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Citazioni sulla Calabria

Diari di viaggio in Calabria e viaggiatori stranieri del passato

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  1. Isabel
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    Diari di viaggio in Calabria e viaggiatori stranieri del passato

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    Antica cartina della Calabria

    Il territorio calabrese quale meta di viaggi alla scoperta della natura e alla ricerca di sé.

    - Fonte -

    La Calabria è stata anche nel passato meta di viaggiatori stranieri che l’hanno raccontata a modo loro nei propri diari di viaggio, offrendo però quasi sempre una visione nuova della Regione, cogliendo sfumature che forse solo un forestiero avrebbe potuto notare. I viaggi in Calabria, un tempo, non erano certo frequenti come oggi, quando ormai diverse zone sono regolarmente prese d’assalto dal turismo di massa: nel passato la Calabria rappresentava i confini del mondo civilizzato, un luogo selvaggio ed incontaminato dove ritrovare un contatto con la natura più autentica.

    Quando si parla di viaggiatori stranieri in Calabria viene in mente subito il nome di Norman Douglas, l’intellettuale britannico che scese sino al Sud Italia nel 1907 e che raccolse la sua esperienza nel libro “Old Calabria”, ritenuto da più parti la più riuscita celebrazione della bellezza del Meridione d’Italia fatta da uno straniero. “Old Calabria”, opera pubblicata nel 1915 in Inghilterra e giunta in Italia, con il titolo di “Vecchia Calabria”, solo nel 1962, rappresenta il diario di viaggio di Douglas tra il 1907 e il 1911, allorché visitò la Basilicata, la Puglia e la Calabria, territorio che egli identificò con gli antichi confini calabresi. Alcune guide turistiche della Calabria contengono molte citazioni dai Diari di Douglas.

    Edward Lear, in Calabria, scelse di visitare l’Aspromonte e le aree collinari di Reggio Calabria. Lear, viaggiatore e paesaggista inglese, intraprese la sua avventura nel Sud della Calabria nel 1847 e percorse molti chilometri a piedi, con la sua fidata guida locale e un asinello deputato a trasportare i bagagli. L’inglese rimase affascinato dalla maestosa bellezza dell’Aspromonte, dalle sue vedute sulla costa e dalla natura ancora incontaminata, da quella che G. Isnardi definisce “architettura naturale”. I suoi dipinti riflettono i magici giochi di luci ed ombre delle montagne calabresi, mentre i suoi diari di viaggio raccontano di una piacevole atmosfera e di una diffusa ospitalità della gente di Calabria. Ancora oggi è possibile ripercorrere le sue orme lungo l’itinerario denominato “il sentiero dell’inglese” che da Pentadattilo arriva a Palazzi passando per San Lorenzo, Amendolara, Gallicianò, Montebello Ionico, Roghudi, Bova e Staiti: presso Pastarà di Masella c’è una stele dedicata proprio a Lear, un passaggio molto frequentato dagli amanti del trekking in Calabria.

    Ma in entrambi i viaggiatori britannici l’impressione della Calabria è quella di un’imminente corruzione di tale bellezza, tanto che, soprattutto Douglas, invitavano i loro lettori a visitarla alla svelta, prima che tutto fosse perduto.

    Norman Douglas e Edward Lear non furono però gli scopritori del turismo in Calabria. I primi viaggiatori avevano cominciato a giungervi già dal XVI secolo ed erano soprattutto francesi. Il primo viandante ad aver raccontato la sua esperienza di viaggio in Calabria fu un anonimo di Orléans del Cinquecento il quale, oltre a raccontare il paesaggio e le testimonianze magnogreche, spiega come Tropea fosse un centro molto frequentato per via di un medico chirurgo particolarmente abile nella rinoplastica: non conosciamo con che strumenti e metodologie riuscisse a ricostruire i nasi dei suoi pazienti, ma a leggere questo resoconto pare avesse clienti in tutta Italia e la sua fama fosse grande anche Oltralpe.

