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Amendolara

Provincia di Cosenza

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  1. Gigia_Alessiana78
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    Amendolara

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    Info - Scheda Wikipedia

    Amendolara è un comune di 3.129 abitanti della provincia di Cosenza. Il comune fa parte della Comunità montana dell'Alto Jonio.

    Storia

    Il nome deriva probabilmente dal Greco e latino amygdalaria, o "mandorlai" per la ricca produzione di mandorle. Un insediamento degli Enotri dell'età del bronzo è testimoniato da alcuni resti archeologici rinvenuti nel "Rione Vecchio". Nel VII secolo a.C. l'abitato si spostò nella sottostante pianura, dove Epeo, il mitico costruttore del cavallo di Troia, avrebbe fondato la città greca di Lagaria (resti in località San Nicola). In epoca romana esisteva una stazione di posta della via litoranea che ebbe probabilmente nome 'Statio ad Vicesimum (a venti miglia dalla città di Thurii) i cui resti (in particolare un sistema di cisterne per l'approvvigionamento idrico) sono stati rinvenuti nella zona dell'attuale "masseria Lista". Dopo l'epoca romana vi furono fondate un'abbazia bizantina e quindi un'abbazia cistercense, mentre nel territorio sono presenti grotte eremitiche. Intorno al 1000 venne costruito il castello, che passò in successione a numerose famiglie nobili. Nel XV secolo vi nacquero Pomponio Leto e Facio Patarino e nel XVI secolo si ebbero la costruzione del Convento Domenicano e della cosiddetta "Torre Spaccata" Nel XIX secolo vi fu una massiccia emigrazione, soprattutto verso l'Argentina e l'Italia settentrionale. Dopo la prima guerra mondiale si ebbe una ripresa agricola e l'introduzine della coltura dei piselli. Il XX secolo vide un massiccio sviluppo edilizio e si ebbero i primi ritrovamenti archeologici.

    Geografia

    La città è situata su una serie di pianori che digradano verso il mare e l'abitato è tradizionalmente diviso tra "Paese" e "Marina". Vi scorrono le fiumare Avena, Ferro e Straface.

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    Tipico paesaggio collinare di Amendolara

    La secca di Amendolara

    La secca, a circa 12 miglia da Amendolara Marina, possiede una profondità di soli 20 metri sotto il livello del mare. La secca, di notevole estensione, probabilmente corrisponde ai resti di un'antica isola, probabilmente sommersasi per erosione. Il tutto è dimostrato da alcune carte antiche (XVII-XVIII sec.) che parlano di un isolotto, detto "Monte Sardo". Una leggenda e alcuni studi recenti vogliono che il Monte Sardo oramai sprofondato da alcuni secoli fosse stata l'Isola di Ogigia, ove la ninfa Calipso detenne Ulisse secondo l'Odissea di Omero.

