulle monete cittadine (vedi scheda numismatica).

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    Dal VII sec. a.C. alla guerra con Siris, dalla difatta della Sagra all'arrivo di Pitagora e alla distruzione di Sibari. L'età arcaica è dominata ancora da produzioni artigianali di qualità che giungono attraverso i soliti canali di approvvigionamento nella città ionica, che provvede poi a diffonderle nel suo territorio e fino all'area tirrenica. Inoltre si consolidano attività produttive metallurgiche e in terracotta, ampiamente documentabili non solo attraverso varie classi di reperti, ma anche grazie all'esplorazione in città di aree artigianali con fornaci di vario genere. Riguardo alle importazioni spiccano alcuni prodotti dalle forme eleganti di elevata funzionalità le “coppe ioniche”, destinate a bere il vino annacquato nei banchetti. Questi manufatti saranno prontamente imitati nel mondo coloniale e resi disponibili a più buon mercato. Accanto ad esse continua la produzione di vasellame decorato da stanchi motivi subgeometrici. Tra le manifestazioni dell'artigianato artistico locale, di notevole interesse sono la coroplastica e le produzioni a rilievo (ceramiche e arule). Nella prima classe, oltre ad oggetti di dimensioni ridotte (per esempio un torello, di scarto, e una figura femminile nuda), più corsivi e correnti, rientrano anche opere ‘rare', di dimensioni poco inferiori al vero, come la testa femminile dai marcati tratti ionici (primi decenni del VI sec. a.C.) o della metà del vero, come la testa maschile dal cantiere di via Firenze, che rimanda allo Zeus fittile di Poseidonia.

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    Le ceramiche e arule a rilievo, che hanno un riscontro preciso anche nelle altre poleis achee sul mar Jonio (Sibari, Metaponto, Caulonia), costituiscono la più peculiare ed in parte originale produzione crotoniate, in cui confluiscono esperienze tecniche e decorative, anche di repertorio, dalla Grecia propria (per es. Corinto) e dal mondo occidentale. Gli oggetti più tipici, documentati da più di 200 frammenti anche di notevoli dimensioni, provenienti essenzialmente da contesti domestici e raramente da aree sacre, sono arule (piccoli altari parallelepipedi con basi e cornici aggettanti), deinoi (contenitori di forma quasi sferica con sostegno dalla base a profilo modanato e fusto cilindrico), louteria e bacini tripodi (forme per contenere acqua per la toletta personale, anche in occasione di banchetti). Le decorazioni, ottenute con cilindretti su uno strato di argilla più fine di rivestimento, sono articolate su vari registri e sono tratte da un vasto repertorio iconografico (forme geometriche come la spirale continua, la treccia, le linguette; catene floreali; animali o lotte tra animali; esseri fantastici quali gorgoni, tritoni, sfingi, grifi; cavalieri e corse di carri…)

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    Soprattutto dopo l'arrivo di Pitagora e la conquista della Sibaritide, un particolare fervore edilizio si manifesta nella città achea, con il coinvolgimento di maestranze specializzate e di altre categorie di artigiani (coroplasti, bronzisti, fabbri…). Le difficoltà di compiere ricerche esaustive nel sottosuolo cittadino non permettono al momento di identificare grandi monumenti del tempo. Tuttavia alcuni elementi decorativi in terracotta, come la splendida antefissa a maschera gorgonica e i resti di una sima (grondaia) policroma, e frammenti di membrature architettoniche in calcarenite sono testimonianze eloquenti del nuovo corso dell'artigianato artistico locale.

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    Riguardo ad altre espressioni della vita quotidiana, si assiste ormai ad una sempre più massiccia importazione di ceramiche a figure nere prima e a figure rosse poi dall'Attica [(per es. il frammento di kylix decorato sulla parte esterna con un guerriero e nella parte interna dell'orlo con una nave (metà del VI secolo a.C.); il frammento di orlo di cratere, con guerriero e cavallo (seconda metà VI secolo a.C.); la lekythos con guerrieri (seconda metà VI secolo a.C.); la parte inferiore di una kylix dei Piccoli Maestri (fine VI secolo a.C.); infine i due frammenti di cratere, decorati con un episodio delle fatiche di Eracle (seconda metà VI secolo a.C.)], accanto a manufatti di fabbricazione corinzia e vasellame a vernice nera di sicura fabbricazione locale. Una ricca tipologia di statuette in terracotta, espressioni tangibili della religiosità pubblica e privata, mostrano la perizia crotoniate nel plasmare l'argilla, recependo mode ed influssi da altri centri artistici della madrepatria e coloniali nel modellare le figure umane, principalmente femminili, pur non mancando esempi di giovanetti (kouroi ).