    Questo racconto ci fa dedurre che la Calabria non fosse proprio una landa desolata ed inospitale come taluni lasciavano credere: sarà però questo l’aspetto del territorio calabro ad appassionare maggiormente i viaggiatori. Dopo un secolo e mezzo di abbandono, furono gli illuministi a visitare nuovamente il Sud Italia, dandone spesso resoconti più mitici che naturalistici, quasi come se il viaggio in Calabria fosse prevalentemente un viaggio alla ricerca di sé. Tra loro ricordiamo Jean-Claude Richard abate di Saint-Non, che illustrò nel suo “Voyage Pittoresque” Sibari, Corigliano Calabro, Rocca Imperiale, Catanzaro, Scilla Isola di Capo Rizzuto e Catanzaro, e l’inglese Henry Swinburne, a cui dobbiamo una descrizione più dettagliata delle iniquità sociali ma anche l’intuizione di un utilizzo più efficace delle terre per le colture autoctone e delle spiagge per i bagnanti.

    Nell’Ottocento le condizioni generali della Calabria peggiorarono: le campagne napoleoniche e la miseria che accompagnò la Restaurazione ebbero conseguenze devastanti sull’economia calabrese. E’ per questo che i resoconti di Duret de Tavel hanno spesso un fondo tragico e malinconico, e quelli di Courier presentano in più punti la netta contrapposizione tra la bellezza della natura di questi luoghi e l’indigenza dei popoli che li abitano. Maurel e Lenormant, sulla stessa falsariga, denunciano le terribili condizioni igieniche delle strade, dei luoghi pubblici e delle locande dove alloggiarono presso Cosenza (descritta come la città più sporca che avessero visto), Nicastro e Vibo Valentia.

    Nel Novecento questi problemi andarono attenuandosi ed è per questo che i viaggiatori stranieri tornarono a focalizzare la loro attenzione sulle condizioni sociali e sulle bellezze naturali calabresi. Gissing in “By the Ionian Sea” (1901) scorge un fiero pessimismo nella Calabria del tempo, uno stridente contrasto tra il glorioso passato della Magna Grecia e la povertà dei contadini nel latifondo. Meno pessimista è De Custine, che racconta la Calabria come un “vestito di Arlecchino” per la varietà di popoli ed etnie che la abitano, evidenziando le note di colore che caratterizzavano sin da allora questa terra.

    L’ultimo viaggiatore straniero in Calabria prima dei turisti dei nostri giorni è il belga Jules Destrée nel 1928, un periodo in cui, soprattutto a causa del regime fascista, molti rinunciano a visitare l’Italia. Come i suoi predecessori Destrée rimane d’incanto innanzi ai resti della civiltà greca, come il Tempio di Hera Lacinia, e alle bellezze paesaggistiche, ma per lui hanno maggior rilevanza gli aspetti sociali. Loda infatti la laboriosità dei calabresi e la loro abilità artigianale: a Cosenza, dopo un’entusiastica visita al Castello Svevo, acquista dei tessuti così come fa anche a San Giovanni in Fiore. Le note tristi sono riservate al latifondo, nello specifico nell’agro crotonese, dove la fatica di tanti lavoratori arricchiva un solo, avido padrone. L’intellettuale belga confidava però in un risveglio culturale che avrebbe portato la Calabria a tornare ai fasti di un tempo. Un risveglio che ancora non si è compiuto del tutto…


    Quando fu il giorno della Calabria
    [Leonida Repaci - Palmi ( RC) 1898]

    - Fonte -

    Dio si trovò in pugno 15000 km2 di argilla verde con riflessi viola. Pensò che con quella creta si potesse modellare un paese di due milioni di abitanti al massimo. Era teso in un maschio vigore creativo il Signore, e promise a se stesso di fare un capolavoro.

    Si mise all’opera, e la Calabria uscì dalle sue mani più bella della California e delle Hawaii, più bella della Costa Azzurra e degli arcipelaghi giapponesi.

    Diede alla Sila il pino, all’Aspromonte l’ulivo, a Reggio il bergamotto, allo Stretto il pescespada, a Scilla le sirene, a Chianalea le palafitte, a Bagnara i pergolati, a Palmi il fico, alla Pietrosa la rondine marina, a Gioia l’olio, a Cirò il vino, a Rosarno l’arancio, a Nicotera il fico d’India, a Pizzo il tonno, a Vibo il fiore, a Tiriolo le belle donne, al Mesima la quercia, al Busento la tomba del re barbaro, all’Amendolea le cicale, al Crati l’acqua lunga, allo scoglio il lichene, alla roccia l’oleastro, alle montagne il canto del pastore errante da uno stazzo all’altro, al greppo la ginestra, alle piane la vigna, alle spiagge la solitudine, all’onda il riflesso del sole.

