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Calabria

Καλαβρία

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  1. Isabel
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    Calabria
    [Καλαβρία]

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    - Fonte -

    La Calabria /ka'labrja/ (Calàbbria in calabrese, Calavrìa in grecanico, Καλαβρία in greco) è una regione dell'Italia meridionale di 2.010.709 abitanti. Il capoluogo dal 1970/'71 è Catanzaro, dove hanno sede la Presidenza della Regione e la Giunta Regionale, mentre il Consiglio Regionale si riunisce a Reggio Calabria. È la regione più a sud dell'Italia peninsulare, confina a nord con la Basilicata e a sud-ovest un braccio di mare la separa dalla Sicilia. È bagnata ad ovest dal mar Tirreno e ad est dal mar Ionio. Comprende le province di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia. La sua storia comincia milioni di anni fa, quando era un arcipelago di tre isole, più una penisola più grande che la collegava al massiccio del Pollino, che faceva parte di un continente chiamato Tirrenide, che poi fu sommerso dal mare. L’uomo ha abitato la Calabria fin dalle prime fasi dell’antichità, la sua presenza documentata risale a più di 700.000 anni prima di Cristo. Con la glaciazione di Riss ogni forma di vita fu annientata, ma nel Paleolitico Medio, l’uomo tornò ad abitare la regione e intorno a 3.500 anni avanti cristo furono fondati i primi villaggi. Poi arrivarono i Greci, che fondarono molte colonie che furono denominate Magna Grecia. Ma, prima del nome attuale, la Calabria è stata chiamata Saturnia, Ausonia, Enotria, Tirrenia, Esperia e anche Italia. Infatti proprio da questa regione deriva il nome della nazione intera! Gli abitanti del sud della Calabria, infatti, prima della conquista romana si chiamavano Itali, e con la dominazione Romana, il nome Italia si estese da Sud verso Nord, fino ad identificare, nel 42 a.C., tutta la Penisola. Per questo fin dall'antichità la Calabria è sempre stata considerata 'La Madre d'Italia'.

    Geografia

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    La regione costituisce la punta dello stivale, è bagnata ad ovest dal Mar Tirreno, ad est dal Mar Ionio, a nord-est dal golfo di Taranto e a sud-ovest è separata dalla Sicilia dallo Stretto di Messina, la cui distanza minima tra Capo Peloro in Sicilia e Punta Pezzo in Calabria è di soli 3,2 km, dovuta al legame geologico presente in profondità tra il massiccio dell'Aspromonte e la catena dei Peloritani.

    Coste

    I golfi calabresi sono:
    • il golfo di Corigliano che, di fatto, fa parte del più ampio golfo di Taranto;
    • il golfo di Gioia Tauro, situato sulla costa tirrenica.
    • il golfo di Policastro, sulla costa tirrenica, comprendente anche Campania e Basilicata
    • il golfo di Sant'Eufemia, situato sulla costa tirrenica;
    • il golfo di Squillace, situato sulla costa ionica;

    In Calabria sono presenti due isole, entrambe poste lungo la Riviera dei Cedri (CS), sulla costa tirrenica:
    • l'Isola di Dino, di fronte alla cittadina di Praia a Mare;
    • l'Isola di Cirella, di fronte a Cirella, frazione del comune di Diamante.
    • Vi è poi l'isola di Le Castella, sul litorale jonico crotonese, collegata alla spiaggia da un lembo di terra. Tra i faraglioni e gli isolotti da menzionare per grandezza e talvolta per la loro forma caratteristica vi sono lo Scoglio Incudine e lo Scoglio Cervaro nell'Alto Ionio Cosentino e lo "Scoglio dello Scorzone" di San Nicola Arcella, lo "Scoglio dell'Ulivo" a Palmi, di oltre ad alcuni scogli di rara bellezza nella zona di Capo Vaticano.

    Montagne


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    Paesaggio della Sila

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    Aspromonte meridionale

    La Calabria ha una superficie prevalentemente collinare, che si estende per il 49,2% del suo territorio. Presenta ampie zone montuose, che coprono il 41,8% del suo territorio:

    • A nord il versante meridionale del Massiccio del Pollino al confine con la Basilicata.
    • Nel nord-ovest, a sud della piana di Campotenese si elevano i cosiddetti Monti di Orsomarso e a sud del Passo dello Scalone ha luogo la Catena Costiera che si allunga tra la costa Mar Tirreno e i profondi valli dei fiumi Crati e Savuto che la separano dall'altopiano della Sila.
    • Nel centro-nord la Sila, un vasto altopiano con foreste di aghifoglie e latifoglie che si estende a sud fino all'istmo di Catanzaro;
    • Al di sotto dell'istmo di Catanzaro, iniziano le Serre calabresi, tra cui spiccano quelle vibonesi che si spingono con un doppio allineamento montuoso fino a congiungersi direttamente con l'Aspromonte; la vetta più elevata delle Serre, il Monte Pecoraro, raggiunge 1420 m;
    • Fra le pianure di Piana di Sant'Eufemia e di Piana di Gioia Tauro si erge il gruppo del monte Poro 710 m nella zona sud della provincia di Vibo Valentia;
    • A sud infine si erge l'acrocoro dell'Aspromonte la cui vetta più elevata, il Montalto o monte Cocuzza che raggiunge i 1955 m.

    Pianure

    Le pianure coprono il 9% del suo territorio e sono tutte di modesta estensione. Tra le più importanti ricordiamo, partendo dal nord:

    Sul versante tirrenico:
    • la piana di Scalea
    • la piana di Sant'Eufemia
    • la Piana di Gioia Tauro che è anche la più vasta

    Sul versante ionico:
    • la Piana di Sibari
    • il Marchesato di Crotone
    • la piana di Locri

    Idrografia

    I fiumi della Calabria non presentano generalmente uno sviluppo significativo a causa della forma, stretta e allungata, della penisola calabrese e a causa della disposizione dei rilievi montuosi. Fanno eccezione il Crati e il Neto, i fiumi più lunghi, i quali sfociano entrambi nel mar Ionio. Tributano anch'essi allo Ionio, ma con un corso di gran lunga più breve, il Trionto, il Tacina e il Corace; questi ultimi fiumi, come peraltro il Neto, nascono dalla Sila. Dall'altopiano della Sila hanno origine anche l'Amato il Mucone e il Savuto, che insieme al Lao che scende dal Massiccio del Pollino, sono i maggiori fiumi del versante tirrenico. Gli altri corsi d'acqua sono ancora più brevi e hanno le caratteristiche tipiche delle fiumare in quanto hanno regime torrentizio, scorrono incassati in stretti versanti a monte per poi riversarsi nelle pianure alluvionali in ampi alvei ciottolosi, asciutti per gran parte dell'anno, ma che possono riempirsi repentinamente in occasione di temporali o piogge violente. Esistono numerosi laghi artificiali, soprattutto sull'altopiano della Sila. I principali sono l'Ampollino, l'Arvo, il Cecita e l'Angitola.

    Geologia

    Quasi tutto il territorio calabrese appartiene al dominio geologico chiamato Arco Calabro Peloritano. l'Arco Calabro Peloritano è stato interpretato dai geologi come un frammento di catena Alpina s.s., che si distingue dalle altre unita' dell'Appennino meridionale essendo costituito da unità tettoniche non calcaree, bensì metamorfiche o cristalline, includendo anche rocce risalenti al Paleozoico, e con metamoformismo pre-neogenico con picco metamorfico nell'Eocene (al contrario nell'appennino è neogenico). L'interpretazione della geologia della Calabria ha da sempre rappresentato uno dei problemi più interessanti della geologia del Mediterraneo. L'arco calabro peloritano è separato a nord dalla linea di Sangineto e a sud dalla linea di Taormina, ed è un pezzo di Europa che -spezzatosi e separatosi dal blocco Sardo-Corso nel Miocene- ha ruotato e migrato verso SE fino alla attuale posizione, cioè a sud dell'Appennino meridionale e a nord delle Magrebidi siciliane. Incastrata a nord dall'Appennino e a sud dalla Sicilia, il blocco calabro inizia a piegarsi, appaiono di conseguenza faglie, bacini e graben, indotti dalla curvatura progressiva dell'arco calabro. A questi graben plio-quaternari si affiancano graben più antici (Pliocene superiore) legati probabilmente all'apertura del Tirreno, come il graben del Mésima- che anticamente mettevano in comunicazione Tirreno e Ionio.

    Stratigrafia ed evoluzione strutturale[modifica

    Dal punto di vista geologico, la Calabria è una delle regioni italiane in cui affiorano le rocce più antiche. È caratterizzata inoltre dalla presenza di Melange (argille varicolori di aspetto ruvido con colorazioni azzurrate-aranciate-rosse), che proviene dal prisma di accrezione: nel momento in cui la Calabria e placca africana iniziarono a collidere, il prisma che andava formandosi e crescendo faceva da "cuscinetto", e per tettonica di gravità il materiale del prisma, tritato, macinato e smembrato, cadeva formando una lingua di melange che entra per effetto della spinta collisionale e che assume infatti una geometria per cui a sud il melange ha uno spessore di quasi 1 km e si assottiglia fino a quasi sparire andando verso Nord.

    Unità stratigrafiche

    Di seguito le unità stratigrafiche presenti in Calabria:

    Successioni sedimentarie del Pliocene medio-Olocene:
    • Olocene-Pleistocene medio-superiore
    • Pleistocene medio-Pliocene medio

    Successioni sedimentarie dell'Oligocene-Pliocene:
    • Complesso caotico
    • Formazione di Oriolo
    • Formazione di Albidona
    • Formazione di Stilo - Capo d'Orlando
    • Quarzareniti numidiche
    • Formazione di Paludi
    • Unità Sicilide
    • Formazione del Saraceno
    • Unità del Frido

    Unità della Sila:
    • Gruppi di Longobucco e Caloveto
    • Batolite della Sila
    • Unità di Bocchigliero
    • Unità di Plia-Copanello-Gariglione
    • Unità di Castagna
    • Unità del fiume Bagni

    Unità ofiolitifere:
    • Unità di Malvito
    • Unità di Gimigliano e Diamante-Terranova

    Unità di Stilo:
    • Copertura sedimentaria
    • Batolite di Stilo
    • Complesso metamorfico

    Unità dell'Aspromonte:
    • Complesso metamorfico
    • Complesso plutonico
    • Unità di Cardeto e unità di Africo

    Unità carbonatiche di piattaforma-scarpata-bacino:
    • Unità del Pollino
    • Unità di Monte Ciagola
    • Unità di Verbicaro
    • Unità di San Donato
    • Unità di Monte Cucuzzo

    Miocene e Pliocene

    Sia nel Miocene che nel Pliocene vi furono trasgressioni marine, con l'acqua che raggiunse aree mai sommerse precedentemente. Si formarono così i bacini lacustri nelle aree depresse racchiuse tra le varie dorsali. La presenza di terrazzi marini anche a mille metri di altezza non è però da attribuire a cicli regressivo-trasgressivi ma a un generale e (geologicamente) rapidissimo innalzamento del blocco calabro, che arriva a tassi anche di 1m/anno, oggi spiegato come un rimbalzo isostatico della placca in subduzione dovuto alla rottura della placca stessa.

    Sismologia

    Dal punto di vista geofisico, la Calabria è un'area molto sismica e negli ultimi secoli si sono registrati numerosi terremoti anche di fortissima intensità.

    Sottosuolo

    Il sottosuolo della Calabria è ricco di numerose risorse minerarie.

    Coste

    La Calabria detiene il 10% dell'intero patrimonio costiero dell'Italia (715,7 km), e presenta la più grande ed esclusiva varietà di spiagge formate da rocce diverse, come ad esempio gli scogli granitici della provincia reggina, del tirreno vibonese, e dello ionio catanzarese. Tali rocce sono presenti in misura minore anche in alcune località isolane del mar Mediterraneo (come ad esempio in Sardegna). Il litorale calabrese è infatti costituito praticamente da rocce di ogni era geologica, da quelle metamorfiche risalenti alle ere più antiche, alle dune di attuale formazione.

    Clima

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    Carta Geo-tettonica del Mediterraneo centrale e l'Arco Calabro


    Il clima calabrese è generalmente di tipo mediterraneo. Il litorale Ionico è più secco e arido di quello tirrenico che si presenta con un clima più mite.Le temperature in genere lungo le coste non scendono mai sotto i 10 gradi e non salgono mai sopra i 40°, con punte di 42-44° nei mesi estivi. Lungo gli Appennini e nelle zone interne, dal Pollino, alla Sila fino all'Aspromonte, il clima è montano appenninico (continenale freddo) con inverni freddi e nevosi, l'estate è tiepida e non mancano temporali. Da segnalare l'interessante escursione termica giornaliera,in inverno, nella valle del Crati, dove anche a quote di pianura possono verficarsi abbondanti nevicate.

    Le stazioni meteorologiche ufficialmente riconosciute dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale presenti nel terriorio regionale sono:
    • Bonifati
    • Calopezzati
    • Capo Spartivento
    • Catanzaro
    • Cosenza
    • Crotone-Isola di Capo Rizzuto
    • Lamezia Terme
    • Monte Scuro
    • Punta Alice
    • Reggio Calabria
    • Vibo Valentia

    Vegetazione

    Le differenti condizioni climatiche della regione favoriscono anche una diversa vegetazione da zona a zona. Dal livello del mare fino ai 600 metri (piano mediterraneo) predomina la macchia mediterranea con ulivi, lecci e altre piante tipiche del clima mediterraneo. Dai 700 metri fino ai 1000 metri (piano della bassa montagna appenninica), invece, cresce una vegetazione di transizione: castagni e altre querce hanno la loro dominanza. Dai 1000 metri in su (piano montano) dominano le specie tipiche del clima di montagna, composte da faggio, abete bianco e da pino laricio. Sulle Serre calabresi il piano montano inizia, in alcuni punti, anche a 800 metri. Come non citare il famoso "pino loricato" (Pinus heldreichii), simbolo indiscusso del Parco Nazionale del Pollino. Questa antica reliquia vive solo sul Pollino, mentre fuori dal territorio italiano lo si trova sui Balcani.

    Toponimo

    Il nome "Calabria" designava in origine la regione salentina, ma quando le due penisole dell'Italia meridionale furono unificate dai bizantini, il nome di Calabria fu usato per identificare anche la regione del Bruzio; successivamente, con la perdita dei possessi bizantini nel Salento in favore dei Longobardi, il nome fu utilizzato per designare soltanto all'attuale penisola calabrese, che mantiene tutt'ora il nome. Durante il basso medioevo e l'età moderna il termine Calabria venne trasformato in "Calabrie", con lo sdoppiamento del territorio nelle due province napoletane di Calabria Ulteriore e Calabria Citeriore. La parola Calabria deriverebbe quindi dal greco "Kalon-brion", ovvero "Faccio sorgere il bene", per la fertilità del territorio, e può considerarsi un sinonimo del nome "Ausonia" che designava la Calabria meridionale al tempo delle genti italiche, e che deriva dal verbo "auxo-abbondo". Infatti ancora oggi tutta la zona costiera (sempre contesa nella storia), è ricca di vasti oliveti, agrumeti e frutteti con produzioni tipiche, quali il bergamotto ed il cedro, e sempre abbondante è stata la produzione di ortaggi e di frutta, che oggi vengono abbondantemente esportati.

    Storia

    La storia della Calabria ebbe inizio undici millenni addietro. Il suo territorio è stato abitato da una serie vastissima di popoli antichi, quali Aschenazi, Itali, Ausoni, Enotri, Lucani, Bruzi, Greci Arabi e Romani; nel Medioevo da Bizantini e Normanni; poi, seguendo le sorti del Regno di Napoli, da Angioini ed Aragonesi; infine ha trovato la sua collocazione odierna prima nel Regno d'Italia, poi nella Repubblica Italiana.