    Monumenti


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    • Chiesa madre di Santa Margherita Vergine e Martire: in stile romanico con rifacimenti settecenteschi, conserva il portale degli inizi del Trecento.
    • Chiesa di Santa Maria: forse eretta sui resti di un tempio, presenta abside e cupola di tipo bizantino, con trasformazioni in epoca rinascimentale e barocca.
    • Cappella di Sant'Antonio Abate: ricostruita negli anni 1930 dopo il crollo, agli inizi del XX secolo dell'originaria chiesa bizantina.
    • Cappella di Santa Lucia: costruita nel 1960 dall'artista A.Sassone, al posto di una chiesa bizantina di cui restano i ruderi nelle vicinanze.
    • Cappelle gentilizie di Sant'Anna (famiglia Lamanna) e di San Rocco (famiglia Andreassi).
    • Castello, di origine più antica, restaurato nel 1239 da Federico II di Svevia e con rimaneggiamenti successivi. Conserva un affresco della fine del Duecento con una Crocifissione.
    • Palazzo Andreassi: originario palazzo nobiliare, frutto di numerose trasformazioni, fu per un certo periodo municipio cittadino.
    • Palazzo Melazzi: in stile barocco e con numerosi rifacimenti, presenta al piano terra gli ambienti di servizio, tra cui un frantoio e una cisterna.
    • Palazziata: palazzo nobiliare in stile barocco della famiglia Gallerano, fu in seguito caserma dei carabinieri e scuola elementare:
    • Palazzo Pucci di Amendolara, fatto costruire nel 1736 da una famiglia napoletana che aveva ottenuto il titolo baronale per i servizi resi alla corona. Articolato in un cortile circondato da magazzini al piano terra e in un piano nobile superiore, sormontato da una loggia.
    • Palazzo Grisolia, costruito sul sito dell'antico convento dei Domenicani, del 1521, di cui si conservano il chiostro e la chiesa di San Domenico, ad unica navata, ristrutturata intorno al 1660.
    • Museo archeologico statale Vincenzo Laviola: inaugurato nel 1996 conserva i resti rinvenuti negli scavi nel Rione Vecchio (centri abitati dell'età del bronzo e dell'età del ferro), nel pianoro di San Nicola (area archeologica della città greco-arcaica di Lagaria) e nelle necropoli.
    • Chiese bizantine: costruite fuori dell'abitato tra il IX e il X secolo, in una zona con numerose grotte, si suppone che fossero punti di incontro per gli eremiti.
    • Cappella dell'Annunziata o Cappella dei Greci, o Santa Maria della Lista: risale al IX-X secolo un piccolo edificio coperto a cupola di tipo bizantino al quale fu aggiunta l'attuale parte anteriore nel XVI secolo. L'interno presenta affreschi di varie epoche. L'edificio fu di proprietà della famiglia Apolito Pace da Francavilla Marittima sino agli anni sessanta del XX secolo.
    • Chiesa di San Giovanni o Chiesa Armena: risale al X secolo e in origine aveva pianta a quadrifoglio (o "a croce libera"), tipica delle chiese bizantine in Armenia, di cui costituisce l'unico esempio in Italia. Attualmente in rovina, ne rimane in parzialmente in piedi solo una delle absidi.
    • "Torre Spaccata" sulla costa, costruita nel 1517 per l'avvistamento dei pirati saraceni.
    • Cappella della Madonna delle Grazie nel bosco di Straface, a circa 800 m s.l.m. Nei pressi sono presenti ruderi medioevali e la sorgente di Trastullo.

