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Rossano

Provincia di Cosenza

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    Rossano

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    Rossano è un comune italiano di 38.586 abitanti della provincia di Cosenza in Calabria.

    Storia

    - Info -

    I primi insediamenti della popolazione indigena degli Entri risalgono ai secc. XI - VIII a.C. Durante il periodo magno-greco (secc. VIII-II a.C) è il porto e l’arsenali di Thurii (la II Sibari) con il nome di Ruskìa o Ruskiané. Poi durante la denominazione dei romani (secc. II a.C - V d.C) diventa anche una città fortezza, Castrum e poi Frùrion, con il compito di controllare la sottostante Piana di Sibari ed i sovrastanti monti della Sila , dove i fieri Brettii o Bruzi difendn eroicamente la loro libertà dai Romani: la città acquista il nome di Roscianum. Siti archeologici Enotrii, Brettii, Greci e Romani sono segnalati in tutto il territorio, mentre significativi reperti sono conservati nel nuovo museo Dicesano e nel museo di Sibari. Il periodo storico più importante per Rossano è quello Bizantino: infatti, dal 540 al 1059, essa diventa una città strategica dell’Impero di Bisanzio tra le più attive e sicure del sud-Italia, ambita da numerosi invasori (Visigoti, Longobardi, Saraceni) ma mai espugnata. Un centro militare oltre che un centro politico-amministrativo tra i più importanti del dominio bizantino che ospita i più alti dignitari della corte di Bisanzio, ma anche dell’Impero Italo-Tedesco. Comune di Rossano :: Foto Aeree Nel 951 - 952, è la sede dello Stratego (il capo militare e civile dei due Themi di Calabria e Lombardia), e diventa così la capitale dei possedimenti bizantini in Italia. E’ il momento della massima potenza e notorietà per Rossano, che le valgono i titoli onorifici di "La Bizantina", "perla bizantina della Calabria", "la Ravenna del sud". Il secolo X, che per l’Europa è uno dei secoli più drammatici, è invece, il secolo d’oro per Rossano. Essa è il centro urbano più importante della Calabria, sede dello Stratego, di Vescovado, di uffici amministrativi, di officine artigianali, di botteghe d’arte. Numerose, inoltre, sono le istituzioni educative e le scuole monastiche dei tanti monasteri urbani e montani, che, con le loro biblioteche ed i loro "scriptoria" diffondono l’immagine di Rossano e la rendono famosa per i suoi alti livelli di religiosità e di cultura greco - bizantina. Da quest’ambiente ricco e stimolante, luogo d’incontro e di sintesi di diverse sensibilità, crocevia tra l’Oriente e l’Occidente, zona ascetica di intensa spiritualità ( nota come l’Aghiov Oros o Montagna Santa Rossanese), esce una nutrita schiera di personalità di primo piano nel Medio Evo: I Papi Zosimo (417 - 418), Giovanni VII (705 - 707), Zaccaria (741 -752), Giovanni XVI Filagato (997 - 998); San Nilo, il più illustre dei figli di Rossano (910 - 1004), fondatore di numerosi monasteri, tra i quali la famosa Badia Greca di Grottaferrata presso Roma; San Bartolomeo (980 - 1055), discepolo di S. Nilo e continuatore della sua opera, coo-fondatore della Badia di Grottaferrata, autore del "Bios", la vita di San Nilo, l’opera agiografica e storica più significativa di quell’epoca storica; Shabbettai Domnolo (913 - 982), medico e scienziato ebreo ecc. Comune di Rossano :: Foto Aeree Dalla fine dell’età bizantina (1059) in poi Rossano perde progressivamente il ruolo di protagonista nella storia della Calabria, pur mantenendo una sua intensa vitalità ed intatto il suo prestigio; specialmente al tempo dei Normanni (1059 - 1190) e degli Svevi (1190 -1266), quando, risparmiata dalla feudalizzazione, si conserva città regia e quindi libera Università. Ma nel 1417, passa sotto il Regime Feudale, diventa e rimane Principato, quasi ininterrottamente, fino al 1806, durante le dominazioni degli Angioini, ( 1266 - 1442), degli Aragonesi (1442 - 1504), degli Spagnoli (1504 -1714) degli Austriaci (1714 - 1738), dei Borbone (1738 - 1860). Le famiglie feudali che si avvicendano alla guida della città sono i Ruffo, i marzano, gli Sforza di Milano, gli Aldobrandini e i Borghese di Roma; Bona Sforza e contemporaneamente Principessa di Rossano, Duchessa di Bari e Regina di Polonia (1524 - 1559). Comune di Rossano :: Foto Aeree L’intenso sfruttamento dei dominatori stranieri, dei feudatari, del Patriziato locale determinano il ristagno dell’economia (incentrata sull’olivicoltura), l’isolamento e la periferizzazione della città. Ciò nonostante Rossano continua a svilupparsi urbanisticamente ed ad arricchirsi di nuove e significative presenze. Sorgono numerosi e grandi i palazzi gentilizi, Chiese e Monasteri, casini o masserie, torri costiere, (come il castello di S. Angelo), l’Ospedale di San Giovanni di Dio o dei Fatebenefratelli, associazioni culturali e religiose, assistenziali e sociali. L’Arcivescovo Gian Battista Castagna diventa Papa con il nome di Urbano VII (15 - 27/IX/ 1590). Sul piano culturale, dai primi del 500 alla metà del 700, Rossano rinnova il ruolo di Città di Cultura: proliferano le istituzioni religiose ( tra le quali il Seminario Diocesano, (1593); si affermano due Accademie note a livello nazionale, quella dei Naviganti e quella degli Spensierati; sorge il teatro Nazionale Amantea poi Palella, modellato su quello della corte borbonica di Napoli, unico in Calabria alla fine del 700. Durante il decennio Francese ( 1806-1815), Rossano ritorna ad essere Città Regia, liberata dagli orrori e dallo sfruttamento del Feudalesimo. Ai primi dell’800 diventa Capoluogo di Distretto (28 Comuni), sede di Sottointendenza, Capoluogo di Circondario e sede del Giusticente; dal 1894 al 1926 è sede di Sotto-Prefettura; nel 1865 diventa sede di Tribunale, nel 1875 di Corte d’Assise e Distretto Militare; si arricchisce di nuove istituzioni scolastiche superiori e, nel 1871, prima di altre città, di Ginnasio, che diventerà poi Liceo Ginnasio "San Nilo", scuola illustre per cultura e vita democratica; nella seconda metà dell’800, è centro di numerosi circoli culturali e produce vari giornali e periodici; nel 1876 Rossano inaugura il tronco ferroviario Jonico e, dopo qualche anno, avvia la prima illuminazione elettrica e le prime centrali termoelettriche della Calabria. Nel 900, Rossano vive le vicende che caratterizzano la Calabria, con dignità e spesso da protagonista: partecipa con tanti coraggiosi alla Resistenza ed alla lotta di Liberazione, conosce l’emorragia dell’emigrazione, svolge una funzione attiva nel processo lento della ricostruzione della vita civile democratica e materiale della regione, esercitando, fino a tempi recenti, un ruolo di grande prestigio, trainante e di guida, nel vasto territorio della Calabria Jonica Nord Orientale.

    Terremoto del 1836

    Info - Scheda Wikipedia

    Il terremoto del 25 aprile 1836 fu un sisma che colpì la Calabria nella zona del Medio Jonio cosentino, causando la distruzione di gran parte dell'abitato di Rossano. I morti furono oltre 200.

    Geografia

    Rossano si trova nella fascia orientale della piana di Sibari tra la Sila e la costa ionica. Il territorio comprende anche parte delle alture che precedono la Sila e il comune fa parte della Comunità montana Sila Greca e ne ospita la sede. Il territorio comprende terreni di diversa origine geologica, con caratteristiche differenti (rocce, argille, sabbie), alle quali corrispondono diversi tipi di flora. Dal punto di vista paesaggistico dominano le culture arboree (uliveti, agrumeti e frutteti). In zone prossime alla costa sono inoltre presenti pioppeti. Esistono nel territorio due alberi di quercia monumentali (una farnia e una Quercus virgiliana).

