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Tutte le montagne

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  1. Isabel
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    Tutte le montagne


    Massiccio del Pollino

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    - Fonte -

    Annoverabile tra i grandi massicci della catena appenninica, il Pollino comprende tutte le maggiori cime di quella meridionale: Serra Dolcedorme (2.267 m), Pollino (2.248 m), Serra del Prete (2.181 m), Serra delle Ciavole (2.130 m), Serra di Crispo (2.054 m), la Manfriana (1.981 m), Coppola di Paola (1.919 m), monte Grattaculo (1.891 m), Caramolo (1.827 m.), Timpone della Capanna (1.823 m), lo Sparviere (1.713 m). Su queste vette impervie e maestose, lungo la linea dello spartiacque, corre il confine tra la regione lucana e quella calabrese. L'imponente acrocoro, posto a cavallo tra i mari Ionio e Tirreno, con andamento trasversale nord-ovest/sud-est rispetto all'Appennino, è parte integrante nonché cuore dell'omonimo Parco nazionale istituito nel 1992, la più grande area protetta italiana, comprendente al suo interno anche il monte Alpi (1.900 m), i monti La Spina (1.652 m) e Zaccana (1.580 m) oltre che la vicina catena montuosa dell'Orsomarso (1.987 m).

    Origine del nome

    Per alcuni deriva dal latino pullus, giovane animale, da cui mons Pullinus, monte dei giovani animali. Ciò, forse, è dovuto all'antica consuetudine di condurre, a partire dalla fine della stagione primaverile, gli animali al pascolo sui prati verdeggianti dei pianori più elevati. Altri studiosi fanno derivare il nome dal latino mons Apollineus, monte di Apollo, Dio della salute e progenitore dei medici, a causa probabilmente delle grandi quantità e varietà di erbe medicinali e aromatiche spontanee che vegetano lussureggianti sul massiccio, in una apoteosi di profumi e di colori. Una terza ed ultima teoria afferma, sulle basi del ritrovamento nel 2009 di una lastra in marmo, probabilmente appartenuta al frontone di un tempio greco posto sul Monte Manfriana, che il Monte Pollino possa essere stato un luogo di culto degli abitanti della Magna Graecia.

    Carsismo e idrografia

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    Monumentale scheletro di pino loricato. Salendo sulla cresta ovest di Serra delle Ciavole

    Le rocce calcaree e calcareo dolomitiche costituiscono la vera ossatura del massiccio. Tutte le cime più alte e le dorsali principali, quindi, sono fortemente soggette a erosione e fenomeni legati al carsismo, che ne modellano continuamente l'aspetto. Il territorio è disseminato di grotte, come quella del Romito, nella quale sono stati rinvenuti graffiti risalenti al Paleolitico, e canyon, tra i quali spettacolari sono quelli scavati dal torrente Raganello e dal fiume Lao a seguito dello scorrere impetuoso delle acque dovute al disgelo conseguente all'ultima glaciazione. Altri importanti fenomeni carsici sono costituiti dall'inghiottitoio denominato Abisso del Bifurto - la più profonda e impressionante voragine dell'Italia meridionale, che scende nelle viscere del Sellaro per oltre 650 metri; le grotte di Serra del Gufo; i suggestivi piani di Pollino, Ruggio e Iannace, ricchi di doline e inghiottitoi. In prossimità delle cime principali (in particolare sulle cime del Pollino, Serra del Prete e Serra di Mauro), alla base delle doline, si aprono degli enormi inghiottitoi, veri e propri raccoglitori-convogliatori di acque meteorologiche, che contribuiscono ad alimentare le copiose sorgenti disseminate su tutto il territorio. Campi modellati dall'azione millenaria delle acque sono visibili sulle zone sommitali della Timpa di San Lorenzo oltre che sulla cresta della Madonna del Pollino. Infine, forme bizzarre di roccia scolpita dal carsismo si innalzano presso il Piano Iannace. Anche l'altopiano denominato Piano Ruggio (1.500 - 1.600 metri), suggestivamente incastonato tra Timpone della Capanna, Coppola di Paola, Serra del Prete e monte Grattaculo (quest'ultimo dal nome piuttosto curioso...), è munito di diversi inghiottitoi che ne impediscono l'allagamento. Ideale per brevi escursioni, oltre che per lo sci di fondo, questo luogo ameno affascinò a tal punto il grande statista italiano di origine trentina Alcide De Gasperi, da indurlo a crearvi un rifugio (che, per questo motivo, porta il suo nome). Sorgenti di origine carsica sono quelle del Frida, in località Mezzana e quelle del Mercure, presso Viggianello.

