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Prodotti tipici di Calabria

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  1. Isabel
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    Prodotti tipici di Calabria

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    - Fonte -


    Bergamotto di Reggio Calabria


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    Il Bergamotto di Reggio Calabria è una particolare pianta di agrume prodotta sul versante ionico della provincia di Reggio Calabria. Questo agrume dal sapore forte cresce solo in alcune zone della Costa d'Avorio, del Brasile e sulla costa ionica di Reggio Calabria. L'albero del bergamotto è una pianta sempreverde alta circa 3 metri dalle foglie lucide e carnose come quelle dell'arancio e che va in fioritura tra Marzo e Novembre. Il frutto è un agrume dal peso medio di 150 grammi, con la buccia liscia di colore giallo intenso, dalla quale si ricava l'essenza. Poco più grande di un arancio, il frutto si presenta schiacciato ai poli, con la polpa divisa mediamente in 12-15 spicchi che fornisce un succo molto acido e amarognolo. L'origine del bergamotto è oggetto di forti discussioni tra i botanici e gli storici che ritengono la pianta derivata da un incrocio tra l'arancio amaro e la limetta acida, importata dalle Isole Canarie nel XV secolo da Cristoforo Colombo. Altri invece ritengono il Bergamotto di Reggio Calabria una pianta autoctona, il cui nome botanico è Citrus Bergamia e la cui produzione in Calabria era nota già nel XIV secolo, anche se la prima coltivazione estensiva risale al 1750. L'albero di bergamotto è una pianta che non sopporta i forti sbalzi di temperatura verso il ferddo, nè l'eccessiva o scarsa piovosità. La produttività della pianta è influenzata dalle temperature che devono restare miti tutto l'anno e dalle pioggie che non devono essere moderate. In Calabria si produce circa il 90% della produzione mondiale del bergamotto che trova nella zona ionica costiera della provincia di Reggio Calabria l'habitat ideale per la fioritura. L'utilizzo del bergamotto riguarda sopratutto gli oli essenziali derivati dalla buccia del frutto e dai fiori, che sono utilizzati dall'industria dei profumi di tutto il mondo. Infatti il bergamotto è un componente essenziale dell'acqua di colonia e dell'acqua di toilette, grazie al suo aroma forte e fresco. L'alta quantità di acido citrico, presente in 66 grammi per litro, ha determinato l'uso del bergamotto come fonte di acido citrico naturale. La spremuta di bergamotto non è in vendita, e può essere sorseggiata solo dai contadini nei mesi che vanno da Novembre a Marzo. L'essenza del Bergamotto di Reggio Calabria, oggi si estrae meccanicamente con macchine dette pelatrici le quali raspano la buccia del frutto ottenendo un'emulsione che poi viene separata dall'acqua per differenza di peso specifico. Attraverso un complesso procedimento chimico detto "defurocumarinizzazione" viene ridotta in modo considerevole la presenza del Bergaptene, una sostanza fototossica che per esposizione al sole può provocare ustioni anche profonde alla cute. L'odore dell'olio essenziale di bergamotto è persistente e penetrante e si usa anche nell'aromoterapia per cancellare gli altri odori.