    Preistoria

    Circa 250 milioni di anni or sono la Calabria faceva parte di un vasto Continente chiamato "Tirrenide", che a metà del Terziario sprofondò nel mare. Verso la fine dell'Era Terziaria l'Italia ha trovato la sua sistemazione geologica. Le alte cime riemerse costituivano importanti isole, quali l'Aspromonte, le Serre, la Sicilia, la Sardegna e tante altre.Durante il "Pliocene" i mari interni, in seguito a prolungate alluvioni, si colmarono di quei sedimenti che formano le attuali pianure. Nel Quaternario, era delle grandi glaciazioni, circa un milione e mezzo di anni fa, all'opera di riempimento si aggiunse il fenomeno dei terrazzi, un lento processo di sollevamento delle coste marine. Quando il clima divenne più mite, in quei luoghi ricchi di boschi e di acque apparve una fauna eccezionale (come l'Elephas Antiquus, l'Equus Caballus e vari tipi di rinoceronti), preziosa riserva di carne per l'uomo nelle sue forme primitive. In Calabria, durante il Paleolitico inferiore, l'"homo erectus" è testimoniato a Casella di Maida e a Rosaneto di Tortora,rispettivamente circa 500.000 e 250.000 anni or sono. Detto uomo si nutriva di caccia, di bacche, di frutti e radici; gli utensili che usava erano di legno e di pietra, come dimostrano i ciottoli tagliati su una o su entrambe le facce della prima località e le famose "amigdale" della seconda. Mentre le fasi del Paleolitico inferiore e medio ("era dei Neanderthal") evidenziano un lento progresso tecnico e biologico, quelle del "superiore" rivelano una grande accelerazione. Alla lavorazione dell'osso, 40.000 anni fa, si aggiunse la costruzione di imbarcazioni, alla nutrizione di carne si associò quella della pesca.

    I primi insediamenti preistorici

    La prima testimonianza di presenza umana in Calabria è il famoso bos primigenius della Grotta del Romito di Papasidero, rinvenuto nel 1961 e datato dagli esperti ad oltre 9.000 anni prima di Cristo, di cui oggi si conserva una riproduzione al Museo Nazionale di Reggio Calabria. In varie località calabresi sono stati rinvenuti segni di presenza umana in età paleolitica e mesolitica: a Castella di San Pietro a Maida, a Tortora, a Praia a Mare, a Scalea, a San Nicola Arcella, a Sant'Eufemia, a Briatico, sul Monte Poro, a Rosarno, ad Archi di Reggio Calabria. All'età neolitica risalgono invece gli insediamenti di Favella della Corte, Cassano allo Ionio, Amendolara, Curinga, Girifalco e Acri. Inoltre due importanti necropoli neolitiche sono state rinvenute a Torre Galli e Torre Mordillo.

    Mitologia

    Secondo il mito più antico, Aschenez, pronipote di Noè, mercante semita ed inventore della barca a remi, giunse tre generazioni dopo il diluvio universale sulle sponde dove fu fondata Reggio. Ciò è testimoniato dalle informazioni riportate successivamente da Giuseppe Flavio e da San Girolamo. Più tardi, secondo il mito greco, circa 850 anni prima della guerra di Troia, vi sarebbero dunque giunti Enotrio e Paucezio, di stirpe enotria e pelasgica, originari della Siria che, trovando il suolo molto fertile, chiamarono la regione "Ausonia" in ricordo dell'"Ausonide", fertile zona della Siria. Secondo la leggenda Enotrio avrebbe regnato per 71 anni e alla sua morte gli sarebbe succeduto il figlio Italo ("uomo forte e savio" secondo quanto narra Dionigi di Alicarnasso) che regnò su una popolazione "Italòi" che occupavano la penisola nella zona situata a sud dell'Istmo di Catanzaro, che oggi sono la province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Catanzaro, dalla quale l'Ausonia avrebbe preso il nuovo nome di "Italia", come riportano Tucidide ("quella regione fu chiamata Italia da Italo, re arcade") e Virgilio (Eneide, III). ma comunque sappiamo da Dionigi di Alicarnasso (1 11,2-4; 12,1) e Diodoro Siculo che gli "Ausoni" (abitanti dell'Ausonia) erano stanziati nella zona di Reggio già intorno al XVI secolo a.C. Tali popolazioni dunque (Itali-Ausoni-Enotri), avrebbero abitato prevalentemente le zone costiere, mentre l'entroterra della regione fu abitato principalmente dai Bruzi (Brutti o Bretti), popolo di origine indoeuropea di linguaggio osco e temperamento bellicoso e da genti di origine iberica.

    Popoli mitologici

    Gli Aschimenazi

    Alcuni storici quali il Perrizzi, l'Aceti, l'Amato, il Gallo, il Curia, sostengono con varie argomentazioni che molte città in Calabria, furono fondate in tempi remotissimi da Bescio Aschenazzi (altri Ascemez, Aschenel) pronipote di Jafet, (figlio di Noè il quale ebbe sette figli i quali discendenti popolarono l'Europa e l'Asia occidentale) il quale, dopo la catastrofe deluviana, sedotto dai vasti orizzonti, dalla bellezza del suolo calabro, venne per primo ad abitarvi nel 1900 a.C. (Beroso, Caldeo, Tomeo, Aceti), come pure si ritiene che la stessa città di Bisignano sia stata fondata proprio da Bescio Aschimenazi con l'antico nome di Bescia, che poi i romani mutarono in Besidia.

    Gli Itali

    Secondo i Greci, la regione sarebbe stata abitata, prima della colonizzazione, da più comunità, tra cui gli Ausoni-Enotri (coltivatori della vite), che furono gli Itali, Morgeti, Siculi, i Choni. E proprio dal mitico sovrano Italo, la Calabria fu detta "Italia". Ma chi era in realtà, Italo? Solo una figura mitologica e leggendaria, o un vero e proprio fondatore del primo assetto politico ed etnico della Calabria? Ormai i ricercatori propendono per la seconda ipotesi, collocando la presenza di Re Italo nella prima metà del XV secolo a.C. Antioco di Siracusa, considerato il primo storico dell'Occidente ce lo raffigura come "Un Re buono e saggio, capace di sottomettere le popolazioni vicine facendo uso di volta in volta della persuasione e della forza", Italo il Re degli Enotri che mutarono il loro nome in Itali, suo figlio Italo Morgete, da lui furono detti Morgeti (San Giorgio Morgeto).

    Popoli dell'età del bronzo
    • Ausoni ed Enotri

    Gli insediamenti dei Bruzi e dei Greci

    Nell'anno 744 a.C. un gruppo di coloni calcidesi fondò la città di Rhegion (oggi Reggio Calabria) all'estremità meridionale della penisola calabrese. Poco dopo, sempre i calcidesi fonderanno Zancle (oggi Messina) dall'altra parte dello stretto, assicurandosi il dominio su quel braccio di mare. Più tardi i coloni calcidesi di Rhegion e Zancle fonderanno Metaurus (Gioia Tauro). Nel 710 a.C. coloni ioni fondarono Sybaris nella fertile pianura omonima alla foce del Crati. Da questa colonia avrà origine in seguito la fondazione di Paestum (in Lucania), di Laos (alla foce dell'omonimo fiume) e di Scidros (tra Cetraro e Belvedere Marittimo). Colonie ioniche furono Clampetia (nell'area tra Amantea e San Lucido), Temesa (tra Amantea e Nocera Terinese), Terina (nella piana di Sant'Eufemia), Krimisa (Cirò Marina), Petelia (Strongoli). Nel 743 a.C. coloni achei fondarono invece Kroton (oggi Crotone), sulla punta oggi conosciuta come capo Colonna. Crotoniati e Sibariti diventeranno col tempo strenui rivali. Ma intanto i crotoniati fondano le colonie di Kaulonia (presso l'odierna Monasterace Marina) e Scillezio (Squillace). Attorno al 700 a.C. coloni crotoniati fonderanno Bristacia, oggi Umbriatico. Attorno al 680 a.C. coloni giunti dalla Locride greca fondarono Locri Epizhephiroi, presso l'attuale Locri. Colonie dei locresi furono Hipponion (Vibo Valentia) e Medma (Rosarno). Il popolo dei Bruzi, affine ai confinanti Lucani, si dichiarò indipendente dai "cugini" d'oltre-Pollino attorno al IV secolo a.C., costituendosi in stato confederato. La capitale dei federati era Consentia, l'attuale Cosenza, mentre altre località importanti erano Pandosia Bruzia (città di cui si sono perse le tracce, alcuni riferimenti storici la ubicano fra i comuni di Castrolibero, Marano Principato e Marano Marchesato),altre recenti scoperte archeologiche ubicherebbero la città di Pandosia Bruzia nei pressi dell'attuale città di Acri, Aufugum (Montalto Uffugo), Argentanum (San Marco Argentano), Bergae, Besidiae (Bisignano), Lymphaeum (Luzzi).


    La Calabria greca e bruzia

    Tra il 560 ed il 550 a.C. si combatté la decennale guerra tra Kroton e Locri Epizefiri che si risolse con la battaglia sul fiume Sagra, che vide uscire vincitrice l'alleanza tra reggini e locresi. Nel 510 a.C. i bellicosi crotoniati assalteranno la vicina Sibari, e affronteranno i sibariti sul fiume Trionto, in uno scontro epico tra 100.000 crotoniati e 300.000 sibariti. La vittoria nonostante tutto arrise ai dori, che occuparono Sibari saccheggiandola per ben 70 giorni e deviando sui ruderi della città le acque del fiume Crati. Nel 444 a.C. coloni ateniesi e peloponnesiaci fonderanno, sul sito della distrutta Sibari, la colonia di Turii, per volere di Pericle nel piano di distensione correlato alla pace dei trent'anni nella Guerra del Peloponneso. Nel 338 a.C. Locri chiede aiuto a Dionisio tiranno di Siracusa contro le mire espansionistiche di Reggio (non più alleata dei locresi) e di Crotone. I siracusani interverranno nella penisola calabrese sconfiggendo i crotoniati sul punto più stretto del fiume Sagra oggi Allaro ed occupando per dieci anni Crotone, evento che mise fine al potere dei crotonesi; simile sorte toccò a Reggio che pur avendo resistito ai numerosi attacchi di Dionisio di Siracusa, nel 386 a.C. dopo undici mesi d'assedio fu presa dai siracusani, e per alcuni anni anch'essa indebolita nel suo potere politico.

    Periodo italico

    Tali popolazioni dunque (Itali-Ausoni-Enotri, di probabile origine indoeuropea, Italici appartenenti al gruppo latino-falisco), avrebbero abitato prevalentemente le zone costiere. I Lucani (Italici indoeuropei, appartenenti al gruppo osco-umbro), abitavano nella regione che da essi prese il nome di "Lucania", a nord della Calabria. L'entroterra della Calabria (chiamato in seguito dai Romani "Bruttium"), fu abitato principalmente dai Bruzi (di temperamento bellicoso, chiamati Brutti o Bretti, strettamente imparentati coi Lucani) oltre che da genti di origine iberica. Il centro nevralgico di questo popolo era Consentia, l'attuale Cosenza, la quale venne eletta dalle tribù dei Bruzi, dopo essersi coalizzate in una lega, "capitale" della regione. Fu occupata dai Romani assieme al resto della Magna Grecia nel 265 a.C., ma durante la seconda guerra punica si ribellò a Roma per allearsi con Annibale, per poi ritornare sotto il saldo controllo della repubblica romana dopo la sconfitta del condottiero cartaginese.

    Periodo greco

    Di fondamentale importanza è lo sbarco dei Greci sulle coste calabresi, i quali strapparono le terre ai Lucani (costretti a rifugiarsi nell'entroterra e nella parte settentrionale della Calabria), e si mescolarono con gli altri popoli autoctoni, dando vita ad una cultura meticcia, greco-italica, estremamente florida nei secoli successivi. I Greci fondarono fiorenti colonie, così magnificenti da guadagnarsi l'appellativo di Magna Grecia (Grande Grecia), così importanti da superare, in alcuni casi, la stessa madrepatria. Tra l'VIII ed il IV secolo a.C. infatti fiorivano su tutta la costa numerose ed importanti città della Magna Grecia, come Rhegion, Kroton, Locri Epizephyrii, Metauros e Sybaris, e numerose sub-colonie fondate dalle colonie stesse quali: Kaulon, Hipponion, Medma, Terina e Scolacium. La gloriosa storia delle poleis magnogreche vide primeggiare politicamente ed economicamente le città di Reggio come padrona dello Stretto di Messina e della Calabria meridionale, di Locri Epizefiri nella parte centrale della regione, e di Crotone in quella settentrionale, in una storia fatta di alterne alleanze e conflitti interni tra le tre potenze della regione. Successivamente con la pressione delle popolazioni italiche dei Bruzi e dei Lucani (che conquistarono anche la gran parte poleis greche), e con l'avvento di Roma, la Magna Grecia iniziò il suo declino, dovuto anche ad una continua lotta per il predominio tra le poleis.

    Magna Grecia

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    La Magna Grecia e la Sicilia: in grigio le zone colonizzate da Achei, in blu da Ioni, in marrone chiaro da Dori e in marrone scuro da Greci nordoccidentali (Locresi)


    La Magna Grecia (in latino: Magna Graecia, in greco: Μεγάλη Ἑλλάς/Megálē Hellàs) è il nome dell'area geografica della penisola italiana meridionale che fu anticamente colonizzata dai Greci a partire dall'VIII secolo a.C. La vicenda storica della Magna Grecia, sebbene strettamente legata, va tenuta distinta da quella della Sicilia greca. Sebbene l'espressione Megále Hellàs sia attestata per la prima volta relativamente tardi, nel II secolo d.C., in un passo dello storico greco Polibio, si ritiene tuttavia che la genesi del concetto sottostante sia avvenuta nel VI secolo a.C., che segna l'apogeo della storia della Magna Grecia, in relazione ai fasti politici, economici, culturali e artistici raggiunti in quel periodo.

    Le origini


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    Colonna Tempio di Hera

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    Il Kouros di Reggio

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    I Bronzi di Riace

    Dopo la colonizzazione del Mar Egeo, tra l'VIII ed il VII secolo a.C., genti di civiltà greca (mercanti, contadini, allevatori, artigiani) comparvero nella parte meridionale dell'Italia (le attuali Basilicata, Calabria, Campania e Puglia) nell'ambito di un flusso migratorio originato da singole città della Grecia antica, motivato sia dall'interesse per lo sviluppo delle attività commerciali, che da tensioni sociali dovute all'incremento della popolazione a cui la magra produzione agricola non riusciva a dare sostentamento. Queste genti, giunte sulle coste Italiche fondarono diverse città quali Rhegion, Kyme, Metapontion e Taras. Per tradizione, la località dove stabilirsi era individuata seguendo l'indicazione che dava l'Oracolo del Santuario di Apollo a Delfi, che veniva interrogato dall'ecista, colui che era stato posto a capo degli aspiranti coloni. Per i discendenti delle genti greche stabilitesi nella Penisola italiana, questo fu il periodo in cui fu raggiunta la massima ricchezza economica, a cui s'aggiunse lo splendore in campo culturale ed artistico, avendo seguito l'evoluzione della Civiltà Greca, in letteratura, filosofia e arte, con punto di sviluppo spesso superiori alla stessa madrepatria. Come conseguenza di questa realtà di grande splendore, le zone colonizzate nella penisola italiana, ci sono state tramandate col nome di Magna Grecia (Megàle Hellàs): un nome che volle testimoniare l'orgoglio per aver dato vita, lontano dalla Grecia, ad una comunità di Greci che aveva raggiunto così alti livelli in campo sociale, culturale ed economico, da poter essere considerata, in confronto, più grande della stessa madrepatria. Dunque verso il III secolo a.C., si cominciò a definire le colonie greche dell'Italia meridionale come facenti parte della Magna Grecia (Megàle Hellàs). Riferimento che si presume sia stato coniato nelle colonie stesse, per mostrare la loro grandezza in relazione alla vecchia Grecia. Il termine Magna Grecia si riferisce quindi alle popolazioni e civiltà, piuttosto che ad un'entità territoriale e politica. Anche la Sicilia vide diverse colonie greche (come Zankle, Naxos e Syraka), che però secondo i greci antichi non facevano parte della cosiddetta Magna Grecia, a differenza di quello che invece pensavano gli storici romani.