    Luoghi d'interesse

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    San Marco


    Oltre ai numerosi palazzi gentilizi disseminati in numerose proprietà private, nel Centro Storico di Rossano è possibile visitare:
    • La Cattedrale di Maria Santissima Achiropita: eretta nell'XI secolo, con successivi interventi nel XVIII e XIX, è il principale monumento architettonico della città, con pianta a tre navate e tre absidi. La torre campanaria e la fonte battesimale risalgono al XIV secolo mentre gli altri decori datano tra il XVII e il XVIII secolo. La chiesa è famosa per l'antica immagine della Madonna Acheropita, ossia non dipinta da mano umana, di datazione probabile tra il 580 la prima metà dell'VIII secolo. All'interno della sacrestia nel 1879 fu ritrovato il famoso "Codex Purpureus Rossanensis", evangeliario greco del V-VI secolo di origine mediorientale o alessandrina, portato a Rossano probabilmente da qualche monaco in fuga dall'oriente durante l'invasione degli arabi (secc. IX-X) e composto di 188 fogli di pergamena contenenti i Vangeli di Matteo e Marco ed una lettera di Eusebio a Carpiano. Il manoscritto, mutilo ed anonimo, indubbiamente la testimonianza più rappresentativa e preziosa di Rossano "la Bizantina", riporta testi vergati in oro ed argento ed è impreziosito da 15 miniature che illustrano i momenti più significativi della vita e della predicazione di Gesù.
    • L'Oratorio di S. Marco (IX-X secolo): originariamente dedicato a Sant'Anastasia, è il monumento più antico della città ed una delle chiese bizantine meglio conservate d'Italia. Fu costruito su iniziativa di San Nilo come luogo di ritiro ascetico per i monaci eremiti che vivevano negli antichi insediamenti rupestri sottostanti. Si tratta di un edificio in stile bizantino con pianta a croce greca, caratterizzato da cinque cupole a tamburo e dall'abside, che conserva inoltre tracce di un antico affresco della Madonna del Bambino.
    • La Chiesa di S. Bernardino (XV secolo): in stile tardo-gotico, fu la prima chiesa Cattolica della città ed ospita il sepolcro di Oliverio di Somma (1536) con la statua del defunto ed un Crocifisso ligneo del XVII secolo.
    • La Chiesa della Panaghìa (X secolo): così denominata in onore di "Maria Tutta Santa", è un altro esempio di architettura religiosa bizantina nel cui abside si conservano tracce di almeno due fasi pittoriche, con un affresco più antico raffigurante San Basilio ed un frammento del XIV secolo che ritrae San Giovanni Crisostomo.
    • La Chiesa di San Francesco di Paola (tardo XVI secolo): con un portale rinascimentale ed un chiostro.
    • La Chiesa di Santa Chiara (XVI secolo): voluta dalla Principessa Bona Sforza.

    Nei dintorni invece si trovano:
    • L'Abbazia del Patire (XI-XII secolo): immersa nel verde delle colline, conserva splendidi pavimenti a mosaici arabeggianti, l'abside in stile normanno ed un antico portale ligneo. Fu fondata dal monaco e sacerdote San Bartolomeo di Simeri verso il 1090 sulle rovine di un oratorio
    • La Torre Stellata (XVI secolo): anche nota come Torre Sant'Angelo, è un antico edificio militare fatto fortificare da Bona Sforza tra il 1543 ed il 1564, all'interno del cui complesso mercantile si trova un ottimo esempio di fondaco perfettamente conservato.

    Economia

    Gli anni cinquanta hanno coinciso con la crescita demografica, principalmente dovuta all'afflusso dai centri minori circostanti ed allo sviluppo dei servizi e delle attività commerciali, con conseguente boom dell'edilizia. Nel 1977 entra in funzione una centrale termoelettrica, alimentata a gas e ad olio combustibile. L'economia locale ruota comunque principalmente intorno all'agricoltura ed alla produzione di olio extravergine di oliva (Dolce di Rossano) e della rinomata liquirizia Amarelli. Altre attività di una certa rilevanza sono la pesca, l'itticoltura, le produzioni lattiero-casearie, la lavorazione del legno, del vetro, delle pelli, del ferro battuto, il restauro di mobili d’arte, il ricamo e l'artigianato. Da tempo, inoltre, le amministrazioni susseguitesi puntano ad una forte riqualificazione turistica ed al potenziamento delle strutture ricettive. Tutt'oggi ha la sua zona industriale "S.IRENE", dove sono numerose le attività industriali (Cartiera, Legnami, ecc). A Rossano inoltre opera l'antica e famosa fabbrica di liquirizia Amarelli, nota in tutto il mondo. All'interno della fabbrica è presente anche un museo.

    Rossano Calabro


    rossano-calabro

    Centro culturale, economico e turistico di prim’ordine della costa ionica cosentina, patria tra gli altri di S. Nilo e S. Bartolomeo, Rossano Calabro è una cittadina di quasi 40.000 abitanti in continua crescita tanto da aver rivendicato, seppur senza successo, lo status di provincia nel recente passato. Benché gli agglomerati urbani più corposi si trovino nelle zone pianeggianti interne e sulla fascia costiera per sfruttare le potenzialità del turismo balneare, il territorio rossanese si estende sino alla Sila Greca offrendo così al visitatore un panorama estremamente composito anche sotto il profilo della vegetazione: dagli agrumeti ed uliveti secolari si passa a querceti con esemplari annoverati tra gli “alberi monumentali d’Europa”. Secondo alcuni il toponimo deriva da una voce greca traducibile come “rocca salvatrice” e la sua posizione intermedia e lievemente rialzata tra la Piana di Sibari e il Golfo di Taranto le valse una grande considerazione in epoca antica. E’ però soprattutto in epoca bizantina che Rossano raggiunge il massimo splendore sociale e culturale: fu infatti capitale dei possedimenti bizantini in Italia e sede dello ‘Stratego’. A tale passato glorioso si riferiscono le principali costruzioni sacre della città, detta anche “la Ravenna del Sud”. Monumento principale è la Cattedrale del secolo XI, a tre navate e tre absidi, all’interno della quale fu rinvenuto il Codex Purpureus Rossanensis, un importante manoscritto tratto dal Nuovo Testamento le cui pagine color porpora sono impreziosite da 15 illustrazioni realizzate anche con inchiostri a base d’oro e d’argento. Da non perdere l’Oratorio di S.Marco del X secolo, probabilmente la testimonianza bizantina meglio conservata dell’intera Penisola, la Chiesa di S. Bernardino, l’Abbazia del Patire (nei boschi collinari e raggiungibile anche attraverso percorsi di trekking) e la Torre Stellata, edificio militare voluto dalla principessa Bona Sforza che rappresenta uno degli ultimi esempi di fondaco. E’ possibile visitare inoltre i diversi musei cittadini tra cui quello diocesano (dove è conservato il “Codex”, aperto tutti i giorni in estate) e quello della liquirizia. Per chi volesse una vacanza balneare Rossano offre 5 km di litorale sabbioso con acque cristalline e particolarmente pescose. E’ qui che ha sede il parco acquatico ”Odissea 2000”, il più grande del Sud Italia, 80.000 mq di puro divertimento, a cui vanno aggiunte le scuole di vela, di diving e le strutture per il karting.

    Acquapark " Odissea 2000 "

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    Il parco acquatico Odissea 2000 di Rossano Calabro fa parte di un complesso turistico molto esteso vicino al mare sulla costa ionica calabrese. Il parco in continua espansione rappresenta oggi uno dei più grandi e forniti parchi acquatici in Italia con la presenza di vaste aree verdi, prati, punti ristoro e gruppi di animatori che allieteranno le giornate di bambini, adulti ed anche anziani. Il Parco è suddiviso in 3 zone: la zona servizi, ricettività e ristorazione; la zona attrazioni per i bambini con Penelope's House, Mikro Toboga, Castello di Ermes, Polidoro, Mikro Splash, zona benessere con con Fontane di Teti, e L'angolo di Afrodite, e zona giochi d'acqua con Atena Gioc'onda, Ulisse Splash, Eolo Toboga, Apollo Kamikaze ; e la zona relax & fun con Hidro Dance, Acqua Gym, Argo River.

    Economia

    Gli anni cinquanta hanno coinciso con la crescita demografica, principalmente dovuta all'afflusso dai centri minori circostanti ed allo sviluppo dei servizi e delle attività commerciali, con conseguente boom dell'edilizia. Nel 1977 entra in funzione una centrale termoelettrica, alimentata a gas e ad olio combustibile e finalmente si riesce a dare lavoro a l'intero compresorio. L'economia locale ruota principalmente intorno alla centrale enel, all'agricoltura ed alla produzione di olio extravergine di oliva (Dolce di Rossano) e della rinomata liquirizia Amarelli, sede anche di un museo. Altre attività di una certa rilevanza sono la pesca, l'itticoltura, le produzioni lattiero-casearie, la lavorazione del legno, del vetro, delle pelli, del ferro battuto, il restauro di mobili d’arte, il ricamo e l'artigianato. Da tempo, inoltre, le amministrazioni susseguitesi puntano ad una forte riqualificazione turistica ed al potenziamento delle strutture ricettive. Tutt'oggi ha la sua zona industriale "S.IRENE", dove sono numerose le attività industriali (Cartiera, Legnami, ecc).