    Gastronomia

    La tradizione alimentare costituisce un forte richiamo turistico e culturale del posto. Contribuisce attivamente alla crescita socio-economica. La cucina è semplice, genuina e trova la punta di diamante nell'utilizzazione degli ortaggi provenienti dalle campagne. La tradizione culinaria di Amendolara pone le proprie basi sulle risorse agro-colturali dell'Alto Jonio Cosentino, ed è caratterizzata dall'uso di ingredienti base comuni con i paesi della Sibaritide. Le ricette si sono poi diversificate nei diversi luoghi sia a seconda dell'uso della famiglia sia a seconda del gusto personale. I primi piatti per eccellenza sono “ i rascjcatilli”, pasta fresca fatta con farina e acqua a forma di piccoli pezzi cavati con le dita e conditi con sugo di pomodoro fresco e basilico o con ragù di agnello e una spolverata di peperoncino rosso piccante della zona. Molto prelibati sono anche “ i ferrazuoli”, pasta fresca a forma di bastoncini cavati con un ferro sottile e quadrangolare e conditi con ragù meridionale di carne. Sono entrambi piatti della tradizione contadina, spesso arricchiti dal gusto intenso della ricotta stagionata e grattugiata in scaglie direttamente sopra il piatto al momento del servizio. La ricotta, di produzione artigianale, sostituiva negli anni cinquanta il formaggio utilizzato solo nelle “grandi feste”. I meno abbienti erano soliti utilizzare “a mullic”, pane raffermo grattugiato e spadellato in poco olio extravergine di oliva insieme a polvere di peperoncino e a un trito d'aglio, che imprime ai piatti un gusto particolarmente delicato ma saporito nello stesso tempo. I dolci più tipici sono: Quelli del periodo di Natale: - “I crispi” sono fatti con farina di grano, acqua e lievito, sono a forma di grandi anelli, fritti in olio extravergine di oliva a 170 °C si possono degustare con zucchero a velo; - “I cannaricoli”: grossi gnocchi fatti di farina, pepe nero, vino ed un pizzico di lievito, anche questi fritti nell'olio di oliva. Nel periodo pasquale è usanza comune preparare le “cullure” e i “pastizzi”. La “cullura” è il pane pasquale, ha un significato originale di nuova vita, l'impasto è fatto con farina, uova cannella, semi di finocchio, strutto, sale e lievito, il tutto viene lavorato e modellato a forma di corono intrecciata nelle quali uova in numero sempre pari. I “pastizzi” sono tipici del periodo pasquale, sono dei pseudo- calzoni fatti con farina, strutto, sale e pepe, ripieni di carne ed interiora di capretto, conditi con pepe, prezzemolo, aglio e rosolati in olio di oliva con l'aggiunta di salsiccia, cotti in forno.

    Turismo

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    A differenza di molte altre località calabresi, che hanno una tradizione turistica acquisita già da anni, Amendolara solo negli ultimi anni sta vivendo un certo sviluppo turistico con l'apertura di alberghi, punti di ritrovo, aree giochi per bambini e la rivalutazione del Centro storico e del lungomare. Il "salto di qualità" a livello turistico è rappresentato dalla promozione da 1 a 2 vele nella Guida Blu di Legambiente nel 2006. Per qualità di servizi di accoglienza, Amendolara si classifica al primo posto in Provincia di Cosenza e al secondo posto in Calabria dietro solo a Gioiosa Ionica, con un buon punteggio complessivo di 60,5/100 nella guida blu 2007 (il massimo ottenuto in Italia è stato 75/100, mentre il minimo è stato di 38/100). Per l'edizione 2008 Amendolara conferma il risultato delle due vele ottenuto nell'edizione 2007. Nel 2009 Amendolara ottiene tre vele. Dagli anni novanta al 2003 la Goletta Verde di Legambiente ha fatto tappa ad Amendolara classificando il mare come non inquinato. I rilevamenti sono stati effettuati ad Amendolara Marina. Il 10 maggio 2011 è stata insignita della Bandiera Blu.

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    Edited by terryborry - 30/6/2012, 13:17
     
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  2. Isabel
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    Museo archeologico statale Vincenzo Laviola

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    Info - Scheda Wikipedia

    Il Museo archeologico statale Vincenzo Laviola è il museo archeologico statale di Amendolara, in provincia di Cosenza. Conserva numerosi reperti rinvenuti nella zona.

    Storia

    La raccolta venne istituita nel 1996, a partire dal un nucleo della collezione di Vincenzo Laviola assieme al materiale rinvenuto negli scavi del colle San Nicola. L'allestimento è composto da quattro sezioni, divise secondo un criterio cronologico: protostoria, due per la Magna Grecia, e una per i reperti bizantini.

