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Cassano allo Ionio

Provincia di Cosenza

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    Cassano allo Ionio

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    Info - Scheda Wikipedia

    Cassano all'Ionio è un comune di 17.643 abitanti in provincia di Cosenza.

    Storia

    Importante centro della Piana di Sibari, nord Calabria. Sede vescovile tra le più antiche della Calabria. La Diocesi di Cassano allo Ionio era l´unica Diocesi dei due mari (Ionio / Tirreno). Ha una cattedrale antica che secondo la leggenda popolare è stata costruita su un tempio dedicato Giove. Cassano e antichissimo, in tempi romani conosciuto sotto il nome Cassanum, die sicuro e una fondazione greca gia per la vicinanza alla antichissima Sibari. Come rudere ce anche la torre di Milone, nominatissimo lottatore greco. Nello A.D 1031 si e svolta a Cassano Ionio una battaglia tra truppe saracene che avevano occupato precedentemete Bari e truppe bizantine,dove a perso la vita in commandante bizantino Pothos (vedi enciclopedia brittanica).

    Monumenti e luoghi d'interesse
    • Cattedrale di Cassano allo Ionio, dedicata alla Natività della Vergine, che secondo la leggenda popolare è stata costruita su un tempio dedicato a Giove.
    • Terme Sibarite
    • Grotte Carsiche di Sant'Angelo.
    • Abbazia di Santa Maria della Catena, grandioso edificio con portico in stile rinascimentale e cupola del XVII secolo.
    • Ruderi della torre di Milone, dedicata al grande lottatore greco.
    • Crocifisso ligneo, alto oltre quattro metri, custodito all'interno della cattedrale, intorno al quale è sorta una leggenda: il suo sconosciuto creatore, finito il lavoro, guardò la sua creazione, gli sussurrò «Quanto sei bello, mio crocifisso», e morì.

    Frazioni


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    • Doria, situata più a sud della direzione Cassano-Lauropoli-Sibari, è votata all'attività agricola ed è baricentro per i trasporti stradali e ferroviari della Sibaritide.
    • Lauropoli domina dall'alto della collina tutta la piana di Sibari. Le attività economiche preminenti sono prettamente agricole, con forti specializzazioni in campo ortofrutticolo e vivaistico. È stato fondato nel 1763, come borgo rurale, dalla Duchessa di Cassano, Laura Serra (di origini genovesi). La struttura originaria del paese era su due linee a forma di croce. Il 2 febbraio è importante la festa della Madonna della candelora (Patrona di Lauropoli).
    • Sibari ha una propensione al turismo (Laghi di Sibari e Marina di Sibari) e all'attività agricola. Nota per la florida storia magno-greca.


    Terme Sibarite

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    Già conosciute in epoca greca e romana, le Terme dell’antica Sibari hanno seguito il destino della zona, martoriata da molte battaglie e conquiste nell’antichità e soltanto in epoca recente hanno conosciuto un assestamento e una nuova fama, presentando oggi un complesso moderno ed attrezzato che comprende un albergo, lo stabilimento termale e varie strutture ricreative.

    Un po’ di Storia


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    Se i riferimenti storici sulla presenza di acque oligominerali nella zona di Cassano allo Ionio (un tempo sede della antica colonia greca di Sibari) risalgono al XVI secolo, è pure abbastanza certo che sia i Greci che i Romani, che occuparono Sibari nel VII secolo dopo che era stata ribattezzata Thurio, conoscessero ed apprezzassero le risorse termali locali. Nell’antichità, le acque minerali di Cassano allo Ionio venivano sia bevute che utilizzate per impacchi e medicamenti, così come venivano raccolti anche i detriti che si sedimentavano lungo gli argini dei canali, da utilizzare nella cura di patologie sia traumatiche che infiammatorie. Alcuni resti nella zona indicano che già i Sibariti avevano favorito la costruzione di edifici ad uso di bagni termali ed è su tali resti che nel 1817 che nacquero altre costruzioni sempre finalizzate all’utilizzo delle acque solfuree. Cinque anni dopo, nel 1822, le acque furono quindi oggetto per la prima volta di analisi chimiche, da parte di un insegnante del Liceo di Catanzaro, Aceti, seguito dal Prof. Giovanni Terrano della Reale Università di Napoli e dal collegio dei medici di Firenze, che registrarono le acque di Sibari nel catalogo dell’Esposizione Nazionale. In seguito abbandonato e quindi in rovina, il complesso di Sibari fu acquistato solo nel 1952 dalla Società per Azioni Terme Sibarite che commissionò delle approfondite ricerche scientifiche che hanno consentito di verificare che le proprietà benefiche delle acque non erano solo dovute all’alto contenuto di zolfo. Classificate come ipotermali (la temperatura è costantemente a 25 gradi centigradi), sulfureee e mediominerali, le acque di Sibari si distinguono da altre per la presenza di idrogeno solforato di origine biologica che derivano da riduzioni di composti ossidati dello zolfo e dalla decomposizione di materia organica solforata ad opera di distinte attività batteriche. Anche i fanghi di natura organica sono piuttosto rari, poiché ottenuti da particolari processi fitobiologici di maturazione delle vegetazioni di alghe di differenti gruppi microbici.

    Le acque

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    Le acque di Sibari derivano da cinque sorgenti che scaturiscono affiancate per circa 500 metri e possiedono la particolare caratteristica di non aver subito nel tempo, come si evince dal confronto tra analisi compiute oltre un secolo fa ed altre più recenti, alcuna mutazione significativa delle sue caratteristiche chimiche e chimico-fisiche. Le cinque sorgenti in questione sono l’acqua dell’Apicello (meno calda delle altre e meno minerale, tanto da essere utilizzata dalla popolazione locale per uso potabile, quando necessario), l’acqua delle Caldane (calda d’inverno e fresca d’estate, scaturisce dal cavo di una grotta naturale), l’acqua della Stufa (così chiamata per l’alto grado di termalità, ribolle da una fenditura nel lato orientale della roccia), l’acqua del Clocco (che scaturisce dalla stessa fonte della Stufa ma ha qualità più elevate dal punto di vista medico-scientifico) e l’acqua del Trabucco (così chiamata perché zampilla da tre bocche di una fontana secolare). Nell’insieme le acque appartengono tutte al gruppo delle sulfuree e sono costituite da litio, sodio, potassio, calcio, stronzio, magnesio, alluminio, ferro rame, cloruri, solfati, carbonati, polifosfati e solfuri, indicate soprattutto per le malattie otorinolaringoiatriche e delle vie respiratorie, per le malattie ginecologiche, per le malattie reumatiche e per quelle dermatologiche.

    Lo stabilimento termale

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    Il complesso delle Terme Sibarite è stato oggetto alla fine degli anni ’80 di una importante ristrutturazione ed oggi si presenta con un unico corpo che comprende tre livelli destinati all’albergo e tre livelli destinati allo stabilimento vero e proprio, con collegamenti interni costituiti da scale ed ascensori. I tre livelli dello stabilimento termale sono così suddivisi: al primo livello si trovano il locale accettazione, la sala delle visite mediche e i reparti inalatori, il secondo ospita i reparti di fangoterapia per uomini e la sala massaggi, il terzo i reparti di ginecologia e di fangoterapia per le donne. Nello stabilimento Termale le acque vengono utilizzate per bagni, aereosol, inalazioni, nebulizzazioni, insufflazioni tubo-timpaniche e irrigazioni vaginali mentre i fanghi si usano per applicazioni in strato spesso e fangature eudermiche. Il complesso è inoltre dotato di un auditorium all’aperto, di strutture ricreative e di un parco.

