Semplicemente Passioni forum

Papasidero

Provincia di Cosenza

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Isabel
        Mi piace   Non mi piace
     
    .

    User deleted


    Papasidero

    droppedimageleveled

    Papasidero è un comune italiano di 869 abitanti della provincia di Cosenza e fa parte del Parco Nazionale del Pollino.

    Cenni storici

    - Info -

    Di Papasidero si ha notizia per la prima volta in documenti Normanno-Svevi intorno al 1200. Esso è descritto come centro abitato cinto da mura e difeso da un castello. ll castello, con una sola torre semicircolare, si erge su uno sperone roccioso a strapiombo sul fiume Lao; costituisce il punto di raccordo di un'ampia cinta muraria , per lunghi tratti ancora visibile, nella quale si aprivano delle porte. Di probabile origine Longobarda, il castello costituiva un baluardo contro le scorrerie saracene molto frequenti tra il 994 e il 1044 a.C. Il nucleo originario del paese si formò, dunque, sotto i Longobardi, intorno all'anno Mille, dopo il declino dell'Impero Romano, nel clima di ripopolamento delle campagne, favorito dalla colonizzazione del monachesimo greco, i cui asceteri ormai da tempo punteggiavano tutta l'area del Mercurion, e dalle signorie immigrate dai territori Longobardi di Salerno. Ma più che i Longobardi, furono i nuclei monastici a coniugare egregiamente l'inserimento nel territorio con lo sviluppo del tessuto ecomomico, sociale e demografico. A partire dal XI sec. il borgo si sviluppò, specie sul fianco ovest ampliando, così, l'originaria aggregazione attorno al castello. Fino al XV secolo la popolazione superò di poco le 200 unità. Nel 1648 gli abitanti raggiunsero la cifra di 1148; poi, a causa di crisi agricole ed epidemiche, la popolazione si dimezzò. Nel 1744 gli abitanti erano 540, ma già nel 1801, Papasidero registrò un notevole incremento demografico, raggiungendo le 1845 unità, che divennero 2062 nel 1816. A seguito di una violentissima epidemia di colera che imperversò in tutto il Regno delle due Sicilie tra il 1835 e 1837, la popolazione diminuì; ma poi riprese a crescere e, nel 1852, il paese raggiunse il numero di 2300 abitanti, per passare al suo massimo storico nel 1871 con 2988 abitanti. Il fenomeno dell'emigrazione verso i paesi dell'America Latina, ma specie verso la Francia, la Germania, la Svizzera e le regioni del Nord Italia, ha decimato la popolazione del paese che ora supera di poco i mille abitanti. Salvo la parentesi di appartenenza ai Sanseverino (1354) e ad Accursio Pappacoda di Napoli (1414), dal XVI e fino al 1722 il paese appartenne sempre alla famiglia Alitto , scesa al seguito di Roberto il Guiscardo durante il periodo Normanno. Ritornato in beneficio alla Regia Corte, il feudo di Papasidero fu acquistato dagli Spinelli di Scalea che lo tennero dal 16 Novembre 1724, all'eversione della feudalità nel 1806. Controversa è l’origine del nome. Oreste Dito lo fa derivare da “Papàs Skidros” antica Scidro che , assieme a Laos, era stata fondata dai Sibariti sul versante tirrenico della Calabria; il Rolhfs, invece, fa riferimento ad un igùmeno presente nella comunità basiliana del luogo e lo deriva da “Papas Isidoros”, prete Isidoro. Lo storico Enzo Papa osserva giustamente che un personaggio che avrebbe dato il nome ad una comunità, non sarebbe svanito nel nulla, ma avrebbe lasciato maggiori segni di sè, e avanza questa ulteriore ipotesi: “ Io ritengo, con buona pace di Rohfs e dei suoi epigoni, che Papasidero derivi dal bizantino Hapa-siderion, in cui il primo termine è il greco Hapas-hapantos (tutto), e il secondo è una glossa greca, acquisita al latino da Plinio, con il significato di Verbena. Dunque: "Luogo tutto di verbena" . La pianta un tempo era diffusissima in Calabria e pertanto ha dato il nome a questo luogo.”