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    I medesimi caratteri stilistici ritornano anche nelle produzioni metalliche, per esempio negli specchi: qui il manico è reso da eleganti figure panneggiate (vedi specchio dalla città e specchio dalla necropoli).
    Tra gli oggetti di ornamento personale si segnalano i resti di una spilla in ferro per fermare le vesti (fibula), decorata con una colomba in osso, di produzione tarantina, ed una testina di cane in osso intagliato con sigillo sulla parte piatta, che costituiva il castone mobile di una anello. Infine si ricordano due strumenti che mostrano la vivacità degli scambi commerciali e cioè un peso monetale in bronzo pari a 2 dracme e un peso in pietra, con l'indicazione numerica incisa. Dopo la cacciata di Pitagora, il clima di incerta politica a Crotone portò prima all'instaurarsi della tirannide di Clinia, poi ad un ritorno dei Pitagorici e al regime aristocratico e quindi ad un regime democratico, ostile inizialmente alla rinascita di Sibari e successivamente alla nuova colonia panellenica di Thurii. Con essa, sorta sui resti di Sibari, Crotone avrebbe avuto, secondo le fonti antiche piuttosto vaghe al riguardo, uno scontro tra il 444 e il 420 a.C. Forse proprio i rapporti con Thurii determinarono la nascita della lega achea (tra Crotone, Kaulonia e Sibari sul Traente) una confederazione sorta su modello di quella dell'Acaia metropolitana e avente come centro comune il santuario di Zeus Homarios (identificato da alcuni studiosi con l'area sacra di Kaulonia – link area archeologica Monasterace Marina-Kaulonia ). La lega nel corso del tempo avrebbe poi mutato composizione ampliandosi fino a diventare «lega italiota» poiché altre poleis magnogreche (Reggio, Hipponion, Elea, Thurii), avvertendo la minaccia siracusana e il pericolo lucano, avrebbero aderito alla confederazione con sede federale nel santuario crotoniate di Hera Lacinia.

    Dalla tirannide alla democrazia: il V secolo

    Nel nuovo clima politico, culturale e religioso del tempo riprese vigore anche il culto di Eracle, proposto come il vero fondatore (ecista ) della città ed effigiato su alcune splendide serie monetali crotoniate d'argento e di bronzo. In questa fase delicata in città, al pari di altre poleis d'Occidente, giungono nuove tendenze e modelli dell'architettura pubblica, soprattutto sacra (come per il nuovo tempio di Hera Lacinia a Capo Colonna), elaborati nelle regioni più avanzate del mondo greco continentale (per esempio l'Attica) e coloniale (per esempio Siracusa). Tuttavia per gli apparati decorativi resta in voga l'uso di materiali locali tradizionali (la calcarenite e l'argilla), per altro di minor costo rispetto ai marmi insulari greci che arrivavano in città con parsimonia, per committenze elevate. Per il primo caso esempi notevoli sono forniti da frammenti di lastre in terracotta ed antefisse, che conservano talvolta resti dell'originale policromia (foto?) , nonché resti di elementi lapidei recuperati decontestualizzati in vari cantieri urbani (nelle strutture di seconda metà del IV sec. .a. C.). Quanto all'uso del marmo, l'esempio più eclatante è offerto dall'Heraion lacinio.

    Alle grandi espressioni dell'architettura pubblica doveva far poi riscontro la sorprendente quantità di sculture in marmo e in metallo, anche di notevoli dimensioni, ricordate dalle fonti e scomparse nel corso di plurisecolari saccheggi per ricavare calce e metallo per altre attività.