    Turismo nei dintorni

    Da non perdere gli scavi archeologici dell’antica Sibari (Sybaris), la più ricca e antica colonia achea d'Italia e la più grande città della Magna Grecia dopo Taranto, 100.000 abitanti nel 510 a.c., l’anno nella quale fu distrutta dai Crotonesi; i suoi tesori (terrecotte, rilievi, materiali metallici provenienti da Sibari e da Francavilla Marittima) sono conservati e visibili nel Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide a Cassano allo Ionio. Nelle immediate vicinanze della cittadina sono da visitare le Grotte di S. Angelo, situate nel complesso roccioso di Monte San Marco sovrastante l’abitato con numerose cavità carsiche che sono state oggetto di importanti studi per ricostruire la preistoria calabrese. Più in generale, è la stessa piana di Sibari, al centro della quale si trova la cittadina di Cassano allo Ionio, che presenta delle suggestive caratteristiche dal punto di vista paesaggistico, con il verde della macchia mediterranea, quello delle viti e degli ulivi. Un paesaggio che muta in direzione del Parco Nazionale del Pollino, tra la Calabria e la Basilicata, ricco di distese di faggi e pini. Ma tra una escursione ai Laghi della Sila o alle Gole del Raganello, una visita ai Castelli di Corigliano e Castrovillari, le possibilità di svago a breve distanza dalle Terme Sibarite sono molteplici, così come sono numerose le manifestazioni culturali che si avvicendano nella zona, soprattutto durante i mesi estivi, come il Festival internazionale del Folklore a Castrovillari, la Rassegna Internazionale di Teatro all’Anfiteatro di Altomonte o le varie fiere e sagre che si svolgono a Cassano e dintorni tra giugno e settembre.

    Grotte Carsiche di Sant'Angelo

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    Info - Scheda Wikipedia - Info - Info -

    Le grotte di Sant'Angelo sono un complesso di cavità di origine carsica di grande interesse dal punto di vista speleologico e turistico. Il complesso è sito nel comune di Cassano allo Ionio, nella provincia di Cosenza, a ridosso dal centro abitato. Al loro interno è stata accertata una prima frequentazione umana a partire dal Neolitico Medio fino alla fine dell'Età del Bronzo. Durante gli scavi sono state recuperati numerosi manufatti ceramici di uso quotidiano nonché alcuni vasi con simboli grafici sconosciuti.
    Inoltre è stata attestata anche una frequentazione ad uso funerario delle grotte con un raro esempio di cremazione di età neolitica.

    Note descrittive

    L'ambiente fisico complessivo del roccione di San Marco ad Ovest dell'abitato di Cassano Allo Ionio è strettamente legato alle naturali cavità carsiche ivi esistenti: L'attestazione di frequentazione umana accentrata va dal Neolitico Medio (metà del IV millennio a.C.) alla fine del bronzo. Le Grotte di Sant'Angelo pertanto, rappresentano un momento fondamentale negli studi della preistoria calabrese. Le prime indagini archeologiche sono state effettuate tra il 1962 e 1964 dal professore Santo Tinè che, attraverso saggi stratigrafici ha riassunto le varie epoche di frequentazione. Tra il 1977 e il 1979, la commissione Grotte " Eugenio Boegan" di Trieste ha organizzato una campagna di ricerche sul fenomeno del carsismo nel territorio del Comune di Cassano Allo Ionio, eseguendo il censimento di gran parte della cavità e il rilevamento completo di 16 grotte carsiche, delle quali le maggiori risultate essere la Grotta Inferiore e Superiore di Sant'Angelo, avendo entrambe uno sviluppo complessivo dei vani superiore al chilometro. La geologia dell'area presenta notevoli depositi composti di gesso, argille, sabbie e detriti di falda prevalentemente carbonitica. L'interno delle Grotte si presenta con interessanti fenomeni di carsismo, con diffusi esempi di spettacolari stalattiti e stalagmiti, che alimentano la fantasia a somiglianze svariate.

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    La serie degli scavi, eseguiti dal 1978 al 1982, ha evidenziato la destinazione funeraria della Grotta denominata "Pavolella", rarissimo di cremazione in età neolitica ed il ritrovamento di ceramica figulina acroma e ceramica dipinta a bande. Il gruppo " Boegan" esplorò anche la cosiddetta "Vucco Ucciardo" (Bocca Bugiarda), l'unica cavità rivenuta nel rilievo di Pietra Castello, la cui apertura è posta nella parte orientale dell'abitato di Cassano Allo Ionio, poco sopra gli impianti della fonte sulfurea. Le ricerche all'interno delle Grotte hanno riportato alla luce barie ceramiche di uso quotidiano, quali orcioli, bollitori per latte, tazze da filtro, mentre grandi contenitori (dolii) venivano utilizzati per la conservazione di derrate alimentari.

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    Tra i materiali di corredo, di notevole valore artistico nello studio della preistoria a Cassano Allo Ionio, è una statuetta femminile di ceramica figulina dipinta alta 5.5 cm., che nella semplicità del modellato presenta distinguibili le parti anatomiche: braccia ripiegate verso il ventre, glutei prominenti, capelli fluenti sulle spalle resi da una colorazione bruna su sfondo rossiccio e con solcature, sul volto e sul petto chiari segni di pittura indicano le presenze di monili. La presenza consistente di Ossidiana, minerale utilizzati per creare utensili adatti al taglio sia domestico che per acconciare pelli di animali, lascia presupporre uno scambio permanente con LIPARI e le altre zone di eruzione. Il sistema carsico di Cassano Allo Ionio (2.563 mt.) esplorato offre una complessità di sviluppo che per ora, è conosciuto solo in minima parte. Le Grotte esplorate dalla "Commissione Boegan" di Trieste sono l'inizio di una serie di altre cavità, basta citare che negli ultimi anni, ad opera di speleologi cassanesi e del "Gruppo Speleologico Sparviero" di Alessandria del Carretto in provincia di Cosenza, sono stati scoperti altri interessanti sistemi. In queste altre Grotte, identificate a sud di "Casa Drago", sono emerse delle spettacolari forme di vegetazione con piccoli filamenti ed una radice conficcata nel suolo. Questi arbusti non superano i 35 cm. di altezza e si trovano quasi sempre a contatto con una stalattite e, quindi, dalla costante caduta della roccia calcarea. La presenza è sporadica, ma in alcuni casi se ne possono contare raggruppamenti di oltre una quarantina di esemplari. Tale fenomeno, portato a conoscenza al mondo speleologico nazionale, desta un notevole anche perché la sua rarità è stata ampiamente accertata.

    Santuario di Santa Maria della Catena

    Il Santuario fu eretto all'inizio del Seicento in luogo di una costruzione monastica più antica. Il santuario si trova in zona impervia e solitaria, ma di grande suggestione naturalistica. Lo si nota subito per il suo portico di gusto rinascimentale e la cupola che lo sovrasta. E' una costruzione seicentesca, e il suo nome indica la liberazione dalle catene del male, come suggerisce la catena spezzata che la Vergine tiene in mano nell'effigie conservata nel santuario. "Secolo VIII-IX: arrivo dei monaci orientali e sistemazione o raffigurazione dell'effigie della Madonna Teutochia in una grotta vicina ad un monastero preesistente. Secolo IX-X: l'effigie della Madonna viene trasferita in un piccolo oratorio eretto a fianco del monastero, avanti alla grotta. Secolo XI: il monastero viene sopraelevato in epoca prenormanna e nella sua parte superiore viene incluso l'oratorio della Madonna della Catena, che forse riceve il primo ingrandimento. Secolo XII: il monastero santuario viene ricostruito su pianta rinascimentale. Secolo XVII (anno 1612): vengono eseguiti grandi lavori di restauro e la linea interna della chiesa assume la linea barocca che conserva ancora oggi". L'architettura esterna, è d'età prerinascimentale con un porticato (formato da cinque arcate a tutto sesto sulla facciata principale, sei sul lato destro e quattro sul lato sinistro) che molto probabilmente è quattrocentesco. Sugli altari barocchi dell'interno, scolpiti in legno dorato, sono disposte quattro tele del pittore napoletano Nicola Malinconico (1663-1721). Lo stesso dipinto raffigura una Madonna odigitria clamidata in azzurro e seduta su una cattedra alta in legno. Con la mano sinistra regge una catena e la destra il divin Bambinello. Per gli storici si tratta di un'icona cretese cipriota portata a Cassano dai monaci orientali o dipinta dagli stessi non oltre l'VIII secolo. La stessa catena sembra essere un richiamo alla dominazione turca che queste terre, proprio in quell'epoca dovettero subire. L'immagine è particolarmente venerata dalla gente di origine albanese della zona, che vi accorre numerosa per la principale festività che si tiene la seconda domenica di maggio.

