Semplicemente Passioni forum

Nocara

Provincia di Cosenza

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Vice-Admin
    Posts
    77,646
    Reputation
    +287
    Location
    Gozzano NOVARA

    Status
    Anonymous

    Nocara

    comune

    - Info -

    Nocara è un comune di 449 abitanti della provincia di Cosenza.

    Nocara è un comune dell'Alto Jonio cosentino situato al confine calabro-lucano. Il centro urbano è stato costruito su un monte che si erge fino a 865 m. s.l.m., che domina la zona collinare degradante verso le vallate interne calabro-lucane e, ad est, verso la costa marittima, dalla quale dista, in linea d'aria, 11 km circa. Il paese, che sin dal Medioevo ha fatto parte della Diocesi di Anglona-Tursi, a partire dalla ristrutturazione delle giurisdizioni ecclesiastiche, disposta nel 1976, ricade nella Diocesi di Cassano Jonio; all'antica Diocesi di appartenenza l'accomunano, ancora oggi culti e tradizioni sacre e profane. Il toponimo Nocara ha origine nel greco medievale e significa: albero di noci, ma non si tratta del maestoso noce bensì del mandorlo: la nux graeca dei bizantini.

    Storia

    Le sue origini sono probabilmente greche, come sembrano confermare i ruderi di un’antica costruzione, forse un tempio dedicato agli dei Castore e Polluce, rinvenuti nella zona. Secondo alcuni sarebbe stata fondata da Epeo, il costruttore del cavallo di Troia. Il toponimo, che in un documento del principio del XIV secolo compare nella forma Nucarie, corrisponde al termine calabrese “nucara”, ‘albero di noci’, derivante dal latino NUCARIA, da NUX, NUCE, ‘noce’. Compresa, nel Medioevo, nel feudo di Canna, entrò successivamente a far parte dei possedimenti dei Loffredo, che la tennero col titolo di duchi. Verso la metà del Seicento, pervenne al nobile casato dei Merlini, al quale subentrarono i Calà, i Pignatelli e infine i Calà Osorio Figueroa. Inclusa nel cantone di Tursi, ai tempi della Repubblica Partenopea, col nuovo ordinamento amministrativo disposto dai francesi, all’inizio del XIX secolo, fu inserita dapprima, quale università, nel cosiddetto governo di Oriolo e poi tra i comuni del circondario facenti capo a questo centro, nella cui giurisdizione fu mantenuta anche dai Borboni. La storia successiva all’ingresso nel Regno d’Italia non fa registrare avvenimenti di rilievo, seguendo quella del resto della regione. Tra le testimonianze storico-architettoniche figurano: i resti del castello e di altre fortificazioni medievali e la chiesa parrocchiale, di origini medievali ma con rifacimenti barocchi.