    Personalità legate a Rossano
    • Alfredo Gradilone (1889-1972) storico.
    • Andrea Ciullo (1949) è un drammaturgo, compositore e artista italiano.
    • Bartolomeo di Simeri, al secolo Basilio, detto anche Trigono (Simeri, 1050 circa – Rossano, 19 agosto 1130), è stato un monaco, sacerdote e santo italiano.
    • Bartolomeo il giovane (980 - Grottaferrata 1055) è stato un monaco italiano.
    • Beato Stefano (925 - Gaeta 1001).
    • Carlo Blasco (1635-1706) storico.
    • Ciro Santoro (1923-1987) storico.
    • Domenico Berlingieri (1929-1996) esperto in ginecologia ed ostetricia.
    • Filagato da Cerami (XI secolo - XII secolo) è stato un predicatore italiano, di lingua greca.
    • Giovambattista Palatino (XVI secolo calligrafo.
    • Giovanni Filagato (1001) è stato un vescovo italiano. Fu antipapa col nome di Giovanni XVI dal 997 al 998.
    • Giovanni Sapia (1922) letterato.
    • Giovanni Verso (1901-1972) docente di matematica e fisica.
    • Giuseppe Ferrari (1912-1999) giurista e giudice emerito della Corte Costituzionale.
    • Giuseppe Greco (1902-1968) avvocato.
    • Giuseppe Morici (XVII-XVIII secolo) filosofo.
    • Isabella de Rosis (9 giugno 1842 - Napoli 11 agosto 1911) fondatrice della Congregazione delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore di Gesù.
    • Marco de Simone (1914-1994) partigiano, senatore della Repubblica e sindaco di Rossano.
    • Nicola Amarelli (XVI secolo) giurista.
    • Nilo da Rossano (910 ca. - Grottaferrata 26 settembre 1004), fu monaco basiliano, eremita, abate e fondatore dell'Abbazia di Grottaferrata. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa ed è santo patrono di Rossano dove viene festeggiato il 26 settembre e dove, nell'anno 2004, si è celebrata la ricorrenza del millenario di san Nilo.
    • Scipione Caccuri (1899-1981) esperto di medicina del lavoro.

    Torre dell' Orologio

    latorreilluminata

    - Info -

    Nel centro storico di Rossano, levando gli occhi verso l’alto, potrete ammirare quasi da ogni punto la Torre dell’Orologio di recente restauro. Si tratta di una torre campanaria a base quadrata suddivisa in tre livelli da cornici marcapiano: ognuno di essi è caratterizzato da un’apertura ad arco a tutto sesto e da lesene laterali che conferiscono alla struttura una spiccata linearità verticale. Alla sommità si trova una cupola con un terrazzino accessibile per i visitatori, da cui si gode di un’eccezionale vista: un posto ideale per scattare qualche bella foto di Rossano e del circondario. I colori tenui con cui è stata recentemente ridipinta conferiscono alla Torre dell’Orologio un aspetto molto elegante che è particolarmente apprezzabile al calar della sera, quando entrano in funzione i 5 proiettori di 250 watt di cui è dotata. Il nostro invito è quello di visitare la torre anche se non intendete salire fin su in cima. Al piano terra, infatti, troverete un interessante allestimento di cartoline, documenti storici e foto di Rossano Calabro e del suo hinterland.

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    Orologio e meridiana

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    Particolare della Torre di Rossano

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    La Torre vista dal basso



    Edited by Isabel - 28/6/2012, 10:05
     
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    Il Codex Purpureus Rossanensis - Manoscritto del Nuovo Testamento

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    - Info -

    Rossano, la città più bizantina della Calabria e dell' Italia per oltre mille anni (dal 540 al 1460), nota per questo come "Rossano la Bizantina".

    Uno dei più antichi e preziosi codici miniati della paleografia medievale è stato trovato nella Cattedrale di Rossano, rimasto lì nascosto per secoli, segnalato per la prima volta dal giornalista Cesare Malpica nel 1879 e scoperto nel mondo scientifico nel 1879 da Oscar Von Gebhardt e Adolf Harnack. Si tratta di un evangelario mediorientale in pergamena color porpora risalente ad un periodo compreso fra il IV e il VI secolo e arrivato a Rossano tra il IX e X. Si compone di 188 fogli per un totale di 376 facciate scritte in oro e argento in maiuscola biblica e consta dell’Epistola di Eusebio a Carpano, del Vangelo di San Matteo e parte del Vangelo di San Marco accanto a 14 tavole miniate con scene e personaggi del Vangelo. È un unicum di valore inestimabile che attrae visitatori da tutto il mondo ed è custodito nel Museo Diocesano.

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    Dettaglio del museo Codex Purpureus Rossanensis



    Descrizione
    l "Codex Purpureus Rossanensis" è un manoscritto del Nuovo Testamento, dal formato di 200 x 307 mm, in pergamena colore porpora (da qui il nome "Purpureus"), di straordinario interesse dal punto di vista sia biblico e religioso, sia artistico, paleografico e storico, sia documentario.

    È però mutilo, i suoi 188 fogli, forse dei 400 originari (l'altra metà è andata probabilmente distrutta nel secolo XVII o XVIII in un incendio, di cui è rimasta traccia negli ultimi dieci fogli), contengono soltanto l'intero Vangelo di Matteo e quasi tutto quello di Marco (fino al versetto 14 dell'ultimo capitolo); nel corpo del volume si trova anche una parte della lettera di Eusebio a Carpiano sulla concordanza dei Vangeli. La legatura in pelle scura risale al sec. XVII o XVIII.

    È adespoto cioè non conosciamo il nome o i nomi degli autori.

    È scritto in caratteri onciali ossia in lettere maiuscole greche o maiuscole bibliche, su due colonne di 20 righe ciascuna, le prime tre linee, all' inizio dei Vangeli, in oro e il resto in argento, le parole non recano accenti, né spiriti, né sono tra di loro separate, né compaiono segni di interpunzione, tranne i punti che segnano la fine dei periodi.

    È un Evangelario miniato, in quanto comprende n. 15 illustrazioni decorative, superstiti immagini di un più ampio corredo iconografico, aventi per soggetto fatti, avvenimenti, parabole riguardanti la vita e la predicazione di Gesù Cristo. Le miniature, tranne tre (IX, X e XV), rappresentano visivamente la vicenda storica ed il messaggio evangelico di Gesù Cristo nella sua ultima settimana di vita. Esse sono tratte dai quattro Evangeli, compresi quelli di Luca e Giovanni i cui testi sono andati perduti. Le 15 tavole miniate occupano altrettanti fogli, distinti da quelli contenenti il testo, e riproducono, in continuità visiva, il ciclo pittorico o musivo di una chiesa o basilica di quell'epoca, dedicato alla vita e all'insegnamento di Gesù : tale accorgimento presenta un'autentica unicità rispetto ad altri codici miniati. Di esse n.10 illustrazioni presentano la medesima impostazione visiva e grafica: la parte superiore è occupata dalla scena evangelica ed è separata da una sottile linea blu dalla scena inferiore, che è riservata, nella parte centrale, a quattro Profeti, dipinti a mezzo busto, tutti con il braccio destro alzato, con l'aureola e soltanto David e Salomone anche con la corona regia; al di sotto dei Profeti, che con la mano destra indicano l'avverarsi delle loro profezie nella scena superiore, ci sono infine le loro citazioni in cartigli o rotoli.

    Questo codice, noto anche come il "Rossanensis", è uno dei sette codici miniati orientali esistenti nel mondo . Tre sono in siriaco e quattro in greco. Questi ultimi sono il "Manoscritto 5111 o Genesi Cotton", in possesso della British Library di Londra (di cui, però, a causa di un incendio nel XVII secolo, è rimasto qualche esiguo e decomposto frammento soltanto di una pagina), la"Wiener Genesis", conservata presso la Osterreichische Nationalbibliothek di Vienna (costuita da 26 fogli, 24 dei quali miniati), il "Frammento o Codice Sinopense", custodito presso la Bibliothèque National di Parigi (formato da 43 fogli e 5 miniature) e infine il "Codex Purpureus Rossanensis", che, con i suoi 188 fogli, pari a 376 pagine, è il Codice più ampio, più prezioso, più importante di quelli sopra citati; pare che un quinto codice greco, il cosiddetto "Codice o frammento «N»" (contenente una miniatura sulla lavanda dei piedi), esista nella città russa di S. Pietroburgo ex Leningrado.

    l "Rossanensis", salvato da rapine, distruzione, oblio dalla Chiesa rossanese, è posseduto e conservato, da tempo immemorabile, dalla Cattedrale e dall' Arcivescovado dell'antica e prestigiosa città bizantina, ed è amorevolmente custodito, dal 18 ottobre 1952, presso il Museo Diocesano di Arte Sacra di Rossano. Sfuggito a storici e cronisti nel corso dei secoli, viene ricordato per la prima volta, nel 1831, da Scipione Camporota, canonico della Cattedrale della città, che dà ai fogli una prima sistemazione e l'attuale numerazione con inchiostro nero delle pagine. È segnalato, poi, fugacemente, nel 1846, dallo scrittore Cesare Malpica in un libro-reportage, dal titolo "La Toscana, l'Umbria e la Magna Grecia". Viene, quindi, presentato, per la prima volta, nel 1880, all' attenzione della cultura europea ed internazionale, come una"scoperta", da due studiosi tedeschi, Oskar von Gebhardt e Adolf von Harnach nello scritto, pubblicato in quell'anno a Lipsia, dal titolo "Evangeliorum Codex Graecus Purpureus Rossanensis", che, tra l'altro, battezza ufficialmente e definitivamente il prezioso manoscritto di Rossano.