    Le differenti stirpi
    Gente originaria della città di Calcide della grande isola Eubea, fondò prima Pithecusa (Ischia), poi Kyme (Cuma) in Campania, quest'ultima insieme a coloni provenienti da Cuma eolica, e tra il 756 a.C. ed 743 a.C. le due città di Zancle (Messina) e Rhegion (Reggio), rispettivamente sulla sponda siciliana e quella calabrese dello Stretto che separa le due terre. Negli anni successivi, Greci di stirpe achea diedero vita sul versante jonico prima a Sybaris (Sibari, 720 a.C.) e poi a Kroton (Crotone 710 a.C.), spinti dalla necessità di sfuggire carestie e sovrappopolazione. Sempre sullo Ionio, secondo fonti tramandate dallo storico Eusebio di Cesarea, alcuni coloni spartani fondarono la città di Taras (Taranto, 706 a.C.). Fra il 710 a.C. e il 690 a.C., un gruppo di Locresi, condotti da Evante, provenienti dalle regioni della Grecia sul golfo di Crisa, fondarono Lokroi Epizephyroi (Locri Epizefiri), ultima città fondata in Calabria da gente proveniente direttamente dalla Grecia.

    Le sub-colonie
    Nel tempo le nuove città, per ragioni politiche, di sovrappopolazione, commerciali e di controllo del territorio, ampliarono la loro presenza in Italia, espandendo di fatto la civiltà greca a tutto il territorio oggi chiamato Calabria, allora conosciuto come Enotria o Italia, e ad altre zone. I reggini fondarono Pyxus (Policastro Bussentino) in Campania; i locresi fondarono Medma (Rosarno) passando da Città-forte (Polistena) e Hipponion (Vibo Valentia) in Calabria, i sibariti rivitalizzarono i centri indigeni di Laos e Skydros in Calabria e fondarono Poseidonia (Paestum), in Campania; i crotoniati fondarono Terina e Skylletion (a Roccelletta di Borgia) e parteciparono alla fondazione di Kaulon (vicino a Monasterace marina) in Calabria; gli zanclei fondarono Metauros (Gioia Tauro) in Calabria. Continue furono invece le aggressioni dei tarantini condotte ai danni dei vicini Peucezi e Messapi, culminate nella definitiva sconfitta subita ad opera degli Iapigi nel 473 a.C., annoverata dallo storico greco Erodoto tra le più gravi inflitte a popolazioni di stirpe greca. Sarà l'arrivo delle legioni romane avvenuto tra il 290 ed il 280 a.C., a sancire il passaggio sotto la protezione ed il dominio di Roma di tutte le città greche della penisola italiana.

    Localizzazione delle colonie in Magna Grecia - Calabria
    • Rhégion - Reggio Calabria
    • Locri Epizefiri - Portigliola
    • Kroton - Crotone
    • Kaulon - Monasterace
    • Sybaris - Sibari
    • Petelia - Strongoli
    • Krimisa - Cirò
    • Hipponion - Vibo Valentia
    • Metauros - Gioia Tauro
    • Medma - Rosarno
    • Laos - Santa Maria del Cedro
    • Thurii - Thurio
    • Temesa - Amantea
    • Terina - Lamezia Terme
    • Scolacium - Borgia

    Peculiarità delle poleis magnogreche

    L'organizzazione amministrativa, è stata ereditata dalle poleis greche, riprendendo il concetto di "città-stato" amministrate dall'aristocrazia. Le città della Magna Grecia erano indipendenti come le poleis greche, disponevano di un nutrito esercito e vi era un reggente che governava o un sistema di governo democratico. Vi furono anche casi di tirannia come nella poderosa Siracusa, retta dal tiranno Dionisio che combatté i Cartaginesi sino alla sua morte, ad Atene, in seguito ad un malore. La flotta era un'arma micidiale che i coloni della Magna Grecia utilizzarono e dunque numerose città erano situate in riva al mare e disponevano di grandi porti dove erano ancorate centinaia di navi.

    Economia

    Nelle città della Magna Grecia, si sviluppò subito il commercio, l'agricoltura e l'artigianato. Inizialmente orientato alle popolazioni indigene, il commercio fu subito un ottimo canale di scambio con i greci della madrepatria che importava dal grano ai manufatti, dalle opere letterarie al marmo e così via. I coloni entrarono a contatto anche con i Cartaginesi che però si rivelarono presto dei temibili nemici.

    Cultura

    Dalla madre patria Grecia, l'arte, la letteratura e la filosofia influenzarono in modo decisivo la vita delle colonie. In Magna Grecia si diede molto credito alla cultura. Basti pensare che nelle polis si raggiunse un tasso di ingegneria, istruzione, ecc. pari a quello della madrepatria. I coloni ellenici dopo aver sottomesso le popolazioni indigene stabilirono biblioteche, centri di studi che formarono i più abili filosofi, letterati, medici. Pitagora di Samo si trasferì a Crotone dove fondò la sua scuola nel 530 a.C. Visitarono la Magna Grecia fragli altri, Eschilo, Erodoto, Senofane e Platone. Tra i personaggi illustri nati in Magna Grecia ricordiamo: i filosofi Parmenide, Zenone di Elea, Gorgia ed Empedocle; i pitagorici Filolao, Archita, Liside, Echecrate e Timeo; il matematico Archimede; gli storici Ippi, Glauco e Lico; i poeti Teocrito, Stesicoro, Ibico, Senocrito, Nosside, Alessi e Leonida; i medici Timoteo, Alcmeone e Democède; gli scultori reggini Pitagora e Clearco; il pittore Zeusi, il musicologo Aristosseno ed il legislatore Zaleuco.

    Sport

    Le colonie inviavano atleti di tutte le discipline ai giochi che si tenevano periodicamente ad Olimpia e Delfi in Grecia. Inoltre i coloni della Magna Grecia tenevano molto ai giochi ellenici dove potevano dare prova ai greci della loro appartenenza allo stesso luogo d'origine, della loro forza fisica e delle capacità nei giochi praticati anche dai loro avi decine di generazioni prima. E per questo i più grandi sovrani esigevano che venissero addestrate squadre da inviare in Grecia. Lo sport era dunque un canale di comunicazione con la penisola ellenica, un mezzo con il quale le colonie della Magna Grecia facevano sentire la propria voce. Spesso era un movimento gestito più dalla politica che dalla dedizione per la lotta, il lancio del disco e per tutte le altre attività che si praticavano durante quelle importanti prove agonistiche. Gli italioti ed i sicelioti ebbero grandi successi nelle competizione sportive in madrepatria. Basti pensare che gli atleti di Crotone vinsero 20 titoli in 26 Olimpiadi tra il 588 a.C. e il 488 a.C., tanto da essere secondi solo a Sparta, davanti ad Atene.

    La Calabria romana


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    L'antica strada principale
    di Locri Epizefiri

    Tra il 280 ed il 275 a.C. si combatte la guerra Tarentina, fra Roma e Taranto. Quest'ultima chiede aiuto a Pirro re dell'Epiro, che nel 280 assieme agli alleati Bruzi e Lucani sconfigge i Romani nella battaglia di Heraclea, grazie alla presenza degli elefanti. Ma Pirro verrà sconfitto successivamente dai romani a Maluentum (oggi Benevento), nel 275, e si ritirerà verso la Sicilia dove Siracusa necessitava di aiuto contro i cartaginesi. Transitando per la Calabria, si dice che l'armata di Pirro saccheggiasse il santuario di Proserpina a Locri, incappando - si dice - nell'ira degli dei. Ciò, unito al fatto che Roma aveva stretto alleanza con alcune delle ultime poleis della Magna Grecia, tra cui Reggio, fecero sì che Pirro rientrasse in patria. Così tra città confederate e colonie verso il 272 a.C. i romani si erano assicurati il dominino su tutto il Sud continentale della Penisola Italiana. Nel 270 a.C. le terre di proprietà dei Bruzi verranno sequestrate dal Senato e accorpate all'ager publicus. La maggior parte dell'attuale Sila (dal latino silva, cioè "bosco" e che in origine comprendeva anche l'attuale Aspromonte) viene a far parte del patrimonio del popolo romano. Tra il 264 e il 251 a.C. si combatte in Sicilia la Prima Guerra Punica, tra Roma e Cartagine, che si concluderà con la creazione della provincia romana della Sicilia. In seguito alla provocazione cartaginese con l'assedio di Sagunto, in Spagna, scoppierà nel 217 a.C. la Seconda guerra punica. Il generale cartaginese Annibale dopo aver preso Sagunto e Marsiglia valicherà le Alpi e sconfiggerà i Romani sul fiume Trebbia, sul Ticino, sul lago Trasimeno e nel 216 a.C. a Canne, in Puglia. Quindi farà una breve incursione sull'Agro Romano prima di ritirarsi a Capua per i famosi ozi. Tra 205 e 204 a.C., in seguito alle folgoranti vittorie romane in tutti gli scenari di guerra, Annibale si ritirò in Calabria, punì le città di Turii e Petelia, fedeli a Roma, e premiò i suoi alleati Bruzi. Inoltre fece scrivere una storia delle Guerre Puniche di parte cartaginese, e ordinò fosse conservata nel tempio di Hera Lacinia a Crotone così che i Romani non potessero falsare la storia della guerra. Plutarco, scrivendo la sua opera, attinse anche da quella fonte. Ma i Romani sono alle porte: nell'estate 204 a.C. arrivano in Calabria e rendono i Bruzi schiavi per punirli della loro ribellione. Vasti latifondi sono requisiti e assegnati a esponenti dell'aristocrazia romana. Dal 186 a.C. scatta in tutta la Magna Grecia la repressione dei Baccanali, e del culto di origine greca di Bacco, nell'ambito di un piano di de-grecizzazione del Mezzogiorno d'Italia.

    Regio III Lucania et Bruttii

    La Regio III Lucania et Bruttii, la terza delle Regioni dell'Italia augustea, confinava ad est ed a nord con la Regio II Apulia et Calabria, a nord-ovest con la Regio I Latium et Campania, mentre a sud era racchiusa tra Mar Ionio e Tirreno e si spingeva fino al Fretum Siculum (lo stretto di Messina). Geograficamente, il confine orientale era individuato nel corso del fiume Bradano (l'antico Bradanus) che scorre poco ad ovest dell'odierna Matera (Mateola), quello nord-occidentale dal corso inferiore del Sele (Silarus). La Regio III comprendeva quindi tutta l'attuale Calabria abitata dai Bruttii e dai Greci, l'odierna Basilicata con l'esclusione del Melfese che era sannita e della Valle del Bradano che apparteneva all'Apulia, tutto il Cilento ed il Vallo di Diano nella provincia di Salerno meridionale, tutte queste zone erano abitate dai Lucani. Sulla sponda tirrenica il confine territoriale tra le due popolazioni era segnato dal fiume Lao (Laus) e dallo spartiacque del Pollino. Non si hanno informazioni certe per il versante ionico, ma è probabile che doveva trovarsi tra le vecchie colonie greche di Metaponto a nord, e di Sibari a sud. Entrambe le popolazioni erano di ceppo Osco. I romani conquistarono la regione con guerre, trattati ed alleanze intorno al III secolo a.C., inserendosi ed approfittando dello stato di quasi permanente ostilità che opponeva già da due secoli Lucani e Bruttii alle colonie della Magna Grecia, altra presenza fondamentale sul territorio anche se limitato alla zona costiera. La conquista romana non fu però facile perché nei due secoli a venire in diverse occasioni le popolazioni indigene si ribellarono, spesso coalizzandosi tra loro o appoggiando l'azione di condottieri straniero. Successe con la coalizione antiromana della terza guerra sannitica e durante l'invasione di Pirro e di Annibale. La definitiva vittoria romana costò cara ai locali che subirono una forte repressione e spesso dei veri genocidi.

    Città

    Il periodo d'oro delle poleis calabresi - le antiche colonie della Magna Grecia - era in discesa, e per questo motivo, diversamente da altre Regio nelle quali avveniva l'ascesa di nuove realtà, quella di Lucania et Bruttii riuscì ad esprimere in età imperiale pochissime città di grande rilievo. Fra le città più importanti Rhegium (Reggio Calabria), sede del Corrector (governatore) della Regio III Lucania et Bruttii per gran parte del tempo, altre importanti città erano per i Lucani Metaponto e soprattutto Eraclea sul versante Ionico, Potentia, Anxia, Grumentum e Acheruntia nell'interno, Elea-Velia e Paestum su quello Tirrenico; per i Bruttii Hipponion (attuale Vibo Valentia) e Locri Epizefiri (nei pressi dell'attuale Locri), Crotone, Thurii e Sibari sullo Ionio e Consentia, all'interno del territorio. Molte città del periodo Magno-greco furono abbandonate sin dalla II guerra Punica, come Medma (oggi Rosarno), Terina e Kaulon. Per quanto riguarda lo sfruttamento delle campagne, non ci sono segni di flessione nel loro sfruttamento, anche se le modalità di occupazione del territorio mutarono significativamente rispetto all'età precedente.

    Vie di comunicazione

    La Regio III aveva numerosi porti e approdi. I suoi scali principali sono storicamente attestati a Reggio, Vibo Valentia e Crotone; si ha notizia di porti minori a Velia e a Locri; la stazione di Ad Statuam o Ad Columnam (Colonna Reggina) era punto di traghetto per la Sicilia da Reggio a Messina. Il porto di Vibo Valentia ebbe grande importanza anche sul piano militare: nel 218 a.C. venne utilizzato dai Romani in lotta contro Annibale; nel 200 a.C. è una base per la flotta romana in partenza per la guerra Macedonica; nel 46 a.C. fu sede per la flotta di Cesare da quanto attestato dallo stesso nel De Bello Civile; nel 36 a.C. secondo quanto ricordato da Appiano fu il quartier generale di Augusto nella guerra contro Sesto Pompeo( figlio di Gneo Pompeo) che si era impadronito della Sicilia e di una grossa flotta. Il "portus Vibonensis" è stato localizzato in località Trainiti, di esso rimangono i resti del molo che si protende per 600 metri nel mare, ma buona parte di esso si è interrato in seguito all'avanzamento della linea di costa. Inoltre in tutta la costa della provincia di Vibo Valentia sono stati identificati un serie di altri approdi di supporto allo scalo principale, fra essi il più grande è Portus Herculis citato da Plinio e Strabone, oggi identificato in località Formicoli di Santa Domenica di Ricadi, Formicoli è un toponimo nato dalla contrazione di Forum Herculis. La principale via di comunicazione della Regio III era dunque costituita dalla strada che collegava Capua a Reggio, comunemente nota come Via Popilia, il cui percorso si manteneva sull'interno ed è oggi in parte ricalcato dall'Autostrada A3 (Salerno-Reggio Calabria), che nei pressi di Grumentum, si incrociava con la via Herculea, la quale collegava proprio Grumentum al Sannio meridionale, attraversando Venosa (Venusia) e Potenza (Potentia).

    Esistevano inoltre due vie litoranee, seppure di minore importanza:
    • la strada tirrenica che partiva da Paestum, toccava Velia e si innestava nella Popilia a nord di Vibo Valentia, dove la grande arteria raggiungeva il mare;
    • la strada ionica che congiungeva Reggio a Metaponto e Taranto, lungo un percorso già tracciato ai tempi della colonizzazione greca che toccava Scolacium, Locri, Crotone e Thurii.

    Per quanto concerne le vie fluviali, un certo traffico sembra si svolgesse lungo il Crati, che sfociava nella piana di Sibari.