    Cedro di Calabria


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    Chiamato botanicamente Citrus Medica, il cedro è un agrume della famiglia delle Rutaceae, il cui nome derivato dal latino citrus, è fuorviante poichè coincide con la traduzione di cedrus, nome dato invece alla conifera del Libano, famosa per aver fornito il legname per tante navi antiche. Il Cedro di Calabria è coltivato nel tratto di costa tirrenica cosentina, tra i comuni di Tortora e Diamante, chiamata Riviera dei Cedri, e dove trova il suo habitat naturale grazie ad un microclima caratterizzato da temperature miti tutto l'anno, senza particolari escursioni termiche. Infatti il cedro è una pianta mediterranea che mal sopporta i venti freddi provenienti da nord e temperature sotto i 5 gradi. I terreni ideali per una migliore fioritura sono quelli di argilla calcarea mista a sabbia e humus, con buona presenza di azoto e potassio, tipici delle falde tirreniche del Massiccio del Pellegrino. Le origini di questo agrume sono molto antiche e oggetto di dibattito tra gli esperti. La maggior parte ritiene che il cedro fosse coltivato dagli antichi egizi oltre 4000 anni fa. Gli ebrei lo portarono in Palestina e poi in Europa secondo una logica di scambi commerciali. Altri però ritengono il cedro originario dell'antica Persia, importato in Europa dalle truppe di Alessandro Magno nel VI secolo a.C. Il Cedro di Calabria è un arbusto che può raggiungere i quattro metri di altezza, con foglie lunghe anche 20 cm. I fiori molto profumati crescono a gruppi da tre a dodici, hanno colore rossastro all'esterno e bianco all'interno. Il frutto di forma ovoidale può raggiungere un diametro di 30 cm e la sua buccia ruvida e spessa costituisce ben il 70% della massa totale. Il cedro è un arbusto a fioritura continua, con piene nei mesi di primavera e autunno. Oggi il succo derivato dal cedro calabrese viene impiegato dall'industria alimentare per la preparazione di bibite analcoliche e frutta candita, ma viene spesso utilizzato dalla pasticceria calabrese nella preparazione di alcune creme per dolci e prodotti tipici della regione. Nella zona di produzione, chiamata appunto Riviera dei Cedri, si produce anche il liquore al cedro e sopratutto un olio extravergine di oliva aromatizzato al cedro, prodotto e commercializzato dal Consorzio del Cedro di Calabria, la cui finalità è quella di favorire la diffusione dell'agrume come importante elemento della gastronomia calabrese, prima ancora che dell'industria alimentare.


    Cipolla Rossa di Tropea


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    La cipolla rossa di Tropea è un bulbo che si produce sulla zona costiera tirrenica compresa tra Amantea a nord e Nicotera a sud. La zona di maggior produzione è ubicata tra i comuni di Ricadi, Briatico e Tropea, tutti nella provincia di Vibo Valentia. Le particolari sostanze del terreno rendono la cipolla rossa di Tropea ricca di vitamina C e di minerali quali il ferro, il selenio, il megnesio e lo zinco. Il bulbo infatti è accreditato di molti effetti benefici tra cui una forte azione antisclerotica che previene gli infarti apportando grandi benefici al cuore. Secondo alcuni la cipolla rossa di Tropea venne importata dalla Persia migliaia di anni fa, secondo altri invece dai Fenici. Già Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia cita una cipolla prodotta in Calabria dalle particolari attività benefiche per la salute, elencando ben trenta disturbi curabili con essa. Il bulbo è composto da varie tuniche concentriche carnose di colore bianco e con involucro rosso. La presenza di zuccheri come il saccarosio, glucosio e fruttosio, danno alla cipolla rossa di Tropea quel particolare gusto dolce e non amaro. Il gusto dolce, il colore rosso scuro dell'involucro e le capacità curative del cuore e delle arterie sono i tre elementi della tipicità di questo tipo unico di cipolla, i cui vivai si preparano nell'ultima settimana di Agosto e la prima di Settembre. I vivai della cipolla rossa di Tropea sono coperti con le felci per proteggere la germinazione del bulbo. A Novembre si trapiantano i fili di cipolla, tolti dai vivai, si ottiene a Febbraio il cipollotto, tra Aprile e Maggio la primizia. L'utilizzo della cipolla rossa nella gastronomia calabrese è abbastanza diffuso, sia per quanto riguarda gli antipasti e le insalate, sia nella preparazione di primi e secondi piatti calabresi. Si preferisce in genere cruda nell'insalata di pomodori o di verdure per esaltarne il sapore dolce e particolare. Ma spesso viene cotta nella preparazione di sughi soffritti, e nella cottura di secondi di carne. L'Accademia di Tutela della cipolla ha sede nel comune di Ricadi, ha l'obiettivo di valorizzare la produzione del bulbo con intense opere di marketing, mirate alla diffusione della storia, e delle proprietà benefiche della cipolla rossa di Tropea.