    La Cattedrale

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    - Info -
    di Gianluigi Trombetti

    Chiesa Cattedrale di Cassano, dedicata alla Natività della Vergine, sorge ai piedi di una rupe, sulla cui sommità sono ancora visibili i resti di un castello che dalle strutture superstiti delle torri sembra risalire ai tempi della dominazione normanna e innalza la sua elegante facciata costruita in un sobrio barocco sotto il Vescovo Coppola nel 1795, bipartita in due ordini, ornati da decori in pietra e stucco. Sul coronamento si vede inserita una pregevole statua della Madonna col Bambino, che con l'altra di S. Pietro, posta oggi sull'ingresso laterale, risale ai tempi del Vescovo Marino Tomacelli (1491-1519), sotto il cui governo si ebbe la riconsacrazione della chiesa avvenuta il 3 maggio 1491 dopo lunghi anni di lavori iniziati sin dal vescovado di Gioacchino Suare (1440-1463), il quale riuscì ad ottenere dal papa Callisto III una bolla, datata il 17 novembre 1454, che garantiva l'indulgenza plenaria a coloro che avessero contribuito alla costruzione del Tempio. Il Suare fu poi il primo Vescovo ad essere sepolto nella chiesa in via di rinnovamento, dove ancora si può osservare la sua lapide tombale nella cappella di S. Giovanni. Sulla piazzetta antistante insistono una graziosa fontana un tempo abbellita da leoni in pietra, forse facenti parti del monumento funerario di qualche illustre personaggio, o reggenti il protiro dell'antica cattedrale, attribuibili a ignoto artista della fine del XV secolo, se non, forse a Francesco da Sicignano, attivo in altri centri della Diocesi come Maratea e Laino Castello nei primi anni del '500, (attualmente sulla fontana, dopo il furto dei leoni originari sono state poste delle sculture di taglio moderno). Il palazzo vescovile, più volte rifatto e ampliato, e la massiccia e imponente torre campanaria elevata in gran parte a cura del Vescovo Bonifacio Gaetani (1599-1613) del quale si vede lo stemma con l'iscrizione. I tre portali immettono all'interno, ripartito in altrettante navate divise da pilastri e risultante dall'ultimo rifacimento avvenuto dopo un disastroso incendio che nel 1706 fece crollare gran parte del tempio - tranne l'area del presbiterio - che era stato già ampiamente ristrutturato, come si è detto, nel 1491 e ridecorato nel 1561.1 lavori, terminati nel 1722 sotto il presulato di Mons. Nicola Rocco (1707-1726), diedero al sacro luogo l'aspetto che ha ancora oggi, anche se la decorazione ad affresco venne portata a termine solo nel 1934-36 dal pittore Mario Prayer chiamato all'uopo dal Vescovo Bruno Occhiuto (1921-1937). Nella navata centrale, ampia e solenne, dominata dalla ricca cantoria che sorregge un sontuoso organo in stile barocco, si mostra a sinistra l'altare della Madonna del Lauro, che racchiude in un fastigio marmoreo con gli stemmi della casa ducale dei Serra, un'antica immagine della Vergine dipinta su pietra e molto venerata dal popolo di Cassano, databile al XIV sec. Appoggiata in una nicchia dell'altare si vede una preziosa statuetta in marmo della Madonna, simile nell'impostazione alla Madonna della Libertà del Duomo di Tropea assegnata dal Frangipane alla fine del XVI secolo e a Scuola Siciliana. La balaustrata, in elegante lavoro e traforo, ha invece gli stemmi di Mons. Gennaro Fortunato (1729-1751) alla cui munificenza si deve anche il bellissimo altare maggiore realizzato in preziosi marmi policromi, con sportello in argento con la figura simbolica del pellicano, e sormontato da un parato completo di candelabri e croce in bronzo dorato; l'altare è poi completato da una grande recinzione in marmo, il tutto fatto realizzare da Agostino Fortunato, marmoraio in Napoli e forse suo parente. Davanti all'altare maggiore è situato il trono episcopale, pure in marmi colorati, dovuto a Mons. Michele Bombini (1829-1871) il cui stemma compare anche sul fastigio marmoreo che ricopre la parete di fondo del coro, che contorna uno stupendo tondo con la Madonna della Purità, fatta lì collocare, secondo padre Francesco Russo dal Vescovo Fortunato in preziosa cornice in bronzo e lapislazzulì o, forse, fatto venire da Napoli, come credo, ai tempi di Mons. Gregorio Carata (1648-1664), teatino, il quale nel sinodo diocesano del 1651 caldeggiò il culto mariano derivante da una raffigurazione del tutto simile venerata nella chiesa napoletana di San Paolo Maggiore, casa generalizia dei seguaci di San Gaetano Thiene. Questa iconografia è conosciuta in Calabria anche attraverso gli esemplari di Rende e di Paola del XVI secolo e quello di Saracena, più modesto del XVII secolo. Gli stalli lignei del vasto coro, datati 1750 e forse della bottega dei Fusco attiva nella Diocesi, si devono al Vescovo Fortunato, mentre il pulpito, retto da colonne in marmo, a Mons. Coppola. Il pavimento, un tempo in laterizi, venne rifatto in lastroni di marmo dal Vescovo De Milia (1888-1899). La navata di sinistra si apre con la Cappella del Fonte Battesimale che risulta composto da pezzi di fattura e datazione diversa. La vasca vera e propria mostra scolpiti gli stemmi del già ricordato vescovo Gioacchino Suare, una grande stella, affiancato a quello dei Sanseverino, in quel tempo signori feudali di Cassano. Quest'ultimo stemma è del tutto simile a quello scolpito sul muro superstite della cosiddetta "casa de lo Conte" a Morano Calabro e si può assegnare quasi certamen¬te ad Antonio Sanseverino, Conte di Tricarico. Il Suare fu per la Diocesi un presule di grande importanza visto l'intervento fattivo per la ricostruzione della Cattedrale e la sua positiva politica nei confronti di numerose altre chiese e conventi, così come testimonia il p. Francesco Russo.