    Diede a Cosenza l’Accademia, a Tropea il vescovo, a San Giovanni in Fiore il telaio a mano, a Catanzaro il damasco, ad Antonimina il fango medicante, ad Agnana la lignite, a Bivongi le acque sante, a Pazzano la pirite, a Galatro il solfato, a Villa San Giovanni la seta greggia, a Belmonte il marmo verde. Assegnò Pitagora a Crotone, Orfeo pure a Crotone, Democede pure a Crotone, Almeone pure a Crotone, Aristeo pure a Crotone, Filolao pure a Crotone, Zaleuco a Locri, Ibico a Reggio, Clearco pure a Reggio, Cassiodoro a Squillace, San Nilo a Rossano, Gioacchino da Fiore a Celico, Fra’ Barlaam a Seminara, San Francesco a Paola, Telesio a Cosenza, il Parrasio pure a Cosenza, il Gravina a Roggiano, Campanella a Stilo, Mattia Preti a Taverna, Galluppi a Tropea, Gemelli-Careri a Taurianova, Guerrisi a Cittanova, Manfroce a Palmi, Cilèa pure a Palmi, Alvaro a San Luca, Calogero a Melicuccà, Rito a Dinami.

    Donò a Stilo la Cattolica, a Rossano il Patirion, ancora a Rossano l’Evangeliario Purpureo, a San Marco Argentano la Torre Normanna, a Locri i Pinakes, ancora a Locri il Santuario di Persefone, a Santa Severina il Battistero a Rotonda, a Squillace il Tempio della Roccelletta, a Cosenza la Cattedrale, a Gerace pure la Cattedrale, a Crotone il Tempio di Hera Lacinia, a Mileto la zecca, pure a Mileto la Basilica della Trinità, a Santa Eufemia Lametia l’Abbaziale, a Tropea il Duomo, a San Giovanni in Fiore la Badia Florense, a Vibo la Chiesa di San Michele, a Nicotera il Castello, a Reggio il Tempio di Artemide Facellide, a Spezzano Albanese la necropoli della prima età del ferro.

    Poi distribuì i mesi e le stagioni alla Calabria. Per l’inverno concesse il sole, per la primavera il sole, per l’estate il sole, per l’autunno il sole. A gennaio diede la castagna, a febbraio la pignolata, a marzo la ricotta, ad aprile la focaccia con l’uovo, a maggio il pescespada, a giugno la ciliegia, a luglio il fico melanzano, ad agosto lo zibibbo, a settembre il fico d’India, a ottobre la mostarda, a novembre la noce, a dicembre l’arancia.

    Volle che le madri fossero tenere, le mogli coraggiose, le figlie contegnose, i figli immaginosi, gli uomini autorevoli, i vecchi rispettati, i mendicanti protetti, gl’infelici aiutati, le persone fiere leali socievoli e ospitali, le bestie amate.

    Volle il mare sempre viola, la rosa sbocciante a dicembre, il cielo terso, le campagne fertili, le messi pingui, l’acqua abbondante, il clima mite, il profumo delle erbe inebriante. Operate tutte queste cose nel presente e nel futuro il Signore fu preso da una dolce sonnolenza, in cui entrava il compiacimento del creatore verso il capolavoro raggiunto.

    Del breve sonno divino approfittò il diavolo per assegnare alla Calabria le calamità: le dominazioni, il terremoto, la malaria, il latifondo, le fiumare, le alluvioni, la peronospora, la siccità, la mosca olearia, l’analfabetismo, il punto d’onore, la gelosia, l’Onorata Società, la vendetta, l’omertà, la violenza, la falsa testimonianza, la miseria, l’emigrazione.

    Dopo le calamità, le necessità: la casa, la scuola, la strada, l’acqua, la luce, l’ospedale, il cimitero. Ad esse aggiunse il bisogno della giustizia, il bisogno della libertà, il bisogno della grandezza, il bisogno del nuovo, il bisogno del meglio.