    Clementine di Calabria


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    Nata probabilmente da un innesto tra il mandarino del tipo Avana e l'arancio amaro Granito, l'albero delle clementine pare sia stato ottenuto per la prima volta in Algeria nei primi decenni del secolo scorso, ma le fonti storiche non sono univoche. Alcuni ritengono che l'albero delle clementine sia stato innestato da padre Clement Rodier nel 1940, mentre altre fonti riferiscono di un sacerdote dal nome Pierre Clement. Più probabile che la pianta sia originaria dell'estremo est asiatico, e introdotta in Europa dal padre algerino nel Novecento. L'albero delle clementine di Calabria è assai simile a quello del mandarino, sebbene si tratti di un innesto con l'arancio amaro del tipo Granito. Le foglie sono lanceolate, i fiori molto profumati, singoli o riuniti in piccole infiorescenze. Il frutto si presenta con forma sferoidale leggermente schiacciata ai poli. La buccia dal classico colore arancio è liscia, mentre la polpa molto succosa e aromatica come quella del mandarino. La coltivazione delle clementine viene effettuata per lo più nelle zone pre-costiere e pianeggianti della regione, ma la zona più attrezzata è quella della Piana di Sibari, dove insistono grandi agrumeti tra i centri di Villapiana, Rossano e Corigliano Scalo. Le clementine di Calabria si distinguono per le elevate qualità nutrizionali, dovute anche alle caratteristiche del terreno calcareo misto ad argille, che abbonda in tutta la regione. Considerato l’elevato contenuto di vitamina C, è sufficiente consumare uno o due frutti per coprire il fabbisogno giornaliero di una persona adulta. Le clementine, inoltre, sono ricche di minerali tra cui il più importante è il potassio, che svolge un importante ruolo regolando il tenore di acqua nei tessuti ed agendo sul funzionamento del cuore. Le clementine possono essere consumate al naturale o impiegate per preparare sorbetti, succhi, sciroppi e marmellate. Le elevate qualità nutrizionali della pianta, e l'aroma succoso della polpa, hanno reso le clementine di Calabria tra gli agrumi più apprezzati in Italia, con buon livello di esportazione anche in Europa. Le clementine di Calabria hanno ottenuto il riconoscimento Igp dall'Unione Europea, che ne certifica dunque la provenienza geografica protetta e l'elevata qualità nei processo produttivo e di trasformazione. Secondo il disciplinare di produzione del marchio Igp le zone ad alta densità sono le piane di Sibari, Rosarno, Lamezia Terme e la Locride.

    Liquirizia di Rossano


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    Secondo l'autorevole voce dell'Enciclopedia Britannica, la migliore liquirizia del mondo nasce in Calabria. In effetti sulla costa dell'alto Ionio cosentino, nel tratto compreso tra i comuni di Roseto Capo Spulico a nord, e Cariati al sud, la liquirizia cresce spontanea, trovando nei terreni impregnati di argilla calcarea il suo habitat naturale. Nella zona di Rossano già nel 1710 venne costruita la prima fabbrica per la lavorazione di questa pianta molto antica, dalle cui lunghe e possenti radici si estrae l'essenza. Oggi la liquirizia di Rossano viene esportata in tutto il mondo e riceve costantemente attestati di qualità. La pianta di liquirizia è un arbusto perenne della famiglia delle leguminose alto fino a due metri con lunghe e possenti radici verticali a cui si affiancano stoloni ad andamento orizzontale. Le foglie sono composte da foglioline lunghe e strette di colore verde intenso appaiate lungo il rachide e da una sola foglia opaca posta sulla sommità dello stesso. I fiori, che si schiudono in estate, sono piccoli dal colore azzurro tendente al violaceo e crescono nella parte ascellare del fusto. La parte più importante della liquirizia è la radice, carnosa e allungata in verticale, dalla quale si dipartono diverse ramificazioni allungate, scure esternamente e gialle all'interno. Dopo l'estrazione dal terreno, nel corso del terzo anno di vita della pianta, le radici della liquirizia vengono raccolte e sbucciate e fatte essiccare per essere vendute al dettaglio sotto forma di piccoli bastoncini, oppure si mettono a bollitura per ottenere un infuso nero dal quale si ricava la liquirizia nera in pastiglie. In cucina si usa nella preparazione dei dolci. Oggi la gran parte della liquirizia di Rossano viene assorbita dall'industria di trasformazione che ne produce in gran quantità, immettendola in commercio sotto forma di pastiglie e tronchetti di radice raccolti in bustine preconfezionate. La liquirizia è una pianta antica, conosciuta ed usata dai cinesi già 5000 anni fa per i suoi poteri curativi di alcune patologie come la tosse e il raffrddore. Il principio attivo della liquirizia di Rossano è la Glycyrrizina che ha una spiccata azione antinfiammatoria e antibatterica, tanto che la moderna ricerca medica tende ad utilizzare la liquirizia nelle terapie dell'ulcera, malattie reumatiche, del fegato e dell'herpes. Va comunque ricordato che la Glycyrrizina se assunta in maniera consistente provoca effetti collaterali sull'equilibrio dei sali minerali del corpo portando a ritensione idrica, gonfiore, mal di testa e astenia.