    A parte i frustuli recuperati a Capo Colonna, due sono i reperti che ben documentano l'uso del marmo in ambito sacro e funerario. Il primo è un'imponente e malinconica testa, ormai senza volto, di una statua di culto, la cui particolarità risiede nella tecnica di esecuzione: una statua con armatura lignea, nascosta da sontuose e morbide vesti, e con le estremità a vista (testa, parte degli arti superiori ed inferiori) in marmo insulare greco. Dunque un acrolito, come quello più famoso e meglio conservato rinvenuto nel tempio di Apollo Alaios a Cirò Marina da Paolo Orsi . Il secondo, invece, è la parte inferiore di una stele funeraria in marmo dell'isola di Nasso con scena di commiato tra un personaggio maschile (a destra) ed uno femminile (a sinistra) resi a bassorilievo. Il manufatto, veramente eccezionale per la rarità di tali opere in Magna Grecia, fu prodotto da maestranze magnogreche, che si ispirarono a modelli attici, sullo scorcio del V secolo a.C. L'inserzione di altri elementi, forse metallici, l'uso di inserti in marmo per i piedi e gli avambracci delle figure e la singolarità nei trattamenti di alcune parti, come il bordo superiore, sono tuttora oggetto di indagine, suscitando non poche perplessità agli studiosi.

    La vita quotidiana dei Crotoniati del V secolo a.C. è evocata da utensili, ceramiche ed altri oggetti d'uso. Tra le produzioni locali predominano i vasi privi di rivestimento per cuocere o per elaborare gli alimenti, le lucerne per illuminare le abitazioni, i servizi da tavola a vernice nera con una netta affermazione di forme quali gli skyphoi, patere e coppe. Le importazioni invece sono dominate dai prodotti attici a figure rosse tra i quali spiccano, per qualità, pochi esemplari recuperati nella necropoli cittadina di località Carrara e qualche frammento dall'abitato, soprattutto dal quartiere centrale, tra i quali degno di nota è il frammento con la dea Athena dal cantiere B.P.C. Ancora una ricca serie di manufatti in terracotta (statuette di varia tipologia, teste, lastre a rilievo) di produzione locale, ma con influssi di grandi centri artistici come Taranto, rimanda al sacro e lascia trasparire il senso della religiosità greca, imperniata su divinità ricche di pulsioni e comportamenti umani. Interessanti appaiono una statuetta di Kore, una testa forse di Dioscuro con caratteristico copricapo (pileo), i resti di una lastra con il rapimento di Europa ed un frammento di pinax tarantino con i Dioscuri. Eccezionale nel panorama dei rinvenimenti locali è poi un frammento di pinax locrese con Persefone in trono, di un tipo poco attestato anche nella stessa Locri Epizefirii.