    E, a questo punto, il diavolo si ritenne soddisfatto del suo lavoro, toccò a lui prender sonno mentre si svegliava il Signore.

    Quando, aperti gli occhi, potè abbracciare in tutta la sua vastità la rovina recata alla creatura prediletta , Dio scaraventò con un gesto di collera il Maligno nei profondi abissi del cielo.

    Poi, lentamente rasserenandosi, disse: - Questi mali e questi bisogni sono ormai scatenati e debbono seguire la loro parabola.

    Ma essi non impediranno alla Calabria di essere come io l’ho voluta.

    La sua felicità sarà raggiunta con più sudore, ecco tutto. Utta a fa juornu c’a notti è fatta -. Una notte che già contiene l’albore del giorno
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    Citazioni
    Il nome di Calabria in se stesso ha non poco di romantico. Nessun'altra provincia del Regno di Napoli offre tale interesse promettente o ispira tanto prima di avervi messo piede ... "Calabria!", appena il nome è pronunziato, un mondo nuovo si presenta alla nostra mente, torrenti, fortezze, tutta la prodigalità dello scenario di montagna, cave, briganti e cappelli a punta, la signora Radcliffe e Salvator Rosa, costumi e caratteri, orrori e magnificenze senza fine!
    [E. Lear, Diario di un viaggio a piedi, 1873]

    Appena giunto sul Massiccio del Pollino, l’inglese ebbe “una visione di pace” perché “queste stupende montagne sembrano fondersi, al tramonto, in una nebbia di ametista”. Quindi si lasciò guidare dal suo “compagno”, il fiume Trionfo, sino alla Sila Greca, dove il “paesaggio assume bruscamente un tono epico”. Qualche ricordo dei suoi luoghi natii accompagna invece la visita di Douglas alla Sila Grande, un “venerando altipiano granitico”, perché “se non fosse per la mancanza dell’erica, qui il viaggiatore potrebbe credere di essere in Iscozia”. Le Serre Vibonesi appaiono a lui come “un tempo non eretto da mani umane” dai paesaggi magici ed incantevoli, ma è la descrizione della Sila Piccola quale “autentico ‘Urwald’, una foresta vergine mai sfiorata da mano umana” a rappresentare il punto di contatto con i tanti viaggiatori del passato.
    [Norman Douglas - “Vecchia Calabria” - tra il 1907 e il 1911]

    Fu un viaggio splendido l'attraversare quegli altipiani, con la vista dello Ionio dall'alto e il panorama dell'ampia vallata del Crati e dell'alta catena del Pollino, avvolta nella bruma del primo autunno, poggiando lo sguardo sui fianchi delle colline coperti di olivi. La strada gira intorno ai precipizi, dove scendono dal monte i ruscelli; sono ricoperti di querce da sughero, lecci e altra vegetazione; tra i rami volano rigogoli, ghiandaie, upupe e coracie garrule. Nell'inverno i gelidi venti dell'Appennino spazzano questi monti, ma in questa stagione è una zona stupenda.
    [N. Douglas,Vecchia Calabria, 1998]

    • “E' un paese stanco e pieno di rimpianti, che guarda al passato; banale nella vita presente ed incapace di sperare veramente nel futuro”.
    [Gissing - “By the Ionian Sea” - 1901]

    • "Poi il sole spunto' dietro di me, e la Sicilia e le Isole Lipari mi apparvero chiare come cristalli.
    Mi sedetti su una pietra, accesi la pipa e contemplai il paesaggio.
    Contai tre vulcani: uno l'Etna, naturalmente. A destra c'era l'isola chiamata Vulcano che eruttava vapori con modestia e ancora oltre a destra l'inconfondibile punto esclamativo di Stromboli.
    “ E cosi sedemmo fumando tutti insieme, i tre vulcani ed io
    ."
    [J. M. Scott ]

    Niente poteva essere più gentile e ben educato dell’ospitale accoglienza dataci da questa famiglia..
    ..Ma la volontà di accoglierci, cosa che abbiamo notato non manca in tutta la Calabria, è stata perfettamente manifestata dalla sorprendente comparsa di maccheroni, uova, olive, burro, formaggio e naturalmente vino e neve, sulla tavola apparecchiata c’era una delle più bianche tovaglie di lino…
    Veramente la residenza…non era delle più ricercate, ma ho avvertito il mio compagno ..che forse avremmo incontrato molta semplicità e molta cordialità
    ..”
    [Edward Lear – diario di un viaggio a piedi - 1847]