    La grotta del Romito

    800pxgrottadelromito1h
    Parte esterna della grotta

    - Info -

    La grotta del Romito è un sito risalente al Paleolitico superiore contenente una delle più antiche testimonianze dell'arte preistorica in Italia, situata in località Nuppolara nel comune di Papasidero. All'interno si trovano alcune incisioni rupestri, tra le quali la più importante è un graffito raffigurante due bovidi (Bos primigenius), e tracce di antiche sepolture, risalenti a 10.500 anni fa. Il ritrovamento del graffito è avvenuto nel 1961, è stato datato dagli esperti come appartenente al Paleolitico superiore. Una riproduzione dell'originale si conserva al Museo Nazionale di Reggio Calabria. Altri reperti sono esposti al Museo e istituto fiorentino di preistoria. L'importantissima scoperta, avvenuta nel 1961 in territorio di Papasidero, ha gettato una straordinaria luce sulle vicende preistoriche della Calabria settentrionale, dimostrando che essa era abitata da almeno 20.000 anni fa. L'uomo del Romito era della razza cro-magnon, non sapeva allevare gli animali e non conosceva l'agricoltura e la lavorazione della ceramica.

    La grotta è divisa in due parti ben distinte:
    Quella vera e propria, profonda circa venti metri, che si addentra nella formazione calcarea con un cunicolo stretto e oscuro e il riparo che si estende per circa 34 metri in direzione est-ovest.

    jpg

    jpg

    Per il neolitico l'analisi del carbonio 14 ha dato 4.470 a.C. mentre, per gli strati del paleolitico superiore, il più antico finora databile, risale a circa 16.800 anni a.C. L'homo sapiens ha abitato molto intensamente la grotta lasciando innumerevoli testimonianze del suo passaggio in strumenti litici e ossei, nello stupendo graffito e nei resti dei propri scheletri. La figura di toro, lunga circa 1,20 metri, è incisa su un masso di circa 2,30 metri di lunghezza e inclinato di 45°. Il disegno, di proporzioni perfette, è eseguito con tratto sicuro.

    jpg

    Le corna, viste ambedue di lato, sono proiettate in avanti e hanno il profilo chiuso. Sono rappresentate con cura alcuni particolari come le narici, la bocca, l'occhio appena accennato, l'orecchio. In grande evidenza le pieghe cutanee del collo e assai accuratamente descritti i piedi fessurati. Un segmento attraversa la figura dell'animale in corrispondenza delle reni. Al di sotto della grande figura di toro vi è incisa, molto più sottilmente, un'altra figura di bovide di cui sono eseguiti soltanto il petto, la testa e una parte della schiena. Di fronte al masso con il bovide ve ne è un altro di circa 3,50 metri di lunghezza, con segni lineari incisi di significato apparentemente incomprensibile. La frequentazione neolitica della grotta del Romito è documentata dal rinvenimento di una cinquantina di cocci di ceramica che rivelano l'esistenza del transito del commercio della ossidiana proveniente dalle isole Eolie.

    grottaromito

    Nella grotta, visitata da molti turisti, è possibile osservare, nel luogo del loro rinvenimento, delle riproduzioni di sepoltura datate all'incirca 9.200 anni a.C. , contenenti ciascuno una coppia di individui disposti secondo un rituale ben definito. Una di queste coppie di sepoltura è stata rinvenuta nella grotta e due altre coppie nel riparo, poco distanti dal masso con la figura del toro. Di queste coppie di scheletri, la prima è conservata nel museo nazionale di Reggio Calabria, la seconda si trova nel museo fiorentino di Preistoria, insieme alle schegge litiche (circa 300) trovate nei vari strati esaminati nel riparo e nella grotta, la terza è ancora oggetto di studio da parte dell'Istituto di Preistoria di Firenze. Recenti scavi hanno portato alla luce i resti di una quarta sepoltura ancora più antica delle precedenti, evidente testimonianza di una intensa frequentazione del riparo del Romito da parte dell'uomo preistorico. L’ultima sepoltura, rinvenuta ad opera del Prof. Fabio Martini del Dipartimento di Paleotnologia dell’Università di Firenze,succeduto al Prof. Paolo Graziosi della stessa Università e iniziatore della campagna di scavi nel lontano 1961, risale a ben 16.000 anni fa. Essa riveste un’importanza molto particolare perché va a colmare un vuoto di reperti preistorici nell’arco di tempo che da 20.000 anni fa saltava a 12.000 anni fa.