    Il IV secolo. Dopo l'Elleporo: il dominio siracusano. La seconda metà del IV sec. a.C. e la ripresa di Crotone. Il III sec. a.C. tra Agatocle, Pirro e i Romani. Verso l'epilogo della polis greca. I Bretti e Annibale. Al principio del IV secolo a.C. il tiranno di Siracusa Dionisio I, alleatosi con i Lucani, inflisse una memorabile sconfitta all'esercito della lega italiota nei pressi dell'antica Caulonia sulle rive del fiume Elleboro (390 a.C.) e tutte le città dell'attuale Calabria centro meridionale, ad una ad una, caddero nelle sue mani e Crotone, ridimensionata territorialmente, si alleò con i Cartaginesi per potersi opporre ai Siracusani. Tuttavia dopo un'altra sconfitta della Lega nel 378 a.C. la città achea fu presa con l'inganno da Dionisio I. Le conseguenze furono disastrose per la città: il suo territorio nord fu ceduto ai Lucani, fu saccheggiato il tesoro dell'Heraion lacinio da parte del Siracusano per pagare un tributo di guerra di 1000 talenti ai Cartaginesi, la città stessa fu sottoposta al controllo politico ed economico di Siracusa. Quest'ultimo aspetto è ben documentato dalla circolazione monetaria ricostruita attraverso i rinvenimenti archeologici, ben analizzati da E. A. Arslan. La dominazione siracusana, perdurata sotto Dionisio II, che spostò la sede della Lega ad Eraclea in Lucania, ebbe termine nel 356 a.C., quando Dione abbattè il potere dionigiano a Siracusa, ma Crotone, di nuovo indipendente, si trovò stavolta costretta a lottare contro la popolazione italica dei Brettii, da poco staccatasi dai Lucani e mirante all'espansione verso le coste a scapito delle città greche. Caddero progressivamente Terina, Hipponion, l'area del Savuto e poi il territorio tra Crotone e Thurii. Allora Crotone decise di sostenere il re epirota Alessandro il Molosso, chiamato da Taranto e dalla Lega per combattere gli Italici (334-331 a.C.). Morto il condottiero presso Pandosia, Crotone fu stretta d'assedio dai Bretti e fu costretta a cercare nuove alleanze, rivolgendosi ad un'armata guidata da Agatocle. Questi, dopo aver preso il potere a Siracusa, estese le sue mire verso la Magna Grecia e nel 296, con l'inganno, si appropriò di Crotone, dominandola fino alla sua morte (289 a.C.). Dopo l'ennesima dominazione siracusana la città achea, sempre più in crisi si alleò con Roma. Allo scoppio della guerra tra Roma e Taranto che ottenne l'intervento del re Pirro, Crotone ruppe l'alleanza schierandosi con la polis doric. Ma dovette subire gravi conseguenze a seguita della conquista da parte dei Campani alleati di Roma e alla fine della guerra si ritrovò spopolata e ridotta a metà della sua estensione originaria, con gravissimi danni al patrimonio edilizio e monumentale. Ma il definitivo colpo di grazia alla plurisecolare polis achea sarebbe arrivato, tuttavia, qualche tempo dopo, a seguito delle vicende della seconda guerra punica e in rapporto alla permanenza di Annibale nell'area fino alla partenza per Zama. Crotone fu assediata e, dopo la resa, occupata dai Bretti, alleati dei Cartaginesi. Al termine della guerra, sconfitta Cartagine, seguì un'aspra ritorsione romana nei riguardi di tutti i popoli che si erano alleati con Annibale e soprattutto contro le città italiote che, pur alleate originariamente con Roma, erano poi passate al nemico. Le ricerche sistematiche ed i ritrovamenti fortuiti effettuati in numerosi settori dell'abitato antico confermano, con gli evidenti rifacimenti edilizi e le stratificazioni databili tra IV e III secolo a,C., le vicende storiche tramandate dalle fonti. Soprattutto le classi di materiali rinvenute (materiali architettonici, ceramiche , utensili, monete..) fanno percepire in modo più concreto gli intricati intrecci fra la vita quotidiana e la grande storia. L'ampia diffusione di ceramiche di produzione italiota (apula, campana, lucana) e siceliota indicano che la città è inserita in una rete di scambi commerciali che si rivolgono in particolare verso i principali centri del golfo di Taranto e, a Sud, verso Siracusa. Abbondano i resti di crateri e skyphoi a figure rosse con scene di genere, databili nella prima metà e nella seconda metà del IV sec. a.C., tra i quali particolarmente degno di nota è il frammento di cratere con scena di farsa fliacica. Non mancano ovviamente altre forme come i piatti di medie e grandi dimensioni. L'esempio più significativo è il grande frammento di piatto nello stile di Gnathia con i resti di una testa femminile ingioiellata ed una civetta (fine IV sec. a.C.).

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    Accanto alle importazioni continuano le produzioni locali acrome di vario genere per cuocere, elaborare o conservare cibi e, soprattutto, di vasellame a vernice nera legato al simposio (crateri, coppe, tazze, stamnos…) e ad altri usi conviviali (piatti, paterette, saliere…) e domestici (lucerne). Un ampia documentazione in proposito è offerta, oltre che dai materiali recuperati nell'abitato, dagli scarti rinvenuti nelle discariche del quartiere dei vasai, il Ceramico, esplorato negli ultimi decenni del secolo scorso.

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    Sempre a pratiche cultuali, domestiche e non, inquadrabili nel IV e nel III secolo a.C. rimandano i numerosi esemplari di statuette di terracotta di varia tipologia (per esempio la serie dei recumbenti, di IV secolo a.C. e le statuette femminili variamente panneggiate e in atteggiamenti differenti, trovate sotto il crollo di un portico (pastàs ) di una abitazione signorile di IV-III sec. a.C. in via B. Telesio) e gli incensieri elegantemente elaborati (III sec. a.C.), mentre al mondo teatrale, strettamente legato al culto dionisiaco, rimanda una statuetta di attore con maschera grottesca. Agli esempi coroplastici ricordati si aggiunge un frammento che al momento, nel panorama dei rinvenimenti crotonesi, costituisce un unicum : è ciò che resta di una statua di terracotta che rappresentava Afrodite con Erote sulla spalla (prima metà del III sec. a.C., dal cantiere di via XXV Aprile).