    I miti e le origini

    - Info -

    Come tante località le cui origini si perdono nel tempo, Nocara è legata da tradizioni ataviche radicate nella cultura locale, a città mitiche o a episodi e personaggi fantastici. E' diffusa tra gli abitanti di Nocara la tradizione che indica il paese come il luogo di nascita di Ponzio Pilato, il procuratore romano della Palestina che permise il martirio di Gesù. Le origini di questa credenza, comuni ad altri paesi della Calabria, si possono far risalire all'epoca romana. I Bruzi, gli antichi popolatori della regione, si erano mostrati da sempre ostili ai Romani e si opposero caparbiamente all'annessione della Calabria a Roma; per questo motivo furono considerati poco affidabili da parte dei conquistatori. Caduto il Bruzio sotto la dominazione romana gli indigeni, vittime dei pregiudizi, furono impiegati per lavori socialmente più squalificati - era stato loro proibito di servire nell'esercito come soldati -, tra i quali fare da carcerieri. Nel Medioevo, anche se scomparse dalla memoria le cause che dettero origine alle discriminazioni, la popolazione dell'antico Bruzio continuò ad essere ritenuta infida. Da questi antichi preconcetti nacque e si diffuse il convincimento che i soldati che crocefissero Gesù erano bruzi. Il passo per consciderare bruzio anche Pialto fu breve e l'immaginazione popolare, favorita da antagonismi campanilistici non tardò ad attribuire a diversi paesi di avergli dato i natali: tra questi, e chissà per quali motivi è stata scelta Nocara. Gli abitanti dei centri di origine antica e medievale situate in zone caratterizzate da una povertà ancestrale, hanno sentito il bisogno di nobilitare la loro origine, contrapponendo a una realtà indigente la mitica Magna Grecia, opulenta e potente. Questa illusione, dalla quale nasce la speranza di un ritorno alla prosperità delle origini fece sì che scrittori e storici dei tempi lontani ( e anche contemporanei) cercasero di individuare il brano dell'opera letteraria classica, il frammento archologico o i resti architettonici che potessero dare spunto ad un'ipotesi di continuità urbana risalente all'età arcaica. Un'antica tradizione, ripresa da più cronisti e storici già dal secoloXVII, vuole che l'attuale centro abitato sorga nel luogo dove una eroe acheo ed i suoi compagni di viaggio, reduci dalla guerra di Troia, fermarono il loro pellegrinaggio e fondarono una città. Epeo ,costruttore del cavallo di Troia, diede all'insediamento il nome di sua madre: Lagaria. Altre interpretazioni vogliono che il nome della città provenga dal pastore Lagaride che pasceva il suo gregge sul monte sul quale fu edificata la città, o dagli eroi greci stanchi dal lungo viaggio: i lagaroi (gli esausti). La denominazione di Lagarino data al castello medievale, costruito sul punto più alto del colle ed attorno al quale si sviluppò l'abitato, perpetua questa tradizione. In realtà altri paesi rivendicano la discendenza da Epeo, e su questo punto ci sono pareri discordi di studiosi che, sin dall'antichità e fino ad oggi, attribuirono, e attribuiscono, diverse localizzazioni alla mitica Lagaria. Le diversità nascono dalle interpretazioni delle fonti letterarie classiche, in questo caso molto vaghe e, in alcuni casi, dal campanilismo di autori locali che vogliono nobilitare le origini comunali, facendo prevalere lo spirito di parte sul rigore scientifico. Pensiamo chec un'attribuzione certa e inappellabile non possa essere data ameno di rintracciare nuovi elementi di giudizio. Infatti bisogna tener presente che i geografi e i cronisti antichi si avvalevano di dati approssimativi, soprattutto in riferimento alle città di importanza secondaria o alle aree interne. Sebbene non possiamo confermare la coincidenza da Lagaria e l'attuale Nocara, l'attribuzione della continuità tra i due insediamenti da parte di diversi autori, antichi e moderni, ci tramanda la memoria della presenza greca nella zona. Oltre a Nocara, riconosciuta come Lagaria sin dal XVII secolo da Cluverio, Antonini, Mazzocchi, Romanelli ed altri, sono state identificate come sedi della città leggendaria: Monte Coppolo, Amendolara, Trebisacce, Cassano, ecc.. La presenza di pietre arrotondate a valle della Serra Maggiore, ha destato l'attenzione degli abitanti del luogo, generando la leggenda dei giganti che giocavano a palla con questi sassi. Ed infine non manca neanche un riferimento all'Odissea: il vicino Piano della Noce fu riconosciuto da uno studioso della geografia omerica come il luogo dove si trovava la grotta nella quale il ciclope Polifemo tenne prigioniero Ulisse e i suoi compagni. Le caratteristiche del luogo dove sorge l'attuale centro abitato fanno supporre l'occupazione sin dall'epoca preistorica e protostorica. L'ubicazione del sentiero di crinale che si sviluppava tra Monte Coppolo e Cassano, in coincidenza con la linea di spartiacque, e la posizione dominante sulle aree sottostanti, permettevano di controllare il transito attraverso l'asse viario e le evenutali penetrazioni nemiche. Probabilmente l'azione di controllo sul territorio era divisa tra più centri analoghi che mantennero la loro funzione strategica fino al Medioevo: Presinace, Murge di Santa Caterina, ecc.. L'occupazione greca dal sito sarebbe testimoniata dalla tradizione che ricorda i resti di un tempio classico dedicato ai Dioscuri sul quale sarebbe stata costruita la cappelaa medievale di San Rocco. I Dioscuri: Castore e Polluce erano gli eroi dorici per antonomasia, particolarmente venerati in Sparta, la sua devozione passò a Taranto (ricordiamo di origine spartana) e si diffuse nella sua zona d'influenza. Dalla fine del IV secolo sino al periodo romano sono stati frequentemente rappresentati, in monete e pinakes tarantini, come due giovani simili nell'aspetto e nell'atteggiamento. Non abbiamo notizie o elementi che ci riportino alla vita di Nocara in epoca romana, ma è probabile che sia sopravvissuta come un piccolo caseggiato fino alla rinascita dell'epoca bizantino-normanna.