    Scorcio del Paese

    scorcio

    - Info -

    Veduta del paese, arroccato su di una rupe sul fiume Lao. Il paese ha origini bizantine ed appartiene al Parco Nazionale del Pollino. Domina il paesaggio la chiesa matrice del paese, dedicata a San Costantino, visibile sulla sinistra. La chiesa è custode di mirabili opere d'arte tra cui ricordiamo due acquasantiere e un fonte battesimale in granito.


    Ruderi del Castello Svevo

    ruderi

    I resti dell'antico castello, risalente al XI-XII secolo, consentono di immaginare la struttura dell'antica rocca. Probabilmente il castello era il punto di congiunzione di una cinta muraria e si distribuiva su pianta rettangolare con torre semicircolare.


    Chiesa di San Francesco di Paola

    chiesaa

    La chiesa dedicata a San Francesco di Paola è decorata da affreschi che narrano la vita del santo. Fu realizzata da Nicola Dario assieme al convento ad essa annesso risalente al XIX secolo. Accanto alla chiesa vi è l'asilo infantile realizzato dalle suore del Preziosissimo Sangue.

    Itinerari

    golemedie02

    - Info -

    Il fiume Lao è uno dei corsi d'acqua più integri e di maggiore significato ecologico di tutta l'Italia meridionale. Il suo corso inizia in territorio lucano, nel cuore del Parco Nazionale del Pollino. Le sorgenti più copiose sono situate in prossimità di Viggianello (Pz). Entrato in territorio calabrese, il fiume lambisce gli abitati di Laino Borbo e Laino Castello e attraversa in tutta la sua lunghezza, da Nord-Est a Sud-Ovest, il comune di Papasidero. Dopo un percorso di 54 Km. sfocia nel Mar Tirreno poco a sud dell'abitato di Scalea. Le sue rive sono state frequentata dall'homo sapiens che nei suoi pressi ha lasciato tracce indelebili sulle pareti rocciose della grotta del Romito. Il suo corso, anticamente navigabile, servì ai Sibariti come via di transito per i loro commerci con Laos, una colonia da loro stessi fondata sul litorale tirrenico in un luogo non molto lontano dalla foce del fiume. Oggi le sue acque, ancora abbondanti, sono una meta agognata dagli amanti del rafting e dai numerosi canoisti provenienti da molte nazioni europee che rimangono stupefatti dalle meraviglie di un ambiente naturale unico. Il fiume, infatti, s'insinua in una stretta valle scavata nella roccia a mò di cagnon tra due rive strette e ricoperte quasi interamente da una vegetazione lussureggiante. La natura selvaggia e incontaminate del luogo si estende, a tratti, su ampie spiagge ciottolose dove è possibile sostare per ammirare con più tranquillità il verde folto e cangiante della vegetazione, le pareti rocciose a picco,e cascate create da numerosi torrenti che provengono dalle montagne circostanti,lo spumeggiare delle acque costrette, nelle strettoie, ad aggirare massi di dimensioni ciclopiche. Lo spettacolo è emozionante e, a volte, incute un certo timore. Alla fine del percorso, però, resta la consapevolezza di aver vissuto un'avventura meravigliosa che volentieri si sarebbe disposti a rivivere.