    La prima edizione del testo integrale del "Codex" è opera di von Gebhardt e risale al 1883, la seconda è del Sandy e data 1885. L'Haseloff , poi, nel 1889, fornisce l'edizione delle miniature, riproducendole in fototipia, ed il Munoz, nel 1907, in cromotipia. Nel 1974, mons. Ciro Santoro cura una nuova e pregevole edizione del "Rossanensis", con riproduzioni più fedeli delle miniature, testi informativi e commenti. Recentemente, nel 1985, il prof. Enrico Malato, la Casa Editrice Salerno di Roma e l' Akademische Druck u. Verlagsanstalt di Graz, in collaborazione con l'Archidiocesi e con il Comune di Rossano, con l'alto Patronato del Presidente della Repubblica, hanno curato l' edizione integrale in fac-simile del "Purpureus Rossanensis", corredata da un Commentario con i contributi di Guglielmo Cavallo, William C. Loerke e Jean Gribomont. Dall' 800 ad oggi si è acceso un ampio, appassionato ed interessante confronto tra gli studiosi.

    Ancora aperta è la "questione" della localizzazione e della provenienza del "Codex", nonostante gli studi e le ricerche, di notevole valore scientifico, che , da circa un secolo, stanno impegnando storici, paleografi, studiosi d'arte bizantina, neo-testamentari e di filologia biblica. Inizialmente, prevale l' « ipotesi romanista », che vuole il"Rossanensis"esemplato nell' Italia Meridionale : tale è l'opinione di Viokoff, Gradmann, Stahllant, Stuhlfauth, Beissel, Gradenaner, Weigand, Guyer, Bettini, Guerriera Guerrieri, quest' ultima anzi non esclude che la stesura del"Codex"possa essere avvenuta a Rossano.

    Sull' ubicazione precisa di questo centro, tuttora, non c'è unanimità né concordanza di posizioni tra gli studiosi. Alcuni propendono che il luogo d'origine del "Codex" sia la Siria, in particolare la città di Antiochia (la collocazione geografica in questa città è quella che riscuote più credito e consensi), oppure un centro dell' Asia Minore, precisamente la Cappadocia o Efeso : tale è la tesi, ancora prevalente di Ludtke, Haseloff, Strzygowski, Munez, Dalton, Buberl, Kondakoff, Lazaref, Weitzmann, Kitzinger, De Francovich, Kanterowicz, Diehl, Schultze, Garucci, Bovini, Velbach, F. Russo, G. Cavallo, A. Gradilone, C. Santoro, L. Renzo. Altri studiosi, come Morey, Krauss, Ussow pensano ad Alessandria d' Egitto, quale città d' origine del "Codex". Altri ancora optano per Costantinopoli, come von Gebhardt, Ainalov, Wulff, Nordenfalk, Buchtal, Talbot Rice, Beckwith, Delvoye, Gough, De Franciscis, William Loerke. Quasi tutti i ricercatori suddetti concordano nel datare il codice intorno alla metà del secolo VI.

    Di recente, però, la professoressa Fernanda dÈ Maffei dell'Università di Roma è pervenuta a nuovi risultati, che modificano radicalmente tante convinzioni consolidate e ritenute, a torto, definitive. Infatti, in una serie di relazioni tenute dal 1974 al 1978 e culminate in uno studio di ampio respiro, presentato a Rossano durante il convegno nazionale su"Testimonianze cristiane antiche e altomedievali nella Sibaritide" e pubblicato nel 1980, la de Maffei propone una nuova ed originale teoria, che ella con umiltà chiama"ipotesi di lavoro". Questa nasce da una ricerca attenta e molto circostanziata sulle miniature e sull' esegesi neo-testamentaria dei Padri della Chiesa e conclude che la patria del "Codex Purpureus Rossanensis" sia Cesarea di Palestina e la data di stesura sia da anticipare alla prima metà del secolo V, come hanno affermato, in precedenza, Munoz, Graevenche, Ludtke. Quest' ultimo contributo scientifico e critico mi pare che sia una delle proposte più plausibili e più persuasive, che fornisce nuovi argomenti e nuova luce per avviare a soluzione le annose, appassionate e dibattute"questioni"riguardanti il "Rossanensis ".
    Altri problemi, molto controversi, che attendono ancora soluzioni certe o almeno ampiamente condivisibili, sono quelli che riguardano la committenza, la destinazione del prezioso "libro", l'epoca e le ragioni della sua venuta a Rossano.

    Per quanto riguarda la committenza ritengo plausibile che essa provenga dall' ambiente della corte di Bisanzio, da persone della famiglia imperiale o dell'alta aristocrazia di corte, laiche o religiose, ciò perché la pergamena era allora rara e molto costosa, l'inchiostro d'oro e d'argento era alla portata soltanto di ristrette cerchie di abbienti, il colore porpora era in quel tempo riservato all'Imperatore e ai suoi stretti congiunti assumendo così l'immagine simbolica del potere temporale dell'Impero o spirituale della Chiesa. Ritengo probabile che il committente del "Codex" abbia patrocinato e finanziato l'opera nell'ottica di quelle frequenti donazioni o opere buone a favore della Chiesa, tese a creare meriti per la salvezza dell'anima o per l'indulgenza delle pene, e che, per una personalità ricca e di alto rango, dovevano essere particolarmente visibili, quali "status symbol" della classe dominante.

    Circa la destinazione dell'Evangelario, non mi pare convincente l'ipotesi, recentemente formulata dal prof. Gugliemo Cavallo dell'Università di Roma, che, in maniera mi pare molto riduttiva, relega il "Codex" ad un qualsiasi esibizionistico e banale"libro-oggetto, esposto all'ammirazione e mai letto ovvero un codice-simbolo, portato in processione o posto sull'altare o nel consesso di un Concilio..., un libro da cerimonia, da pompa liturgica, da pubblica esibizione..., un libro simbolico-decorativo". Mi sembra più verosimile che il"Purpureus Rossanensis" sia stato destinato ad un uso sacro, dottrinale, liturgico, divulgativo della parola e dell'insegnamento di Gesù Cristo, perché in esso prevalgono la parola e lo scritto, che nella simbologia religiosa bizantina sono i principali strumenti della comunicazione del messaggio di Dio, dell'annuncio della Rivelazione di Dio che nel Cristo-Verbo si fa uomo perché l'uomo attraverso il Verbo-Cristo si faccia Dio: la parola è il Verbo e il Verbo è la Via, la Verità, la Vita. Parola e scritto, inoltre, hanno la funzione di essere mediatrici tra l'uomo e Dio, in quanto proclamano l'Evangelo ossia la Buona Novella di Gesù Cristo. L'annuncio liberatorio e salvifico del Messia per essere più efficace ed incisivo viene presentato con l'ausilio delle illustrazioni o miniature, intese come strumenti complementari della parola, che si fa anche immagine, messaggio visivo immediato e fruibile facilmente ed universalmente da tutti.

    Circa la terza "questione", ritengo, con molta cautela, che il"Codex" giunga a Rossano all' indomani del 636-638, quando i monaci greco-melkiti, per sfuggire all' offensiva espansionistica e religiosa degli Arabi musulmani, abbandonano la Siria, la Palestina, l' Egitto, la Cappadocia e cercano rifugio nell' Italia Meridionale ed in Calabria; oppure si può opinare che il prezioso manoscritto sia portato a Rossano da monaci iconoduli, intorno alla prima metà del secolo VIII, al tempo delle cruente persecuzioni iconoclastiche e monacomache. Una di queste comunità credo che si stabilisca in uno dei tanti monasteri rupestri ipogei, costituiti da grotte arenaree del tipo lauritico o cenobitico, che formano allora il famoso «Aghion Oros » o "Montagna Santa" della città jonica. Rossano, la città più bizantina della Calabria e dell' Italia per oltre mille anni (dal 540 al 1460), nota per questo come "Rossano la Bizantina". Rossano, in quell'epoca e fino all'arrivo dei Normanni, dal 540 al 1059, è una città-fortezza (Frùrion) sicura ed inespugnabile, un centro politico-amministrativo importantissimo, tanto che, nel corso del secolo X, diventerà la capitale della dominazione bizantina in Italia, sede di Diocesi dal 597 e di Monasteri dalle ricche Biblioteche e dagli"Scriptoria"fornaci inesauribili di libri e codici ("officinae librorum"), una delle principali zone ascetiche del tempo, patria di Papi (Zosimo, Giovanni VII, Zaccaria, Giovanni XVI), dei Santi Nilo e Bartolomeo, con-fondatori della celebre Badia greco-bizantina di Grottaferrata presso Roma, snodo fondamentale di irradiazione di quel processo di ri-ellenizzazione religioso-culturale che da Giustiniano in poi sta investendo l'Italia meridionale bizantina. È inevitabile, direi quasi fatale, che Rossano, la città più bizantina della Calabria e dell' Italia per oltre mille anni (dal 540 al 1460), nota per questo come "Rossano la Bizantina", eserciti sui monaci greci della "diaspora" un fascino suggestivo, un' attrazione forte, irresistibile e che da allora essa divenga la patria adottiva del "Codex Purpureus", assicurando a questo le ottimali condizioni di un ambiente bizantino se non unico certamente raro, per storia, cultura, arte, spiritualità, mentalità individuale e collettiva. Rossano, oggi, è orgogliosa di custodire questo manoscritto, per molti versi, unico nel mondo, perché in esso, negli oratori del S. Marco, della Panaghia, del Pilerio ecc., nella Cattedrale dell' Achiropìta, nel celebre monastero della Nuova Odigìtria o del Patir o Patirion, nell'architettura ipogea e rupestre delle grotte monastiche, nella struttura medioevale del Centro storico ecc., Rossano mostra e testimonia alla sua gente e a tutte le genti la sua "bizantinità" e la sua ricca storia.