    Economia

    Se si escludono i consueti uffici municipali e postali, non ve ne sono altri degni di nota e, per l’assenza sul posto della stazione dei carabinieri, le funzioni di autorità di pubblica sicurezza sono, all’occorrenza, svolte dal sindaco. L’agricoltura, basata sulla produzione di cereali, frumento, foraggi, olive e uva, è integrata dall’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini ed equini. L’industria è limitata a qualche piccola azienda edile e tessile. Non sono forniti servizi qualificati, come quello bancario; una rete distributiva, di dimensioni non rilevanti ma sufficiente a soddisfare le esigenze primarie della comunità, completa il panorama del terziario. Non si segnalano particolari strutture sociali, sportive e per il tempo libero. È possibile frequentare le scuole dell’obbligo; manca una biblioteca per l’arricchimento culturale. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. A livello sanitario è assicurato il servizio farmaceutico; per le altre prestazioni occorre rivolgersi altrove.

    Tradizioni e altro

    Sebbene non registri un significativo movimento di turisti, offre a quanti vi si rechino la possibilità di godere delle bellezze dell’ambiente naturale, arricchito dalla presenza di castagneti, e gustare i semplici ma genuini prodotti locali, come il salame. È poco frequentata pure per lavoro, in quanto le sue attività produttive non consentono di assorbire neppure tutta la manodopera del posto; diffuso è il pendolarismo verso la aree più sviluppate. I rapporti con i comuni del circondario non sono molto intensi; a essi gli abitanti si rivolgono anche per l’istruzione secondaria di secondo grado e i servizi non disponibili localmente. Tra le manifestazioni tradizionali meritano di essere citate: la fiera annuale, il 12 agosto, e le “Giornate nocaresi”, con sagre, tra cui quella del maiale, fiere, musica e balli, che attirano folle di visitatori dalla costa, in estate. Il mercato si svolge mensilmente. La festa del Patrono, San Nicola di Bari, viene celebrata il 9 maggio.

    Edited by terryborry - 30/6/2012, 08:28
     
    .
  2. Isabel
        Mi piace   Non mi piace
     
    .

    User deleted


    Da vedere

    - Info -


    Il Convento di Santa Maria degli Antropici


    mp7Lq

    Il Convento di Santa Maria degli Antropici sorge sul versante nord-ovest dello sperone roccioso che scende da Nocara verso le vallate interne. Si trova a un chilometro e mezzo, in linea d'aria, dal centro urbano. Questa distanza, un miglio circa, anticamente si percorreva attraverso un sentiero che si inerpicava fino al paese per la ripida scarpata del monte. Il convento è ubicato su una terrazza panoramica situata a quota 537 metri s.l.m. da cui la vista spazia sulla valle dove il Torrente Ragone confluisce nel fiume Sarmento, affluente del Sinni, via naturale di penetrazione verso l'interno della costa jonica e, trasversalmente, luogo di passaggio tra la Basilicata e la Calabria. Il lugo dell'insediamento occupa una zona pianeggiante, favorevole calle colture ed ai pascoli e si trova ai piedi di un declivo coperto da un fitto bosco, nel quale crescono castagni, lecci, querce con un vivace sottobosco.