    pagina3z


    Patrimonio architettonico (religioso, civile e rurale) e artistico

    colloreto
    Ruderi di Collereto

    - Info -

    • Maria SS. di Costantinopoli (XVII-XVIII sec.). Incastonato nelle gole del Lao in un posto suggestivo, il santuario conserva un importante affresco raffigurante la Madonna Odigitria con Bambino e una Statua lignea della Vergine della fine del XVIII sec.
    • Cappella di S. Sofia (XI-XIII sec.). Edificata tra le antiche case dell'abitato dai Monaci Basiliani racchiude un ciclo di affreschi eseguiti a partire dal XVI sec.
    • Chiesa di San Costantino (XV-XVIII sec.). Parrocchia dal 1510 e chiesa ricettizia nel XVIII sec. Si presenta con una pianta a croce latina a navata unica con transetto e abside pentagonale. Di interesse notevole il fonte battesimale, la tela dei Santi Domenico e Francesco di scuola Napoletana, l'altare maggiore di marmi policromi e gli stucchi del catino dell'abside sovrastanti il coro ligneo del XVIII sec.
    • Chiesa di San Francesco di Paola con convento annesso del XIX sec.
    • Cappella della Madonna del Carmine del XIX sec. con affresco del 1724.
    • Ruderi del Castello Svevo (XI-XIII sec.). Posto alla sommità del Borgo era in origine una rocca Longobarda ampliata in epoca Normanno - Sveva.
    • Resti della cinta muraria (XI-XIII sec.).
    • Ruderi dell'abbazia di San Pietro il Grasso del XIII sec.
    • Borgo di Avena di origine medioevale con la chiesa della SS. Trinità.
    • Affresco del 1736 nella Cappella di Sant'Anna al Cimitero.
    • Portali litei del XVIII sec. nelle diverse case signorili del luogo.

    Le risorse naturalistiche

    • Riserva Naturale Orientata100 "Valle del Fiume Lao" istituita con D.M. 423 del 21/7/87. Copre tutta la superficie del comune di Papasidero ad eccezione di tre nuclei urbanizzati, in corrispondenza degli abitati di Papasidero, Avena e Tremoli. L'estensione totale della riserva è di ca. 5200 ettari. Il fiume Lao, uno dei corsi d'acqua più integri e di maggiore significato ecologico di tutta l'Italia meridionale, taglia a metà la riserva, delimitando naturalmente due zone. Quella occidentale, con i maggiori rilievi e più "naturale", quella orientale altrettanto interessante ma con maggiore carico antropico e soggetta a sfruttamento agro-silvo-pastorale. (...) Data la vastità del territorio, il soprassuolo vegetale è costituito da varie tipologie. Bosco ceduo, alto fusto, alta e bassa macchia mediterranea ricoprono vaste zone con essenze diverse che rappresentano la flora arbustiva delle regioni mediterranee. Sono presenti: il faggio; il frassino maggiore e minore; il cerro; l'acero montano e opalo; il carpino bianco; l'ontano napoletano e nero; il nocciolo; il noce; il ciliegio selvatico; il castagno; numerosi salici e soprattutto il leccio che è distribuito ovunque nella valle del Lao. Numerosi sono gli arbusti tipici della macchia mediterranea che si associano alle specie suddette.: le ginestre, di Spagna e dei carbonai, il ginestrone, l'erica arborea e scoparia, il corbezzolo, il mirto, il sambuco, il lentisco, la fillirea, il ginepro comune ecc. Anche la fauna che popola la riserva è ricca e varia. Sono presenti cinghiali, volpi, lepri, faine, martore, donnole, ricci, scoiattoli neri, numerose specie avicole con importanti colonie di rapaci diurni e notturni e fagiani. La riserva è gestita dall'Ente Parco Nazionale del Pollino. La sorveglianza è effettuata dal personale del C.F.S. del Comando Stazione Forestale di Papasidero.
    • Il territorio appartiene al complesso montuoso dei monti di Orsomarso e Verbicaro. Vedi Orsomarso.
    • Località Cerri, Piano delle Fosse, Gole del Lao, S. Pietro il Grasso, Borgo di Avena, Monte Ciagola, Cascata "di Mbriachi", Fontana del Monaco, Contrada Tremoli.
    • Punti panoramici: Santuario S. Maria di Costantinopoli, Madonna del Carmine, Grotta del Romito, Fiume Lao e Ombrece, Sorgente S. Nocaio, Sorgente Castiglione, Belvedere in Località "Pirato", Sentiero panoramico Coste del Pizzo.

    Edited by terryborry - 19/7/2012, 10:34
     
    .
  2. Isabel
        Mi piace   Non mi piace
     
    .