    Morzeddu Catanzarese


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    Il morzeddu o morzello non è un salume, bensì un piatto tipico della cucina catanzarese, le cui origini risalgono al periodo della dominazione spagnola della Calabria. La leggenda narra che una donna della città di Catanzaro, dopo aver perso il marito, destava con i suoi figlioletti in condizioni di miseria tanto da avere difficoltà a reperire il cibo per la sua famiglia. La notte di Natale la donna venne chiamata a ripulire il cortile di un palazzo baronale dai resti di una macellazione. La donna pensò bene di raccogliere i resti dell'animale, di pulirli bollendoli in acqua e di servirli con spezie varie come cena di quella Santa sera. Da allora il morzeddu catanzarese, che si ottiene dalla bollitura delle interiora bovine, è divenuto un piatto succulento della cucina catanzarese e non solo. Il morzeddu si prepara mettendo le interiora di vitello o la trippa già cotta, in una pentola con olio e sale. Si fa cuocere per circa mezz'ora, dopo si aggiungono i peperoni tagliati a strisce sottili e un po di vino rosso, si lascia cuocere ancora a fuoco lento. Alla fine della cottura, dopo un ora circa, si aggiunge la salsa di pomodoro e si continua la cottura per pochi minuti. Alla fine si aggiunge molto peperoncino piccante a fuoco spento e si mescola per bene. Il sugo così ottenuto deve avere un colore vivace, mentre il sapore della carne deve confondersi col gusto del peproncino piccante. Il morzeddu, o morzello, si degusta insieme alla Pitta, tipico pane calabrese a forma di ciambella schiacciata e con poca mollica. Il nome morzello deriva dallo spagnolo "al muerzo" che significa a morsi, infatti questo piatto tipico della cucina calabrese si consuma dentro la Pitta tagliata a pezzi e aperta a libro, non è necessario l'uso delle posate. Nella provincia di Catanzaro esistono oggi molte trattorie che servono il morzeddu insieme alla Pitta e ad un buon vino rosso e corposo, necessario per degustare appieno il gusto forte di questo prelibato piatto tipico. Pur non essendo un salume o un insaccato derivato dalla carne di maiale, il morzeddu catanzarese, che oggi si consuma anche nella provincia di Crotone, viene considerato un salume per via dell'eccessivo uso di peperoncino piccante che tende a confonderne il sapore.


    Patata della Sila


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    Ultimo dei prodotti tipici calabresi ad ottenere il riconoscimento Igp dall'Unione Europea la patata della Sila si produce nei 14 comuni ubicati tutti sull'altopiano silano. Secondo il disciplinare di produzione, che certifica appunto la provenienza geografica protetta delle patate silane, l'area di produzione della patata della Sila interessa tutti gli agri ubicati nei comuni di Acri, Aprigliano, Bocchigliero, Celico, Colosimi, Longobucco, Serra Pedace, Parenti, Pedace, Rogliano, San Giovanni in Fiore, Spezzano della Sila e Spezzano Piccolo, in provincia di Cosenza, ed il comune di Taverna in provincia di Catanzaro. La patata della Sila è contraddistinta ed apprezzata per le ottime qualità culinarie, e per la grande resistenza alle fritture, che ottiene grazie all'elevato contenuto di sostanza secca che presentano i tuberi coltivati sull'altopiano silano. In ordine alla indicata resistenza organolettica alle fritture, è stata condotta un'analisi sulla varietà Agria, comparandola con campioni provenienti da altre zone produttive. I risultati hanno dimostrato come la patata coltivata sull'altopiano silano presenti livelli di sostanza secca molto più elevati, e per questo una migliore attitudine alla frittura, nonché un sapore tipico più marcato rispetto alle altre provenienze. La patata della Sila è uno dei prodotti tipici della Calabria meno conosciuto a livello internazionale, ma molto apprezzato dalle popolazioni che vivono sull'altopiano e nelle immediate vicinanze. L'aspetto pedoclimatico del territorio dove viene coltivata la patata della Sila assume una grande importanza. Il legame culturale è sottolineato anche dal largo impiego della patata in numerose ricette tipiche della tradizione gastronomica locale. Le patate silane sono spesso impiegate nella preparazione di primi e secondi piatti come elemento base e non come semplice contorno. La pasta con patate al forno, o la pasta con patate e zucchine sono i piatti più usati sull'Altopiano della Sila, ben conosciuti ed apprezzati nel resto della Calabria, oltre che nelle regioni limitrofe. Secondo il disciplinare di produzione del marchio Igp, le patate silane ottengono tale riconoscimento solo per la specie solanum tuberosum della famiglia delle solanacee, e varietà Agria, Desirèe, Ditta, Majestic, Marabel e Nicola. Le patate silane di questo tipo devono mantenere altri requisti ben indicati nel disciplinare di produzione del marchio Igp.