    I pregi del manoscritto miniato sono numerosi, tali da renderlo il capolavoro della produzione libraria ed artistica bizantina, prezioso, per molti versi un"unicum", di valore inestimabile:
    • I 188 fogli di pergamena sottilissima di agnello, pura, di ottima qualità ed ottimamente lavorata;
    • La colorazione purpurea delle 376 pagine, resa possibile dall'immersione dei fogli nel bagno di una sostanza dalla tinta rosso porpora, dagli alti costi, estratta da migliaia di particolari molluschi, che vivono soprattutto in quel braccio del Mediterraneo prospiciente la Palestina, e, data la sua alta qualità, è presumibile che essa sia stata prodotta a Tiro, la cui porpora era rinomata nell'antichità;
    • La particolare rarità delle pergamene purpuree, determinata dall' esclusiva prerogativa del colore porpora a favore degli imperatori di Bisanzio e dalla proibizione in quei secoli di eseguire codici con quella colorazione;
    • L' uso di inchiostri a base d'oro e di argento;
    • L'antichità del manufatto (è probabilmente il più antico e meglio conservato documento librario e biblico della cristianità), che fa di esso "la più fulgida gemma libraria della Calabria..., che da solo fa Museo" (Ciro Santoro);
    • L'ampiezza del manoscritto greco miniato, con il quale non possono rivaleggiare gli altri superstiti codici orientali;
    • L'efficace e superba realizzazione di ben 15 vivaci miniature (cosa che non ha riscontro in altri coevi documenti), splendide ed armoniose illustrazioni visive della parola di Cristo, documenti rarissimi dell'arte sacra bizantina del V-VI secolo, espressioni assieme alle pergamene lavorate, di alta qualità artigianale;
    • Il testo evangelico, nonostante alcuni errori di trascrizione degli amanuensi, è tra i più antichi ed attendibili, radice e fonte della dottrina cristiana e della cultura europea;
    • Il perfetto equilibrio tra fede e scienza, tra religiosità e tecnica raffinata, tra pazienza e abilità, quale si manifesta sia nella scrittura sia nelle illustrazioni;
    • La realizzazione in un'opera libraria cristiana degli ideali platonici e greco-bizantini del "Bello", del "Vero", del "Buono".

    l "Codex Purpureus Rossanensis" è, altresì, un documento ineguagliabile nella sua straordinaria carica di spiritualità, di contenuti, di messaggi, di forte tensione e nel contempo di sereno pathos, che trasudano le antiche ed espressive pagine di quell'Evangelario. Un documento simbolo di una regione, la Calabria, che non si è limitata ad essere soltanto una terra di transito o un ponte tra le due anime del Mediterraneo, ma ha mediato e tradotto in sintesi la Civiltà greco-orientale e quella latino-occidentale, che è depositaria di fecondi fermenti di cultura e di spiritualità, che, consapevole e fiera della sua lunga storia, vuole affrontare con coraggio le sfide del futuro e continuare ad essere soggetto e protagonista nell'Europa del terzo millennio.


    Le Miniature del "Codex Purpureus Rossanensis"
    Foglio n. 1, recto, p.1, I miniatura: La Resurrezione di Lazzaro.
    La miniatura apparteneva al Vangelo di Giovanni (11 , 1 ss.; 12, 1 ss.), andato perduto. La pagina è la più antica rappresentazione dell'avvenimento miracoloso: forse è il prototipo delle future analoghe pitture, fino a Giotto e Beato Angelico. La tavola è suddivisa, come la maggioranza di quelle successive, in tre parti : la scena evangelica, i profeti, il testo delle loro profezie. I Profeti di questa pagina sono David, Osea, David, Isaia; sotto sono riportati quattro passi del Vecchio Testamento, che li riguardano. I quattro Profeti, rappresentati a mezzo busto, con l' aureola, un braccio alzato e con i rotoli, sono un "leit motiv" anche nelle successive nove miniature. Il miracolo è descritto con una particolare vivacità scenica, in cui si possono notare il prima ed il dopo dell'avvenimento. Gli Apostoli sono vestiti alla greca, con imation, tunica lunga dai diversi colori, sandali : si possono individuare Simon Pietro, l'anziano, e Andrea, alle sue spalle. Davanti a Pietro, il Cristo barbuto, con l'aureola, l'imation greco e l'aureola di colore oro, la tunica lunga marrone, i sandali, viene rappresentato in movimento e mentre sta per dire :"Lazzaro, vieni fuori !". Ai piedi di Gesù le sorelle Maria, che gli sta asciugando i piedi, e Marta, entrambe con le spalle alla grotta sepolcrale, ignorano ancora che il fratello Lazzaro è stato risuscitato. La folla è divisa tra coloro che - tristi - ancora non sanno e coloro che - lieti - sanno della resurrezione di Lazzaro di Betania : sono tutti vestiti alla maniera romana, con tunica corta, penula ed alti calzari. Lazzaro risorto esce dalla tetra spelonca tombale, ma, come una mummia, con il solo volto scoperto, è ancora avvolto in un sudario, in bende bianche; il suo corpo, benchè vivo, ha ancora i miasmi della morte, dal momento che il giovane che gli sta accanto si tira la sua corta tunica rosea sopra il naso per non sentire il cattivo odore del defunto di quattro giorni; nello stesso tempo, lo guida con la mano sinistra verso l'uscita e con la destra lo addita alla folla come il primo uomo ritornato dalla morte alla vita..

    Foglio n. 1, verso, p. 2, II m.: L'Ingresso di Gesù in Gerusalemme.
    L' avvenimento è raccontato da tutti e quattro gli Evangelisti (Matteo 21, 1 ss.; Marco 11, 1ss.; Luca 19, 28ss.; Giovanni 12, 12 ss.). Anche questa pagina consta di tre parti. I Profeti sono David, Zaccaria, David, Malachia con le loro profezie sull'avvenimento. La parte superiore comprende, in successione visiva, per movimentare e vivacizzare l' avvenimento, piccoli gruppi di persone tutte festanti, che ben visualizzano la presenza di una folla numerosa e assolvono a compiti diversi: la scena è una delle più ricche di particolari dell' arte pittorica bizantina. A sinistra c'è un primo gruppo, costituito da due discepoli (Pietro, l'anziano, e forse Giovanni) e da due fanciulli (uno sta staccando rami o sta scendendo da un albero una volta passato Gesù, e l'altro si trova ancora nella folta chioma dell'albero). Al centro Gesù a dorso di un asinello in movimento, con l'aureola e l'imation di colore oro, la lunga tunica marrone e gli occhi rivolti verso Gerusalemme. Il Cristo è rappresentato seduto di fianco, perché il miniaturista lo vuole dipingere nella pienezza e nella solennità dell'intera figura frontale, per meglio farlo risaltare nella scena. A destra sono rappresentati due giovani, che stendono le vesti (imation o tuniche) o un tappeto all' arrivo dell'asino, una folla acclamante e con in mano rami di palme, le alte mura della città, dalla cui porta escono festanti quattro biondi bambini , mentre altri quattro fanciulli dalle finestre e dalla porta dell'interno della città agitano ramoscelli di palma. Il miniaturista cerca di rappresentare Gerusalemme in maniera imponente, dandole una certa prospettiva, mura possenti, alte case, tetti multicolori (rossi e blu), due torri di forma quadrata con terrazze merlate, la porta aperta della città ad arco tondo, e, sullo sfondo, la cupola blu a squame di un edificio. In questa miniatura un posto di secondo protagonista hanno i giovani ed i bambini: è un'altra novità, mentre nei quattro Evangeli si tace sulla loro presenza.