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    La carrellata di reperti di IV e III secolo a.C. può concludersi con alcuni rinvenimenti da vari cantieri centrali (una statuetta di vecchia meretrice da via Panella, uno skyphos a vernice nera con sostegni a forma di conchiglia da via Tedeschi e lucerne da via XXV Aprile) e quindi con i rinvenimenti dal quartiere ceramico tardo-classico ed ellenistico già ricordato. Degni di nota sono alcuni strumenti vari (vaschetta, impastatoi, valvole-distanziatrici, matrici per ottenere statuette di foggia differente) usati dai ceramisti del tempo e gli scarti delle produzioni più tipiche.

    Personaggi

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    Filottete

    Eroe greco originario della Tessaglia che partì per Troia con sette navi, recando l'arco e le frecce avvelenate a lui donati da Eracle. Fu morso ad un piede dal serpente custode del tempio di Crise e a causa della piaga piaga purulenta fu abbandonato dai suoi compagni sull'isola di Lesbo, ma fu riportato tra i Greci da Ulisse e Diomede e guarito dal dio Apollo. Dopo aver ucciso con l'arco Paride, tornò in patria dopo la caduta di Troia, ma fu poi costretto ad andare in esilio, rifugiandosi in Magna Grecia, nel territorio di Crotone. Secondo la tradizione Filottete in Magna Grecia fu accolto a Krimisa (presso il promontorio di Punta Alice), fondò le città di Macalla e Petelia (attuale Strongoli) e infine alla sua morte fu sepolto presso il tempio di Apollo Aleo, nel quale aveva dedicato le frecce sacre.

    Milone


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    Milone, figlio di Diotimo, membro dell'aristocrazia crotoniate, è un personaggio storico che incarna i valori di Crotone arcaica e cioè l'atletismo e la vocazione militare, il senso aristocratico del potere politico e religioso, l'adesione al pitagorismo. Il primo aspetto è riassunto dalle numerose vittorie che dal 540 a.C. (ancora ragazzo) fino al 516 a.C. conseguì nella lotta ad Olimpia, dalle sei vittorie a Delfi nei giochi Pitici, dalle dieci vittorie nei giochi di Isthmia e nove a Nemea, tanto da essere rinomato anche presso Dario re di Persia (Erodoto III, 137) e da ottenere la dedica di una statua ad Olimpia, opera del crotoniate Dameas, che lo raffigurò come "un kouros dritto, con i piedi uniti su una base a disco, che si riteneva fosse uno scudo rotondo, la fronte cinta da una tenia, la benda del vincitore, che faceva pensare ad una sua rappresentazione nella qualità di sacerdote di Hera, mentre la mano destra distesa è il segno di devozione negli anathemata (doni votivi) arcaici. Infine nella sinistra era una melagrana o mela, premio questo per i pitionici (e Milon lo era)" (R. Spadea). Quanto alle virtù militari si consideri che ebbe importanti incarichi militari e che da stratego condusse l'esercito di Crotone alla vittoria contro i Sibariti sul fiume Traente, vestito come Herakles e con in testa le corone delle vittorie di Olimpia (Diod. XII, 9 ,5-6). Fu inoltre sacerdote di Hera Lacinia, evidentemente per i suoi meriti sopra ricordati. Membro eminente del Sinedrio pitagorico che si riuniva nella sua casa, è ricordato per aver salvato la vita ai principali filosofi pitagorici dal crollo della sala in cui erano riuniti. Milone si sarebbe sostituito ad una colonna permettendo loro così di mettersi in salvo (Strabone VI, 12, 263). Riguardo alla sua morte, avvenuta fuori città, le fonti antiche (Pausania e Strabone), concordando tra loro, ci informano che "un giorno mentre attraversava una profonda foresta deviò di molto dal sentiero; poi imbattuttosi in un grosso tronco d'albero nel quale erano piantati dei cunei vi cacciò mani e piedi nelle fenditure e fece forza per spaccarlo completamente, ma riuscì solo a far cadere i conci e subito le due parti del tronco si rinserrarono ed egli impigliato in questa specie di trappola finì sbranato da belve feroci " (Strabone VI, 12, 263).



