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Angelo Dundee

Il trainer di Muhammad Alì. Ha allenato quindici campioni del mondo di boxe, tra cui Cassius Clay

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  1. Isabel
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    Storie di calabresi lontani da casa - Angelo Dundee

    dundee_angelo

    Fonte - Strill.it
    di Damiano Praticò


    Angelo Dundee, al secolo Angelo Mirena Jr, ha allenato quindici campioni del mondo di boxe, tra cui Cassius Clay. Le sue origini, i suoi genitori (Angelo e Filomena), emigrano dalla Calabria – da Catanzaro – a fine Ottocento.

    E' stato battezzato a Philadelphia, città in cui è nato il 30 agosto 1921, con il nome di Angelo Mirena Jr, ma sin da piccolo si è fatto chiamare con il cognome scozzese Dundee, illudendosi di camuffare in terra d'America le sue povere origini di emigrato calabrese. Quando era piccolo ne provava vergogna, e gli unici con cui si sentiva a proprio agio erano i ragazzi di colore che biascicavano una lingua persino più accentata della sua e che gli spiegavano che l' unico modo per farsi rispettare nelle strade di periferia era quello di picchiare forte e per primi. Lui era scettico su questa concezione dell'esistenza dominata esclusivamente dalla violenza, ma non al punto da rinnegarla: l' importante è saper colpire bene, in maniera intelligente e al momento giusto. Solo più tardi, crescendo, ha cominciato a riscoprire l'orgoglio dell'appartenenza al paese che aveva dato i natali ai suoi avi, ma era troppo tardi: il mondo lo aveva conosciuto come Angelo Dundee, il bianco di cui si è fidato ciecamente Muhammad Alì, il calabrese d'America che ha forgiato pugili di colore geniali, che sono riusciti a ribaltare ogni pronostico e sconfiggere regolarmente avversari molto più potenti.

    Il primo pugile che seguì a bordo ring fu un italo-americano tosto e senza stile che come lui aveva deciso di cambiarsi il nome. Di cognome faceva Basilio, e di nome Carmine, ma decise di farsi chiamare Carmen, nella convinzione che suonasse più virile. La scelta del nome femminile diventò una barzelletta per almeno una generazione di pugili, ma sotto la guida di Dundee, Basilio divenne due volte campione dei pesi welter e riuscì a sconfiggere Ray Sugar Robinson, conquistando il titolo mondiale dei medi. Nel match di rivincita perse il titolo: la classe di Robinson era troppo superiore alla furia rabbiosa del pugile che aveva scelto un nome da donna; fu in quella occasione che Dundee decise che avrebbe dedicato il proprio talento di suggeritore esclusivamente ai pugili di genio.

    Con l' eccezione di Willie Pastrano e di un paio di fuoriclasse originari del centro America come Jose Napoles e Luis Rodriguez, Angelo è riuscito a instaurare un rapporto che è andato ben oltre la professione solo con atleti afro-americani.

    Tra i tanti pugili accompagnati al titolo mondiale, la stella più fulgida è certamente Muhammad Alì, di cui diventò il mentore, rilevandolo dalle cure di Archie Moore, grande campione dei mediomassimi, che si ostinava a spiegargli che un "fighter" non può mai abbassare la guardia. La carriera mondiale di Alì cominciò il 25 febbraio 1964 contro Sonny Liston: Angelo era al suo angolo, presenza discreta ma ferma, omino piccolo con grande cervello in grado di prevedere le mosse dell’avversario. Dundee comprese che lo stile assolutamente fuori dalla norma di quel pugile che ancora si chiamava Cassius Clay poteva rivoluzionare la "noble art" proprio perché era illogico ed inimitabile, e che quel giovane ragazzo aveva una velocità, un talento ed una intelligenza pugilistica fuori dal comune. Una delle sue prime vittorie fu proprio contro il suo vecchio maestro Moore, e poi con campioni che Alì si divertì a sbeffeggiare sino alla crudeltà, senza mai dimenticare l'insegnamento del suo trainer: «ricorda che sono più forti di te, ma che tu sai usare l'intelligenza». Dundee si rese conto immediatamente che un talento naturale come Alì era tutt'altro che duttile: nella prima parte della carriera, il campione non si piegava mai mentre colpiva di jab, esponendosi a rischi enormi. Dopo mille inutili avvertimenti, Dundee comprese che l' unico modo per inculcargli la lezione era quella di elogiarlo ogni volta che si piegava in allenamento, facendogli intendere che apprezzava quella sua nuova, "geniale" trovata.

    Dundee, inoltre, fu uno dei pochi bianchi a difendere la scelta di Alì di convertirsi all’islamismo; lo aspettò fuori dal carcere dopo la condanna per aver rifiutato di combattere da soldato in Vietnam; lo appoggiò sempre e comunque, anche quando la verbosità del «labbro di Louisville» sconfinava nella provocazione o, peggio, nell’insulto nei confronti degli avversari.

    Resta nella leggenda della boxe l’incontro, “the rumble in the jungle” (lo scontro nella giungla), combattuto tra Alì e George Foreman nella Kinshasa del dittatore Mobutu il 30 ottobre 1974. Nell’occasione, Alì riconquistò il titolo contro ogni pronostico. E' in questa impresa che il campione e Dundee misero a punto la tecnica del "rope-a-dope", la quale prevedeva che Alì, con il fine di sfiancare l' avversario, si appoggiasse sulle corde per farsi colpire da colpi terribili. Si trattava nuovamente di qualcosa contrario ad ogni logica, ma che ancora una volta diede l'occasione di ripetere la vittoria di Davide su Golia.

    Quando il campione decise di ritirarsi per sempre, Dundee volle seguire il ritorno sul ring proprio di George Foreman, anche se non riuscì a trovare in lui il divertimento che viveva accanto ad Alì. Tra i due, comunque, il lavoro andò molto bene: nel 1994, con l’obiettivo di rimetterlo sul quadrato in condizioni accettabili – Foreman aveva 45 anni – Dundee fece l’impossibile. E vinse. Foreman, infatti, battè Michael Moorer e diventò il più anziano pugile a conquistare il titolo mondiale dei pesi massimi.

    Angelo, oltre alla boxe reale, ha prestato il suo talento e il suo volto facendo da preparatore per Russell Crowe in "Cinderella Man".

    Il più grande “corner man” della boxe mondiale, con sangue calabrese nelle vene, si è spento a Tampa, in Florida, il 1 febbraio 2012.
     
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