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    La colonna rigonfia, a cui manca la base, riporta scolpite, invece, le armi del vescovo inglese Uldevico o Ludovico Audoeno (Lewis Owen) 1589-1595, riportato anche su una formella lignea applicata nella parte bassa del vicino altare. La parte superiore in legno è invece asse¬gnabile alla fine del settecento. Il retrostante altare, come quasi tutti gli altri , rifatto in marmo ai tempi di Mons. Rovetta (1911-1922), è ornato da una tela settecentesca raffigurante la Madonna col Bambino e Sant'Anna di chiara ispirazione solimeniana. Di seguito è l'altare di San Gaetano con sta¬tua lignea del santo che regge in braccio il piccolo Gesù. Sorvoliamo sull'altare della Madonna Immacolata, molto recente, e ci soffermiamo davanti al dipinto raffigurante l'abbraccio di San Francesco d'Assisi e San Domenico al cospetto di vari membri dei rispettivi ordini. L'opera è di qualche pregio ed è da assegnare a pittore meridionale della prima metà del XVIII secolo. Chiusa da una balaustra è la vasta cap¬pella delle Reliquie o di San Biagio, che risale a Mons. Bonito (1899-1907). Oltrepassati la scala che conduce alla cripta, della quale si dirà in seguito, e l'arco ogivale quattrocen¬tesco, si apre a sinistra la sacrestia con begli armadi, dovuti ancora a Mons. Fortunato (1729), e la Cappella del Capitolo dove si ammira un notevole dipinto del '600 avente per soggetto la Madonna del Rosario incoro¬nata da angeli, che il Frangipane ritiene di epigono di Fabrizio Santafede. Sulla porta della sacrestia è collocato il busto in marmo di Mons. Occhiuto e su di esso l'affresco che riproduce la cerimonia di consacrazione della chiesa restaurata da questo presule, opera del Prayer. La navata si chiude con la cappella di San Giovanni Battista fondata da Achille Castriota Scanderberg nel 1580, come attesta lo stem¬ma e la relativa iscrizione. La cappella, serra¬ta da un pregevole cancello in ferro battuto, è stata di patronato dei Duchi di Cassano per passare poi a quello della Famiglia Lanza, il cui stemma si può notare anche sul dipinto dell'altare, di modesto pittore forse dei primi anni del secolo scorso raffigurante la Sacra Famiglia del Battista. Ai lati, in due armadi, sono custoditi altrettanti presepi napoletani: a sinistra del tardo Ottocento e fortemente manomesso nei vestiti, a destra, più piccolo e meglio conservato, della fine del Settecento. Ripassiamo davanti all'altare maggiore osservando il grande arco trionfale sorretto da pilastri con colonne binate in stile gotico, ai quali si innestano gli archi ogivali a capo delle navate minori, tutti realizzati in conci di pietra giallina. Questo è tutto quello che rima- ne delle architetture della chiesa rifatta, come già detto, nel corso del '400. Sul lato sinistro, su una lapide di marmo, è l'elenco, più o meno completo, dei presuli che si sono avvicendati sulla cattedra cassanese, che risale, in base a notizie storiche certe, alla metà del X secolo. La navata di destra si apre con l'altare della Madonna Addolorata che nel paliotto ha un pregevole rilievo con il Cristo Morto ese¬guito dall'artista cassanese Giacinto Di Vardo nel 1900. A fianco è l'altare dell'Assunta con tela riproducente questa iconografia della Vergine sotto la cui maestosa figura com¬paiono quattro Santi tra i quali si riconoscono Sant'Andrea e San Biagio Vescovo. Uautore è Giuseppe Picone che ha eseguito l'opera nel 1714. Alla base del quadro è visibile lo stemma del Capitolo della Cattedrale dato da un Agnello Mistico. Dello stesso autore si conserva un'altra tela, raffigurante S. Carlo Borromeo che rende omaggio a S. Filippo Neri, nel Santuario di S. Maria del Castello a Castravi Ilari. Di seguito troviamo un modesto dipinto con la morte di San Giuseppe del tardo periodo barocco e, proseguendo, chiu¬sa da balaustra del 1791 in marmo e cancel¬lata in ferro battuto, la cappella del Santissimo Sacramento dominata da un altare barocco sormontato da una notevole "Ultima Cena" dipinta da Cristoforo Santanna di Rende. Alle pareti laterali due dipinti di mediocre fattura illustrano scene della vita di Cristo. Dopo essere passati sotto l'arco di testa del transetto incontriamo l'altare di Sant'Antonio con scultura lignea del Santo del XVIII secolo e sciupati affreschi con episodi della Passione di Cristo del XV-XVI secolo e ancora, in fondo, la cappella di San Francesco di Paola sul cui altare è un retablo con la figura del Santo attorniata da piccole scene illustranti episodi della sua vita; il tutto dipinto da pittore attivo ai principi del '600. La cappella, che è di patronato .della Famiglia Noia, è chiusa da un notevole cancello in ferro battuto con stemmi araldici. Ci dirigiamo adesso a visitare la cripta che è il cuore nascosto della Cattedrale e il più antico monumento della fede della città di Cassano, se non della diocesi intera, giunto sino a noi. Vi si accede per una scala nella navata sinistra ed è costituita da uno spazio, non certo ampio, nel quale due colonne fornite di rozzi e sproporzionati capitelli ionici sorreggono sei campate caratterizzate da volte a crociera assai pesanti. Al centro, in un'abside ricoperta da un mosaico è un altare moderno di dubbio gusto, dietro il quale è esposta un'interessante statua del Crocifisso scolpita in legno da un ignoto artista del XVI-XVII secolo. Lungo le pareti una serie di stalli elaborati secondo il gusto del 700, riservati ai membri della Confraternita, completano la decorazione del luogo, affidata anche a due lembi di affresco con le figure di Santa Lucia e San Biagio, poste ai lati dell'abside, che, pur nell'ancora evidente tradizione bizantina, non possono ascriversi ad epoca anteriore al XVI secolo. Per la datazione di questa cripta non si è ancora riusciti a trovare delle prove decisive per cui gli studiosi sono divisi propendendo alcuni per il periodo bizantino e altri per quello normanno, che sembra anche a chi scrive la collocazione più esatta, vista anche la piccola finestrella oggi murata, in conci di pietra dalla caratteristica sagoma strombata, che dimostra inoltre come un tempo la cripta fosse almeno parzialmente, allo scoperto, considerando pure che l'iconografia generale risente dei modi costruttivi occidentali, più pesanti e rozzi rispetto a quelli provenienti dalla cultura orientale. Maggiori lumi si attendono dai lavori in corso che hanno riportato alla luce un altro grande vano sotterraneo vicino alla scala che attualmente conduce all'esterno del tempio.

    - Info -

    La cripta

    Il cosiddetto Succorpo, risalente ad epoca normanna, è un'antica cripta che si estende sotto la cattedrale ed è il più antico luogo di culto della città e della diocesi, dove sin dai primi tempi del Cristianesimo i fedeli si riunivano per pregare al riparo dalle persecuzioni. Al suo interno vi si trova il veneratissimo Crocifisso ligneo del XV secolo, patrono della città, ed alcuni affreschi del XVI secolo raffiguranti Santa Lucia e San Biagio.

    La Fontana dei Leoni

    Sulla piazzetta intitolata a Sant'Eusebio da Cassano, antistante la Cattedrale, si trova un'ammirabile fontana, ornata, una volta, da leoni di pietra, probabilmente facenti parti di un mausoleo di qualche celebre personaggio, o che reggevano il protiro dell'antica cattedrale, attribuibili ad un ignoto artista della fine del XV secolo,(attualmente sulla fontana, dopo il furto dei leoni originali sono state poste delle sculture di taglio moderno).

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    Monumento Ai Caduti

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    Orologio

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    Spiaggia



    Edited by terryborry - 11/7/2012, 08:19
     
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    Sibari

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    Info - Scheda Wikipedia

    « Non credo che esista in nessuna parte del mondo qualcosa di più bello della pianura ove fu Sibari. Vi è riunita ogni bellezza in una volta: la ridente verzura dei dintorni di Napoli, la vastità dei più maestosi paesaggi alpestri, il sole ed il mare della Grecia. »
    (F.Lenormant)

    Sibari (greco: Συβαρις, Sybaris) fu una città della Magna Grecia sul mar Ionio, affacciata sul golfo di Taranto, tra i fiumi Crati (Crathis) e Coscile (Sybaris), attualmente riuniti a circa 5 km dal mare, ma una volta con foci indipendenti. Oggi è una frazione del comune di Cassano allo Ionio e si basa su un'economia prevalentemente turistica.