    Phayllos


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    E' il più famoso dei vincitori delfici crotoniati (fine del VI primi decenni del V sec.a .C.). Aristocratico, fu vincitore tre volte nelle gare pitiche (due vittorie nel pentathlon ed una nella corsa) ed ebbe l'onore di una statua nel santuario di Delfi. Rimasero famose e proverbiali la sua velocità e soprattutto la sua particolare bravura nel salto in lungo e nel lancio del disco, tanto che un epigramma tramanda che "Phayllos fece un salto di 55 piedi [mt. 16,94] e gettò il disco a 95 piedi [mt. 29,26]". Da Erodoto (VIII, 47) e Pausania (10, 9, 2) apprendiamo che comandò e armò a sue spese la nave, una trireme, dei Crotoniati, unici fra i Greci d'Occidente che partirono in appoggio della madrepatria contro i Persiani nella battaglia di Salamina (480 a.C.). Un ceppo d'ancora in pietra rinvenuto presso Capo Cimiti ed oggi esposto al Museo di Capo Colonna, su cui è incisa una dedica di Phayllos a Zeus Meilichios (cioè dolce il miele, benevolo), potrebbe essere pertinente a quella nave e consacrata forse per il ricordo delle sue vittorie. Ai tempi di Alessandro Magno la fama dell'atleta era ancora viva, tanto che il condottiero macedone, memore della fedeltà di costui alla causa greca contro i nemici (che fruttò al crotoniate la dedica di una statua a Delfì, di cui è stata rinvenuta la base circolare lacunosa con resti dell'iscrizione, e un'iscrizione pubblica presso l'acropoli di Atene – IG I 2 , 655), mandò in onore di Phayllos parte del bottino da lui tolto ai Persiani nella battaglia di Gaugamela (331 a.C.) a Crotone.






    Pitagora

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    Filosofo originario di Samo, Pitagora, scelse Crotone, celebre per l'atletismo e la sua scuola medica, come sede del suo esilio dalla patria nel 530-29 a.C., per sfuggire al tiranno Policrate. Nella città achea, prostrata dopo la disastrosa guerra con Locri, ridiede vigore alla cittadinanza con un intensa attività filosofica, politica, educativa e moralizzatrice. Il suo insegnamento, tuttavia, era rivolto ad una cerchia ristretta di discepoli - scelti dopo tre anni di osservazione di vari fattori (estrazione familiare, comportamenti ed altro) - che formavano così una setta filosofico-religiosa improntata a rigida disciplina ed insegnamento esoterico e in cui vigeva una sorta di carattere ascetico nella regola di vita da cui era bandita qualsiasi intemperanza e che faceva sua la regola del silenzio totale e prescrizioni rituali anche nell'alimentazione (celebre era il divieto di mangiare le fave). La dottrina pitagorica influenzò anche il governo della città tanto da portare alla guerra con Sibari, governata da un tiranno. Il problema della gestione della Sibaritide e del suo impero sottomessi da poco e il malcontento di una parte dei Crotoniati alimentarono una sommossa guidata dall'aristocratico crotoniate Cilone, nominato esarca dei Sibariti (cioè governatore). Pitagora in questa occasione fuggì da Crotone mettendosi in salvo a Metaponto (o forse era già lì o addirittura fuori della Magna Grecia). Nella città della Lucania il filosofo avrebbe condotto gli ultimi anni della sua vita e dopo la sua morte (497/6 a. C.) la sua casa fu trasformata in tempio.

    Alcmeone

    Medico-filosofo crotoniate contemporaneo più giovane di Pitagora, attivo tra la fine del VI e la prima metà V secolo a.C. Fu parzialmente influenzato dal pitagorismo, avendo rapporti con pitagorici della prima generazione (Brotino, Leone e Bacillo). Fu autore di un trattato sulla scienza naturale noto ad Aristotele e a Teofrasto, andato perduto. I suoi interessi erano rivolti alla fisiologia ed affrontò il problema, in modo empirico (con dissezioni di cadaveri), di come le percezioni diventino conoscenza, individuando nel cervello piuttosto che nel cuore il centro coordinatore di tali processi. Ispirandosi forse alla nozione pitagorica di harmonia , Alcmeone stabilì una stretta relazione fra salute del corpo e saggezza dell'anima. Una sua definizione famosa è quella della salute, intesa come mescolanza proporzionata (symmetros krasis) di qualità opposte: "…ciò che mantiene la salute … è l'equilibrio [isonomia] delle potenze: umido secco, freddo caldo, amaro dolce e così via; invece il predominio [monarchia] di una di esse genera malattia, perché micidiale è il predominio d'un opposto sull'altro…" ( Diels-Kranz , fr. 4).