    Economia

    Il carattere prevalentemente montuoso della Regio III non la rendeva molto adatta all'agricoltura; in mancanza di un attento drenaggio inoltre gli stessi tratti pianeggianti tendevano ad impaludarsi e a divenire focolai di malaria, cosa che spesso avvenne nell'antichità. Ciò nonostante essa poteva vantare alcuni prodotti di spicco quali i fiori di Paestum utilizzati dall'industria dei profumi di Capua o la vite e l'ulivo del Bruzio. Un'importante fonte di reddito era invece costituito dai suoi immensi boschi, oggiin gran parte perduti, la cui crescita era favorita anche dalla piovosità relativamente elevata sul versante tirrenico. Quelli dell'Aspromonte, soprattutto nella zona di Pellaro, fornivano un eccellente legname per i cantieri navali del porto di Reggio, che era infatti Socia Navalis di Roma; quelli della Sila fornivano invece il legname per i cantieri navali del porto di Vibo Valentia. A questo scopo si utilizzavano i tratti di bosco prossimi ad un corso d'acqua, che consentiva di trasportare facilmente, per fluitazione, i tronchi fino alla costa. Dai porti di Reggio, Vibo, Locri e Crotone il legname da costruzione era inoltre esportato in tutta l'Italia. Ancora nel VI-VII secolo d.C. il legname bruttio veniva esportato, lo confermano le lettere del papa San Gregorio Magno, indirizzate al vescovo di Vibo Valentia al quale richiede di inviare a Roma, attraverso delle navi, il legname per la costruzione di alcune chiese. Sempre dagli alberi secolari calabresi si ricavava la pix Bruttia (pece Bruzia) un tipo di pece particolarmente apprezzato nell'antichità, utilizzata tra l'altro nelle operazioni di impermeabilizzazione degli scafi in legno delle navi, per sigillare e rendere impermeabili i contenitori in argilla, nei procedimenti di invecchiamento del vino, in medicina e nella cosmesi. In alcune fonti viene citata anche la pece Locrese e Hipponiate (Grattio Falisco). Come di regola nell'antichità, tra i querceti si praticava l'allevamento dei suini allo stato brado. In questo si distinguevano i lucani che ben presto divennero i maggiori produttori di carne di maiale dell'Italia antica. Questo assunse particolare rilievo a partire dalla decisione dell'imperatore Aureliano (270-275 d.C.) di istituire regolari distribuzioni di carne suina per la plebe di Roma. Non è quindi un caso che proprio dalla Lucania prenda il nome un tipo di salsiccia. Per il considerevole sviluppo costiero, anche della pesca rappresentava una risorsa economica di una certa importanza per la Regio III. Del tonno pescato in questa regione parla Ateneo(III secolo d.C.) ma già nel IV secolo a.C. Archestrato di Gela aveva scritto dell'eccellenza dei tonni di Hipponion ( odierna Vibo Valentia), da lui definiti i migliori esistenti sul pianeta. Nel territorio di questa città, in età Romana, si diffusero diversi stabilimenti per la cattura e la lavorazione del tonno, come ad esempio la tonnara romana di Sant'Irene, ancora in buonostato, nel comune di Briatico a poca distanza dell'antico porto di Vibo Valentia. Il tonno una volta pescato veniva tagliato e messo nelle anfore sotto sale, oppure veniva trattato con una particolare procedura per la preparzione di una salsa, il garum, molto gradito al palato degli antichi romani.

    Via Capua-Rhegium



    "Feci la via da Reggio a Capua e in quella via posi tutti i ponti, i milliari e i tabellarii.
    Da questo punto a Nocera 51 miglia, a Capua 84, a Morano 74, a Cosenza 123, a Vibo Valentia 180, allo Stretto presso la Statua 231, a Reggio 237.
    da Capua a Reggio in totale 321 miglia.
    E io stesso, pretore in Sicilia, catturai e riconsegnai gli schiavi fuggitivi degli Italici, per un totale di 917 uomini, e parimenti per primo feci in modo che sull'agro pubblico i pastori cedessero agli agricoltori.
    In questo luogo eressi un foro e un tempio pubblici
    ".

    (Su un cippo (iscrizione) ritrovato a Polla (in provincia di Salerno) sono indicati i centri principali attraversati dalla Via ab Regio ad Capuam)La Via Capua - Rhegium (Via ab Regio ad Capuam), nota anche come Via Popilia o Via Annia, è un'importante strada romana costruita nel 132 a.C.. In quell'anno infatti la magistratura romana decretò la costruzione di una strada che congiungesse stabilmente Roma con la "Civitas foederata Regium", estrema punta della penisola italica.

    Il percorso

    La strada si staccava dalla via Appia a Capua e raggiungeva Nola, Nuceria Alfaterna (Nocera Inferiore) e poi Salernum (Salerno) sul mare Tirreno. Da qui la strada si dirigeva verso la piana del Sele attraversando la città di Eburum, l'odierna Eboli. Dopo aver toccato la confluenza tra il fiume Sele e il Tanagro, la via Popilia puntava a sud risalendo il percorso di quest'ultimo fino a raggiungere il Vallo di Diano, un altopiano dove all'epoca erano situate le città romane di Atina (Atena Lucana), Tegianum, Consilinum (Sala Consilina), Sontia (Sanza) e i pagi di Marcellianum e Forum Anni, poi Forum Popilii. Molti di questi insediamenti furono devastati da Alarico nel 410 e solo alcuni sono stati ricostruiti in epoca medievale, come per esempio Forum Popilii ricostruita in posizione più difendibile con il nome usato anche modernamente di Polla. Lasciato il Vallo di Diano, la strada si dirigiva a sud verso la antica città, ora scomparsa, di Nerulum e da qui Muranum, l'odierna Morano Calabro. Nel percorso fino a Rhegium, la strada attraversava il territorio di Interamnium (San Lorenzo del Vallo) e le città di Caprasia, individuata nella posizione della moderna Tarsia, Consentia (Cosenza) e Mamertum, la città oggi conosciuta come Martirano e nota nelle cronache romane per la resistenza dei suoi abitanti alleati di Roma contro Pirro nelle guerre dette guerre pirriche e per aver dato origine al nome di Mamertini, soldati mercenari famosi soprattutto per aver giocato un ruolo di primo piano nello scoppio della Prima guerra punica. Da Mamertum, percorrendo la via Popilia continuando verso sud, si raggiungeva l'importante nodo fluviale di Ad Sabatum Flumen, un passaggio obbligato e di importanza strategica per i collegamenti nella zona e per raggiungere l'antica Vibona, ora Vibo Valentia. Proseguendo lungo l'antica strada romana, si raggiungeva Hipponium, città ribattezzata dopo le guerre pirriche Valentia e unita con Vibo nel comune moderno di Vibo Valentia. Prima di raggiungere la sua città di arrivo, la via Capua-Rhegium toccava Nicotera e l'importante porto di Scyllaeum (Scilla).

    La questione del nome

    Sebbene quello di Via Popilia sia entrato nell'uso, la questione su quale appellativo sia corretto attribuire alla via, rimane ancora dibattuta. Infatti una corrente interpretativa (peraltro maggioritaria) sostiene la liceità del nome Via Popilia, individuando in Publio Popilio Lenate il console che l'avrebbe fatta costruire nel 132 a.C. Ciò in ragione di quanto si legge nel cosiddetto Cippo di Polla. Altri studiosi, tra cui Vittorio Bracco, sono propensi a indicare la strada col nome di Via Annia, poiché sarebbe stata in realtà costruita dal Console Tito Annio Lusco (quindi nel 153 a.C.). L'ipotesi è suggerita da un'iscrizione miliare ritrovata nel vibonese, recante il nome di un certo "Tito Annio, pretore, figlio di Tito" e la distanza da Vibo a Capua (255 miglia). Nel tentativo di risolvere la contraddizione, è stata avanzata un'altra ipotesi, che metterebbe d'accordo le due iscrizioni. La strada sarebbe stata iniziata da Popilio ma completata l'anno successivo da Annio. Non si tratterebbe però di Tito Annio Lusco bensì di Tito Annio Rufo, uno dei pretori del 131 a.C.

    Medioevo


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    Naniglio, Tempio del sole
    Gioiosa Jonica

    Il termine thema designa le circoscrizioni che nel VII secolo furono create per opera dell'imperatore bizantino Eraclio I, al fine - almeno inizialmente - di rinnovare l'assetto amministrativo e territoriale di tutto l'impero. Il significato del vocabolo, che in greco classico indicava semplicemente "ciò che è posto", si era specializzato già all'epoca di Giustiniano I in reggimento. Con la caduta dell'Impero, la Calabria fu devastata dalle guerre gotiche, tra goti e bizantini, i quali ebbero la meglio. Successivamente a causa dell'invasione longobarda i bizantini persero gran parte dell'Italia compresa anche parte della Calabria settentrionale, i territori rimasti del Bruzio furono aggregati con le terre possedute nel Salento, formando il Ducato di Calabria compreso nel thema di Sicilia. Successivamente il dominio bizantino in Italia meridionale fu diviso in: thema di Langobardia, con capitale Bari, e, una volta caduta la Sicilia in mano agli arabi, in thema di Calabria, con capitale Reggio. Quest'ultimo territorio aveva dunque ereditato il nome Calabria, precedentemente usato per designare la penisola salentina. Durante l'alto medioevo gli abitanti furono spinti verso l'interno della regione sia dalle pestilenze che dalle incursioni piratesche, una vera minaccia per gli insediamenti costieri, continuata fino alla fine del XVIII secolo. Numerose furono infatti le fortificazioni collinari e montuose nell'entroterra calabrese, costituita da villaggi arroccati in posizione sufficientemente arretrata e inaccessibile da poter avvistare in tempo le navi nemiche e sbarrare prontamente le vie d'accesso ai centri abitati. Nel IX e X secolo la Calabria, fu terra di confine tra i Bizantini e gli Arabi insediatisi in Sicilia, che si contesero a lungo la penisola, soggetta a razzie e schermaglie, spopolata e demoralizzata, ma con gli importanti monasteri bizantini, vere e proprie roccaforti della cultura.

    Il ducato bizantino

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    Il ducato di Calabria tra il 533 e il 600


    Con la caduta dell'Impero, la Calabria fu devastata dalle guerre gotiche, tra goti e bizantini, i quali ebbero la meglio. Successivamente a causa dell'invasione longobarda i bizantini persero gran parte dell'Italia compresa anche parte della Calabria settentrionale, i territori rimasti del Bruzio furono aggregati con le terre possedute nel Salento, formando il ducato di Calabria compreso nel thema di Sicilia. Successivamente il dominio bizantino in Italia meridionale fu diviso in: thema di Langobardia, con capitale Bari, e, una volta caduta la Sicilia in mano agli arabi, in thema di Calabria, con capitale Reggio. Quest'ultimo territorio aveva dunque ereditato il nome Calabria, precedentemente usato per designare la penisola salentina; con l'estendersi delle conquisti bizantine fu organizzato anche il thema di Lucania che comprendeva parte dell'odierna Calabria settentrionale. Durante l'alto medioevo gli abitanti furono spinti verso l'interno della regione sia dalle pestilenze che dalle incursioni piratesche, una vera minaccia per gli insediamenti costieri, continuata fino alla fine del XVIII secolo. Numerose furono infatti le fortificazioni collinari e montuose nell'entroterra calabrese, costituita da villaggi arroccati in posizione sufficientemente arretrata e inaccessibile da poter avvistare in tempo le navi nemiche e sbarrare prontamente le vie d'accesso ai centri abitati. Nel IX e X secolo, la Calabria fu terra di confine tra i Bizantini e gli Arabi insediatisi in Sicilia, che si contesero a lungo la penisola, soggetta a razzie e schermaglie, spopolata e demoralizzata, ma con gli importanti monasteri bizantini, vere e proprie roccaforti della cultura.

    Le corti normanne

    Alla lunga contesa arabo-bizantina mette fine però la famiglia normanna degli Altavilla. L'anno 1061 sancisce infatti che la Calabria è dei Normanni, suddivisa tra Roberto il Guiscardo, Duca di Calabria, e Ruggero, Conte di Calabria. Il governo così organizzato fu messo in atto dai locali magnati bizantini. Il dominio viene esteso alle Puglie e da questo momento ha termine ogni pertinenza bizantina.

    • Roberto conferma in Reggio la capitale del Ducato di Puglia e di Calabria e sede del giustizierato di Calabria, nominandosi egli stesso Duca;
    • In questo periodo Cosenza divenne capitale e sede del giustizierato Val di Crati e Terra Giordana e residenza di Ruggero II, Duca di Calabria che iniziò la costruzione del Castello sui ruderi di una fortezza saracena.
    • Ruggero è invece Conte di Calabria, vassallo del fratello Roberto, con sede a Mileto.

    Roberto il Guiscardo fu investito Duca di Puglia, Calabria e Sicilia il 23 agosto 1059 da papa Niccolò II con la formula: per Grazia di Dio e di San Pietro duca di Puglia e Calabria e, se ancora mi assisteranno, futuro Signore della Sicilia.

    Ducato di Calabria

    Il Ducato di Calabria, (successivamente Thema di Calabria), con capitale Reggio era un antico territorio bizantino in Italia, che comprendeva inizialmente parti delle attuali regioni Calabria e Puglia, e successivamente solo la parte meridionale dell'attuale Calabria.

    Premesse e nascita del ducato

    Con una guerra quasi ventennale (535-553) l'imperatore Giustiniano I (482-565) aveva eliminato la presenza ostrogota in Italia, ma l’invasione dei Longobardi del 568 giunse a rompere definitivamente l'unità politica della penisola, aprendo la strada a una distinzione fra il regnum longobardo, con capitale Pavia (che si frazionerà in ducati sempre più autonomi dal potere regio), e i territori bizantini, con le relative suddivisioni amministrative, anch'esse con una sempre maggiore autonomia: tra questi il ducato di Calabria, con capitale Reggio, centro urbano regionale posto sulle rive del mare, conquistata nel 536 dalle truppe bizantine guidate da Belisario. I territori italiani risultano così frammentati in una serie di nuclei locali, alcuni dei quali si avviarono a diventare stati autonomi (la repubblica di Venezia, il ducato di Napoli, le repubbliche marinare di Gaeta, Amalfi e Sorrento, il ducato di Roma, o "ducato romano", dai confini incerti) mentre altri restarono sotto il governo dell'impero d’Oriente (esarcato di Ravenna, ducato di Calabria).

    La lunga contesa tra arabi e bizantini

    Nell'827, con lo sbarco arabo a Mazara, la Sicilia nell'arco di cinquant'anni divenne provincia musulmana e il dominio bizantino nell'Italia meridionale fu sempre in una situazione di incertezza. Anche il ducato di Calabria risentì di questa nuova situazione: gruppi di Saraceni infatti si insediarono tra l'840 e l'842 nelle città di Taranto e Bari da cui partirono scorrerie dirette verso la Calabria. La situazione divenne ancor più precaria quando Tropea, Amantea e Santa Severina furono occupate dai Saraceni; un'armata greca sbarcata presso capo Colonna nel 880 riconquistò comunque la Sila, la Calabria settentrionale e la Lucania orientale fino a Taranto, le città occupate dai saraceni vengono invece riconquistate dal generale Niceforo Foca il vecchio nel 885. Le conquiste del generale spostarono anche il confine longobardo-bizantino a nord della valle del Crati, in conseguenza di ciò vescovi ortodossi vengono insediati a Cosenza e a Bisignano e una nuova diocesi viene creata a Cassano. Nel 902 Abû el'-Abbâs (conosciuto anche come Ibrahim II ibn Ahmad), emiro d'Africa, dopo aver assoggettato Taormina conquista Reggio. L'obbiettivo dell'emiro conquistare tutto il meridione svanisce con la morte dello stesso avvenuta pochi mesi dopo durante l'assedio di Cosenza. Segue un decennio di calma, interrotto nel 918 dalla presa di Reggio Calabria, da quest'anno lo stratego Eustazio si accorda con l'emirato siciliano per il pagamento di un tributo di 22.000 nomismata in cambio della pace. Questo periodo segna comunque l'inizio di un lungo avvicendarsi di Arabi e Bizantini nel contendersi Reggio e i territori del ducato di Calabria. Il successore di Eustazio, Giovanni Muzalon (conosciuto anche come Byzalon), trovò la morte in un periodo successivo all'ascesa al trono di Romano Lecapeno, nel 920 o nel 921-922, a causa di una rivolta (o congiura) causata con tutta probabilità della forte pressione fiscale; un'altra ipotesi e che fu ucciso in quanto progettava di ribellarsi al basileus in accordo con gli arabi. Nel 924 il tributo all'emirato fu ridotto della metà grazie all'intervento dell'imperatore. Nel 922, approfittando della mancanza di truppe impegnate in Armenia e nella difesa di Costantinopoli dall'assedio dello Zar Simeone I di Bulgaria, viene assediata e conquistata Sant'Agata, una delle fortezze pre-aspromontane che contornavano Reggio. Nel 929-930 l'eunuco slavo Sâbir effettuata delle scorrerie sulle coste calabresi e pugliesi. Nel 926 il principe di Salerno Guaimario II, in alleanza con il cugino Landolfo I di Capua tentò di conquistare i domini bizantini attaccando il nord della regione ma fu sconfitto, insieme ai suoi alleati, definitivamente nel 930 forse anche grazie all'intervento dei saraceni alleati questa volta degli imperiali. Nel 934, dopo la morte del califfo fatimida al-Madhî le città calabresi cessano di pagare il tributo. Nel 947 la Sicilia, precedentemente in rivolta, è di nuovo pacificata è il nuovo emiro kalbita ?asan b. ?Ali al-Kalbi richiede il ripristino del tributo, rifiutato però dalle autorità bizantine che si preparano di conseguenza alla guerra. L'emiro reagisce e nel 951 attraversa lo stretto è occupa la città di Reggio abbandonata dai sui abitanti, quindi prosegue verso Gerace che viene assediata e da cui ottiene il pagamento del tributo, la stessa situazione, dopo una serie di marce con cui viene raggiunto il Crati, si ripete per Cassano. Solo nella primavera del 952 le truppe dei themata di Calabria e Longobardia, guidate dai rispettivi strateghi Pascalio e il patrizio Malakinos, si scontrano con i saraceni, nei pressi di Gerace, venendo clamorosamente sconfitte. Viene quindi stipulato nel 955-956, dal nuovo stratego di Calabria e Longobardia Mariano Argiro, un trattato di pace che prevede il ripristino del tributo e la costruzione, per la prima volta, di una moschea a Reggio con diritto di asilo per i musulmani. Comunque il trattato non fece terminare le incursioni saracene anzi l'anno successivo lo stratego dovette fuggire dinanzi le truppe congiunte di al-Kalbi e del fratello Ammâr. La moschea venne comunque distrutta dal protocarabos Basilio nel 956-958 durante una spedizione marittima contro gli arabi siciliani.