    Il monastero


    03jVU

    Il monastero di Santa Maria degli Antropici si è formato mediante la addizione di diverse costruzioni realizzate in più fasi ed ha acquisito la configurazione attuale nel secolo XVII. E' costituito da quattro bracci sviluppatisi, in due piani, attorno ad un cortile rettangolare. Nella facciata principale, rivolta ad est, si aprono la porta d'ingresso della cappella e il portone dell'androne, attrverso il quale si accede al cortile. Queste aperture sono incorniciate da portali lavorati in pietra locale da artigiani del luogo. La cappella occupa l'ala nord e l'estremo settentrionale della facciata principale. La sua altezza corrisponde ai due piani del convento. Tra questa ed il cortile sono ubicati due stretti corrdoi sovrapposti: uno al piano terra ed uno al primo piano. Quello del piano terra è coperto con volte a crociera realizzate in mattoni. Nel corridoio del primo piano si trovano tracce dell'arco e delle spallete di una finestra che, dalla cappella, si affacciava aal'esterno prima che fosse costruito il secondo piano. Al lato opposto del cortile, si conservano resti di affreschi nei quali sono raffigurati la Madonna con il Bambino, un vescovo e un cuore trafitto da una freccia ardente, incorniciati con ghirlande composte da foglie stilizzate d'acanto. Durante i recenti lavori di restauro è venuto alla luce un affresco che rappersente la Madonna del latte.