    Viaggiare in Calabria significa compiere un gran numero di andirivieni, come se si seguisse il capriccioso tracciato di un labirinto. Rotta da quei torrenti in forte pendenza, non solo è diversa da zona a zona, ma muta con passaggi bruschi, nel paesaggio, nel clima, nella composizione etnica degli abitanti. È certo la più strana tra le nostre regioni. Nelle sue vaste plaghe montane talvolta non sembra d'essere nel Mezzogiorno, ma in Svizzera, nell'Alto Adige, nei paesi scandinavi. Da questo Nord immaginario si salta a foreste d'olivi, lungo coste del classico tipo mediterraneo. Vi si incuneano canyons che ricordano gli Stati Uniti, tratti di deserto africano ed angoli in cui gli edifici conservano qualche ricordo di Bisanzio....
    [G.Piovene, Viaggio in Italia, 1957]

    Il paesaggio calabrese ... é un paesaggio di forme distese e quasi spianate, un paesaggio essenzialmente di lunghezza, in cui la luce gioca fra massa e massa di rilievo, tra solco e solco di fiume e di fiumare, formando successioni di quinte in ombra e in sole, sino alle pareti dei grandi rilievi terminali, mentre il mare continua, con la linea del suo orizzonte, quella delle alture e la congiunge ai profili e ai piani di altre alture, facendo da sfondo a grandi quadri dai cieli altissimi e luminosissimi.
    [G. Isnardi, Del paesaggio calabrese, 1953]

    • "Provavo un gran dispiacere a dover lasciare la Calabria. Le sue bellezze avevano esercitato una specie di magica ascendenza su di me e sentivo che sarebbe stata eterna. Avevo la sensazione che qualsiasi cosa avessi visto in futuro non avrebbe suscitato in me sensazioni altrettanto piacevoli ed indelebili. Di questo non ho dubbi.
    Anzi, ho la presunzione di affermare che in nessun’altra parte d’Europa la natura ha tracciato in modo così magnifico le linee che il genio e l’opera umana devono seguire o gli sforzi dell’arte migliorare
    ."
    [Letterato tedesco Richard Keppel Craven scriveva nel 1821]

    • "Non ritengo affatto illusorio sperare che un governo più sensibile, leggi migliori e una maggiore diffusione della cultura e dell’impegno dell’uomo possano aiutare questa regione ad assurgere a quel ruolo giustamente ambito per i favori che la natura le ha attribuito".
    [Keppel Craven, infatti, scrisse nel suo diario di viaggio - 1821]

    La Calabria sembra essere stata creata da un Dio capriccioso che, dopo aver creato diversi mondi, si è divertito a mescolarli insieme.
    [Guido Piovene, Viaggio in Italia, 1957]

    I calabresi mettono il loro patriottismo nelle cose più semplici, come la bontà dei loro frutti e dei loro vini. Amore disperato del loro paese, di cui riconoscono la vita cruda, che hanno fuggito, ma che in loro è rimasta allo stato di ricordo e di leggenda dell'infanzia.
    [Corrado Alvaro, Quasi una vita, 1950]

    Se vai in Calabria sentirai che c'è un odor di Calabria come c'è un odor di neve, come c'è un odor di sole.
    [Anselmo Bucci, Il pittore volante, 1930]

    Facce concentrate hanno tutti i calabresi. Sembrano, pur non pensando, una nazione di filosofi.
    [Guido Ceronetti, Un viaggio in Italia, 1983]

    Nella mia geografia ancora sta scritto che tra Catanzaro e il mare si trovano i Giardini delle Esperidi.
    [George Gissing, Sulle rive dello Jonio, 1901]

    La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca.
    [Cesare Pavese, Lettere, Brancaleone, 1935]

    La Calabria è il paese dei terremoti: ogni città, ogni terricciuola ti presenta vestigie di rovine, e non passa anno che nella stagione di primavera o di autunno la terra non tremi. C'era stato il terremoto grande del 1832, e tutti ne parlavano con terrore, e mi mostravano le rovine in vari luoghi, e narravano fatti dolorosissimi. “Ah,” mi diceva uno, “se non ci fossero i terremoti ed i briganti, la Calabria sarebbe il primo paese del mondo”.
    [Luigi Settembrini, Ricordanze della mia vita, 1879]