    Armeni in Calabria

    La presenza di Armeni in Calabria è attestata in vari periodi della storia della regione.

    Storia

    La loro presenza è per la prima volta documentata sotto Giustiniano I di Bisanzio, il quale ordinò il trasferimento di ebrei ed armeni in Calabria, al fine di organizzare i rifornimenti alimentari per l'esercito bizantino. Vengono inoltre ipotizzati insediamenti di armeni anche successivamente, sotto Eraclio I di Bisanzio nel VII secolo, probabilmente dovuti all'invasione araba del medio oriente. Il sito dove si pensa vi sia stato il maggior numero di popolazioni armene si trova nelle vicinanze di Ferruzzano in provincia di Reggio Calabria, dove è infatti attestata l'esistenza di una località denominata Rocca degli Armeni, esistita dal VIII al IX secolo e successivamente abbandonata a causa di scorrerie arabe. Nel IX secolo, al seguito di Niceforo Foca il vecchio, contingenti militari composti da armeni si stabilirono in Calabria in qualità di stratioti.

    Gli Armeni

    - Fonte -

    In Calabria vi e' stato un popolo, insediatosi in certe aree del territorio, di cui pero' ancora troppo poco si sente parlare: gli armeni. La loro presenza risale al periodo romeo, in un periodo compreso tra il VI e il IX secolo. E' attestata una prima presenza ai tempi dell'imperatore Giustiniano, quando armeni (insieme ad ebrei) vi si trasferirono, su ordine dello stesso imperatore, per organizzare l'approvvigionamento dell'esercito romano-orientale, impegnato nella famosa guerra greco-gotica (535-553) al fine di riconquistare la penisola italiana. Altri insediamenti, perlopiù come soldati, avvennero sotto Eraclio I e, successivamente, al seguito di Niceforo Foca il Vecchio, generalze bizantino antenato dell'imperatore Niceforo II Foca. E' interessante notare che sia Eraclio che Niceforo Foca il Vecchio erano essi stessi di origine armena. Questa presenza è simboleggiata dalla presenza di cognomi come "Armeni", "Armeno", "Trebisonda" (città sul mar Nero, abitata prima della conquista turca prevalentemente da greci ed armeni) , "Iiriti", "Burzumati"; dal ritrovamento di croci armene (chiamate in lingua armena "khatchkar"), e dalla presenza di antiche chiese armene a Brancaleone, Bruzzano Zefirio, Paola e Ferruzzano (si pensa che quest'ultimo sia stato il maggior insediamento armeno). Ma chi sono questi armeni? Non è certo un popolo di cui si senta parlare tutti i giorni, ma certamente fondamentale nella storia della cultura europea, di cui vale la pena trattare. Cominciamo col dire che essi fanno risalire la loro origine mitologica ad Haik, discendente di Noè: gli armeni infatti chiamano sé stessi "Hayer", e la loro nazione "Hayastani" (terra di Haik). In realtà essi si stabilirono nell'antico regno di Urartu nel 600 a.C, dove la loro cultura cominciò a svilupparsi soppiantando quella urartea. Lo stato armeno iniziò a formarsi e a potenziarsi sotto le dinastie degli Orontidi e degli Artassidi: tra il 95 e il 65 a.C, sotto il regno dell'artasside Tigrane II il Grande, l'Armenia raggiunse la massima espansione, ma poco dopo il suo status cominciò a scemare, e il Regno d'Armenia divenne uno Stato cuscinetto conteso tra l'Impero Romano e i Persiani (prima Arsacidi/Parti, poi Sasanidi), tant'è che sul trono armeno ci finì un ramo cadetto della dinastia Arsacide, e sotto il re Tigrane III nel 301 d.C l'Armenia divenne ufficialmente il primo stato cristiano al mondo, dodici anni prima dell'Editto di Milano promulgato dagli imperatori romani Costantino e Licinio. Secondo la leggenda, i fondatori della Chiesa armena (monofisita, da µü??? "solo, unico" e fýs?? "natura", ovvero riconosce solo la natura divina di Gesù ; indipendente da quella di Roma) furono gli apostoli Bartolomeo e Taddeo, ma in realtà il padre fondatore fu san Gregorio Illuminatore (santo venerato anche dalla Chiesa cattolica), che secondo la leggenda fu rinchiuso in un pozzo dal re Tigrane per aver predicato la religione cristiana, ma quando il re divenne pazzo, Gregorio compì il miracolo di farlo rinsavire, e in conseguenza di ciò si battezzò. Ancora oggi, il capo della Chiesa armena viene chiamato "Katholikos" e ha la sua sede a Echmiadzin, una città non molto lontana dalla capitale Yerevan, ove si trovano la Cattedrale e due chiese di grande antichità. Circa un secolo dopo, nel 405, il monaco Meshrop Mashtots, per dare modo agli armeni di leggere la Bibbia nella propria lingua (precedentemente il rito si svolgeva in greco o in siriaco, la variante più prestigiosa dell'aramaico), creò l'alfabeto armeno, composto da 38 lettere (successivamente ridotto a 33), che ancora oggi è ammirato dai linguisti per la sua perfezione. Grazie alla creazione dell'alfabeto, la lingua armena si potè sviluppare e gli armeni divennero un popolo molto colto: produssero opere in vari campi del sapere (soprattutto nella storia, con Mosè di Corene, vissuto nel V secolo) e, come gli arabi, furono attivi nel tradurre e nel salvare molte opere, tra cui quelle dello storico Eusebio di Cesarea o del filosofo Filone di Alessandria, disponibili oggi solo in traduzione armena a causa della perdita nel corso dei secoli del testo originale. Politicamente, però, l'Armenia cadde sotto il giodo degli stranieri: nel 428 il Regno d'Armenia cessò di esistere e divenne una semplice satrapia dell'Impero sasanide (una parte di essa divenne invece romano-orientale), e nel 451 (lo stesso anno deglla battaglia ai Campi Catalaunici) gli armeni si ribellarono alla decisione dello shah persiano di imporre la conversione allo zoroastrismo. Si successero poi, nel corso dei secoli, anche arabi, turchi e russi, ma nel 1080 ci fu un sussulto: gli armeni abitanti nella provincia di Cilicia si ribellarono ai romei e fondarono uno stato indipendente, il Regno armeno di Cilicia, durato fino al 1375, quando fu conquistato dai Mamelucchi (originariamente schiavi al servizio del califfato abbaside ma che poi raggiunsero il potere in Egitto). Questo Regno ebbe un ruolo importante nello sviluppare la cultura armena, che si rinnovò con apporti dall'Europa occidentale, ottenuti grazie a rapporti commerciali e d'amicizia con gli Stati crociati. Nel XVI secolo, l'Armenia fu annessa all'Impero ottomano ma, in seguito alla guerra russo-turca del 1828-29, una parte di essa venne ceduta alla Russia. Questo portò alla formazione di due "Armenie", distinte anche dalla lingua: l'armeno orientale, la lingua oggi ufficiale dello Stato armeno post-sovietico, e quello occidentale, parlato nell'ex Armenia turca e ora lingua della diaspora armena nel mondo, a seguito del terribile genocidio armeno del 1915 commesso dai turchi: essendo questi convinti che essi collaborassero con i russi (c'era la prima guerra mondiale), e ritenuti inaffidabili dal neo-governo dei "Giovani Turchi", un gruppo che s'imponeva di dare una costituzione all'Impero, di modernizzarlo e di limitare la sovranità del sultano. Si arrivarono ad uccidere 1.500.000 di persone, senza contare che, però odio generalizzato verso le popolazioni cristiane, vennero trucidati anche greci del Ponto (i discendenti degli abitanti dell'Impero di Trebisonda) e assiri (i cristiani di lingua aramaica). E' un evento poco ricordato, che lo stato turco moderno ancora oggi rifiuta di riconoscere, ma che ispirò a Hitler lo sterminio degli ebrei. Ebbe infatti a dire: "Chi mai si ricorda oggi degli armeni?". Gli armeni ottomani, come detto, emigrarono in diverse parti del mondo, mentre quelli russi fecero parte della Repubblica Socialista Armena, fino allo scioglimento dell'URSS nel 1991. Si sono citati poc'anzi gli armeni nella nostra regione, ma la presenza armena in Italia più famosa è quella dei monaci mechitarsti, di rito armeno-cattolico (ovvero segue il rito nazionale ma è dipendente dal Papa romano). L'ordine prende il nome da Mechitar di Sebaste che, per sfuggire alle persecuzioni turche, s'insediò nella Repubblica di Venezia con i suoi monaci, e venne concessa loro l'isola di San Lazzaro, dove costruirono un monastero che divenne uno dei centri più importanti della cultura armena (Mechitar creò l'ordine proprio per far sviluppare culturalmente e spiritualmente il popolo armeno): lì si trovano circa 200.000 volumi con oltre 4.000 manoscritti armeni, ed è un centro tanto rinomato che lo scrittore inglese George Gordon Byron vi si recò lì per studiare l'armeno (nella sua versione classica chiamata "grabar", che rimase la lingua scritta fino al XIX secolo), e racconta di una marmellata di petali di rose, che ancora oggi i monaci preparano, chiamata "Vartanush".

    Calabria Ulteriore

    Già in età medievale nel territorio dell'attuale regione Calabria erano individuabili due distinte aree che nel corso dei secoli avrebbero assunto le denominazioni di Calabria Ulteriore (o Calabria greca) e di Calabria Citeriore (o Calabria latina). La Calabria greca corrisponde all'area centro-meridionale della regione e costituì, dal 1147, una unità amministrativa prima del Regno di Sicilia, poi del Regno di Napoli ed, infine, del Regno delle Due Sicilie. Corrispondeva all'incirca alle attuali province calabresi di Catanzaro, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia. Le città principali erano Reggio Calabria situata all'estremità meridionale e Catanzaro posta nell'area centro-settentrionale, rivestirono entrambi il ruolo capoluogo.

    Origini

    In età medievale, all'interno dell'impero romano il territorio calabrese era diviso in due province chiamate Calabria ulteriore (o Calabria ultra, Calabria greca) e Calabria citeriore (o Calabria citra, latina), con capoluogo Cosenza. La Calabria ulteriore corrispondeva all'area più meridionale: il confine con la Calabria citeriore veniva identificato a oriente dal fiume Neto e ad occidente dalla pianura di Decollatura. La distinzione venne mantenuta nel Regno di Napoli, e poi Regno delle Due Sicilie.

    Divisione della provincia di Calabria Ulteriore

    Con la legge del Regno delle Due Sicilie 10 maggio 1816 (in vigore dal 10 gennaio 1817) il territorio della Calabria Ulteriore - allora composta dai distretti di Monteleone (oggi Vibo Valentia), Catanzaro, Gerace e Reggio - venne diviso in due province:
    • la Calabria Ulteriore Prima (o Calabria Reggina), con capitale Reggio, divisa nei distretti di Reggio, Gerace e Palmi
    • la Calabria Ulteriore Seconda (o Calabria Brezia), con capitale Catanzaro e per un periodo Monteleone, divisa nei distretti di Catanzaro, Monteleone, Nicastro (oggi nel comune di Lamezia Terme) e Cotrone (oggi Crotone).

    La Calabria Ulteriore I aveva per capoluogo Reggio e corrispondeva all'attuale Provincia di Reggio Calabria, la Calabria Ulteriore II aveva invece per capoluogo Catanzaro e corrispondeva alle attuali province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia.

    Calabria Citeriore

    Già in età medievale il territorio dell'attuale regione Calabria era diviso in due aree chiamate Calabria Citeriore (o Calabria latina) e Calabria Ulteriore (o Calabria greca). La divisione amministrativa si è tramandata fino all'Unità d'Italia. Nel Regno delle Due Sicilie la provincia della Calabria Citeriore corrispondeva all'area più settentrionale della Calabria: confinava a Nord con la Basilicata, a oriente col Mar Ionio e ad occidente col Mar Tirreno, a Sud Calabria Ulteriore. Quest'ultimo confine veniva identificato a oriente dal fiume Neto e, ad occidente, dalla pianura di Decollatura. Il territorio della Calabria Citeriore corrispondeva grosso modo a quello dell'attuale provincia di Cosenza. Il dialetto calabrese parlato nella Calabria Citeriore è simile ad altri dialetti meridionali quali il napoletano e si differenzia ampiamente dal calabrese parlato nella parte "Ulteriore"; è infatti assente e sconosciuto il passato remoto nella coniugazione vernacolare dei verbi. I dialetti della Calabria Ulteriore manifestano, secondo l'opinione di Gerhard Rohlfs fenomeni riflessi di una lunga bilinguità greco-latina.


    Valle di Crati e Terra Giordana

    In epoca normanno-sveva, il territorio della Calabria era suddiviso in 3 regioni geografico-amministrative: la Valle di Crati, la Terra Giordana e la Calabria propriamente detta (che sarà definita, poi, Calabria Ulteriore). Dal punto di vista prettamente amministrativo, però, la Valle di Crati e la Terra Giordana formavano un unico giustizierato, che era detto, appunto, Vallis Gratae et Terra Jordanae. Tale territorio corrispondeva all'area settentrionale della Calabria: più precisamente, la Val di Crati comprendeva Cosenza ed il territorio occidentale del giustizierato, mentre la Terra Giordana abbracciava la parte orientale della provincia spingendosi a Sud sino ad includere Catanzaro che ne costituiva il centro principale. Il giustizierato, dunque, confinava a Nord con la Basilicata, a oriente col Mar Ionio e ad occidente col Mar Tirreno e a Sud con la Calabria Ulteriore. Quest'ultimo confine subì una importante variazione nel 1280, allorquando il giustizierato meridionale della Calabria, la cui estensione era inferiore rispetto a quella della parte settentrionale, fu ampliato con l'annessione dei territori di Catanzaro, Taverna, Sellia, Simeri, Barbaro, Genicocastro, Mesoraca, Policastro, Tacina, Le Castella, Rocca Bernarda, Santa Severina, San Giovanni de Monaco, Cotrone, Strivillante, Gimigliano, San Mauro, Cutro, San Leone, Scandale, Magisano, Albi, San Giovanni di Genicocastro e San Martino di Genicocastro. I confini tra le due Calabrie venivano, dunque, individuati, a oriente, dal corso del fiume Neto e, ad occidente, dalla pianura di Decollatura. Il territorio del giustizierato settentrionale veniva, così, a corrispondere, grosso modo, a quello dell'attuale provincia di Cosenza.

    Suddivisione amministrativa

    La provincia era suddivisa in successivi livelli amministrativi gerarchicamente dipendenti dal precedente. Al livello immediatamente successivo alla provincia individuiamo i distretti che, a loro volta, erano suddivisi in circondari. I circondari erano costituiti dai comuni, l'unità di base della struttura politico-amministrativa dello Stato moderno, ai quali potevano far capo i rioni, centri a carattere prevalentemente rurale.

    La provincia di Calabria Citra, dunque, venne suddivisa nei seguenti distretti:
    • Distretto di Cosenza dal 1806;
    • Distretto di Castrovillari dal 1806;
    • Distretto di Rossano dal 1806;
    • Distretto di Paola istituito nel 1816 in sostituzione del distretto di Amantea (istituito l'8 dicembre 1806).

    Il totale dei circondari della provincia ammontavano a 43, mentre il totale dei comuni assomava a 151.