    La cappella


    IbJjV
    Campanile

    La cappella è formata da un'unica aula, orientata sull'asse est-ovest; fu costruita parzialmente sui resti della torre già citata. Recenti scavi hanno messo in luce due muri paralleli all'asse principale i quali testimoniano che l'attuale cappella è stata costruita su un fabbricato preesistente. La cappella è coperta da un tetto a capanna con capriate e tavolato, che era nascosto da un soffitto piano realizzato con tavole di legno. Un arco trionfale a tutto sesto, ornato co motivi floreali, separa la navata dal presbiterio, il quela è coperto con una volta a botte unghiata, anch'essa con decorazioni in stucco. Secondo le tendenza dominanti nell'architettura religiosa settecentesca della Puglia e della sua area d'influenza, l'interno della cappella ripropone l'immagine di uno spazio urbano, alternando gli altari ai muri lisci. Ogni parete longitudinale della navat ha due altari diversi, che si ripetono in forma speculare, sulla parete di fronte. Quelli vicino all'ingresso, più semplici, sono seguiti da quelli più elaborati in un ritmo che si sviluppa fino a concludersi nell'esuberanza decorativa dell'altare maggiore. L'architettura di tutti gli altari segue, le regole dell'ordine corinzio: le mense sorrette da volute, le nicchie, le console sulle quali poggiano le colonne, le cornici laterali, decorate con ghirlande e la trabeazione spezzata sono simili. L'altare maggiore riveste tutta la parete di fondo. Oggi si conservano nella cappella due Madonne con il Bambino (una delle quali mutilata), e le statue dell'Assunta, di Sant'Agostino, S. Monica, e S. Leonardo. La stupenda scultura raffigurante l'Ecce Homo, attualmente si trova nella Chiesa di San Nicola di Bari. La Madonna col Bambino, allogiata al centro dell'altare maggiore è denominata Madonna degli Antropici ed è la più venerata dai fedeli. La vergine tiene in mano un pomo, indossa una veste bianca stellata ed un corpetto rosso, coperti da un mantello azzurro. Il Bambino, che tiene in mano un libro, è vestito di verde. La testa della Madonna è cinta da una corona cesellata su una lamina di rame argentato, con frammenti vitrei incastonati. Lo stile della corona, attribuibile ad argentieri partenopei della prima metà del XIX secolo, ci fa intendere che si tratta di un pezzo aggiunto. La statua è la più piccola della cappella e la tradizione locale vuole che la scultura sia stata trovata in una grotta ubicata nel bosco che sovrasta il convento. Nelle nicchie a sinistra e destra dell'altare maggiore dell'altare maggiore, si trovano rispettivamente le statue di Sant'Agostino e Santa Monica. Ambedue lesculture sono di legno ricoperto di tela stuccata e dipinta, hanno un'altezza di 1,40 m., e sono collocate su scannelli dipinti e dorati. Si riconosce l'immagine di Sant'Agostino dalla tonaca nera, come quella dei monaci agostiniani, coperta da un mantello ocra allacciato con una fibbia doratae dagli attributi vescovili: la mitra e il bacolo. Santa Monica viene raffigurata come una vedova che porta un crocefisso, vestita con un abito nero ornato con fiorellini dorati, con il capo coperto da un velo ocra. Nel primo altare della parete destra è collocata la scultura lignea di San Leonardo da riferire al tardo Cinquecento. La statua è molto rovinata ma si riconosce l'ottima fattura: le manca una mano e qualcos'altro che teneva sul braccio destro. San Leonardo è venerato come protettore dei prigionieri, dei fabbri, degli agricoltori e del bestiame. La comunità nocarese era molto devota al Santo, adorato tanto nel convento quanto nella cappella dell'Annunziata. San Leonardo è rappresentato come vuole la tradizione: nelle vesti si un monaco; gli mancano gli attributi caratteristici: le catene o la gogna, che data la loro natura potevano essere pezzi aggiunti. Un'altra statua raffigurante la Madonna, che indossa una veste gialla fiorata e un mantello azzurro, è alloggiata nel secondo altare della parete sinistra ed è scolpita in legno dipinto.
    La statua dell'Assunta opera otticentesca di medie dimensioni (1,20 metri di altezza), si presenta come vuole la tradizione: sollevata da cherubini sommersi tra le nuvole. La veste rosa e il manto azzurro hanno i panneggi molto movimentati, accentuando l'idea dell'ascensione al cielo. Ad essa è dedicata la festa annuale del 15 agosto.