    Foglio n. 2, recto, p. 3, III m.: La Cacciata dei Mercanti dal Tempio.
    Nella parte alta della miniatura compare un'iscrizione didascalica greca, la cui traduzione dice:"Intorno a coloro che furono cacciati dal Tempio": è il primo "titulus historiarum", ne ricorreranno altri quattro nelle successive tavole miniate. L'episodio è narrato da Matteo (21, 12 ss.), Marco (11, 15 ss.), Luca (19, 45-46) e soprattutto Giovanni (2, 14 ss.). Anche qui la pagina ha tre distinte parti. I quattro Profeti, con le loro citazioni bibliche, sono David, Osea, David, Isaia. . A sinistra, il miniaturista dipinge il Tempio di Gerusalemme, mettendo in rilievo la porta, che poggia su due colonne, il tetto triangolare, una tenda finemente lavorata (corta, al fine di dare profondità all'interno), il portico con tre colonne, delle quali una è scanalata e con capitello corinzio, ed infine i tetti con tegole azzurre e rosse. Anche questa scena si presenta particolarmente movimentata, vivace e policroma. Inoltre, il miniaturista, per offrire un' immagine a tutto campo e molto visibile della scena, ha eliminato i muri perimetrali del Tempio ed ha rappresentato questo di profilo, invece che nel prospetto. Gesù, sotto il portico del Tempio, conversa con due sacerdoti, tenendo nella mano sinistra una sferza di cordicelle, con la quale ha scacciato i profanatori della casa di Dio: tutti e tre indossano l'imation, lunghe tuniche ed i sandali. La parte destra della tavola è dedicata alla descrizione del"fuggi-fuggi"dei mercanti nel cortile del Tempio: il cambiavalute chinato volge lo sguardo verso Gesù e nella fretta fa cadere monete, borsa e pallottoliere; tre giovani in fuga, di cui due ancora con gli occhi rivolti a Gesù, che si portano dietro le loro mercanzie; il giovane che tira una capra per le corna e le orecchie; ed infine la rappresentazione di numerosi animali, una capra riottosa, una colomba che prende il volo, approfittando della gabbia aperta, una capra in fuga, due pecore e due buoi gibbosi siriaci.

    Foglio n 2, verso, p.4, IV m.: La Parabola delle 10 Vergini.
    La didascalia greca in alto dice :"Intorno alle dieci vergini". Questa metafora è presente soltanto in Matteo (25, 1-13); essa, nei secoli successivi, è probabilmente il prototipo che verrà utilizzato per rappresentare il giudizio universale e la divisione netta dei dannati, a sinistra, dagli eletti, a destra, distinti dalla porta del paradiso, dietro la quale c'è Gesù, che giudica secondo meriti e demeriti. I Profeti con i loro cartigli sono David, nelle prime 3 figure, il quarto è Osea. La parte centrale della scena è dedicata al Cristo, che, alzando la mano, si accinge a parlare, e alla porta del paradiso, solida e dipinta di scorcio, che separa nettamente i due gruppi di ragazze. Le cinque vergini stolte ostentano, attraverso lunghe tuniche colorate e sontuose, ricchezza e potere terreno, ma trovano la porta celeste sbarrata da Cristo; le loro torce che si stanno spegnendo e che non possono alimentare di olio, perché le loro ampolle sono vuote, sono l'immagine - simbolo della perdita di ogni speranza di salvezza. Le altre cinque vergini manifestano visibilmente la loro saggezza attraverso il bianco delle loro vesti, accompagnate da Cristo sono entrate nel Regno celeste, che è rappresentato dalla fiamma luminosa delle torce, dalle ampolle piene di olio combustibile, dalla foresta di frondosi alberi pieni di frutta rossa, dai quattro fiumi del Paradiso, che scendono da una rupe e formano un unico fiume sotto i piedi del Cristo e delle ragazze sagge.. Gesù, che rappresenta lo sposo della parabola, è, come prima, dipinto con l'aureola e l'imation d'oro e con i sandali. In questa tavola però c'è una novità: Cristo è rappresentato con la tunica blu, come nelle successive tavole V, VI e VII..

    Foglio n. 3, recto, p. 5, V m.: L' ultima Cena e la Lavanda dei Piedi.
    I due avvenimenti, distinti e separati nella tavola miniata, sono raccontati da tutti e quattro gli Evangelisti : Matteo (26, 17 ss.), Marco (14, 14 ss.), Luca (22, 1 ss.), Giovanni (13, 1 ss.). La miniatura è distinta in quattro parti: l'ultima cena e la lavanda dei piedi sopra, i profeti ed i loro cartigli sotto. I Profeti sono David, nelle prime tre figure, l'ultimo è Sofonia. . La prima scena, a sinistra della tavola, è dedicata dal miniaturista alla più antica e vera rappresentazione dell'ultima cena, avente valore storico. Essa viene consumata attorno ad un tavolo semicircolare, marmoreo e venato, con drappi colore oro e decorati con tre uccelli, imbandito con un'unica coppa d'oro e due pani. Tra i commensali, sdraiati sui loro letti, c'è il Cristo collocato dal pittore all' estrema sinistra (e non al centro, come l'ha erroneamente descritta Leonardo), a testimoniare di essere uomo tra gli altri uomini, in piena umile parità con essi. Gesù disteso su un divano, secondo l'uso antico di stare a tavola, ha l'aureola e l' imation d'oro, i sandali e la tunica lunga blu. Sopra in greco c'è scritto: "Verità di Dio, io vi dico: uno di voi mi tradirà"(Matteo, 26, 21). Gesù, con la mano destra protesa indica il settimo dei commensali, Giuda, che sta intingendo il pane nel vaso d'oro. Si possono individuare i seguenti apostoli: Pietro, l'anziano, all' estrema destra, mentre a sinistra il primo, quello calvo, è Giovanni ed il terzo con i capelli bianchi è Andrea, mentre tutti gli altri hanno i capelli scuri. A destra della tavola c'è la rappresentazione della secondo avvenimento, la lavanda dei piedi degli apostoli. Gesù, inginocchiato davanti ad un vaso d'oro riempito di acqua blu, lava i piedi prima a Pietro e poi a Giovanni, con l'umiltà di chi ha, di chi testimonia e di chi vive la Verità. L' iscrizione greca, in alto, recita : "(Pietro) gli disse : mai e poi mai tu laverai i miei piedi".

    Foglio n. 3, verso, p.6, VI m.: La Comunione degli Apostoli col Pane.
    Questa e la successiva tavola miniata sono dedicate all'istituzione dell'eucarestia (con il pane e con il vino), la quale ha valore liturgico, a differenza della precedente dell'ultima cena, che viceversa ha carattere storico. La rappresentazione della comunione degli apostoli, mediante il pane ed il vino, è descritta da Matteo (26, 26-29), Marco (14, 22-26) e Luca (22, 14 e 18-20). La miniatura occupa metà della scena, che viene completata nel foglio successivo. I sei Apostoli si muovono verso Gesù in processione, da destra a sinistra, per ricevere il pane dell' eucarestia. La scritta greca, in alto, recita: "Poi prese il pane, ringraziò Dio e lo diede loro, dicendo: (prendete e mangiate) questo è il mio corpo". I Profeti, accompagnati dalle loro citazioni, sono David, Mosè, David, Isaia. La miniatura per dare l'immagine del movimento agli Apostoli usa diversi accorgimenti: i corpi tesi e curvi, i gesti, le braccia, le gambe e i piedi tutti in tensione e figurazioni diverse, assieme agli imation e alle lunghe tuniche mossi e sollevati ; ma l'espediente più originale riguarda i due Apostoli davanti alla figura ieratica ed autorevole di Gesù Cristo, i quali hanno in comune il bacino e le gambe. I particolari della miniatura, osservati attentamente, rivelano meglio la perizia dell' artista nel dare movimento e vivacità alla scena.

    Foglio n. 4, recto, p.7, VII m.: La Comunione degli Apostoli col Vino.
    La scena completa quella del foglio precedente. Gli altri sei Apostoli, con movimento inverso da sinistra verso destra, rispetto alla rappresentazione di prima, vanno verso il Cristo a bere nel suo calice d'oro il vino rosso. In alto c'è scritto: "Prese la coppa, ringraziò Dio e la diede loro, dicendo: (bevetene tutti, perché) questo è il mio sangue". I Profeti con i loro cartigli profetici sono Mosè, David, David, Salomone. I sei Apostoli di questa tavola miniata, come quelli della scena di prima, portano l'imation, la lunga tunica bianca ed i sandali: si possono individuare Pietro, che è colui che beve, ed Andrea, che gli sta accanto. Gesù continua ad essere rappresentato con l'aureola e l'imation d'oro, con una lunga tunica blu ed i sandali. Anche questa scena rompe la staticità delle pitture antiche e bizantine, con gli stessi abili e suggestivi espedienti usati nella miniatura precedente e in altre successive.

    Foglio n. 4, verso, p. 8, VIII m.: Cristo nell' Orto del Getsemani.
    L' avvenimento è raccontato da tutti e quattro gli Evangelisti: Matteo (26, 36 ss.), Marco (14, 32 ss.), Luca (22, 39 ss.), Giovanni (18, 1). La parte superiore presenta - per la prima volta - due diverse scene: quella di destra è occupata da Gesù inginocchiato e disteso per terra, nell' atto della preghiera a Dio Padre (Abbà), mentre quella di sinistra rappresenta il Cristo che sveglia gli Apostoli (Pietro, Giovanni e Giacomo, poco visibili a causa della pergamena molto usurata). I Profeti, accompagnati dalle loro profezie, sono David, David, Giona, Naum. La scena presenta altre due novità ed originalità : una è il paesaggio dell' orto rustico sotto il monte degli ulivi, l'ambiente naturale che compare per la prima volta nel"Codex"; l'altra è la rappresentazione del cielo notturno sereno, di colore blu (sovrastato da una cupa e nera notte), punteggiato da stelle e dalla luna crescente, che è la prima in assoluta nella storia dell' arte cristiana. In entrambe le scene Gesù (quegli che prega tra le rocce e quegli che sveglia gli Apostoli) indossa una lunga tunica marrone, che ricompare in questa miniatura, mentre era scomparsa nelle tavole IV, V, VI e VII.