    Periodo angioino e aragonese


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    Castello e Teatro
    Gioiosa Jonica

    È di questo periodo la diffusione del sistema feudale. Nel 1443 Alfonso il Magnanimo d'Aragona conquistando i territori degli Angioini assegnò il territorio di Reggio a Catanzaro, poiché Reggio aveva appoggiato il suo avversario Renato d'Angiò. Ma una ventina di anni dopo nel 1465 Ferdinando I di Aragona (Ferrante) riassegnò il titolo di capoluogo a Reggio. Nel XVI secolo in Calabria fu confermata la divisione nelle due province di Calabria Citeriore (o Citra) e Calabria Ulteriore (o Ultra) governate inizialmente da un solo magistrato, poi dal 1582 le due province furono amministrate da due distinti governatori:
    • uno a Cosenza per la Calabria Citeriore;
    • uno a Reggio dal 1582 al 1593, poi a Catanzaro e infine a Monteleone (Vibo Valentia) dal 1593 al 1816 per la Calabria Ulteriore.

    Era moderna

    Nel 1098, Papa Urbano II investì Ruggero del ruolo di nunzio apostolico e gli Altavilla con la loro dinastia divennero precursori del Regno di Napoli o Regno delle due Sicilie che dominò la Calabria fino all'unità d'Italia. Lo stesso Regno di Napoli subì diverse dominazioni: le dinastie degli Asburgo, di Spagna e d'Austria, la dinastia francese dei Borbone, e per un breve periodo il generale di Napoleone, Gioacchino Murat, che fu giustiziato nella cittadina di Pizzo.


    Terremoto del 1783

    Reggio_and_Messina_earthquake_1783
    Un'antica incisione che illustra i danni che il sisma ha causato nelle città di Reggio e Messina

    Il Terremoto del 1783 fu la più grande catastrofe che colpì l'Italia meridionale nel XVIII secolo. Oltre a causare danni immensi - radendo al suolo le città di Reggio Calabria e Messina - il terremoto ebbe effetti duraturi sia a livello politico (l'istituzione della cassa sacra), sia a livello economico e sociale, ancora oggi in Calabria vi è una superstizione: le estati molto calde (come quella del 1782) secondo la tradizione popolare precederebbero i terremoti.

    L'evento

    La prima scossa durò 2 minuti, secondo Dolomieu ebbe come epicentro una zona a sud di Polistena. All'evento principale si attribuisce un'intensità pari all'undicesimo grado della scala Mercalli. Alla scossa del 5 febbraio ne seguì una il 6 febbraio con epicentro a nord di Messina. Fra il 5 ed il 7 febbraio furono contate ben 949 scosse alle quali seguì alle ore 20 del 7 febbraio una nuova scossa (con epicentro nel comune di Soriano Calabro) di intensità paragonabile alla prima, seguita 2 ore dopo da una nuova forte scossa con epicentro questa volta a sud di Messina. Per mesi si susseguirono scosse di intensità sempre decrescente, ma le più forti furono quelle del 1 marzo 1783, con epicentro nel territorio di Polia e quella del 28 marzo, con epicentro fra i comuni di Borgia e Girifalco. Il numero dei morti è stimato intorno alle 50.000 persone e i danni furono incalcolabili. Quell’anno la regione è stata oggetto di ben cinque eventi sismici in un intervallo di tempo di circa due mesi (5 febbraio, 28 marzo). Le scosse si sono succedute spostando l’epicentro dal sud della Calabria risalendo lungo l’appennino verso il nord della regione. Questa devastante sequenza sismica, formata da cinque terremoti ben individuabili, causò danni elevatissimi in una vasta area comprendente tutta la Calabria centro-meridionale dall’istmo di Marcellinara allo Stretto, e, in Sicilia, Messina e il suo circondario. Il quadro cumulativo dei danni è vastissimo e di gravità straordinaria: agli effetti distruttivi sugli edifici si accompagnarono estesi sconvolgimenti dei suoli e del sistema idrogeologico. Oltre 180 centri abitati risultarono distrutti totalmente o quasi totalmente; gravi distruzioni interessarono anche centri urbani importanti per la vita politico-economica e militare del Regno di Napoli e di Sicilia, quali Messina, Reggio Calabria, Monteleone Calabro e Catanzaro. Secondo le stime ufficiali, nella Calabria meridionale le vittime furono circa 30.000 su una popolazione di quasi 440.000 abitanti (6,8%). Nel Messinese i morti furono circa 630. In meno di due mesi, tra il 5 febbraio e il 28 marzo 1783, ci furono cinque terremoti fortissimi e diverse centinaia di scosse minori. La successione delle scosse più violente mostra uno spostamento degli epicentri lungo la catena dell’Appennino Calabro dalla regione dell’Aspromonte all’istmo di Marcellinara con ampie aree di sovrapposizione degli effetti distruttivi. Questo elemento ha reso molto complesso, e a volte impossibile, distinguere gli effetti di danno relativi ai singoli eventi sismici. Va inoltre tenuta presente l’alta vulnerabilità di un patrimonio edilizio, non solo di scarsa qualità costruttiva, ma anche fortemente indebolito da numerosissime e ravvicinate scosse. Si può dedurre che la gravità del fenomeno, non sta nell’elevato grado delle scosse, quanto nella rapidità con cui si sono succedute, che quindi non hanno permesso agli abitanti di provvedere alla riparazione dei danni, ed allo stesso tempo gli edifici che rimanevano in piedi ad una prima scossa, spesso crollavano con la seconda. Quindi gran parte del patrimonio architettonico della regione è andato distrutto con quel terremoto che può essere considerato come un taglio netto tra ciò che c’era prima e ciò che è venuto dopo. Ad accentuare questa separazione ha contribuito la normativa emanata dal regno borbonico nel maggio dello stesso anno, con la quale si imponeva l’inserimento di un’intelaiatura in legno all’interno della muratura.

    Danni

    Tutta la Calabria meridionale fu colpita dal terremoto, ma la fascia tirrenica che va da Reggio Calabria a Maida fu pressoché devastata dal sisma.

    La regione subì stravolgimenti anche dal punto di vista gelogico:
    • Lo stretto di Marcellinara si abbassò e alcune montagne si spaccarono, come ad esempio la montagna su cui sorgeva il vecchio abitato di Oppido Mamertina che fu successivamente abbandonato;
    • La compressione delle acque sotterranee provocò il mutare del corso di fiumi e torrenti; vi fu ad esempio un abbassamento della valle del Mesima, mentre tutta la pianura circostante produceva conche circolari, larghe approssimativamente un paio di metri e piene di sabbia o acqua per 5-6 m;
    • Le scosse provocarono enormi frane che, ostruendo il corso dei torrenti, diedero origine a numerose paludi (solo tra Sinopoli e Seminara se ne formarono 52, mentre tra il 1783 ed il 1787 si formarono 215 laghi in tutto il territorio interessato dal sisma).
    • In alcuni posti irruppero dal suolo abbondanti corsi d'acqua melmosa o anche enormi zampilli di 12-20 m;
    • Molte zone tra cui Bagnara e Scilla furono oggetto di fenomeni bradisismici.

    Alcuni centri distrutti non furono più ricostruiti, come nel caso di Borrello, antica sede di ducato e del vecchio abitato di Oppido. I danni furono talmente ingenti che per trovare fondi il governo borbonico decise l'esproprio dei beni ecclesiastici della Calabria Ulteriore, istituendo la Cassa sacra.Per intervenire celermente fu nominato il 15 febbraio Vicario generale delle Calabrie, con 100.000 ducati per le necessita immediate, con «con autorità e facoltà ut alter ego sopra tutti li présidi, tribunali, baroni, corti regie e baronali e qualsísiano altri uffiziali politici di qualunque ramo qualità e carattere, come altresí sopra tutta la truppa tanto regolare quanto di milizie» il conte Francesco Pignatelli che stabilì il proprio quartier generale a Monteleone e risiedette nella regione colpita fino al 10 settembre 1787. L'intero aspetto del territorio fu sconvolto nei tracciati ed i sistemi di viabilità, nella topografia dei siti, nelle strutture orografiche e nella sua struttura idraulica tanto che in molte località si inaridirono antiche fonti, ne sorsero di nuove, alcuni fiumi abbandonarono l'antico letto, si produssero crepacci e talvolta succedeva che l'acqua non da fenditure saltava fuori, ma da certe conche circolari, che sul terreno si formavano e, dal centro delle medesime piuttosto che da altre parti scaturiva. Il disordine idraulico causato dagli sconvolgimenti geologici e le non idonee condizioni igieniche del periodo, favorirono una persistente epidemia di malaria che contribui ad incrementare in maniera consistente il numero delle vittime. L'istituzione della Cassa Sacra ebbe un effetto contrario a quello desiderato dal governo borbonico, aumentando le proprietà fondiarie dei nobili in grado di accaparrarsi le terre ecclesiastiche all'incanto. La ricostruzione avvenne senza seguire fin in fondo criteri antisismici, scelta che si rivelerà disastrosa durante i successivi terremoti, soprattutto quello del 1908. Dal punto di vista culturale, moltissimi studiosi e letterati stranieri si interessarono all'evento, fatto che in un certo senso aprì la Calabria al mondo: dal francese Déodat de Dolomieu all'inglese Norman Douglas, fino al grande Johann Wolfgang Goethe che, passando per Messina di ritorno da Palermo, descrisse vivissimamente nel suo Viaggio in Italia l' orripilante visione di una città distrutta.

    Guerra d'insurrezione calabrese - 1806 - 1809

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    Battaglia di Maida

    - Fonte -

    L'Insurrezione calabrese (chiamata anche guerra d'insurrezione calabrese) fu una guerra della terza coalizione svoltasi nel Regno di Napoli tra il 1806 e il 1809, combattuta da bande di irregolari borbonici e l'esercito francese nei territori di Calabria e Basilicata.

    Storia - Antefatto e Campotenese

    Il generale Reynier, al comando del II Corpo, marciando speditamente da Salerno fece attaccare dai volteggiatori del colonnello Compère le milizie irregolari del Curci, le quali si dispersero sui monti vicini. Superato il passo di Campestrino, l'avanguardia francese avanzò con molta celerità sulla strada che porta a Lagonegro. Il colonnello borbonico Pignatelli aveva abbandonato Auletta si era riunito al generale Minutolo che stava in Lagonegro con il reggimento Principessa, con un battaglione del reggimento Sanniti, col reggimento Re Cavalleria, e con buon numero di artiglierie collocate, come se non si fosse in stato di guerra, nella piazza maggiore della città. In quello stesso giorno i francesi arrivarono a Lagonegro vi s'inoltrarono, e sboccarono all'improvviso nella piazza della città, mentre Minutolo li attendeva dalla strada maestra. Grande fu la confusione che produsse questa sorpresa tra i soldati borbonici, i quali nondimeno fecero fuoco sul nemico, come meglio riuscirono. Gli artiglieri scaricarono i pezzi posti sulla piazza, e ne rimasero uccisi non pochi volteggiatori francesi, tra cui il loro comandante il capitano Renac. Durante l'attacco venero persi dai borbonici tre cannoni e numerose vettovaglie e viveri, inoltre numerosi soldati rimassero prigionieri. I soldati napoletani scampati si ritirarono prima in Lauria, quindi a Castelluccio, dove si riunirono al brigadiere De Tschudy, ai quali si unirono, provenienti da Rotonda, tre battaglioni del reggimento Real Ferdinando con il brigadiere Ricci. Da Castelluccio le truppe borboniche si ritirarono nel piano di Campotenese l'8 marzo. Il battaglione dei Granatieri Reali comandato dal colonnello Roth, che era stato posto a guardia della valle di San Martino, non appena le truppe napoletane l'ebbero attraversata andò a schierarsi a destra della fanteria, e due sole compagnie di cacciatori Calabri con uno squadrone di cavalleria rimasero in avanguardia allo sbocco del passo. I francesi penetrando dalla valle di San Martino, la obbligò a ripiegare, e quasi facendosene scudo sboccò inseguendola nel piano di Campotenese verso il mezzogiorno del 9 marzo, ebbero la meglio nello scontro, e i soldati di Damas cercarono di raggiungere per malagevoli sentieri la piccola colonna quasi tutta di cavalleria, che aveva potuto seguire il generale supremo con lo stato maggiore sulla strada di Morano prima che fosse bloccata dal nemico.

    Edited by Isabel - 14/10/2014, 11:35
     
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    L'Unità D'Italia

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    Assalto alla Cattedrale di Reggio

    La battaglia di Piazza Duomo fu combattuta nell'omonima piazza di Reggio Calabria il 21 agosto 1860. L'episodio vide contrapposti i garibaldini della spedizione dei Mille all'Esercito delle Due Sicilie e si concluse con la sconfitta delle forze borboniche.Nei giorni precedenti la battaglia, vi erano stati vari sbarchi di forze garibaldine sulle coste calabre, l'ultimo (e più importante) fu lo sbarco a Melito, avvenuto il 19 agosto, con cui Giuseppe Garibaldi (accompagnato da un cospicuo contingente dell'Esercito meridionale) passò dalla Sicilia alla Calabria e si riunì alle forze precedentemente sbarcate. Nel frattempo, a Reggio, il generale Gallotti spedì dei messaggi al generale Briganti informandolo dell'avvenuto sbarco; la risposta fu di inviare tutte le forze disponibili contro Garibaldi. Contemporaneamente il maresciallo Vial, comandante in capo delle truppe in Calabria, ordinava al Briganti di muoversi verso Reggio e al Melendez di sostenerlo; mentre in città era di presidio il 14º reggimento, con al comando il colonnello Antonio Dusmet e si poteva inoltre contare sulla favorevole posizione del Castello, ben fortificato ed armato. Il 20 mattina, il Gallotti ordinò, quindi, al Dusmet di muovere verso il torrente Sant'Agata per attendervi l'arrivo di Garibaldi, ma, dopo alcune ore, le forze del Dusmet furono spostate al Calopinace; questo in quanto si era saputo che le colonne garibaldine avevano preso la via dei monti; successivamente gli uomini del Dusmet venivano nuovamente spostati in piazza Duomo, lasciando una sola compagnia di presidio presso il Sant'Agata e il Gallotti chiedeva intanto al generale Fergola di inviare dalla fortezza di Messina, ancora in mano ai napoletani, quanti più rinforzi fosse possibile. Anche se il parere dei militari di stanza a Messina fu positivo, questi non poterono intervenire in quanto sprovvisti di imbarcazioni. Il Dusmet, che aveva ricevuto dal Gallotti il divieto di attestarsi nel Castello (posizione preferibile rispetto alla piazza del Duomo, poco difendibile militarmente per i numerosi accessi che presentava), disponeva, quindi, le proprie forze nel miglior modo possibile e andava a dormire nel portone di palazzo Ramirez, sito nei pressi del Duomo ed in seguito (non vedendo giungere alcun rinforzo) si recò di persona presso il telegrafo elettrico per segnalare al Re Francesco II la situazione in cui si trovava. Nel frattempo, Garibaldi, dopo aver sostato a Pellaro, si muoveva, al far della notte, verso Reggio. Dal torrente Marroco, posto prima del Sant'Agata, si spostò verso la strada di Ravagnese, e presso Ravagnese sostò. Due ore prima del sorgere del sole, mosse, quindi, verso la città.