    Storia

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    Moneta incusa di Sibari. Circa 550-510 a.C.


    Sibari era la più antica colonia greca delle colonie cosiddette "achee", e uno dei più antichi insediamenti greci in Italia meridionale. Secondo alcune fonti sarebbe stata fondata verso il 720 a.C. da Is di Elice, con coloni achei e, secondo Aristotele, anche di Trezene, anche se i Trezeni furono ben presto allontanati per l'insorgere di conflitti intestini. Sorgeva in un sito caratterizzato da pianura particolarmente fertile, divenuta solo successivamente insalubre: la città accrebbe presto la sua ricchezza, grazie anche ai rapporti commerciali con il Mediterraneo orientale (p.es. la città di Mileto), e allo sfruttamento delle risorse di un ampio territorio, controllato anche grazie ai rapporti instaurati con molte comunità locali, che probabilmente furono in alcuni casi assoggettate. Sibari al culmine della sua potenza controllava, secondo Strabone (6, 1, 13), un dominio di cui facevano parte 4 popoli e 25 città ed era straordinariamente popolosa, anche perché, contrariamente a quanto accadeva nelle antiche poleis greche, la tradizione vuole che fosse particolarmente prodiga nel concedere la propria cittadinanza. Fondò altre colonie in Italia meridionale, come probabilmente Metaponto (fondata secondo lo storico siracusano Antioco insieme con Achei fatti venire dalla Grecia), sul Golfo di Taranto, e, sul Tirreno, Poseidonia(Paestum) nell'attuale Campania, Laos e Scidro probabilmente sulla costa tirrenica della Calabria settentrionale, anche se ancora non identificate con sicurezza. Per quanto riguarda le prime due di queste fondazioni, che divennero città di un certo rilievo ed autonomia, esistono tradizioni minori o più tarde che sottraggono a Sibari la responsabilità del loro insediamento. Nonostante il fatto che queste versioni abbiano potuto trovare più o meno credito nella storia degli studi, tuttavia, ragioni di ordine culturale (per es. il dialetto greco che vi si parlava e l'alfabeto locale, acheo, usato per scrivere) e storico (p.es.la centralità di Poseidonia nelle relazioni diplomatiche di Sibari, dimostrata da iscrizioni arcaiche, o di Metaponto per l'attacco e la conquista della città di Siri: Antioco in Strabone) portano a credere che esistesse un legame originario fra queste poleis e Sibari. Il controllo politico su questo vasto territorio, che è stato definito dagli studiosi moderni "impero" traducendo il termine greco arché (= dominio, potere) era esercitato da Sibari tramite rapporti differenziati con le diverse comunità che vi erano insediate, a vario titolo alleate o subordinate alla città dominante, come sembra dimostrare una importante iscrizione e una nutrita serie di monete di centri minori (greci e non greci) che recano oltre propria denominazione il simbolo del potere sibarita, cioè il toro retrospiciente che caratterizzava le monete incuse (vd. figura) della città dominante. I Sibariti erano retti da un'aristocrazia di proprietari terrieri dallo stile di vita improntato a quello degli eroi del mito e della poesia di Omero, in forte competizione al proprio interno per il controllo del potere nella città e nel suo vasto territorio. La fama della loro ricchezza e del loro stile di vita era diffusa in tutto il mondo greco del tempo e divenne, dopo la distruzione della città, fonte di una ricca novellistica basata sulla figura del Sibarita pigro, amante del lusso e dedito ai piaceri della tavola e ai festini, vizi che sarebbero stati causa della distruzione della città. Si tratta tuttavia di temi di stampo moralistico che ben poco hanno a che fare con la vera storia della società sibarita. Dal punto di vista politico Sibari era un'oligarchia che, proprio per il carattere competitivo che caratterizzava gli aristocratici al potere, entrò in crisi, sperimentando nella seconda metà del VI secolo a.C. sia la tirannide, sia la diffusione di alcune dottrine politico-filosofiche che miravano alla riforma dello Stato, come quelle di Pitagora. Furono proprio questi due fattori, e in particolare la cacciata di un gruppo di aristocratici pitagorici nella vicina città di Crotone (Kroton), sede di Pitagora e dei suoi seguaci, a causare una guerra con quest'ultima. La vittoria arrise a Crotone, nonostante il numero inferiore delle sue forze e la città di Sibari venne distrutta nel 510 a.C., mentre il fiume Crati venne deviato per coprirne le rovine. Nel 446-445 a.C. i discendenti degli antichi abitanti, dopo diversi tentativi andati falliti, riuscirono ad ottenere l'aiuto di Atene e di altri coloni dall'intera Grecia per rifondare Sibari. La nuova città sorse, con lo stesso nome, sul sito della prima, che non era stato mai del tutto abbandonato. Tuttavia i discendenti degli antichi Sibariti pretendevano di avere il controllo politico della città, e di ottenere privilegi di tipo economico e religioso rispetto ai coloni venuti dalla Grecia. Ciò portò a un grave conflitto in seguito al quale i vecchi Sibariti vennero uccisi quasi tutti dai nuovi venuti, e i pochi sopravvissuti furono costretti a fuggire, finendo poi col fondare una nuova Sibari sul fiume Arente (centro non ancora identificato archeologicamente). I vincitori, invece, dopo aver di nuovo chiesto l'aiuto di Atene e ricevuto altri coloni supplementari dalla Grecia, fondarono nel 444-443 a.C. una nuova città, la colonia panellenica di Thurii.

    Scavi archeologici

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    Le esplorazioni archeologiche nella prima metà del Novecento si erano limitate ad alcuni sopralluoghi da parte di Umberto Zanotti Bianco e, in seguito, anche di Paola Zancani Montuoro, che avevano consentito di mettere in luce resti di strutture antiche (essenzialmente di età romana, risalenti alla colonia latina di Copia, sorta sul sito di Thurii) nell'area di Parco del Cavallo. Campagne di scavo estensive e in profondità erano rese difficili dalle condizioni del terreno acquitrinoso e dalla falda affiorante, tale da richiedere un consistente supporto tecnico per l'aspirazione e il drenaggio dell'acqua. Solo alla fine degli anni Sessanta del Novecento si riuscì a varare un programma sistematico di scavi a Sibari e fra il 1969 e il 1974 vennero condotte regolari campagne di scavo, con saggi nelle località di Parco del Cavallo, Stombi, "Prolungamento strada e Casa Bianca. Esse misero in luce, oltre ai noti resti di età romana, strutture risalenti all'età arcaica e classica, riferibili pertanto sia alla Sibari arcaica che ai successivi insediamenti fino a Thurii. I materiali, purtroppo in massima parte soggetti a processi di fluitazione e dilavamento, corrispondevano a queste fasi cronologiche ma permettevano anche di risalire all'ultimo quarto dell'VIII secolo a.C. e, quindi, all'epoca della presunta fondazione di Sibari. Essi trovavano conferma, e furono in seguito ulteriormente supportati, nei ritrovamenti fatti nelle aree immediatamente a ridosso della piana di Sibari, come Francavilla Marittima (Timpone della Motta) e Torre del Mordillo. Nel frattempo l'intensificarsi delle ricerche di superficie e degli scavi in siti della Calabria settentrionale ha consentito di dare sempre maggiore consistenza alle ipotesi storiche formulate sull'antica Sibari e sul suo "impero". A partire dalla fine degli anni Novanta e fino ad oggi, una missione composta da archeologi di diverse Università italiane e straniere, della Scuola Archeologica Italiana di Atene e recentemente anche da archeologi greci ha intrapreso un progetto di scavi regolari a Sibari, grazie al quale la conoscenza archeologica del sito si è enormemente ampliata. Notevole importanza hanno avuto, inoltre, le ricerche archeologiche nelle località poste ai limiti della piana di Sibari: siti come Francavilla Marittima erano noti archeologicamente molti decenni prima di Sibari stessa. Infatti ricerche condotte nel 1879 e ancora nel 1887 avevano portato alla scoperta di una vasta necropoli dell'età del ferro, con ricchi materiali anche precedenti l'età della colonizzazione greca, ai piedi della collina. Successivamente, anche sulla cima vennero fatte straordinarie scoperte (fra l'altro anche una importante iscrizione greca arcaica) relative a quello che in età arcaica e classica fu un santuario greco dedicato a una divinità femminile (Hera, Athena?), ma in precedenza era stato un abitato o, secondo alcuni studiosi, un luogo di culto delle genti locali che abitavano nell'area della piana di Sibari prima dell'arrivo dei Greci. I reperti archeologici dell'antica città sono oggi custoditi nel Museo archeologico nazionale della Sibaritide ed il sito fa oggi parte del Parco archeologico di Sibari.