    Quando le strade comunali, provinciali, e ferrovie metteranno i Calabresi in facili comunicazioni tra loro e con le altre genti d’Italia, allora si scioglierà quell’antica lotta chiusa in ogni paesello tra il proprietario sempre usuraio lì, e il proletario sempre debitore, si ammansirà quell’odio per oltraggi antichi che è la vera cagione del brigantaggio. Quando quelle genti avranno lavoro, istruzione e giustizia, quelle loro nature sì gagliarde nei delitti saranno gagliarde nel lavoro, nelle industrie, nelle arti, nella guerra santa e nazionale. In nessuna contrada ho veduto più ingegno che in Calabria, lì schizza proprio dalle pietre, ma raramente è congiunto a bontà, spesso è maligna astuzia.
    [Luigi Settembrini, Ricordanze della mia vita, 1879]

    I calabresi vivono una realtà aspra, crudele a volte; ma ritengo sia l'ora di ribellarsi a quel complesso d'inferiorità di cui la maggior parte dei calabresi sono spesso vittime.
    [Gianni Versace, su Calabria, 1992]

    È qui la frontiera della Calabria e quindi l'ultima località della provincia della Basilicata. La padrona di casa ci avverte che domani non saremo più in grado di comprendere la lingua del luogo, tanto è difficile il dialetto calabrese. «Non parlano italiano come noi» - ci dice con sufficienza - pur non essendo, certamente, il suo italiano il più puro toscano. È bene, dopo tutto, aspettarsi il peggio, ed ella ci ha preparato per ogni evento, dicendoci che troveremo «brutta lingua e brutta gente».
    [Arthur John Strutt]

    Il calabrese è curioso di conoscere e di sapere, la sua delizia è ascoltare le persone colte che parlano, anche se a lui non arriva interamente il senso dei grandi e profondi concetti. È come il povero davanti allo spettacolo di una festa apparecchiata, non per lui, ma di cui gli arrivano i suoni, le luci, i colori. Senza invidia. con un cocente rimpianto d'un bene fatto per tutti gli uomini.
    [Corrado Alvaro]

    L'arte che tutti i calabresi sanno benissimo, dal più ricco all'ultimo mendico, è quella di maneggiare il fucile.
    [Luigi Settembrini]

    La Calabria è all'ordine del giorno della Nazione per due ragioni. Per le alluvioni e per il banditismo. Ogni anno leggiamo di abitati che le alluvioni travolgono a valle, di ponti che crollano, di montagne che si spaccano per effetto di erosioni secolari, di fiumare che allagano i còlti, di creature umane e di bestie che galleggiano sulla cresta dei torrenti. È una specie di catastrofe ecologica quella che si prospetta sulla Calabria, alla cui minaccia si deve porre riparo senza indugio se non si vuole che il suolo minato dalla vecchiezza, non protegga contro le frane e contro le piogge, non tenga più la trama come un vestito troppo liso. L'altra ragione è il banditismo. Ora la verità è che ci sono banditi in Calabria come dappertutto. Se il fenomeno in Calabria appare più preoccupante è perché, messo in rapporto con la situazione politica e sociale che ne determina l'esistenza, non si vede come si possa risanare l'albero malato senza bonificargli la terra intorno.
    [Leonida Rèpaci]

    La Calabria è una magnifica regione; d'estate ci si arrostisce come a Tambouctou, d'inverno vi si gela come a San Pietroburgo; inoltre non vi si conta punto ad anni, a lustri o a secoli come negli altri paesi, ma a terremoti.
    [Alexandre Dumas]

    La dignità è al sommo di tutti i pensieri, ed è il lato positivo dei calabresi, come è la difficoltà contro cui si può urtare inconsapevolmente, poiché è qualche volta tutto quanto ha l'uomo.
    [Corrado Alvaro]

    Quasi tutto quello che si legge qui della Calabria, a parte la letteratura dialettale, è rivolto in genere a magnificare una Calabria che non esiste più, e cioè le colonie greche, e Sibari, e Locri. La tendenza è al classico.
    [Corrado Alvaro]