    Glacialismo

    L'attuale profilo delle vette più elevate risulta fortemente modellato dall'azione di antichi ghiacciai, le cui tracce più evidenti si rinvengono sul versante nord-occidentale di Serra Dolcedorme - con la conca denominata Fossa del Lupo, antica zona di accumulo delle masse ghiacciate che alimentavano l'imponente ghiacciao del Frido; sul versante nord-orientale del Pollino - con i due circhi glaciali separati dal contrafforte nord-est della stessa montagna; e sul versante settentrionale di Serra del Prete - con il bello e vasto circo glaciale alla cui base sporge l'accumulo frontale di detrito morenico ricoperto da una fitta e vasta faggetta. I ghiacciai in ritiro, oltre ai depositi morenici, hanno abbandonato massi di notevoli dimensioni, i c.d. massi erratici. Caratteristici perché isolati e lontani da probabili punti di caduta, sono facilmente osservabili sugli splendidi piani di Pollino e Acquafredda, ad un'altitudine compresa tra i 1.800 e i 2.000 metri di quota.

    Il nevaio del Pollino

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    Nevai stagionali - alcuni dei quali di notevoli dimensioni - sono presenti su tutte le vette più alte del massiccio. Sul Pollino, in particolare, nell'avvallamento immediatamente a sud rispetto alla cima (nei pressi di un'antica dolina), ne sorge uno che è facile scorgere anche a fine agosto. Il 9 ottobre 2010 presso il suddetto nevaio è stato installato un rilevatore di temperatura per un monitoraggio diretto del microclima.

    Flora e fauna

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    Panorama dal contrafforte ovest di Serra delle Ciavole


    Particolarmente ricche si presentano la fauna e la flora, spesso caratterizzate da associazioni biocenotiche assolutamente originali. Tra gli animali in via d'estinzione si segnala la presenza del lupo appenninico, del gufo reale, del capriolo e dell'aquila reale. Man mano che ci si muove dalle quote più basse, è possibile ammirare fitti boschi di castagno che, più in alto, vengono sostituiti da vari tipi di querce e dal faggio. Tra i 1.000 ed i 1.600 metri di quota, è possibile imbattersi in un incredibile ambiente boschivo costituito da faggi, aceri ed abeti bianchi, rara associazione arborea visibile in particolare nelle località di lago Duglia e Casino Toscano. Il senso dell'aver accorpato in un unico Parco nazionale i distinti, anche se vicini, sistemi montuosi costituiti dai monti Alpi e la Spina, dal massiccio del Pollino e dai monti dell'Orsomarso sta nella natura ancora quasi del tutto incontaminata dei relativi territori. A riprova di ciò, è ancora oggi possibile avvistare la lontra di fiume, specie animale che non può vivere se non in luoghi immuni da qualsivoglia tipo di inquinamento. Tali montagne, inoltre, costituiscono gli unici habitat naturali rimasti in Italia in cui è ancora presente il pino loricato: pregiata specie arborea simbolo dell'omonimo parco naturale che, aggrappata alle cime più elevate e scoscese, resiste pervicacemente alle dure condizioni meteorologiche ivi insistenti, in tal modo dimostrando una notevole capacità di adattamento alle condizioni più estreme. L'importanza di questo albero si riscontra nel fatto che in Europa rimane superstite in colonie residue, oltre che su questo territorio, solo sui Balcani; e ciò, tra l'altro, suggerisce un'antica continuità geografica tra la penisola italiana e quella balcanica.

    Vette principali
    • Serra Dolcedorme • Monte Pollino • Serra del Prete • Serra delle Ciavole • Serra di Crispo • Cozzo del Pellegrino • La Mula • Monte Alpi • Monte Caramolo • La Montea • Timpone della Capanna • Cozzo Ferriero • Timpone di Viggianello • Monte Sparviere • La Falconara • Monte La Spina • Timpa di San Lorenzo • Monte Palanuda • Monte Zaccana • Monte Cerviero

    Fattori di Rischio

    • Nel luglio del 2007 una vasta area del versante calabrese del parco (oltre 2000 ettari di terreno), tra Morano Calabro e Castrovillari, è stata devastata da incendi di presumibile origine dolosa che ha causato la perdita di circa duecento ettari di superficie boschiva. Il danno all'ecosistema rischia di estendersi, oltre che alla superficie boschiva andata distrutta (per ricostituire la quale occorreranno, secondo gli esperti, decine di anni), anche alle numerose specie a rischio della zona.
    • Nel febbraio del 2010 sul versante nord-est di Serra del Prete si è verificata una valanga, la prima dal 1990 ad oggi, con una lunghezza di circa 1000 mt, ed una larghezza che oscilla dai 30 ai 40 mt. Da registrare solo il danno ambientale, poiché, non è stato coinvolto alcun soggetto.


    Edited by Simona s - 18/10/2013, 11:35
     
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18 replies since 23/7/2011, 19:25   248 views
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