    La battaglia

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    La guarnigione borbonica di Reggio in attesa di essere imbarcata

    Entrate in città, le forze garibaldine furono divise in due colonne, una diretta verso il carcere centrale di San Francesco e l'altra diretta verso la contrada del Crocefisso. Il gruppo inviato al penitenziario fu il primo a giungere a destinazione. Dopo essersi consultati con i liberali locali, i garibaldini riuscirono a chiudere i soldati borbonici che si trovavano nella struttura all'interno della stessa e poi si mossero lungo la via dell'Orto Agrario. Quasi nello stesso momento, i garibaldini che avevano preso la strada del Crocefisso arrivarono in piazza San Filippo; notati dalle guardie borboniche si ebbe uno scambio di colpi d'arma da fuoco e i borbonici ripiegarono verso piazza del Duomo avvertendo dell'attacco in corso le truppe lì disposte. I garibaldini delle due colonne giunsero anch'essi, da tutti i lati, in piazza Duomo e iniziarono a fare fuoco sulle truppe regie disposte davanti palazzo Tommasini, che rispondevano al fuoco aiutate dall'artiglieria, che fece numerose vittime tra i garibaldini; in questi frangenti Nino Bixio fu ferito due volte al braccio e la sua cavalcatura venne uccisa a baionettate. Il Dusmet, alzatosi alle prima grida e slanciatosi in avanti dal portone di palazzo Ramirez, veniva colpito al ventre; altro colpo fu inferto al di lui figlio, sottufficiale nello stesso reggimento. I due, trasportati insieme presso la casa di un parente, si spensero qualche giorno più tardi. Intanto, per i borbonici, circondati da tutti i lati (grazie anche alle indicazioni che i garibaldini ricevono dalle guide locali), la situazione si faceva insostenibile e furono, quindi, costretti a ritirarsi nel Castello. Alle prime luci dell'alba, i reggini aprirono i loro usci e fornirono assistenza ai feriti, mentre i garibaldini si spargevano per la città e Garibaldi iniziava a dare disposizioni. Mentre il generale nizzardo stava sorbendo una tazza di caffè nella piazza, fu sfiorato da un colpo di fucile sparato da una delle case vicine: il proiettile causò il ferimento di uno dei suoi ufficiali, mentre non si riuscì ad individuare il cecchino. Il Briganti, a cui il Vial aveva ordinato di dare supporto al generale Gallotti, il 21 mattina, continuò la marcia verso Reggio, dopo aver rifiutato il supporto della mezza batteria di artiglieria del capitano Vincenzo Reggio. Giunto alle sei di mattina al ponte dell'Annunziata, si fermò e distaccò due compagnie per attaccare dalla parte del mare e altre quattro le inviò all'interno del rione Santa Lucia; i garibaldini, che si erano già attestati su entrambe le direttrici, accolsero con un nutrito fuoco le truppe regie. Le truppe inviate dal lato della costa si ritirarono, mentre le forze stanziate a Santa Lucia, dopo un combattimento di due ore, che causò anche il ferimento del comandante borbonico, furono sconfitte. Durante questi avvenimenti, il Briganti decise di ritirarsi verso Villa San Giovanni. Da segnalare anche il comportamento della Marina napoletana, le cui navi presenti a Reggio e incaricate della sorveglianza dello stretto invece di supportare nella difesa della città le forze di terra ricevettero l'ordine, dal comandante della squadra Vincenzo Salazar, di uscire al largo per «ragioni umanitarie», senza perciò intervenire in alcun modo nella battaglia. Alle ore 16, il generale Gallotti, vista la ritirata del Briganti e l'allontanamento dalla rada delle navi borboniche, firmò la resa del Castello, con l'onore delle armi, che comportò la consegna dello stesso con le sue artiglierie, gli animali da tiro e i materiali e le munizioni ivi presenti ai garibaldini, mentre i soldati borbonici, i loro famigliari e gli impiegati che desiderarono seguirli, furono liberi di andarsene e attendere l'imbarco per Napoli presso l'ospedale militare; parimenti i prigionieri presenti furono liberati. Dopo la vittoria, Antonino Plutino fu nominato governatore della provincia con «poteri illimitati» e Garibaldi scrisse a Sirtori il seguente messaggio: «Caro Sirtori, fate passare subito coi vapori quanta gente potete, imbarcateli ove volete, e sbarchino al sud di Villa S. Giovanni». Nella stessa notte della battaglia il Cosenz riusciva a sbarcare insieme a 1268 uomini a Favazzina, dopo essere riuscito a superare indenne il tiro del forte di Scilla, grazie alla flottiglia di barche, circa un centinaio, messa insieme da Castiglia che doveva parzialmente venir catturata dai legni borbonici accorsi. Superata la resistenza di circa 200 soldati regi che erano accorsi i garibaldini si spostarono verso Solano dove si batterono contro un distaccamento della colonna Ruiz e dove cadde il De Flotte. Le truppe del Cosenz, seguendo gli ordini di Garibaldi, riuscirono a porsi alle spalle delle forze del Melendez e del Briganti (mentre quelle del Ruiz riuscirono a mettersi in salvo) costringendole ad arrendersi a discrezione il 23 agosto. Il giorno seguente si arresero i forti di Altafiumara e di Torre Cavallo, portando alla perdita di controllo da parte dei borbonici dello stretto di Messina.

    Giornata dell'Aspromonte

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    Garibaldi fu ferito

    La giornata dell'Aspromonte ebbe luogo il 29 agosto 1862, quando l'esercito regio fermò il tentativo di Garibaldi e dei suoi volontari di completare una marcia dalla Sicilia verso Roma e scacciarne papa Pio IX.

    Lo sbarco in Calabria

    A Catania Garibaldi prendeva possesso dei piroscafi Abbattucci e Dispaccio, “capitati nel porto di Catania”, e prendeva il mare nella notte. Dopo una breve navigazione notturna, alle quattro del mattino del 25 agosto 1862, sbarcava alla testa di tremila uomini in Calabria, tra Melito e Capo dell'Armi. Una squadra della Marina Regia era di vedetta. Non si sa cosa accadde all'uscita dal porto: i capitani sostennero di non aver avvistato le navi in uscita, ma Garibaldi, nelle Memorie, afferma il contrario. Sicuramente, appena i volontari presero terra ed imboccarono la strada del litorale verso Reggio Calabria, essi vennero bombardati da una corazzata italiana, mentre le avanguardie furono prese a fucilate da truppe uscite da Reggio. Tanto da spingere Garibaldi a deviare per il massiccio dell'Aspromonte. In ogni caso la posizione di sbarco venne segnalata e la colonna intercettata. Dunque, o i capitani di vedetta a Catania non se la sentirono di eseguire ordini che il capitano della corazzata, al contrario, seguì alla lettera, ovvero si preferì evitare uno scontro in mare che avrebbe comportato assai più vittime garibaldine di uno scontro sulla terraferma. In ogni caso Garibaldi non voleva uno scontro: diede ordine di non rispondere al fuoco e proseguì per la montagna, lontano dai cannoni della Marina Regia e cercando di evitare di essere agganciato. La sera del 28 agosto 1862 la colonna raggiunse una posizione ben difendibile, a pochi chilometri da Gambarie, nel territorio di Sant'Eufemia d'Aspromonte. La colonna aveva marciato per tre giorni, e si sfamò saccheggiando un campo di patate. Nel frattempo si era ridotta a circa 1 500 uomini, a causa delle diserzioni e degli arresti. Verso mezzogiorno del 29 agosto Garibaldi fu informato dell'arrivo di una grande colonna del Regio Esercito. Ma decise di rimanere ad aspettare la truppa. Una decisione che, nelle Memorie, si rimproverò. Era altresì difficile continuare una fuga infinita che si prospettava lunga e senza risultati. Schierò, comunque, la colonna in ordine di battaglia, sull'orlo di un bosco, in posizione dominante: la sinistra su un monte, Menotti al centro, Corrao a destra.

    Lo scontro a fuoco


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    Foro d'entrata della pallottola
    nello stivale di Garibaldi

    I regolari presero contatto con i volontari alle quattro di pomeriggio del 29 agosto. Ben 3 500 uomini. Ben disposti, i volontari osservavano la veloce marcia d'avvicinamento dei Bersaglieri, guidati da Pallavicini. Giunti a lungo tiro di fucile, Pallavicini dispose la truppa a catena, i bersaglieri davanti, ed avanzò risolutamente sui volontari “a fuoco avanzando”. A quel punto il Generale corse di fronte alla propria linea e prese ad urlare di cessare il fuoco: “No, fermi. Non fate fuoco. Sono nostri fratelli”. Fu ubbidito dal grosso dei volontari, sinché il centro del Menotti prese a rispondere, anzi caricò i bersaglieri e li respinse. Garibaldi sostenne che si trattava di “poca gioventù bollente” che reagì per la insostenibile tensione. Sicuramente avevano contravvenuto ad un suo ordine esplicito. Negli altri settori, gli assalitori, non trovando resistenza, continuavano a salire sparando ed accadde l'inevitabile: Garibaldi, in piedi allo scoperto fra le due linee, ricevette due palle di carabina, all'anca sinistra e al malleolo destro, quest'ultima ferita fu causata dal tenente Luigi Ferrari, comandante di compagnia del 4º battaglione. Nel contempo veniva ferito al polpaccio sinistro anche Menotti. Immediatamente dopo anche Ferrari venne colpito, dal fuoco di risposta, nel medesimo punto. L'episodio della ferita di Garibaldi sarà ricordato in una celebre ballata cantata su un ritmo di marcia dei bersaglieri. Caduto il generale, i volontari si ritrassero nella foresta retrostante, mentre i loro ufficiali correvano attorno al ferito. Anche i bersaglieri cessarono gli spari. Lo scontro era durato una decina di minuti, abbastanza per causare la morte di sette garibaldini e cinque regolari e il ferimento di venti garibaldini e quattordici regolari: se i volontari si fossero difesi, tenuto conto della loro forte posizione, la sproporzione delle vittime sarebbe stata fortemente a sfavore dei regolari. Alcuni bersaglieri che lasciarono le proprie posizioni per raggiungere le file dei garibaldini, vennero in seguito arrestati e fucilati.

    L'arresto di Garibaldi

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    Garibaldi ferito dopo la battaglia nell'Aspromonte

    Garibaldi era appoggiato ad un pino, (ancor oggi esistente) con in bocca un mezzo toscano.Veniva soccorso da tre chirurghi (Ripari, Basile e Albanese), aggregati ai volontari. Sopraggiunse dalle linee del Regio Esercito il tenente Rotondo a cavallo: senza salutare intimò a Garibaldi la resa. Il Generale lo rimproverò e lo fece disarmare. Intervenne allora il comandante colonnello Pallavicini che ripeté la richiesta, ma dopo essere sceso da cavallo, parlandogli all'orecchio e con la dovuta cortesia. Tra i bersaglieri Garibaldi riconobbe soldati ed ufficiali che erano stati con lui in campagne precedenti: li vide rattristati e contriti. Il Generale venne adagiato su una barella di fortuna, e trasportato a braccia in direzione di Scilla. A tarda sera venne ricoverato nella capanna di un pastore di nome Vincenzo, bevve brodo di capra e dormì su un letto improvvisato fatto dei cappotti offerti dagli ufficiali del suo Stato Maggiore. All'alba riprese la marcia e il Generale venne riparato dal sole con un improvvisato ombrello di rami d'alloro. Giunto al mare, pare che il municipio di Scilla, evidentemente non del tutto conscio delle circostanze, proponesse di offrire un rinfresco di saluto, ottenendone un prevedibile rifiuto. Garibaldi chiese di essere imbarcato su una nave inglese.Tuttavia era prigioniero e, ovviamente, il permesso gli venne rifiutato.Venne invece imbarcato sulla pirofregata Duca di Genova, insieme a Menotti, una decina di ufficiali ed i tre medici. Assisteva, dalla tolda della Stella d'Italia, il generale Cialdini incaricato straordinario per la direzione politica e militare della Sicilia e che il 26 agosto, incontrando a Napoli La Marmora si era riservato anche il comando della zona dove operava Garibaldi. Cialdini non si degnò neppure di salutare il vinto. Episodio che testimonia l'ostilità con la quale l'avventura era stata accolta dai moderati.


    Terremoto di Reggio Calabria

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    Mappa dell'epicentro del sisma

    Il terremoto di Messina, citato anche come terremoto di Messina e Reggio del 1908 o terremoto calabro-siculo del 1908, è considerato uno degli eventi più catastrofici del XX secolo. Si verificò alle ore 05:21 del 28 dicembre 1908 ed in 37 "lunghissimi" secondi danneggiò gravemente le città di Messina e Reggio. Si tratta della più grave sciagura naturale in Europa per numero di vittime, e a memoria d'uomo.

    Le registrazioni del sisma tramite i sismografi

    La notte, i sismografi registrarono il verificarsi di un terremoto di grande magnitudo. Il sisma è inquadrabile settorialmente in una zona probabilmente ubicata in Italia. Nessuna ulteriore informazione disponibile, solo le tracce marcate dai pennini sui tabulati degli osservatori sismici che gli studiosi cominciarono velocemente ad analizzare ed interpretare. I telegrafi cominciarono a ticchettare in attesa di ottenere e scambiare notizie. Così, prima di ottenere una qualsivoglia comunicazione ufficiale molte nazioni del mondo e l’Italia stessa, furono informate attraverso la strumentazione scientifica del terremoto del 1908 che devastò Messina e Reggio Calabria. I sismografi misero in evidenza solo la grande intensità delle scosse senza consentire però agli specialisti di individuare con altrettanta certezza la specifica localizzazione e solo di immaginare, ovviamente, i possibili danni provocati da un sisma di quella intensità. Gli addetti all’osservatorio Ximeniano annotarono:

    « Stamani alle 5:21 negli strumenti dell'Osservatorio è incominciata una impressionante, straordinaria registrazione: “Le ampiezze dei tracciati sono state così grandi che non sono entrate nei cilindri: misurano oltre 40 centimetri. Da qualche parte sta succedendo qualcosa di grave. »

    I luoghi

    La Calabria meridionale e l'area dello Stretto di Messina sono zone ad elevata sismicità; risultano infatti colpite da almeno 8 eventi sismici di magnitudo pari o superiore a 6 in epoca storica.

    La particolare criticità dell'area è determinata dal fatto che è sede di numerosi centri abitati tra cui due di grandi dimensioni:
    • Messina, città portuale della Sicilia, di antichissima origine, è situata sulla costa occidentale dell'omonimo stretto e dista circa 3 km dalla sponda calabrese. Il terremoto del 1783 distrusse gran parte della città.
    • Reggio Calabria, anch'essa di origini remote e importante in periodo greco ed altomedievale, rimase anch'essa pressoché distrutta dal terremoto del 1783 che determinò la successiva riedificazione di molti dei suoi quartieri secondo un nuovo piano regolatore e con criteri innovativi, che persistono tuttora.

    Gli avvenimenti

    Lunedì 28 dicembre 1908 un terremoto di 7,2 gradi Richter (XI-XII Mercalli) si abbatté violentemente sullo Stretto, colpendo Messina e Reggio in tarda nottata (5,21). Uno dei più potenti sismi della storia italiana aveva còlto la regione nel sonno, interrotto tutte le vie di comunicazione (strada, ferrovia, telegrafo, telefono), danneggiato i cavi elettrici e del gas, e sospeso così l'illuminazione stradale fino a Villa San Giovanni e a Palmi. Con lo strascico di un maremoto, l'evento devastò particolarmente Messina, causandovi il crollo del 90% degli edifici.

    Seconda guerra mondiale
    Bombardamenti di Reggio Calabria del 1943

    Quello di Reggio Calabria fu uno dei più pesanti bombardamenti della seconda guerra mondiale in Italia. La città che contava circa 130.000 abitanti era una zona strategica, aveva un aeroporto, un importante nodo ferroviario, due porti e una piccola zona industriale. La città, inoltre, disponeva di diverse Caserme, di batterie antiaeree e soprattutto antinave e presso il porto aveva base la Squadriglia Navale "Freccia" e anche un paio di idro "Cant Z.506" per il soccorso naufraghi. A nord del porto c'era una "stazione di buncheraggio" con enormi cisterne di carburante per navi, collegate alle banchine con apposite condotte sotterranee. Reggio era infatti un'importante via di transito per i rifornimenti delle truppe dell’asse schierate prima in Tunisia e poi in Sicilia. Il numero e la frequenza delle incursioni aeree testimoniano che la provincia più colpita della Calabria, anche per ovvie ragioni geografiche, è stata quella di Reggio Calabria (non solo il capoluogo – martoriato da 24 bombardamenti – ma anche centri minori quali Villa San Giovanni, Bagnara Calabra, Gioia Tauro, Palmi, Locri, Roccella Jonica). I bombardamenti della città iniziarono il 27 gennaio 1943 con attacchi americani di giorno e inglese di notte e si protrassero con una certa regolarità fino ad agosto del 1943. Nel maggio 1943 con i B17, sia statunitensi che britannici, fu bombardata la periferia nord, a metà giugno venne bombardato l'aeroporto e il centro storico. Ma i bombardamenti peggiori avvennero fra luglio e agosto, quando furono effettuati otto raids. La popolazione era allo stremo, in 35.000 abbandonarono la città. In settembre tutti i punti strategici erano stati distrutti eppure vennero effettuati altri due raids contro la popolazione. Il 4 settembre i britannici entrano nella città gravemente provata. I morti, a seguito dei bombardamenti, furono 3.986, i feriti 12.043 e il 70% degli edifici distrutto o danneggiato.