    Chiesa Madre San Nicola di Bari


    tAzAg

    La Chiesa Madre di Nocara è intitolata a San Nicola di Bari, vescovo di Mira, uno dei santi più venerati dalla tradizione religiosa bizantina. L'edificio si trova nella parte est dell'abitato; costruito su una delle quote più alte del paese, si affaccia su una piazza che domina il paesaggio sottostante, il suo profilo si distingue fino alla valle del torrente Canna. Dalla piazza si sale per una gradinata fino al sagrato, dove, tra le lastre pavimentali, si trovano due lapidi che recano le date 1803 e 1806. La facciata barocca è divisa in tre partizioni dalle paraste doriche che sostengono il timpano ed è affiancata, a sinistra, da un campanile, di linee semplici senza particolari ornati, che contiene tre campane. La chiesa risale al Medioevo, appare citata all'inizio del XIV secolo come Arcipretura dipendente dall' Arcivescovado di Acerenza, anche se la struttura medievale dell'edificio è nascosta sotto gli ampliamenti e le ristrutturazioni posteriori. Durante gli anni 1796-1797 si svolsero i lavori di decorazione con la realizzazione dei ricchi stucchi barocchi che diedero all'edificio l'aspetto attuale. Questa data si rileva da un cartiglio ubicato sopra la porta principale e nella seconda cappella a sinistra appartenente alla famiglia De Pirro. Ci furono sostanziali lavori di restauro e di ornato nell'anno1863, messi in evidenza da una iscrizione sull'arco trionfale e anche nella suddetta cappella De Pirro. La prima iscrizione ci manifesta l'idea di sfarzo che gli ornati rappresentavano per i fedeli: "MAGNIFICUS IN SANCTITATE FACENS MIRABILIA - EXOD 15.11". Altri lavori, questa volta all'esterno, furono realizzati nel 1853. Detto anno si costruì un "Muraglionea fabbrica presa dalle fondamenta di detta Chiesa", pensiamo si tratti del consolidamento della parte inferiore del prospetto destro, a ridosso della strada che lo separa dalla vallata sottostante. L'edificio è composto da una navata divisa in tre campate, separata dal presbiterio mediante un transetto e affiancata da tre cappelle per ogni lato. Varcato l'ingresso, il visitatore viene colpito dalla decorazione della volta che copre la navata. Nel primo medaglione, guardando l'ingresso, si vedono due angeli; nel seguente c'è la raffigurazione di San Giuseppe con il Bambino e un giglio, tra due santi domenicani, uno dei quali è San Vincenzo Ferrer, caratterizzato dalla fiamma che appare sulla testa.

    QrU7w
    La navata è separata dalle cappelle laterali da arcate sorrette da massicci pilastri; in entrambi i lati della navata ci sono tre cappelle coperte, anch'esse con volte a botte. Sulla porta d'ingesso poggia una cantoria lignea che anticamente ospitava un organo a canne. Il presbiterio è rettangolare, a destra si trova la sagrestia, sul fondo e a sinistra è vstata aggiunta la canonica. L'altare maggiore è decorato con colonne e trabeazione corinzie e con un timpano arcuato spezzato sul quale sono collocati due putti. Al centro dell'altare maggiore si apre una nichhia che contiene una statua a mezzo busto di San Nicola. L'immagine si distingue per gli attributi classici del santo: la mitra, il bacolo e il libro. Particolare attenzione meritano il bacolo e il copri mitra di seta. Il primo, fuso in argento, lavorato a sbalzo e cesellato con motivi vegetali e nasrti che si intrecciano formando rombi. Nelle pareti laterali del presbiterio sono appese due tele raffiguranti l'Annunciazione, a destra, e la Madonna col Bambino tra i Santi Giuseppe e Nicola, a sinstra. La prima di esse, pregiata opera settecentesca, fa vedere un angelo che offre un giglio alla Madonna inginocchiata, illuminata dalla luce proveniente dall'alto, da odve la colomba dello Spirito Santo domina la scena. Nell'altra sono dipinti i Santi accanto alla Madonna che abbraccia Gesù Bambino.