    Peperoncino di Calabria


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    Pianta tropicale proveniente dalle Americhe col nome botanico di Capsicum Frutescens, il peperoncino piccante trova in Calabria luogo ideale di coltivazione nonchè resta tra i prodotti tipici più utilizzati in tutta la regione. Il peperoncino piccante è un arbusto perenne a vita breve alto circa 80 cm che appartiene alla famiglia delle Solanacee. Le foglie sono lenceolate di colore verde intenso, mentre i fiori a corolla singola sono di colore viola e crescono nella parte ascellare delle foglie. Il frutto è una bacca allungata di colore verde quando è acerbo, dalle tonalità di rosso e giallo quando è giunto a maturazione. Il peperoncino piccante è stato introdotto in Europa da Cristoforo Colombo nel XV secolo, ma sia i cinesi che i popoli indigeni delle Americhe conoscevano l'arbusto già molti secoli prima. A causa del sapore piccante il peperoncino venne rifiutato dai palati raffinati degli europei, ottenne invece un grande successo tra le popolazioni arabe e del nord Africa che lo misero a coltivazione in modo sistematico. Probabile che in Calabria il peperoncino piccante sia stato introdotto proprio dai saraceni, e già nel XVI secolo i primi viaggiatori europei notarono un massiccio utilizzo di questa spezia nella cucina locale. In effetti la Calabria è ancora oggi la regione italiana con la più vasta coltivazione del peperoncino piccante, sopratutto nella zona tirrenica tra i comuni di Amantea e Diamante dove ogni anno viene celebrato il famoso Festival del Peperoncino. Il peperoncino in Calabria generalmente è coltivato, da quasi tutte le famiglie, in vasi esposti al sole nel giardino o sui balconi. Molte sono anche le aziende che coltivano il peperoncino piccante direttamente sul campo, utilizzando tecniche di lavorazione molto tradizionali in quanto si tratta di una pianta resistente che non necessita di molte cure. In estate, una volta raccolti, i peperoncini vengono essiccati al sole per poi essere macinati fino a diventare una polvere rossa da utilizzare come condimento di sughi e primi piatti. Il peperoncino calabrese viene regolarmente prodotto in tutta la regione, ma la migliore zona di produzione resta la costa tirrenica, nel tratto compreso tra Amantea e Diamante. Le proprietà organolettiche del peperoncino piccante calabrese lo rendono un ottimo disinfettante del corpo umano, con proprietà benefiche sull'apparato cardio-circolatorio.

    Edited by Isabel - 13/10/2014, 10:00
     
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  2. Isabel
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    Torrone di Bagnara Calabra