    Sibari oggi

    sibari

    L'attuale Sibari, frazione del comune di Cassano allo Ionio, è sorta negli anni sessanta pochi km a nord dei siti archeologici di "Parco del cavallo", "Prolungamento Strada" e "Casabianca", contigui fra di loro, a cui si deve aggiungere "Stombi", leggermente distante da questi tre. La crescita del centro abitato si deve alle bonifiche, finanziate dall'allora governo, attraverso l'azione del consorzio Opera Sila: lungo il basso corso del Crati si riportò alla luce la piana di Sibari, la più grande della Calabria. Sibari ha una forte propensione al turismo ( ai Laghi di Sibari e alla Marina di Sibari vi sono vari villaggi turistici e un parco avventura) e all'attività agricola. La frazione ha una popolazione di circa 5000 abitanti e negli ultimi anni sono avvenuti molteplici ma vani tentativi di chiedere l'autonomia comunale. Negli anni ottanta e novanta ha conosciuto uno sviluppo per il turismo balneare o culturale. L'agricoltura produce agrumi, olive e riso. Nel settembre 2004 l'Associazione "Rinascita per Sibari comune" ha presentato presso il Consiglio Regionale una proposta di legge per l'istituzione del comune di Sibari che dovrà essere corredata dalla presentazione di 5000 firme raccolte nell'ambito della Regione Calabria.

    Curiosità

    Il proverbiale lusso nel quale vivevano i Sibariti nel VI secolo ha portato Dave Lampert a dare il nome Sybian (che riprende la radice del nome originale greco "Sybaris") al noto dispositivo elettromeccanico per l'autoerotismo femminile di sua invenzione.


    Thurii

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    Statere del IV secolo a.C.

    Thurii (anche Turii o Turi; in greco Θούριοι, Thurioi, in latino Thurium) fu una città della Magna Grecia, situata nelle vicinanze dell'antica Sybaris, ovvero, più probabilmente, pressoché sullo stesso sito, sulla costa occidentale del Golfo di Taranto. Thurii sorse come colonia panellenica (= formata da Greci di tutte le provenienze) ma fu di fatto l'unica fondazione realizzata da Atene nel Mediterraneo occidentale.

    Storia

    L'origine della città si deve alle complesse vicende che seguirono l'ultimo tentativo dei discendenti degli antichi abitanti di Sibari di rifondare la loro città e di dar vita a una comunità autonoma. Dopo aver tentato più volte, fin dagli anni successivi alla distruzione della loro città (nel 510 a.C.), di ricostituire la loro vecchia patria, scontrandosi con l'opposizione di Crotone, che controllava la piana di Sibari e gli insediamenti che vi si mantenevano, i Sibariti dispersi, nel 446/445 a.C. chiesero aiuto alle maggiori potenze della Grecia del tempo, Sparta e Atene. Sparta rifiutò l'aiuto, mentre Atene inviò 10 navi e uomini da lei raccolti, più altri che provenivano dal Peloponneso. Il nuovo insediamento probabilmente si chiamò Sibari e sorse sul sito dell'antica città (Diodoro Siculo, 12,10), durando per qualche tempo (445-444 a.C.). Tuttavia in questa nuova città gli antichi Sibariti pretendevano di avere una posizione di superiorità rispetto ai nuovi venuti e sostenevano di aver diritto a privilegi economici e cariche di prestigio. Ciò portò al sorgere di un conflitto civile (= stasis) a seguito del quale essi furono quasi del tutto sterminati dai nuovi coloni venuti dalla Grecia, mentre i superstiti dovettero fuggire e finirono poi per fondare una loro comunità detta Sibari sul Traente. A questo punto i coloni vincitori della guerra civile chiesero sostegno in Grecia e, con l'aiuto materiale e il sostegno politico di Atene e di Pericle nel 444/443 fu fondata una nuova colonia. Atene fornì coloro che dovevano interpretare il volere degli dei e gli oracoli che erano stati chiesti in merito alla nuova fondazione e che agirono come ecisti (= fondatori), anche se probabilmente a titolo solo temporaneo (Lampone e Xenocrito). Infatti in base all'interpretazione di un oracolo la città fu chiamata Thurioi, dal nome di una sorgente locale, e leggermente spostata rispetto al sito dell'antica Sibari.
    Secondo Diodoro Siculo il progetto urbanistico della città, comprendente una griglia di 4 hodoi o strade principali (denominate con nomi di divinità: Herakleia, Dionysia, Aphrodisia, Olympias) e 3 stenopoi o vie minori (Thuria, Thurias, Heroa), con incroci ortogonali, sarebbe stato attribuito al famoso architetto Ippodamo da Mileto. Sulla base della tradizione storica, su questo punto piuttosto contraddittoria, è possibile che la costituzione cittadina sia stata scritta dal filosofo Protagora che si sarebbe servito delle leggi degli antichi legislatori delle colonie greche di Italia e Sicilia, Caronda di Catania e Zaleuco di Locri. Thurii era popolata da coloni provenienti da varie parti della Grecia e divisi in 10 tribù che prendevano nome dalle loro comunità di origine (Arkas, Achais, Eleia, Boiotia, Amphyktionis, Doris, Ias, Athenais, Eubois, Nesiotis). In mezzo a loro si trovarono anche alcuni dei più noti e brillanti intellettuali del tempo, come lo storico Erodoto, mentre molti altri personaggi famosi soprattutto intellettuali, filosofi ed esperti di oratoria si dice che vi abbiano abitato almeno temporaneamente. Quello che sarebbe diventato uno dei più grandi oratori attici, Lisia, vi si stabilì da ragazzo insieme con i fratelli e vi rimase fino ai quarantacinque anni, quando dovette andare in esilio ad Atene. Un altro personaggio illustre del tempo che si trasferì a Thurii al tempo della sua fondazione fu Cleandrida, generale spartano in esilio, che creò e addestrò l'esercito della città, guidandolo nelle guerre che la città fu costretta a combattere nei primi anni dopo il suo insediamento (con Crotone e le città sue alleate, come Terina, con i Lucani, con Taranto). Thurii prosperò rapidamente, ma non ebbe una vita politica serena, né nei suoi primi anni, né in seguito. Nel primo decennio dopo la fondazione, l'origine eterogenea dei cittadini e i riflessi dei conflitti fra le grandi potenze della Grecia, che tendevano a radicalizzarsi, fecero sì che la città si allontanasse progressivamente da Atene, che di fatto ne era stata la fondatrice. Il momento cruciale di questa frattura fu segnato da un grave conflitto interno sorto a Thurii in merito a chi fosse da riconoscere come il fondatore della città. La questione aveva un forte valore politico e condusse a una lotta civile, probabilmente fra i fautori di Atene e quanti non gradivano un legame esplicito con la potenza greca, che fu risolto tramite il ricorso all'Oracolo di Delfi. Questo nel 434 a.C. stabilì che l'unico fondatore della città dovesse essere considerato Apollo, una decisione apparentemente neutrale che però svincolava Thurii da ogni legame con Atene e la allontanava da questa. Thurii riuscì rapidamente a trovare un accordo con le vicine, stipulando accordi di pace. In particolare il conflitto con Taranto, scoppiato per il controllo del territorio dell'attuale Basilicata meridionale posto fra Agri e Sinni, anticamente detto Siritide dal nome di una città greca che vi sorgeva in età arcaica, si risolse con la fondazione in comune di una colonia nel territorio conteso, che però qualche anno più tardi, nel 434/433 a.C. i Tarantini avrebbero fatto propria, approfittando del nuovo clima politico creatosi a Thurii, e rifondato col nome di Herakleia. Durante la Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), infatti, in occasione della spedizione ateniese in Sicilia contro Siracusa (415-413 a.C.), Thurii si definì inizialmente neutrale, anche se poi, nel 413, dopo un colpo di stato del partito favorevole di Atene sostenne ed aiutò quest'ultima. Ciò non le impedì, dopo la sconfitta di Atene a Siracusa e un ennesimo conflitto civile al suo interno, di schierarsi nel 412 a.C. al fianco di Sparta contro Atene. Anche successivamente Thurii conobbe diversi conflitti intestini, guerre civili e, almeno in due casi, cambiamenti costituzionali significativi. La città acquistò una certa importanza nello scenario politico della Magna Grecia e fece parte della Lega Italiota, un'alleanza militare che le città greche della Calabria avevano costituito per difendersi dai Lucani. Thurii stessa si trovò a comandare le operazioni militari contro questi ultimi, che ne stringevano il territorio, ma subì una pesante sconfitta. Altri pericoli le vennero da Dionisio I, tiranno di Siracusa che aspirava a costituire un grande potere territoriale al di qua e al di là dello Stretto di Messina, e minacciò Thurii via mare, anche se fortunatamente senza successo. Nel 356 fu distrutta dai Brettii. A seguito dell'inefficacia delle iniziative intraprese dalle città italiote (= greche di Italia) e da Taranto, che ne guidava la Lega, contro le popolazioni italiche chiese l'aiuto dei Romani contro i Lucani nel 285 a.C., e addirittura, nel 282 a.C., si schierò con Roma contro Pirro e i Tarentini. Da quel momento la città fu una fedele alleata della Repubblica romana, e durante la seconda guerra punica fu saccheggiata da Annibale nel 204 a.C. A seguito dello spopolamento subito ad opera del Cartaginese, nel 194 a.C. Roma fu indotta a ripopolarla e la rifondò come propria colonia, di diritto latino, dal nome di Copiae. La città continuò a mantenere un certo rilievo e a godere della propria posizione favorevole nel quadro delle città di origine greca dell'Italia meridionale. Il mutare del quadro economico e sociale dell'italia romana, tuttavia ne favorì il progressivo declino e spopolamento, sempre più accentuato in età tardo antica, fino all'abbandono nel Medioevo. La posizione del vecchio insediamento greco fa oggi parte del Parco archeologico di Sibari. Nella zona resta anche una frazione del comune di Corigliano Calabro che conserva ancora il nome di Thurio.