    XOa7r
    Nella cappella che occupa la seconda campata sinistra è ubicato un altare, rivestito da stucchi che imitano intarsi in marmi policromi. Nella volta di copertura ci sono degli incavi ottagonali, che contengono rose e fogile d'acanto, poste a cornice di ungrande tondo. In questo altare vengono custodite la statua della Vergine Addolorata, coperta da una veste di seta nera, e un Cristo giacente dentro una cassa di vetro. Nell'ultima navata sinistra troviamo la decorazione della voltasimile a quella della prima campata, che ritroveremo anche nel transetto e in altre cappelle del lato destro. La statua lignea di San Rocco è contenuta in una nicchia sormontata da una conchiglia, dalla quale escono tralci di vite e grappoli d'uva. Il Santo è vestito da pellegrino, coperto con un manto nero sul quale sono attaccate delle conchiglie, e lo si riconosce dalla piaga sul ginocchio, dal bastone e dal cane che lo accompagna, secondo la rappresentazione canonica. Le cappelle continuano nei bracci del transetto. Il braccio sinistro del transetto non ha altari ma è arricchito da più statue e da un prospetto di ciborio marmoreo settecentesco, incastrati nel muro. Sopra l'archetto che separa il transetto dalle cappelle di destra e, di fronte, , spora la porta che lo mette in comunicazione con la sagrestia, sono scavate due nicchie che contengono rispettivamente le immagini di San Francesco di Assisi e Santa Filomena. Nella parete laterale è sistemata la statua dell'Ecce Homo, proveniente dalla cappella degli Antropici, la cui esistenza ci viene riferita da un documento della metà del XVII secolo. La prima cappellaè ornata da un dipinto a olio dell'ultimo Settecento, che ha per soggetto l'Ultima Cena. L'altare della seconda cappella destra è dedicato a Sant'Antonio da Padova, ritratto secondo i canoni tradizionali: vestito con il saio, in un braccio sostiene Gesù e nell'altra mano tiene un giglio. Nella cappella seguente si venera la Madonna col Bambino, opera in legno dipinto, proveniente da una bottega meridionale, presumibilmente pugliese, della metà del Settecento. La parrocchia possiede una croce processionale in lamina d'argento lavorata a sbalzo e montata su struttura lignea.

    Cappella dell'Annunziata


    M6Ja2

    Oltre la Chiesa madre, troviamo a Nocara diversi edifici sacri, tra i quali la Cappella dell'Annunziata che sorge in periferia ovest del paese, nelle vicinanze delle antiche mura, oggi scomparse, e della torre poligonale. La forte pendenza del terreno fa sì che la cappella si innalzi su due piani, l'attuale piano terra, con l'ingresso sulla strada, e la costruzione dove si trova la cripta, alla quale si accedeva direttamente dall'esterno, prima della costruzione degli edifici adiacenti. L'esterno è costituito da un'unica navata rettangolare orientata ad est, coperta con capriate lignee, separata del presbiterio mediante un arco trionfale. Da una botola aperta sul pavimento del presbiterio si accede alla cripta. Questa è costituita da un piccolo locale, delimitato da tre lati da arcosoli, destinati alla deposizione dei defunti, al quarto lato si apriva la porta d'ingresso. Lo spazio è coperto da una volta a botte, riccamente decorata con dipinti che imitano modanature e partizioni architettoniche. Giragli, motivi vegetali, rosoni e la raffigurazione del sole e della luna, coi raggi lanceolati e fiammeggianti, formano una fantastica decorazione. Una finestra strombata denota lo stile tardo romantico dell'edificio e farebbe pensare ad una costruzione medievale. Sui muri rimangono pochi resti di dipinti, probabilmente tardo rinascimentali, tra i quali si riconoscono un giraglio e un braciere. Nel secolo XVI la pareti furono decorate, da un pittore anonimo, con pitture murali ( tempera su intonaco) delle quali restano frammenti che rappresentano un santo domenicano. San Eligio e San Leonardo. Nella parte inferiore di quest'ultima figura si legge l'iscrizione "1575", data di realizzazione dei dipinti. Nel Settecento il presbiterio fu diviso da un muro che lo separa dalla sagrestia. (poco più di un corridoio), costituisce il fondale dell'altare. All'interno di una nicchia aperta in questa parete, è collocata una statua di stucco dipinto raffigurante la Madonna col Bambino, copia settecentesca della Madonna degli Antropici. Dietro il fondale rimase nascosto un dipinto mural, raffigurante San Nicola. Vicino all'ingresso si trova un'acquasantiera, lavorata con la stessa pietra locale e di forma simile a quella esistente nella chies di San Nicola. A loro volta, ambedue sono di analoga fattura ad una serie di acquasantiere e lavatori ubicati nella parrocchia e nella cappella degli Antropici, attribuibili a scalpellini locali della metà del XVII secolo. Sul pavimento alla sinistra dell' ingresso, si conserva una lastra tombale che reca incisa la data "A.D. 1703". La presenza di dipinti nel locale sotterraneo, unico caso di una cripta nocaresca decorata, ci fa pensare ad un cappella destinata principalmente a funzioni funebri. A confermare questa ipotesi concorre un basso rilievo scolpito all'interno della vasca dell'acquasantiera citata: ossa incrociate. Il tema non è inusuale nell'iconografia seicentesca, che rappresentava frequentemente ossa e crani come allegoria della caducità della vita e della fugacità dei piaceri terreni.