    Descrizione

    La prima sezione si apre coi reperti più antichi della collezione: vasi in terracotta, strumentiin metallo, armi e gioielli databili al XII secolo a.C. Provengono da uno scavo eseguito in città, che ha messo in luce le tracce di un insediamento a cavallo tra la tarda età del Bronzo e la prima età del Ferro. Vicini per datazione sono anche i reperti dalla necropoli presso Agliastroso. Al periodo della Magna Grecia arcaica risalgono oggetti di corredi funebri databili tra l'VIII e il VI secolo a.C., provenienti dalle necropoli di Mancosa-Paladino. Vi si trova ceramica corinzia e protocorinzia, materiale in bronzo e altri reperti, che dimostrano la colonizzazione greca attraverso Sibari. Altri oggetti provengono dall'antica città scavata al pianoro di San Nicola e nella piana sottostante, dove sono state individuate le tracce di una vera e propria città con templi e una necropoli. Tra i reperti statuette votive, monete bronzee, pesi fittili da telaio, anche decorati a labirinto, che testimoniano la produzione intensiva di tessuti di lana. La sezione bizantina ospita frammenti architettonici di marmo e altri arredi liturgici provenienti dalle chiese cittadine di San Giovanni e dell'Annunziata.

    Antiquarium di Amendolara

    - Info -

    Ristrutturato completamente e riaperto al pubblico nel Giugno del 1996, il piccolo ma ricco Antiquarium di Amendolara, deniminato anche V. Laviola, raccoglie i materiali provenienti sia dagli abitati che dalle necropoli del sito archeologico dell'antica Lagaria. Strabone parla della fortezza di Lagaria, città posta tra Thourioi ed Eraclea, ricordandone la fondazione da parte di Epeio, compagno di Ulisse, che qui presso un tempio dedicato ad Athena, avrebbe deposto gli strumenti utilizzati per costruire il famigerato cavallo di legno. In effetti le indagini archeologiche evidenziano una sostanziale continuità abitativa del sito, che parte dal Bronzo finale, cioè dal XI secolo a.C. ed arriva fino al VI a.C. quasi in concomitanza della distruzione della potente Sybaris sotto il cui dominio Lagaria doveva trovarsi. Il rinvenimento di ripostigli di monete argentee incuse di Sibari, Crotone e Metaponto, documenta i forti legami economici con queste città, ed avvalora la tesi secondo cui Lagaria fosse entrata in orbita sibarita, con la quale condivise il tragico destino intorno al VI a.C. I reperti più antichi presenti nel piccolo Antiquarium di Amendolara, sono vasi in terracotta, armi, gioielli e strumenti in metallo databili al XII secolo a.C. rinvenuti in uno scavo cittadino che ha messo alla luce un abitato della tarda età del bronzo e della prima età del Ferro. Dello stesso periodo anche oggetti trovati nella necropoli presso Agliastroso. Di epoca arcaica VIII-VI a.C. sono invece i corredi funerari provenienti dalle necropoli di Mancosa-Paladino, costituiti da una grande quantità e varietà di ceramica protocorinzia e corinzia e di materiale bronzeo, che attestano la colonizzazione greca per mezzo di Sibari. Sempre di periodo arcaico sono gli altri reperti provenienti dal pianoro di S. Nicola e dalla zona sottostante, statuette votive, monete bronzee e materiale fittile, hanno evidenziato una produzione industriale di tessuti in lana, come testimonia la grandissima quantità di pesi fittili da telaio. Altri interessanti reperti dell'età del Ferro sono conservati nel Museo Archeologico di Cosenza, mentre trova allocazione nel Museo Archeologico di Reggio Calabria, il ripostiglio monetale, con argenti incusi di Metaponto, rinvenuto nell'area di scavo di località San Nicola. Nell'antiquarium trovano posto nteressanti frammenti architettonici marmorei, e altri arredi liturgici provenienti dalle chiese cittadine di San Giovanni e dell'Annunziata, entrambe di epoca bizantina.