    Astylos

    Astylos è un atleta famoso perché fu l'ultimo vincitore crotoniate ad Olimpia nel 480 a.C. e perché rinnegò la sua città di origine nelle due ultime olimpiadi. Vinse la prima volta nel 488 a.C. e nuovamente nel 484 ed infine nel 480 a.C., nelle specialità stadio (corsa di circa 190 m) e diaulos (corsa doppia). Inoltre in almeno una occasione vinse anche nell'oplite. Rinomato per lo stile di vita tenuto negli allenamenti, per le sue vittorie gli fu eretta una statua in bronzo, dell'artista di Pitagora di Samo (che svolse la sua attività a Reggio, dove si era trasferito). Nel corso delle due ultime vittorie Astylos si dichiarò siracusano, forse per compiacere Ierone (Pausania VI, 13, 1). A tale notizia i suoi concittadini confiscarono la sua casa e la trasformarono in un carcere ed distrussero la sua statua nel santuario di Hera Lacinia.

    Miscello

    Miscello di Rype nella montuosa Acaia, figlio di Alemon, è il fondatore (in greco ecista ) di Crotone. Le sue vicende sono tramandate da due filoni storico-letterari differenti. Il primo fa capo a quanto scrive Strabone (geografo greco di età augustea), rifacendosi ad Antioco (storico siracusano del V sec. a.C.), riportandone alcuni brani. Il geografo precisa che Miscello, avuto il responso della Pizia a Delfi, fu incaricato dagli Achei di fondare la città e si recò nel sito indicato per valutarne le caratteristiche. Essendo però passato anche dal luogo dove altri Achei stavano fondando Sibari, migliore dal punto di vista territoriale, Miscello tornò a Delfi per chiedere ad Apollo, sempre tramite la sua sacerdotessa, se non fosse stato meglio aggregarsi ai Sibariti piuttosto che fondare una nuova città. Il dio gli rispose:

    O Miscello dal dorso corto (ricurvo),
    cercando altro al di fuori di te (del tuo compito)
    corri incontro alla tua rovina;
    accetta di buon animo il dono che ti è destinato.

    In questa occasione Miscello si trovò dall'oracolo con il corinzio Archia, ecista di Siracusa, che chiese ai due cosa volevano per le due nuove città, la ricchezza o la salute. Il corinzio preferì la ricchezza, mentre Miscello chiese la salute. Convinto da Apollo, stavolta Miscello si portò nell'area indicata e vi fondò Crotone, aiutato da Archia (Strabone, VI, 1, 12). L'altro, invece, fa capo a Diodoro Siculo (storico greco del I sec. a.C.), che tramanda vari oracoli, tra i quali uno (Diod. Sic, VIII, 17) è di particolare interesse perchè delinea, come in un portolano, l'itinerario da percorrere in direzione Occidente, costeggiando l'Etolia e toccando le isole dello Ionio, per raggiungere il luogo dove fondare Crotone. Essa deve sorgere nel tratto di costa compreso tra il promontorio Lacinio (Capo Colonna) e il promontorio di Crimisa (Punta Alice presso Cirò Marina):

    Così ti parla il dio lungisaettante, e tu ascolta.
    Questo è il monte Tafio incolto, questa è Calcide, questa la sacra terra dei Cureti, queste sono le Echinadi; poi a sinistra il grande mare;
    così ti dico: non allontanarti dal Lacinio, né dalla sacra Krimissa
    né dal fiume Esaro.

    Infine, il poeta latino Ovidio nelle sue Metamorfosi (XV, vv. 12-59) ha creato un legame tra l'impresa di Miscello ed Eracle, che è considerato dal mito il fondatore di Crotone. Tale nesso travia una corrispondenza nella monetazione crotoniate d'argento di V-IV sec.a.C. , in cui Eracle è appellato oikistas.