    Per me Calabria significa categoria morale, prima che espressione geografica. Calabrese, nella sua miglior accezione metaforica, vuol dire Rupe, cioè carattere. È la torre che non crolla giammai la cima pel soffiar dei venti.
    [Leonida Rèpaci]

    • «Patisco d'amor patrio, soffro di sentimentalità per il glorioso nostro passato, mi cruccio dell'abbandono in cui siamo caduti e tenuti… e specialmente cerco di far apparire nobile, grande e bella la nostra Calabria, anche quando è giustamente accusata. »
    [Francesco Jerace, 1909]

    • « A voi fieri Calabresi
    che accoglieste ospitali me straniero
    nelle ricerche e indagini
    infaticabilmente cooperando
    alla raccolta di questi materiali
    dedico questo libro che chiude nelle pagine
    il tesoro di vita del vostro nobile linguaggio
    . »
    [Gerhard Rohlfs, Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria]

    • «La Calabria è la patria dell'eremitismo occidentale».
    [Jacques Le Goff]

    Calabria: luogo ideale in cui vivere - specie se sei un prete, un brigante o un lupo solitario.
    [Vannuccio Barbaro, Scartafacci (postumo, 2012)]

    • "L'amore della Calabria è un amore passionale dovuto al fatto che noi amiamo una terra che ha molto sofferto. Ha sofferto lei e abbiamo sofferto noi per farci una posizione, per avere un piccolo posto al sole. Abbiamo dovuto superare difficoltà che gli altri non immaginano neppure. C'è perciò un legame fra la sofferenza della terra e la sofferenza nostra, Non soltanto di noi scrittori... "
    [da «Un'ora con Répaci» trasmissione tv del 23-4-1973]

    • "La mia storia dei Rupe finisce con un episodio realmente accaduto. Una madre va in Tribunale perchè ha una causa di alimenti con il figlio. Si presenta tutta vestita di nero, con una lampada in mano, una « lumera » accesa. Il pretore che è calabrese le chiese: « Cos'è questa lumera accesa? ». E lei risponde: « Vinni pè illuminari la giustizia ». Il pretore rimane sbalordito da questa affermazione e capisce di quali lontananze, di quali sofferenze sono frutto quelle parole. E allora dice al figlio: « inginocchiati, chiedi perdono a tua madre ». Il figlio ascolta queste parole, si inginocchia. Allora lei, con un gesto quasi sacro, di cadenza eschilea, spegne la lampada e dice al figlio: « Ora 'ndi potimu iri » (Ora ce ne possiamo andare).

    Questo episodio mi ha fatto impressione perchè c'è in esso la maestà della sofferenza della Calabria e quel senso della giustizia popolare per cui una povera diavola come quella donna può, lei, illuminare la giustizia. Del resto, questo è anche il significato dell'Argirò di Alvaro, del pastorello Argirò, che aspetta il carabiniere per dirgli, lui, il fatto suo alla giustizia. Si ricollega a lui questa immagine antica, questa immagine possente della Calabria affaticata, solenne, dura nella sofferenza, e anche nella speranza, perchè la speranza bisogna coltivarla come la forza principale che noi abbiamo...
    "
    [Da "Leonida Rèpaci" di Antonio Altomonte 1976]

    • "Mi è stato assicurato che la radice del mio nome « Rep » significa in slavo « Rupe »: ecco quindi spiegato il titolo dell'opera maggiore da me scritta, nella quale ho voluto fermare quell'eterna aquila di pietra che si libra solitaria nel cielo greco della Calabria; quel tanto di gigantesco, d'indomabile, di solenne, d'impervio, di corrucciato, di antico, di sofferto, che è del paesaggio fisico e morale dei calabresi."
    [Da "Ritratti su misura" di E.F. Accrocca]

    • "Ho frequentato tutti gli ambienti, da quelli letterari a quelli giornalistici, da quelli mondani a quelli editoriali, da quelli spettacolari a quelli sportivi, da quelli di Partito alle grandi assemblee di popolo, dai caffè ai night clubs, dalle spiagge alle case chiuse, dalle fumerie d'oppio alle bonzerie, dai grandi quartieri proibiti ai teatri di posa. La cosa che ricordo con più commozione è un comizio di contadini a Rosarno, tenutosi a notte alta, al lume delle torce a vento. Una madre mi stava ad ascoltare mentre allattava il suo bambino. Mi vergognavo che le mie parole non potessero tradurre subito in realtà ciò che quella madre si aspettava da me..."
    [Da "Leonida Rèpaci" di Antonio Altomonte, 1976]