    Museo archeologico nazionale della Sibaritide

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    Dolium nelle sale espositive


    Il Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide, è un museo archeologico che si trova tra il parco archeologico dell'antica Sybaris, e la cittadina attuale di Sibari (frazione di Cassano allo Ionio, CS). La sede principale del museo è sorta negli anni novanta su progetto dell'architetto Riccardo Wallach. Tra le aree di scavo, ve n'è una aperta al pubblico sulla SS106, a circa 2 km in direzione sud rispetto alla sede principale. Il museo ospita al suo interno reperti che risalgono dall'era protostorica della Magna Grecia fino alla civiltà romana relative alle città di Sybaris, Thurii e Copia, e ai vari stanziamenti presenti nella zona compresi il Brutium e l'Enotria, rinvenuti principalmente negli scavi di Parco del Cavallo, Casa Bianca, Castiglione di Paludi e Timpone Motta. Le testimonianze di maggiore interesse sono dei frammenti architettonici, i corredi tombali risalenti all'età del ferro, gli ornamenti religiosi del santuario di Atena del VI-IV secolo a.C. Di notevole importanza la tabella in bronzo con dedica appertenenti a Kleombrotos figlio di Dexilaos, cittadino sibarita vincitore di una gara ad Olimpia, risalente agli inizi del VI secolo a.C. Da qualche anno, una nuova sala è stata aperta con molti pezzi restituiti da vari musei stranieri, tra cui il Getty Museum statunitense, perché acquisiti illegalmente sul mercato clandestino. Il sito di scavo aperto al pubblico si estende su un'area vasta di circa 500 m di lato, e comprende una parte considerevole delle vie principali di Copia, oltre a ruderi di diverse ville, con molti pavimenti a mosaico ed, in un caso, di una piccola piscina. Nel sito sono comprese alcune zone non aperte al pubblico, dove viene curata la ripulitura degli oggetti rinvenuti in situ.

    Parco archeologico di Sibari

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    Info - Scheda Wikipedia

    Il Parco archeologico di Sibari si trova a Cassano allo Ionio, nella frazione di Sibari, località Parco Del Cavallo, Casa Bianca, in provincia di Cosenza. Si tratta del sito di una delle più ricche e importanti città greche della Magna Grecia. I reperti degli scavi sono conservati nel Museo archeologico nazionale della Sibaritide.

    Storia

    La zona della Sibaritide fu il centro della civiltà degli Enotri, che ebbe la massima fioritura nell'Età del Ferro, prima di essere spazzati via dai coloni greci giunti dall'Acaia nel 730-720 a.C. circa. I Greci sconfissero e ridussero i locali alla schiavitù, quindi fondarono Sibari (Sybaris), il centro della zona dove transitavano le merci provenienti dall'Asia Minore, in particolare da Mileto. Nell'Antichità la ricchezza di Sibari era proverbiale, ma la sua sorte fu segnata, dopo la vittoria contro Siris (alleata a Crotone e Metaponto), dalla guerra contro Crotone. Il conflitto nacque probabilmente per ragioni di contese commerciali e culminò con la battaglia del Traente (510 a.C.), che vide la vittoria dei crotoniati, l'assedio di Sibari e, settanta giorni dopo, la sua distruzione, per la quale venne anche deviato il fiume Crati affinché passasse sopra le rovine della città sconfitta. I sopravvissuti di Sibari partirono per la madrepatria, dove ottennero l'aiuto di Atene per tornare in Calabria e fondare, nel 444 a.C. con altri nuovi coloni ateniesi, una nuova colonia sullo stesso sito, chiamata poi Turi. Il nuovo impianto della città fu progettato dal famoso architetto e urbanista Ippodamo di Mileto. I conflitti però tra sibariti e ateniesi portò a un conflitto interno, che culminò con la cacciata dei sibariti. Nel 194 a.C. la città fu fondata nuovamente come colonia romana con il nome di Copiae, che fu presto cambiato nuovamente in Thurii. Continuò ad essere in un certo qual modo un luogo importante, posta in una posizione favorevole e in una regione fruttifera, e sembrerebbe che non sia stata completamente abbandonata fino al Medioevo.
    Dimenticata in seguito, i suoi resti vennero individuati scavati a partire dal 1932 e con particolare intensità dal 1969. Tutt'oggi sono aperti vari cantieri, per cui lo scavo è ancora lontano da essere esaurito.