    Castello Normanno di Amendolara

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    - Info -

    Intorno al 1000 venne costruito il castello, che passò in successione a numerose famiglie nobili. Il Castello Restaurato nel 1239 ad opera di Federico II ha subito parecchi rimaneggiamenti. All'interno un affresco della fine del XIII secolo raffigurante la Crocefissione. Un altro affresco raffigura l'Onnipotente benedicente, racchiuso in una mandorla che è sorretta da due Angeli. Con la costruzione del Castello, verso l'anno mille, cominciarono a comparire le Dinastie degli Svevi, degli Angioini, le Signorie dei Della Marra, dei Montalto, dei Cognetta, dei Gambacorta, dei S.Felice, dei S. Severino, dei Caraffa, dei Pignatelli di Cerchiara, dei Pignone, dei Castrocucco, dei Loffredo, dei De Nobili, dei Pignatelli di Bello sguardo ed infine dei Gallerano.


    Palazzo Pucci

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    Info - Scheda Wikipedia

    Il Palazzo Pucci fu costruito, nel paese di Amendolara, all'inizio del XVIII secolo dalla famiglia Pucci di Amendolara.

    Storia

    La famiglia, originaria della Toscana, si trasferì, in un primo tempo a Napoli[senza fonte], e, successivamente, in Calabria, prima ad Oriolo Calabro, e poi ad Amendolara. Nel 1797 divengono baroni feudatari dello “Stato della terra di Trebisacce”, in seguito all’assenso reale sull’acquisto del feudo dal principe “Teodoro Correr di Venezia”, figlio di Giacomo Correr e di Marianna Petagna, baronessa e principessa di Trebisacce.

    Descrizione

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    Stemma Pucci


    Costruito nel 1736, il fabbricato all’epoca si trovava “fuori casale”, cioè fuori le mura di cinta del paese, che si sviluppavano dal castello sino a racchiudere la chiesa di Santa Margherita. L'edificazione del palazzo si protrarrà per parecchio tempo, con maestranze scelte fatte venire appositamente da Napoli e da altre province campane. I maestri si trasferirono con le loro famiglie e alcune, secondo la tradizione orale, rimasero ad Amendolara. Il palazzo, nella sua struttura originaria, si sviluppava in lunghezza su due piani; al piano terra si trovavano i magazzini, che originariamente presentavano aperture solo all'interno del fabbricato. Solo successivamente vennero realizzate quelle sul fronte strada così come appaiono oggi. I magazzini erano utilizzati come stoccaggio per le merci in transito verso Napoli. Amendolara allora era un'importante stazione di cambio per i cavalli che provenivano dal sud Italia.

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    Il primo piano presenta una architettura ariosa e lineare, ispirata alle linee semplici tipiche dell'architettura del XVIII secolo. I soffitti, di alcune stanze erano affrescati, ma purtroppo non abbiamo più tracce di affreschi perché un incendio, scoppiato nell’800, distrusse parecchio, tanto che ancora oggi, entrando dal portone dell'ingresso principale del palazzo, si possono notare le travi ancora annerite. Tracce di affreschi si potevano ancora notare oltre una quarantina di anni fa, sul soffitto nella stanza cosiddetta della “cappella”, ma per incuria, e per lavori di consolidamento delle travi e soffitti, eseguiti velocemente e senza particolare attenzione, non sono giunti fino ai giorni nostri. Le stanze di questo piano poi affacciano anche all'interno di un cortile rettangolare, una piccola corte. Dove aprivano un tempo i magazzini, ora ve n'è solo uno che si apre sul cortile. Al primo piano si accede attraverso due rampe di scale comode e basse. Si possono notare, alla base della volta del primo pianerottolo, dei gigli borbonici ripetuti anche sui fregi dei balconi esterni, fronte strada. L'ingresso in casa avveniva, all'epoca, attraverso una grande sala, sul lato sinistro della quale, entrando dalla porta di ingresso, vi erano a seguire: un grande ingresso di servizio, ancora esistente, utilizzato per merci e personale delle cucine; un grande camino, altezza d’uomo, ai cui lati vi erano le panche dove i “massari” ed il personale in genere aspettavano gli ordini per la giornata; di fronte le porte delle cucine ed infine, centrata sulla destra, la porta del piano, che si apriva su un grande ingresso con un camino, ed una grande finestra che affaccia nel cortile. In questa stanza e in quella successiva le porte sulla sinistra immettevano in quella che all'epoca doveva essere la zona letto, poi a seguire, dalla successiva grande stanza, che tramite un balcone centrale prende luce dalla strada, procedendo sulla destra in un susseguirsi di grandi stanze una dentro l'altra, come voleva l'architettura dell'epoca, con affacci fronte strada e fronte mare mediante balconi, e con grandi finestre che all'interno danno sul cortile, dando cosi luce piena alle stanze, si procedeva in quelle che allora come oggi del resto erano di rappresentanza. Queste sono rimaste quasi immutate, anche se in parte rimpicciolite, per la necessità di avere nuove camere da letto.