    • "Fame, ossessione. Eppure, quando agli amministratori di Melissa, dopo i fatti di Fragalà, fu chiesto di che cosa avessero più urgente bisogno, risposero che avrebbero gradito gli strumenti musicali per ricostituire la banda comunale. Da allora, e son passati quattordici anni, trombe e tamburi a Melissa suonano da soli, e i loro inni li ascoltano solo i morti della gran giornata contadina, per i quali è stato ucciso il sonno della vita e il sonno della bara".
    [Leonida Rèpaci]

    • <<Non sono difficile in fatto di gastronomia e, dovessi fare una scelta, assegnerei a mia sorella Orsa la palma della più saporita cucina del mondo: quella calabrese. Ancora oggi datemi una buona minestra di ceci, quelli che si ammammano, cioè fan da mamma, coi maccheroni, in una saporosa liquescenza; datemi una fetta di pescespada col «sarmuglio», che ci stupiamo di non trovare descritto nei banchetti omerici; datemi, per stimolare l'appetito fino in fondo, un pugnellino di «'mbiscatini», cioè di quei sottaceti che alternano il peperone col cappero, la melanzana con lo zenzero; datemi una ricotta di quelle che il pastorello dell'Aspromonte vi porta fino a casa, facendola colare tiepida dalla fiscella nel piatto; datemi, per consolidare il tutto, un bicchiere di Cirò, un vino che ha il colore rosso cupo delle pupille delle donne malate d'amore e il profumo del vigneto squassato dal vento sulle balze marine: datemi tutto questo e io alzo bandiera ammiraglia sulla mia tavola di calabrese radicato.>>
    [Leonida Rèpaci]

    • "Per conoscere Catanzaro, l'antica Catàsaron, bisogna andarla a cercare nel suo castello arroccato sul piano come un maniero feudale, in faccia al Golfo di Squillace, ed è un castello che abbassa i ponti levatoi dell'ospitalità piena solo se chi sbarca ai suoi piedi sia debitamente informato della grande storia della città, che i bizantini fondarono, Carlo V dichiarò «magnifica e fedelissima», i tessitori di damasco e broccato resero famosa in tutto il mondo, i sanfedisti pugnalarono, e i garibaldini di Bixio liberarono dalla peste borbonica."
    [Leonida Rèpaci]

    • "Se la strada che porta l'aroma dell'Aspromonte allo Jonio è raccomandabile, essa non regge al confronto con quella che da Gioia Tauro sul Tirreno raggiunge Cittanova e Gerace per toccare il mare a Locri. […] e sempre il viaggio mi ha stregato per l'originale bellezza del paesaggio, un paesaggio inventato da un artista di genio nemico dei luoghi comuni e della scenografia oggettiva, allusivo, fantastico, surreale nella presentazione di queste montagne modellate o tagliate in profili che si compongono e scompongono allo sguardo secondo la variazione della luce, il veleggiare della nebbia anche d'estate, i vapori atmosferici. Solennità di silenzi, profumo di selve, mormorio di acque nei botri, sguardi accoglienti nei piccoli casali che costeggiano il cammino".
    [Leonida Rèpaci]

    • «La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile
    [Corrado Alvaro, rivolto alla sua gente di Calabria]

    • « Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d'inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango, e dormono con gli animali. Vanno in giro coi lunghi cappucci attaccati ad una mantelletta triangolare che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino e invernale. I torrenti hanno una voce assordante. »
    [Corrado Alvaro - Gente in Aspromonte]


    Fonti:
    pentedattilo.teconio.com/il-territorio/12
    aforismario.it/aforismi-calabria.htm
    it.wikiquote.org/wiki/Calabria
    cristitti.wordpress.com/category/citazioni-sulla-calabria/
    utenti.multimania.it/marcel_2/aforismi.htm


    In aggiornamento...

    Edited by Isabel - 10/10/2014, 12:31
     
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