    User deleted


    Le tracce del monachesimo basiliano

    z90cx

    - Info -

    Dopo la caduta dell’Impero Romano (476 d.C.), la Calabria passò sotto il dominio dell’Imperatore d’Oriente e vi rimase per tutta la seconda metà del primo millennio. L’influsso bizantino è ancora documentabile nei residui culturali della popolazione, ma anche nelle testimonianze artistiche. L’uso delle immagini per i monaci bizantini rivestiva un valore didattico-didascalico. Per le icone essi furono disposti a subire la persecuzione iconoclasta dell’ VIII secolo e a fuggire nell’Italia meridionale dove fondarono i più importanti centri di vita monastica. Uno di questi grandi centri basiliani fu la valle del Mercurion, come era allora chiamato il fiume Lao. In tutto il territorio di Papasidero sono molto numerose le vestigia di questa antica presenza: dal nome dei luoghi, alle derivazioni linguistiche di molte parole dialettali, all’affresco del Santuario della Madonna di Costantinopoli, a quelli ben conservati nella Cappella di S. Sofia, a quello che si può ammirare nella cappella di S. Anna al Cimitero e a quelli che ancora si possono incontrare, riprodotti sulla roccia, lungo un sentiero che costeggia il fiume Lao.

    Il santuario della Madonna di Costantinopoli

    gA0ZR

    Al XVII secolo è ascrivibile l’attuale impianto del Santuario della Madonna di Costantinopoli,addossato alla roccia che precipita sulla riva destra del fiume Lao, in un incantevole scenario naturale. La pianta è a T, a tre navate e tre campate scandite da archi a tutto sesto, poggiati su pilastri quadrati. A destra dell’edificio svetta un tozzo campanile a base quadrata e cuspide a piramide. La chiesa si raggiunge attraverso un ponte, fatto costruire nel 1904 da Nicola Dario, sopra la campata, ancora visibile, di quello medioevale. Nell’interno si conserva un affresco di circa 2×3 metri che rimanda ad uno standardizzato filone iconografico della pittura controriformista meridionale.

    5tGk2

    ZCZ75



    La cappella di S. Sofia

    Altri affreschi del periodo bizantino si possono ammirare nella cappella di Santa Sofia: una costruzione a pianta leggermente trapezoidale, di 5 metri quadrati di superficie, che si trova incastonata tra le antiche case dell’abitato. Il minuscolo locale conserva un altare settecentesco e un ciclo di affreschi, probabilmente di autori locali, che utilizzano canoni assai vicini al gotico cortese e alla pittura toscana del Trecento. Sulla parete centrale è raffigurata la Pietà con a sinistra S. Apollinare e a destra le Ss. Caterina e Lucia; sulla parete sinistra S. Sofia e i Ss. Pietro e Paolo: sulla parete destra i Ss. Biagio e Rocco e la Vergine di Costantinopoli in trono.

    Affresco della Cappella di S.Anna

    L’affresco conservato nella Cappella di Sant’Anna sita all’interno del recinto murario del Cimitero di Papasidero è rimasto per decenni totalmente sconosciuto nella sua reale dimensione e e nel suoeffettivo contenuto. L’occasionale sterro del pavimento per lavori dirifacimento ha permesso di mettere in luce un dipintoracchiuso in un’ampia lunetta scavata nella paretecentrale della cappella e divisibile in due distintipiani pittorici e narrativi. A sinistra è raffigurata una partoriente distesa su un letto a baldacchino drappeggiato e a destra (particolare riprodotto a lato)tre donne che si occupano del neonato. Il gruppo attorno al neonato si rivela di fattura decisameente elevata rispetto all’altra parte del dipinto decisamente meno dettagliata forse perché ritenuta di secondaria inportanza narrativa.
    Il dipinto pare risalire al 1705 ed è contenuto in un edificio certamente prreesistente alla costruzione della cappella attuale che è parte integrante dell’impianto cimiteriale fatto costruire nel 1908 dal benefattore papasiderese Nicola Dario.

    Le icone lungo il sentiero che conduce a Orsomarso

    In un luogo aspro, protetto da un riparo roccioso, lungo un viottolo che costeggia il fiume Lao, si può ammirare un dipinto del X-XI secolo. Proseguendo lungo il sentiero, a volte impervio, ma sempre affiancato da paesaggi cangianti e suggestivi, si possono incontrare altre manifestazioni della fede popolare, come l’effigie che segue, opera di qualche antico artista del luogo.



    Edited by terryborry - 19/7/2012, 10:30
     
    .
1 replies since 24/9/2011, 09:00   303 views
  Share  
.