    Foglio n. 5, recto, p.9, IX m.: Frontespizio della Tavola dei Canoni.
    All'interno della miniatura, dentro il doppio tondo, c'è scritto: "Struttura del canone dell'armonia tra i Vangeli". Sugli estremi dei due diametri, che formano idealmente una croce greca, inscritta in una doppia circonferenza o cornice d'oro, dentro quattro medaglioni, emergono i quattro Evangelisti, dipinti a mezzo busto su fondo blu. L' artista ha rappresentato gli Evangelisti in un sistema circolare, inteso a visualizzare i loro legami, le loro interazioni e le loro coincidenze su quanto hanno scritto intorno al Cristo. Anche i colori , dentro la doppia circonferenza, si rinnovano in successione di gruppi di quattro (nero, arancione, blu, rosa), a ventagli sovrapposti, con otto colori in ogni arco, e sono tesi a dare l' immagine dell' armonico accordo tra le diverse versioni dei quattro Vangeli. La successione visiva degli Evangelisti segue, da destra a sinistra (osservando con le spalle alla tavola miniata), il segno della croce della "Divina Liturgia" ossia del rito bizantino - greco, attribuito a S. Giovanni Crisostomo (344 ca. - 407), patriarca di Costantinopoli, tuttora in uso presso le comunità religiose greco-bizantine, sia cattoliche d'Occidente (Grottaferrata, Eparchia di Lungro, paesi italo-albanesi ecc.) sia ortodosse delle Chiese d'Oriente. La sequenza visiva dei quattro Evangelisti, inoltre, corrisponde precisamente alla cronologia dei quattro Evangeli. In alto, è dipinto Matteo (Levi), il cui nome è scritto sopra per intero: è l' autore del I Vangelo, pubblicato forse tra il 40 e il 50. Poi viene Marco, sulla destra di Matteo, riconoscibile dalla lettera greca « M », iniziale del suo nome, a lato del tondo: è l'autore del II Vangelo, pubblicato nel 65 ca. Quindi va visto Luca, a sinistra di Matteo, recante al lato l'iniziale « L » del suo nome: è autore, oltre che degli Atti, del II Vangelo, scritto nel 65-70. Infine, in basso, c'è Giovanni, il più anziano, la cui iniziale del nome « Gh » si trova sotto, rappresentato con la barba bianca : è l'autore del IV Vangelo, scritto nel 100. I ritratti nei dischi o tondi dei quattro Evangelisti (« imagines clipeatae ») hanno diversi elementi decorativi ed espressivi in comune: l'aureola d'oro, l'imation e la tunica bianchi, il libro d'oro (il proprio Vangelo) chiuso nella mano sinistra, la mano destra alzata ed aperta di chi si accinge a parlare.

    Foglio n. 6, verso, p.12, X m.: Lettera di Eusebio a Carpiano sulla Concordanza dei Vangeli.
    La miniatura riguarda la concordanza dei Vangeli ed è una pagina estranea al "Codex", appartenente certamente ad un altro codice andato perduto. Il testo si differenzia dal resto del "Rossanensis", perché è racchiuso in una cornice aurea dai contorni neri, rettangolare, decorata (con rosette, foglie, bottoni, canestri, gigli, colombe ed anatre), perché è a tutta pagina, invece che su due colonne, ed è privo di illustrazioni.



    Museo della Liquirizia Amarelli

    museodellaliquiriziaama

    - Info -

    Una storia di lavoro, di cultura, di impresa, di tradizioni, che affonda le sue radici nel comune di Rossano, uno tra i più importanti centri bizantini della Calabria, in Contrada Amarelli. Una storia da toccare con mano, da leggere, da ascoltare, da assaporare nel museo della Liquirizia "Giorgio Amarelli". Sede del Museo la storica residenza di impianto quattrocentesco, da sempre dimora e centro degli interessi della famiglia Amarelli. L'imponente edificio ingentilito da decori secenteschi, e' affiancato da un delizioso giardino di agrumi e da una piccola chiesa, parti integranti dell'ampio complesso. Antichi documenti attestano che già intorno al 1500 la famiglia Amarelli commercializzava rami sotterranei di una pianta che tutto'ora cresce in abbondanza nei suoi latifondi: la liquirizia, dall'allettante nome scientifico di Glycyrrhizia Glabra, cioè radice dolce. Nel 1731, per valorizzare al massimo l'impiego di questo prodotto tipico della costa ionica, gli Amarelli fondarono un impianto proto-industriale, detto "concio", per l'estrazione del succo delle radici di questa benefica pianta. Nascono così le liquirizie, nere, brillanti, seducenti, gioia e delizia dei bambini e di grandi.

    ingressomuseoamarelli
    Ingresso Museo Amarelli

    internodelmuseo
    Vetrinetta all'interno del museo

    anticobraciere
    Antico braciere

    vedutadialcunioggettide
    Veduta di alcuni oggetti dentro il museo

    internodelmuseo
    Altra vista della vetrinetta all'interno del museo



    Edited by terryborry - 8/9/2011, 14:23
     
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  3. Maria_ grazia
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    Io adoro fotografare albe e tramonti, queste sono tutte scattate a Rossano!

    SPOILER (click to view)
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  4. silvia1979
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    Bellissime foto Maria Grazia! :foto: :perte:
     
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  5. Isabel
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    Abbazia di Santa Maria del Patire

    santuariomadonnadelpati

    - Info -


    Santa Maria del Patire è uno dei più begli esempi di architettura sacra in Calabria e si trova in località Patire a Rossano Calabro sull’omonima altura. Il monastero di cui la costruzione è parte integrante fu voluto da Bartolomeo da Sieri allorché i Normanni si insediarono a Rossano nel XII secolo ponendo fine alla dominazione bizantina della Calabria. Punto di riferimento culturale e spirituale di assoluta rilevanza, il complesso abbaziale del Patirion, costituito dalla Chiesa e dal Monastero, è il risultato e l’emblema della fruttuosa fusione di tre civiltà, bizantina, araba e normanna: è grazie a strutture come il Patirion, uno dei centri di monaci amanuensi più attivi del Sud Italia, che sono pervenuti sino a noi molti documenti della cultura classica greca e latina. L’edificio presenta ancora oggi intatta la propria maestosità, pur recando gli inesorabili segni del tempo: costruito in pietra, mostra una pianta basilicale a 3 navate, una facciata piuttosto sobria dominata da un rosone centrale e tre cupole di chiara derivazione bizantina. All’interno della Chiesa, detta anche di Santa Maria Nuova Odigitria, troverete splendidi mosaici sui pavimenti, tetti in legno e imponenti file di colonne: tre le tante opere d’arte che vi sono conservate vi segnaliamo una statua della Vergine ed un Crocifisso in legno intagliato. Dell’antico Monastero del Patire sono visitabili il Chiostro, il Campanile e i resti delle mura di cinta insieme al frammento di un affresco appartenente ad un’opera ben più grande andata però perduta. Un’ultima annotazione merita il nome “Patire”: questo, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non va ricondotto alla sofferenza e alla sua funzione purificatrice per i Cristiani quanto piuttosto alla voce greca “patér”, “padre”, con chiaro riferimento a Bartolomeo, fondatore del monastero.

    boscocircostante
    Bosco circostante il Santuario

    cortilec
    Cortile del Santuario

    fiancatasanturio

    pathirerossano2
    Fiancata del Santuario

    particolarefacciatasant
    Particolare della facciata del Santuario

    particolareretrosantuar
    Particolare del retro del Santuario

    restidelcortile
    Resti del cortile

    RetroSantuario
    Retro del Santuario

    vistaresticortile

    pathirerossano3
    Vista dei resti del cortile




    Cattedrale Maria SS.ma Achiropita

    rossanoachiropita

    - Info -

    Il luogo di culto più rappresentativo della città di Rossano è chiamato “Cattedrale nuova” per differenziarla alla precedente di epoca bizantina. Si innalza sul luogo ove sorgeva un oratorio eremitico, probabilmente del V secolo, in cui il monaco Efrem venerava l’icona di Achiropita. Innalzata a sede vescovile già dal VIII secolo, fu soggetta a vari rifacimenti la cui forma attuale risale ad un rifacimento attuato da Roberto d’Angiò nel 1330 celebrando il rito greco sino al 1460 e innalzato a Santuario nel 1949. La facciata principale possiede un cornicione che suddivide in due la struttura architettonica e reca un’iscrizione latina che tradotta significa “Per merito tuo, o Vergine Maria Achiropita la popolazione si onora”. Un portale centrale ne assicura l’ingresso principale che si presenta sormontato da una statua dell’Achiropita tra due bassorilievi di angeli e sulla sinistra un campanile del XIV secolo con cupola in maiolica verde e oro. Un interno sontuoso è a tre navate riccamente arredato da suppellettili di diverse epoche, con pareti decorate da vasi floreali e medaglioni e con soffitti lignei dorati ed intagliati. Spicca su un pilastro della navata centrale la famosa icona del V-VI secolo che rappresenta la Vergine con il bambino in braccio che comincia dall’XI secolo in poi ad essere chiamata Achiropita che significa “non dipinta da mano umana”.