    Descrizione

    Gli insediamenti protostorici sono testimoniati da alcuni siti della zona, come Castiglione di Paludi, dove esistono i resti di una necropoli dell'Età del Ferro, databile al IX-VIII secolo a.C. I resti della città testimoniano inequivocabilmente l'impianto razionale ellenistico di Ippodamo di Mileto, con strade che si intersecano ortogonalmente, mentre è scomparsa quasi ogni traccia della città precdente. Nella zona del "Parco del Cavallo" restano alcuni tra i resti più significativi, risalenti all'età romana. Si tratta di un quartiere organizzato in due grandi plateiai e un teatro. Nelle zone "Prolungamento Strada" e "Casa Bianca" si trovano altre sezioni. "Casa Bianca" in particolare ha una zona edificata del IV secolo a.C., con una torre circolare. Stombi infine mostra una zona urbana a insediamento misto, solo in parte riedificata deopo il 510 a.C., con alcune fondazioni di età arcaica, tra le quali un edificio modesto, pozzi e fornaci.

    Edited by terryborry - 1/7/2012, 11:55
     
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    Piana di Sibari

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    Scorcio notturno della Piana di Sibari


    La Piana di Sibari, che prende il nome dall'omonima città magnogreca, è la pianura più grande della Calabria. Situata sul versante ionico settentrionale della regione, fa da confine tra il massiccio del Pollino e quello della Sila. È solcata nel centro dai corsi del fiume Crati e Coscile, che proprio qui sfociano nel mar Ionio. A carattere paludoso, è stata bonificata e resa coltivabile negli anni sessanta, favorendo una notevole emigrazione dalle montagne circostanti, a dando vita a una discreta attività agricola (agrumi, oliveti, risaie), che è la principale risorsa economica, oltre al turismo, della zona. Le maggiori città della Piana sono Corigliano Calabro (dove è presente un importante porto turistico-peschereccio-commerciale), Rossano (dove è presente un'antica e prestigiosa fabbrica di liquiriza che viene estratta in tutta la piana e lavorata e un parco acquatico che è il secondo più grande d'Italia), Castrovillari, Cassano allo Ionio (di cui fa parte anche la frazione di Sibari che ha dato il nome alla Piana stessa), Cariati e Trebisacce. Da tempi non recenti si pensa ad una provincia della Sibaritide ma non si sono ancora ottenuti risultati concreti.

    Storia

    I reperti archeologici, affermano che questo territorio è stato frequentato dall’uomo in età del bronzo e in quella del ferro da popolazioni indoeuropee. Il nome della pianura deriva da Sybaris, un famosa città della Grecia. Divenne in breve tempo un'importante centro commerciale. Leggendarie divennero le raffinatezze dei costumi degli abitanti di questo territorio finché nel 510 a.C. venne distrutta dalla rivale Crotone. Venne successivamente abitata da popolazioni come gli Enotri e i Bruzi dediti ad attività come pastorizia e agricoltura. Sul finire degli anni ‘50, la piana di Sibari conobbe un periodo di importante evoluzione economica non solo della Calabria ma di tutto il Mezzogiorno.

    Città

    Le principali città della Piana sono: Corigliano Calabro, Rossano, Cassano allo Jonio, Terranova da Sibari, Castrovillari. Altre all’intensa produzione di clementine, questo territorio vanta importanti risorse turistiche e culturali.


    Clementine

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    - Info -

    Storia

    Gli agrumi, sono coltivati originariamente nelle regioni tropicali in quanto questi frutti, hanno bisogno di alte temperature invernali. Il primo agrume ad essere coltivato nella storia, risulta essere il cedro. Poco dopo, nell’ Indocina, comincia ad essere usato e coltivato il limone. Di più recente usanza, risulta essere il mandarino, nato in Occidente e dapprima usato come albero d’ornamento. Si registrano le prime coltivazioni di mandarino, negli anni tra il 1850 e il 1860. La pianta delle Clementine, è considerata un ibrido tra il mandarino e l’arancia amara. Le sue origini giungono dall’Algeria intorno al 1890 in un convento cui direttore era un sacerdote di nome Padre Clemente.

    Caratteristiche Organolettiche

    Il Clementine della Piana di Sibari, presenta molte analogie con il mandarino. Le sue caratteristiche presentano una forma globosa, con la buccia di piccolo spessore, la superficie levigata e un colore molto intenso. Le piante sono di media grandezza e i rami sono privi di spine. Le condizioni ottimali per la coltivazione di questo frutto sono: 1) Pianura in vicinanza del mare 2)Abbondanti precipitazioni annuali non inferiori a 800 mm 3) Umidità media del 65% 4) Zona a bassa escursione termica Anni d’esperienza ed analisi, hanno catalogato la clementine di Sibari come uno dei migliori al mondo. Questo perché questa tipologia di agrume, è ricca di vitamina e sali minerali. Bastano, infatti, due soli Clementini per coprire il fabbisogno giornaliero di vitamina C.

    Produzione e Varietà

    La piana di Sibari copre circa 12.000 Ha del territorio con la produzione di Clementine. Questo territorio Calabrese, offre infatti più del 50% della produzione nazionale. Nei prossimi anni è prevista l’occupazione di ben 23.000 Ha di territorio destinato alla produzione dei Clementini avviandosi così a divenire il “Clementineto” della Calabria, spicco dei prodotti tipici calabresi.

    Lavorazione e Commercio

    Tutte le Clementine, prima di raggiungere la tavola del consumatore, devono subire importanti processi: 1) Lavaggio 2) Disinfestazione Biologica 3) Selezione 4) Calibrati e Confezionati Questo importante prodotto della Calabria è oggi esportato in Germania, Svizzera, Austria, Russia, Finlandia e Danimarca.



    Edited by terryborry - 1/7/2012, 11:56
     
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    Lauropoli

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    Info - Scheda Wikipedia

    Lauropoli è una frazione di Cassano allo Ionio, comune calabrese in provincia di Cosenza. sorge a 12 km dalla costa ionica, su una collina a circa 250 metri dal livello del mare. Gli abitanti sono circa 6.000, sempre in numero crescente per la favorevole posizione planimetrica, rispetto alla più popolosa Cassano.

    Storia

    Il borgo venne fondato dalla duchessa di Cassano, Laura Serra, il 2 novembre 1763, lungo due direttrici che si intersecavano formando una croce. Ancora oggi è possibile scorgere il disegno urbanistico originario.

    Eventi

    Tra le manifestazioni folcloristiche di Lauropoli spicca il Carnevale lauropolitano, con l'annuale sfilata di carri allegorici, che nel 2011 è giunta alla XXVIII edizione. Il premio letterario Troccoli Magna Grecia, con cadenza annuale, celebra gli autori che si siano distinti per gli studi e la divulgazione della cultura classica e per lo studio dello scrittore e poeta lauropolitano Giuseppe Troccoli.

    Economia

    L'attività economica principale è quella agricola, con buone propensioni all'attività ortofrutticola e vivaistica. La frazione conserva, quindi, fra le poche realtà calabresi, tradizioni antiche.



    Edited by Isabel - 28/6/2012, 11:10
     
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