    Cappella di San Rocco


    J1paY

    Accanto a una delle porte del paese, affacciata sulla via che conduce alla chiesa, si trovano i ruderi della Cappella di San Rocco. Un grosso masso, ubicato a destra, condizionò la regolarità della pianta che, differendo dal modello rettangolare, divenne un romboide. Si conservano i muri di fondo, destro e, parzialmente, quello sinistro, nei quali si vedono gli stipi per le suppellettili sacre, e gli archi d'imposta della volta a crociera che copriva lo spazio. Dalla configurazione geometrica e dalla tecnica costruttiva, possiamo risalira ad una tipologia bizantina databile al periodo normanno. Esiste una stretta relazione tra l'ubicazione della cappella e la dedica di questa a San Rocco. Il Santo era invocato come protezione dalla peste, frequente flagello che colpiva la popolazione. L'iconografia tradizionale del santo lo rappresenta nelle vesti di un pellegrino con la piaga sul ginocchio, mettendo in evidenza sia il segno della malattia, che - sottinteso - il pericolo del viaggio. Giacchè il morbo si trasmetteva per contagio, e sovente era portato dai forestieri in arrivo, si diffuse l'usanza di costruire all'ingresso dei paesi delle cappelle dedicate al santo protettore. La protezione divina delle porte salvaguardava l'intero paese, esorcizzando la malattia stessa. In realtà la consacrazione della cappella a San Rocco fu posteriore della stessa considerando che il santo visse nel secolo XIV.

    Cappella San Francesco di Paola

    NzTok

    Un'altra cappella è dedicata a San Francesco di Paola. Situata nel cuore del centro antico, è formata da un unico ambiente con una capienza molto ridotta.


    Il Museo Epeo

    Al patrimonio artistico sacro, conservato negli edifici religiosi nocaresi, dobbiamo aggiungere la notevole raccolta di sculture che costituiscono il Museo Epeo, la cui sede si trova nel Palazzo Comunale. Il museo, che prende lil nome dal mitco eroe omerico, è strutturato in varie sezioni dove sono esposte opere contemporanee provenienti dall'Argentina, da paesi europei ed extraeuropei, e dove sono presenti più di ottanta artisti con duecento opere. L'attività museale, si sviluppa, in Italia e all'estero, attraverso mostre periodiche, l'esposizione della collezione permanente e la realizzazione di corsi e concorsi di arti visive. Inoltre vi sono ospitate nuove forme di manifestazioni creative come il mail-art, ossia opere d'arte inviate tramite posta o trasmesse attraverso i mezzi telematici; cultori di questa espressione artistica, operanti in tutti i continenti, hanno contribuito a formare una collezione di grande interesse. La sezione Tommaso Di Taranto raccoglie un cospicuo numero di oli, incisioni e disegni di questo maestro italo-argentino, donati da Haydée Di Taranto de Tarulla e da Hugo Di Taranto, figli dell'autore. L'artista, nativo di Montescaglioso (MT), è precocemente emigrato in Argentina, dove divenne pittore digrande valore e meritata fama. Un'altra attività collaterale è la Mostra permanente del libro dell'Alto Jonio dove sono riunite opere di autori dell'Alto Jonio Cosentino e del territorio della ex Diocesi di Anglona e Tursi, od opere che abbiano come soggetto temi che interessano questa zona.
     
    .
1 replies since 28/10/2011, 18:03   115 views
  Share  
.