    Crotone Romana

    Con la prima guerra annibalica, Crotone greca, per le alterne vicende dei suoi abitanti divisi in un'aristocrazia filo-romana e di una plebe filo-cartaginese e filo-brettia, subì l'ultimo tracollo tanto che nel 194 a.C. i Romani vi dedussero una colonia di 300 cittadini ad opera dei triunviri Cn. Ottavio, L. Emilio Paolo e C. Letorio (Liv. XXXIV 45, 4; Vell.Paterc. I 15, 3). Le ricerche condotte sul promontorio Lacinio (Capo Colonna) hanno dimostrato che lì fu impiantata la colonia repubblicana, che condusse, tra alti e bassi legati anche ad avvenimenti di notevole portata (per esempio il passaggio di Sesto Pompeo) la sua esistenza fino al I sec. d.C. In quel periodo, infine, essa, fu trasferita definitivamente nel sito dell'antica polis greca, occupando solo quella che era stata la collina dell'acropoli achea, come dimostra la dislocazione topografica delle necropoli cittadine di questo periodo.

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    Partendo in parte dall'attuale piazza Pitagora, esse si disponevano ai lati dei tratti iniziali delle vie antiche che dalla città conducevano verso Petelia -Strongoli a N e verso Capo Colonna a S e nel territorio intorno alla colonia. Alcune di queste aree cemeteriali sono state individuate dalle numerose campagne di scavo effettuate nell'abitato moderno (ex Banca d'Italia/sede B.P.C., nuova sede B.P.C., Municipio, area di via XXV Aprile/Foti II), fornendoci informazioni sull'andamento demografico e sulla presenza monetaria, dei prodotti dell'artigianato locale e mediterraneo e su aspetti cultuali quali l'ideologia funeraria.

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    Le tombe finora esplorate si datano tra l'età flavia e il IV sec. d.C., con eccezioni più tarde (IV-VI sec. d.C.) nella necropoli di Via Tedeschi (Con lucerne forma Atlante VIII e X ed una di imitazione africana). Insieme ai dati sulla presenza monetaria, al momento testimoniata da circa 130 esemplari disposti su un arco cronologico che va dall'età augustea (con esemplari eccessivamente consunti) a tutto il IV secolo d.C., i corredi dimostrano l'esistenza stentata della cittadina fino alla fine dell'età romana.

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    Il quadro desolante che emerge dai dati fin qui raccolti (compresi rinvenimenti monetali da strati di frequentazione e attestazione di scarichi di materiali, trova una conferma per così dire indiretta nelle fonti storiche che, non riportando fatti degni di nota per il periodo imperiale, si limitano a ricordare la passata grandezza della città decaduta. Essa deve un minimo di vitalità al mantenimento dell'efficienza dello scalo portuale, punto di raccolta e di imbarco di legname e pece della Sila e di altre merci che dall'entroterra - ormai popolato di villae , piccoli nuclei rurali e soprattutto estesi latifondi imperiali -, giungono a Crotone per essere commerciati via mare. Nel suo mutato rapporto con il territorio circostante Crotone imperiale e tardo-antica ( foto peut_bret) vive una situazione diversa rispetto a quanto conosciamo per il territorio thurino-copiense, caratterizzato da borghi e villaggi, oltre che da villae e fattorie, diventando un centro secondario ma che mantiene la sua posizione per controllare gli approdi utili, secondo Polibio ( X 1, 6) , solo d'estate nel lungo tratto tra Taranto e Reggio.

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    Nella cittadina imperiale sono note le gentes Lollia, Futia e Iulia, appartenenti all'ordo Decurionum e che, stando alle poche iscrizioni superstiti ( C.I.L. X, 107, 108, 109, 110, 111. ) decontestualizzate, intrattenevano rapporti di parentela tra loro. Dall'iscrizione C.I.L. X 110 si apprende poi che L. Lollio Marciano fu insignito del titolo di patronus coloniae . Oltre all' ordo Decurionum la popolazione cittadina, secondo la classica divisione tripartita, annoverava gli Augustales e la Plebs.

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    Edited by Isabel - 4/11/2014, 19:27
     
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