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    Cortile interno


    Il palazzo, infatti già alla fine dell'Ottocento era stato diviso, per poter ospitare due o più famiglie. Quindi anche la grande sala ha subito modifiche, e del resto sono stati aperti altri ingressi nel piano. Per esempio sono state ricavate una cucina e “la stanza del forno“ da quella che all'epoca era una grande cisterna per l'acqua piovana, e fu girato di 180° per questa cucina un altro grande camino. L'eccentricità dell'ingresso principale, lascerebbe pensare che il palazzo sia rimasto incompiuto nel versante a nord. Mancherebbero due balconi collocati nel posto dove si apre un giardino. Di fronte al palazzo, in un'altra costruzione bassa, erano situate le stalle che, nella parte superiore, ospitavano la servitù. Solo successivamente le stalle vennero trasformate in frantoio e magazzini per l'olio. A partire dalla seconda metà dell'Ottocento, più di cento anni dopo dall'inizio della sua costruzione, al palazzo fu aggiunto un piano superiore, ubicato nella parte posteriore. Lì alloggiarono gli ospiti. In particolare vi fu ospitato l'ingegnere della ditta francese addetta alla costruzione della ferrovia ionica (tratta Taranto-Rossano) e sua moglie, anche lei francese. Proprio la loro presenza fece sì che l'appartamento venne meglio conosciuto come “a casa da francese”.

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    Targa


    In verità le ditte che si erano succedute erano state diverse. Quella che aveva iniziato alla tratta Taranto-Rossano era la società “De Rosa-Falcon” poi sostituita dalla “Società Ferroviaria Vitale-Picard-Charls&C” costituita a Parigi nel 1867 e che porterà a termine, come da contratto, il lavoro nel 1869. Pertanto è possibile dedurre che il piano superiore del palazzo sia stato realizzato in quegli anni. Ad avvalorare questa tesi la presenza di piccole travi di legno, traversine ferroviarie dell'epoca, che sono state rinvenute durante i lavori, recenti, di ristrutturazione. Nel tempo la struttura superiore ha subìto varie aggiunte e modifiche. Nei recenti anni '60, ad esempio, è stata abbattuta un'enorme cappa a forma di cupola che sovrastava le vecchie cucine circolari del palazzo. Al suo posto è stata costruita una stanza con terrazza annessa. Più felice certamente la scelta dell'apertura, sui tetti, di due altre terrazze dette “logge”, che offrono un panorama suggestivo che spazia dai monti (alle pendici del Pollino) fino al mare (con la visuale di un tratto di costa, quasi a Cariati).
    Nel palazzo si trova la cappella, consacrata a San Francesco Saverio, dove viene ogni anno celebrata la Messa il 3 dicembre. Il palazzo è ancora oggi di proprietà della famiglia Pucci.

    Struttura

    I materiali usati per la costruzione del palazzo sono, principalmente, costituiti da materiale locale, in particolare le mura principali, da pietre di fiume, tufo, malta e canne. Le rifiniture caratterizzano l'architettura lineare del 1700.



    Edited by terryborry - 30/6/2012, 13:13
     
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