    campaniledellacattedral
    Campanile della cattedrale della SS Achiropita

    FrontoneeCampanile
    Frontone e Campanile

    lacattedrale
    La Cattedrale

    nicchiaconstatua
    Nicchia con statua

    particolaredelcampanile
    Particolare del Campanile

    particolaredelfrontone
    Particolare del frontone

    portone
    Portone

    vedutadelcampanile
    Veduta del Campanile

    vistadellachiesa
    Vista della Chiesa



    Edited by Isabel - 28/6/2012, 10:07
     
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    Chiesa di San Marco

    sanmarcorossano1

    - Info -

    La piccola chiesetta di San Marco sorge nel centro storico di Rossano, edificata intorno al X secolo, al pari della gemella Cattolica di Stilo è considerata uno dei massimi esempi di architettura religiosa bizantina in Calabria. Anche per il piccolo oratorio di San Marco la data di fondazione sembra essere anteriore all'anno Mille. La chiesa di San Marco nasce come oratorio bizantino dedicato all'ascesi comunitaria dei monaci che vivevano nelle sottostanti grotte di tufo, utilizzando il piccolo oratorio per le preghiere comunitarie, per la meditazione, per i canti corali, e sopratutto per la lettura dei testi sacri. Di forma quadrata e pianta a croce greca, con cupola centrale e quattro volte intorno, tipicamente bizantine, la chiesa di San Marco presenta anche quattro pilastri che reggono la cupola centrale, terminanti con capitelli ornati. La facciata orientale è adornata da tre absidi semicircolari, con piccole finestre bifore in alto a transenna di stucco. L'interno dell'oratorio è diviso in nove riquadri da quattro pilastri ciascuno, sul riquadro centrale e su quelli angolari si levano le cupole, su quelli che formano i bracci della croce, la volte è a botte. La chiesa di San Marco a Rossano svetta sopra un piccolo culmine di roccia e nella parte orientale, le tre absidi si allungano colmando il dislivello. Il vestibolo, aggiunto all'edificio in epoca più tarda, è tuttavia ben inserito nel contesto. All'interno dell'oratorio assumono grande rilievo artistico due affreschi bizantini, di cui uno raffigurante una Madonna con Bambino, superstiti tra quelli che un tempo decoravano per intero le pareti. Da segnalare inoltre una acquasantiera in pietra del XII secolo, un coevo capitello e una campana del XVI secolo. Nella sua austera e dignitosa povertà architettonica, l'oratorio di San Marco rappresenta il massimo esempio di architettura sacra bizantina anteriore all'anno Mille. Il recente restauro dell'edificio ha portato alla luce due fosse, una delle quali destinata alla sepoltura comune dei cadaveri, l'altra invece doveva essere una sorta di passaggio segreto che conduceva direttamente alla Cattedrale di Rossano e quindi fungeva da possibile via di fuga. Il piccolo oratorio bizantino di San Marco sorge nel quartiere più antico della cittadina di Rossano, è stata recentemente restaurata ed oggi è una delle mete preferite per visite guidate.


    Museo Diocesano di Rossano

    codexpurpureus
    Il Codex Purpureus è ancora oggi uno dei più antichi manoscritti miniati del Nuovo Testamento

    - Info -

    Attiguo alla Cattedrale, il Museo Diocesano di Rossano fu il primo istituito in Calabria. In due sale, ottenute riattando opportunamente i locali della sagrestia della Cattedrale, vennero raccolte testimonianze artistiche, suppellettile sacra e liturgica insieme ad altro materiale documentario di varia epoca a degna corona del ben più famoso Codex Purpureus, evangelario greco miniato in oro, perla della cultura mondiale e gloria di Rossano e della Calabria. La nuova e più ampia struttura, ricavata in un'ampia ala del Palazzo Arcivescovile, ha consentito un allestimento più adeguato e razionale degli spazi espositivi, oltre naturalmente al recupero di altre testimonianze prima invece accantonate. Nel nuovo contesto più vasto e moderno, le collezioni sono offerte ai visitatori con una precisa successione tematica e là dove possibile cronologica, in modo da facilitare una fruizione spiritualmente più ordinata e significativa. Nel Museo Diocesano di Rossano tra i vari oggetti di notevole importanza storica ed artistica si segnalano in particolare uno specchio greco in bronzo del V secolo a.C. la tavola a fondo oro della Pietà, di scuola veneta risalente al VX secolo, e la Sfera Greca, ostensorio cesellato in perfetto stile gotico di fine XV secolo. Oltre ai vari suppelletili lirgici, si segnalano anche l'anello sigillo di San Nilo risalente al XIII secolo, i Capitoli manoscritti dei Privilegi della Regina Bona Sforza alla città e varie Pergamene, tra cui la lettera di Carlo II d'Angiò all'arcivescovo di Rossano del 1298. Interessanti e ricchi di storia e di arte sono inoltre i molti parati liturgici di varia epoca, colore ed uso. Senza sminuire l'importanza storica degli oggetti esposti all'interno del museo, il vero gioiello del Museo Diocesano e di tutta la città di Rossano, è senza dubbio il Codex Purpureus Rossanensis. Il Codex Purpureus, conosciuto anche con l'appellativo di Rossanensis, è un antico evangelario greco del VI secolo d.C. miniato in oro e realizzato tra la Palestina e la Siria. Giunto a Rossano intorno al IX secolo, portatovi da qualche monaco in fuga, il Codex Purpureus contiene la trascrizione in greco dei vangeli di Matteo e Marco. Vergato con caratteri onciali su pergamena color porpora, da qui il nome di purpureus, il Codex Purpureus è ancora oggi uno dei più antichi manoscritti miniati del Nuovo Testamento.

    Edited by Isabel - 28/6/2012, 10:08
     
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    Petraro

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    Info - Scheda Wikipedia

    Petraro è una frazione del comune di Rossano (CS). Contrada "Petraro" è caratterizzata da grandissime estese di agrumeti, prevalentemente Mandarini Citrus × clementina. Recenti studi hanno confermato che il suo caratteristico microclima, caratterizzato da una naturale e costante escursione termica ben precisa, permette la maturazione delle Clementine già nel periodo di fine settembre, rendendole più gustose e saporite, nonché più durature e salutari. Per questo motivo, le Clementine di questa zona sono molto pregiate, non solo in Italia, ma anche nel mondo. Contrada Petraro si trova a circa 120/150 metri s.l.m. e perciò gode di un'ottima vista sul mare Jonio e su tutto il litorale Rossanese. Alle sue spalle (verso sud) il paesaggio cambia da collinare a pre-montagnolo caratterizzato da conifere (pini e abeti). È situata in una piccola valle ubicata tra Contrada Lampa Patire e Contrada Cimitata Greco (fu Falco). Nelle vicinanze si trova il santuario del Patire o Patirion. Contrada Petraro dista circa 4 km dallo Scalo di Rossano. Percorrendo la strada di Contrada Petraro, si può arrivare fino in Sila, attraversando altre contrade come Acqua del Fico, Nucitano, Ceradonna, Bellavista, Toscanello, Piana dei Venti, ecc. Le contrade limitrofe sono: Varia De Franchis, Gutterie, Scavino, Salinella, S. Francesco, Spina Santa, Piragineti, ed altre. La parrocchia è quella di San Pio X. La festa di questa contrada è il 16 di luglio in cui si celebra la Madonna del Carmine nella omonima chiesetta.


    Piragineti

    piragineti

    Info - Scheda Wikipedia

    Piragineti è una frazione di 1367 abitanti del comune di Rossano (CS), posizionata in una valle tra i comuni di Rossano e Corigliano Calabro. In dialetto viene chiamata "Prainetti". La parola Piragineti deriva da una piantagione molto diffusa nell'entroterra rossanese, con una maggiore diffusione in questa frazione, piantagione con frutti selvaggi il cui nome pare che nel dialetto locale sia "u praijn". Il frutto in questione è di una pianta di pero selvatico. I frutti sono piccoli e dolciastri e sono commestibili. Quando sono maturi questi frutti assumono un colore giallo rossiccio. I rami di questa pianta sono molto spinosi. È da considerare il fatto che questa pianta cresce su tutto il territorio collinare Rossanese, e quindi anche nelle vicine frazioni, dal Petraro a Pantano Martucci.

    Edited by Isabel - 28/6/2012, 10:09
     
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