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    A rendere particolari ed originali i torroni calabresi, specialmente a di Bagnara Calabra, sono le mandorle ed il miele che vengono lavorate artigianalmente mantenendo inalterate le antiche tradizioni. Le mandorle tostate vengono cotte per più di sei ore assieme all’albume e al miele. Successivamente il torrone friabile viene tagliato in piccole barrette che vengono poi ricoperte e guarnite di cioccolato bianco o cioccolato fondente o gianduia o ostia o nocciola o arancia. A Natale 2014, il Torrone di Bagnara, potrà legittimamente fregiarsi, per la prima volta, del marchio di Indicazione geografica protetta (Igp). Il risultato è stato festeggiato nella Camera di Commercio di Reggio alla presenza del presidente dell'ente Lucio Dattola, del dirigente generale del Dipartimento agricoltura della Regione Giuseppe Zimbalatti, dell'assessore agricoltura e forestazione della Provincia di Reggio Gaetano Rao, del vicesindaco di Bagnara Calabra Giuseppe Spoleti. In rappresentanza dei produttori sono intervenuti il presidente dell'associazione di categoria, Francesco Cardone, e Maurizio Gramuglia. Il progetto per ottenere l'Igp è stato avviato nel 2004 con la costituzione, nella cittadina tirrenica del reggino, dell' "Associazione tra i produttori di torrone". Inizialmente le imprese avevano proposto la tutela per tre differenti tipologie di prodotto: martiniana, torrefatto glassato e bianco glassato. Il Ministero, però, non ha valutato positivamente la possibilità di fare rientrare differenti tipologie. Il prodotto, ha stabilito, deve essere unico. Gli artefici del progetto si sono attivati per riscrivere tutta la documentazione richiesta (disciplinare, relazioni tecniche, economiche, storiche sul legame del prodotto con il territorio, la valenza economica, la tipicità che contraddistingue quel torrone da qualsiasi altro torrone prodotto in Italia ed all'estero), proponendo un prodotto "unico" declinabile in due varianti, martiniana e torrefatto. Nel novembre del 2012, quindi, si è svolta la pubblica audizione alla quale hanno fatto seguito la tutela provvisoria del prodotto (con un decreto del dicembre 2013) e la conclusione dell'iter amministrativo per l'apposizione del bollino Igp. "Con l'Igp, il Torrone di Bagnara, il primo in Italia ad ottenere il bollino dell'Ue - ha detto il presidente della Camera di commercio di Reggio, Dattola - accresce definitivamente la propria riconoscibilità a livello nazionale ed internazionale. Al tempo stesso il consumatore potrà contare sulla massima garanzia di qualità del prodotto che acquista. Il lavoro di squadra e l'unità di intenti hanno consentito di ottenere un risultato che è una vittoria per l'intero territorio provinciale". La produzione di torrone, concentrata perlopiù nel periodo natalizio, è dal punto di vista economico, una fonte di reddito importante. Complessivamente coinvolge poco più di una decina, tra laboratori di pasticceria e piccole attività a carattere 'industriale', con una occupazione significativa per l'economia locale, particolarmente nel periodo prenatalizio. In gran parte la produzione è destinata al mercato locale anche se aumenta la quota di torrone destinata alle città del centro e nord Italia, nonché ai mercati esteri, soprattutto laddove è forte la presenza di immigrati calabresi, in Europa, Stati Uniti e Canada. Altro elemento importante è l'aspetto innovativo della produzione con sperimentazioni di nuove tipologie di prodotto.


    Miele di fichi


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    In Calabria questo prodotto è tipicamente ed impropriamente chiamato miele di fichi, ma non ha nulla a che fare con le api. Ma in cosa consiste? Il miele di fichi viene prodotto facendo bollire i fichi in un po' d'acqua, tirandoli fino ad ottenere una densità molto simile a quella del miele. Ma cosa rende speciale questo estratto? Sicuramente il fatto che è fatto esclusivamente con fichi dottati (il fico dottato è uno dei più apprezzati in assoluto), aggiungendo un po' d'acqua durante la cottura. Ma soprattutto, ciò che distingue il nostro estratto di fichi sta nella sua densità. Il nostro cotto di fichi infatti viene venduto in vasetto, non in piccole bottiglie, perchè la sua densità è quella della tradizione calabrese, che appunto ha dato a questo prodotto il nome di miele di fichi. Nella tradizione gastronomica regionale, il miele di fichi viene usato in pasticceria, ad esempio nella produzione dei mostaccioli, cartellate, mandorlate, torrone, è ottimo su gelati e macedonie. Ma in realtà, questo estratto di fichi sta riscuotendo ultimamente enorme successo come ideale accompagnamento di formaggi freschi e carni, immancabile sui lampascioni fritti: impossibile non averlo in dispensa; oltre ad essere abbinabile come coadiuvante nel latte, è ottimo a colazione con tuorli d’uovo e zucchero montati. In passato veniva utilizzato come sedativo della tosse. Ancora, si presta come ingrediente per moltissimi usi, ma suggeriamo di provarlo assolutamente su un filetto di manzo: un filo di estratto, a mo' di aceto balsamico, dona al filetto un gusto assolutamente inimitabile. Oppure sulla panna cotta.
     
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  3. pepa*
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    Mmm...che leccornie sheep Grazie.
     
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  4. pifa953
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    I prodotti calabresi sono buonissimi, quando andavo in vacanza mi facevo certe scorpacciate (cipolle rosse, pomodori per insalata, peperoncino piccante...)

    Edited by Isabel - 20/10/2014, 10:41
     
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3 replies since 29/9/2011, 14:20   408 views
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