    Il tragico maggio 1943

    I pesanti raid aerei che subì la città nel mese di maggio furono preannunciati il 30 aprile intorno alle ore 13,00 circa, da 50 quadrimotori che lanciarono su Reggio migliaia di manifestini che invitavano la popolazione a rifugiarsi nelle campagne in quanto la città sarebbe stata presto bombardata. Puntualmente, dopo il raid del primo maggio, alle ore 14,30 del 4 maggio la città venne bombardata. Le zone interessate furono quelle del Annunziata e rione S. Brunelllo (quartiere di Reggio Calabria). I danni furono lievi. Ma il bombardamento più rovinoso fu quello del 6 maggio 1943 quando due successive formazioni comprendenti 50 Liberetors complessivamente, provenienti dalla base dell'US Air Force di Bengasi, si alternarono, con inizio alle ore 11,20, sulla città scaricando, secondo fonti "alleate", 110 tonnellate di bombe che colpirono pesantemente l centro storico, il porto, il rione di Santa Caterina ed impianti ferroviari.

    Secondo il prof. Vincenzo Larizza nel suo testo "Cronistoria di Reggio Calabria nella seconda guerra mondiale 1939/1945" si legge:
    « ... da una sommaria analisi sul primo bombardamento aereo diurno del 6 maggio 1943 sulla città, e sulle centinaia di bombe che il nemico disseminò su quasi tutti i quartieri cittadini, sembrò che Reggio Calabria fosse stata punita con inaudita ferocia ! ... Si disse, e insistenti furono le voci che nessuno smentì, che quel 6 maggio 1943 le persone massacrate dagli aerei statunitensi "Liberator" furono oltre duemila, e che il 90% di queste si contarono solo nel rione Santa Caterina. »

    Il 6 maggio alle ore 11,20 con due ondate cinquanta quadrimotori americani lanciarono il loro carico di morte nelle zone del Duomo, Piazza Carmine, Stazione Centrale, Distretto Militare,Duomo, Santa Caterina (quartiere di Reggio Calabria), Tremulini e Porto, Sbarre Centrali. A seguito di questa incursione risultano oltre 250 i morti e 277 i feriti. Secondo altri(prof. A.Trombetta) i morti furono oltre 600 e secondo V.Larizza circa 2000. Il 9 maggio dalle 11,30 alle 12,45 quaranta quadrimotori statunitensi bombardarono Messina e Reggio senza causare gravi danni. Il 13 maggio ci fu un altro raid con altri danni e vittime. Il 21 maggio la città venne flagellata per oltre due ore da due pesanti incursioni che provocarono ingenti danni agli edifici ed oltre cento vittime, tra cui 33 bambini lattanti, 14 nutrici ed una monaca uccisi nel Brefotrofio cittadino. Il 24 maggio intorno alle ore 02,00 oltre duecento quadrimotori devastarono Reggio e Messina: al termine delle incursioni che dureranno incessantemente per circa quarantotto ore si contarono centinaia di feriti tra la popolazione e 52 morti. Le zone colpite furono la Prefettura, il Distretto Militare, Piazza S. Agostino, la Cattedrale, il Seminario del Rione Modena, la polveriera ubicata nello stesso rione, la zona di Montevergine, a nord di Santa Caterina, il porto.

    I bombardamenti di giugno e luglio 1943

    Il 5 giugno numerosi quadrimotori americani continuarono a martellare l'intera città. I raid del 6 giugno causarono 50 morti e 7 feriti, il bollettino n. 1108 del 7 giugno 1943 delle forze dell'Asse comunicava: «Plurimotori avversari hanno bombardato Messina, Reggio Calabria ed altre località minori dello Stretto». Il 10 giugno oltre 200 quadrimotori continuano a devastare l'area dello stretto. Altri raid aerei si verificarono il 19 giugno, il 21 giugno con 58 morti e oltre 60 feriti e il 22 giugno con 14 morti e 52 feriti. Nei bombardamenti dell'11 luglio 1943 venne completamente distrutto l'aeroporto della città che disponeva di una linea di aerei da caccia che andava dai Macchi M.C.202 ai Fiat G50 e ai Dewoitine 520 (francesi, di preda bellica). . Dalle ore 04,00 alle ore 06,30 del 15 luglio le zone sud e nord della città vennero interessate da altri bombardamenti che causarono altre vittime tra la popolazione civile.

    La conquista della città

    « Le forze anglo-americane, precedute da violenta preparazione di artiglieria attuata dalle numerose batterie schierate sulla costa siciliana e appoggiate dal fuoco della flotta e della preponderante aviazione, sono riuscite ieri a costituire alcune teste di sbarco sull'estrema regione meridionale della Calabria. Dopo aspri combattimenti, in cui gravi perdite venivano inflitte al nemico dalle truppe della difesa con il concorso dell'arma aerea, Villa San Giovanni, Reggio Calabria e la zona di Melito Porto Salvo dovevano essere sgombrate... »
    (Bollettino n. 1197 del 4 settembre 1943)

    Tra il 3 e il 4 settembre 1943, mentre proseguivano i bombardamenti aerei devastatori sulle città d'Italia e gli esponenti politici e militari italiani del governo Badoglio andavano da un lato concludendo le trattative di armistizio e di collaborazione con gli anglo-americani e dall'altro rassicurando i tedeschi sulla fedeltà italiana all'Asse Roma-Berlino, l'8ª Armata britannica si apprestava a sbarcare sulla costa calabra dando così avvio all'Operazione Baytown. Nella notte tra il 3 ed il 4 settembre e nelle prime ore del 4, i mezzi anfibi inglesi partiti direttamente dalla costa siciliana, prendevano terra sulla estrema punta della Calabria, incontrando scarsa resistenza. Il primo giorno di battaglia le forze dell'Asse perdevano già il controllo di Reggio Calabria, Villa S. Giovanni e Melito di Porto Salvo.

    Moti di Reggio

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    Un'immagine di quei giorni


    Con l'espressione Fatti di Reggio o Moti di Reggio si identifica una sommossa popolare avvenuta a Reggio Calabria dal luglio del 1970 al febbraio del 1971, un moto di protesta tra i più significativi per intensità e durata della storia dell'Italia repubblicana. In seguito alla protesta dovuta alla decisione di collocare il capoluogo di regione a Catanzaro con l'istituzione degli enti regionali. Con l'istituzione dell'ente regione Calabria nel 1970, era iniziato un dibattito sulla collocazione del capoluogo, poiché più d'una città aspirava a esserlo. Molti testi e pubblicazioni hanno sempre in precedenza indicato la città di Reggio, città tra le più antiche ed importanti di tutta la Magna Grecia, come capoluogo della Regione:

    • « Capoluogo della Regione è Reggio: altri capoluoghi di provincia sono Catanzaro e Cosenza »
    • « Reggio Calabria è il capoluogo di Regione »
    • « Tra le città vere e proprie, le più importanti sono Reggio Calabria, all'estremità della penisola,capoluogo della Regione »
    • « Capoluogo Reggio Calabria (contestato da Catanzaro) »

    Questa ambiguità ha, secondo alcuni, origini storiche: Reggio Calabria e Catanzaro facevano parte della provincia napoletana di Calabria Ulteriore, e furono entrambe "capoluogo" in diversi periodi (dal XVI secolo in poi Reggio, Catanzaro e Monteleone, ebbero alternativamente giurisdizione sull'allora Calabria Ulteriore, e la Regia Udienza fu spostata tra Reggio e Catanzaro). Nel 1817 la provincia di Calabria Ulteriore fu divisa in Calabria Ulteriore I e Calabria Ulteriore II, con capoluoghi rispettivamente Reggio e Catanzaro. Le due città tornarono a far parte della stessa divisione amministrativa fino al 1970.

    I Fatti

    Inizialmente il malcontento popolare fu trasversale a livello politico (ad esclusione del Partito Comunista Italiano, subito dissociatosi), ma in una seconda fase i movimenti di destra, ed in particolare il Movimento Sociale Italiano, assunsero un ruolo di primo piano. Il sindacalista della CISNAL Ciccio Franco, esponente missino, rilanciò il motto «boia chi molla!» di dannunziana memoria e ne fece uno slogan per cavalcare la tigre della protesta dei reggini per opporsi alla scelta di Catanzaro come capoluogo, indirizzandola in senso antistatale e neofascista. Il 13 luglio fu proclamato lo sciopero che ebbe scarsa adesione a seguito della improvvisa defezione della CGIL che dichiarò la propria "indisponibilità per battaglie di tipo campanilistico". Al contempo prendono le distanze dai manifestanti anche il PCI e il PSI. Il giorno seguente fu proclamato un nuovo sciopero cui partecipò circa un migliaio di persone che percorse corso Garibaldi fino a piazza Italia dove il sindaco Pietro Battaglia, affiancato dal consigliere provinciale del MSI Fortunato Aloi, tenne un comizio. In serata furono occupate la stazione ferroviaria di Reggio e di Villa san Giovanni finché non furono sgombrate da un duro intervento delle forze dell'ordine che arrestarono numerosi manifestanti. Si contarono circa quaranta feriti. Il 15 luglio furono assaltate dai manifestanti le sedi del PCI e del PSI, partiti che si erano sfilati dalla protesta. Nel reprimere la protesta la polizia il 18 luglio, durante una carica, uccise il ferroviere Bruno Labate iscritto alla CGIL. Il 17 luglio ancora incidenti e lo studente diciassettenne Antonio Coppola viene ricoverato in ospedale in coma e il 18, in occasione dei funerali del ferroviere Bruno Labate la polizia presidiò il corteo imbracciando i mitra. La rivolta, del resto, assunse subito caratteri violenti, collegandola addirittura il 22 luglio 1970 alla strage di Gioia Tauro dove una bomba fece deragliare il "Treno del Sole", Palermo-Torino, provocando sei morti e cinquantaquattro feriti. Il 29 luglio come reazione ad un vertice del centrosinistra, tenutosi a Roma, in cui si parla per Reggio solo di sviluppo industriale, nuovo sciopero generale.

    La conclusione dei moti

    La rivolta si concluse solo dopo 10 mesi di assedio con l'inquietante immagine dei carri armati sul lungomare della città. Oltre alla forza, per la soppressione della rivolta si ricorse anche a mediazioni e compromessi politici (il cosiddetto "Pacchetto Colombo") che portarono ad una insolita divisione degli organi istituzionali della Calabria (la giunta regionale a Catanzaro, il consiglio a Reggio Calabria) e all'insediamento nel territorio reggino di apparati produttivi che non furono mai realizzati o furono subito oggetto di speculazioni da parte della 'ndrangheta (es. i poli industriali di Saline Joniche e di Gioia Tauro). Ciccio Franco, eletto al Senato nel 1972, con una votazione plebiscitaria (il 36 per cento di preferenze). Durante l'esperienza politica al Senato, Franco fu criticato ferocemente dal senatore socialista Salvatore Frasca per il ruolo avuto nei Fatti di Reggio.

    « l'omertà diventa certamente più ferrea, quando non si ha il coraggio di indagare fino in fondo; non arrestando soltanto qualche giovincello iscritto al MSI, ma indagando nelle sedi del Movimento sociale italiano, nei centri della reazione reggina, tra i banchi del Parlamento in cui siedono i Ciccio Franco, gli Aloi ed altri parlamentari della destra nazionale che sono stati i veri caporioni della rivolta di Reggio Calabria, che sono gli autori dei tentativi di strage e delitti che si verificano nella nostra regione. »
    (Salvatore Frasca, onorevole, Seduta Parlamentare del 2 febbraio 1973)

    Ma queste accuse a Franco come ad Aloi, nella successiva inchiesta del 1994, che riguardò l'operato del MSI reggino al tempo dei "fatti di Reggio" non portarono a nulla e gli indagati, già al termine dell'istruttoria, furono prosciolti. Infatti, secondo le rivelazioni di Giacomo Lauro un pentito della 'ndrangheta, avvenute nel novembre 1993, alcuni esponenti del Comitato d'azione per Reggio Capitale guidato da Franco, avrebbero commissionato alla 'ndrangheta alcune azioni eversive tra cui il deragliamento del treno di Gioia Tauro, avendo ottenuto finanziamenti da alcuni industriali reggini come Demetrio Mauro (imprenditore del caffè) all'armatore Amedeo Matacena. Le parole di Lauro furono confermate anche da Carmine Dominici che all'epoca era suo compagno di cella. Nel 1994 Giacomo Lauro ammise anche il proprio diretto coinvolgimento nell'attentato come esecutore materiale. Le dichiarazioni di Lauro provocarono il coinvolgimento di ex dirigenti dell'MSI come il generale Vito Miceli e l'ammiraglio Gino Birindelli, che si sosteneva avessero avuto rapporti stretti con Junio Valerio Borghese e con la 'ndrangheta come Fortunato Aloi il senatore Renato Meduri di Alleanza Nazionale ipotizzando un piano preciso per destabilizzare il paese a partire dal sud, dopo l'inizio da nord della Strategia della tensione. Tutti i personaggi coinvolti nell'inchiesta, risultando innocenti, furono perciò prosciolti in fase istruttoria ad eccezione di Giacomo Lauro che dopo essere stato inizialmente assolto il 27 febbraio 2001 per mancanza di dolo. Nel gennaio 2006, si stabilì che il reato di Giacomo Lauro fu di concorso anomalo in omicidio plurimo, ormai prescritto. Lauro fu inoltre uno dei pentiti che contribuirono all'inchiesta avviata dal giudice Guido Salvini di Milano che si occupava delle stragi compiute dai neofascisti degli anni '70.

    Conseguenze

    I moti, anche in seguito all'azione dei neofascisti sfociarono in vera e propria rivolta, e furono repressi dal massiccio intervento di carabinieri, polizia e reparti dell'esercito, con un bilancio complessivo di sei morti, cinquantaquattro feriti e migliaia di arresti. I capi della rivolta furono processati a Potenza. Ciccio Franco fu in primo grado condannato a quattro anni di reclusione per istigazione a delinquere e apologia di reato a seguito del ruolo di leader della rivolta ma caddero in prescrizione. Tuttavia Reggio è oggi sede del Consiglio Regionale della Calabria e di autonoma Corte d'Appello, soli compromessi politici mantenuti dal governo, gli altri riguardanti impianti per il rilancio industriale e commerciale infatti non furono mai attuati, rivelandosi quindi secondo l'opinione pubblica mere promesse di circostanza. I moti di Reggio furono il primo caso di disinformazione organizzata in Italia, facendo passare la ribellione di una città per la protesta di un gruppo di teppisti.

    Monumenti nazionali

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    Duomo di Cosenza Patrimonio testimone di cultura di pace dall'UNESCO

    La Calabria è sede di alcuni tra i monumenti nazionali italiani.


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    Certosa di Serra San Bruno

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    Cattedrale dell'Assunta
    di Gerace


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    Duomo di Reggio Calabria

    • Castello Aragonese di Reggio Calabria
    • Certosa di Serra San Bruno
    • Santuario di San Francesco di Paola (Paola) XVI secolo
    • Cappella Barocca del SS Sacramento e Basilica Cattedrale Metropolitana di Maria Santissima Assunta in Cielo (Duomo di Reggio Calabria)
    • Castello di Palizzi
    • Villa Comunale "Giuseppe Mazzini" di Palmi
    • Museo - Casa della Cultura "Leonida Repaci" di Palmi
    • Santuario di Maria Santissima del Carmelo di Palmi
    • Mausoleo a Francesco Cilea - Palmi
    • Fontana delle Palme - Piazza Amendola - Palmi
    • Cattedrale dell'Assunta di Gerace
    • Fontana degli Specchi di Villa Caristo di Stignano
    • La Cattolica (Katholiké) di Stilo
    • Altare maggiore nella chiesa di San Giovanni Battista di Soveria Mannelli
    • Resti dell'Abbazia di Santa Maria di Corazzo a Castagna
    • Chiesa di San Bernardino da Siena ad Amantea
    • Casa natale di Michele Bianchi a Belmonte Calabro
    • Castello aragonese di Belvedere Marittimo
    • Chiesa matrice dell'Annunziata, chiesa di Sant'Antonio abate di San Fili
    • Castello di Oriolo
    • Ponte romano di Scigliano
    • Castello di Carlo V a Crotone
    • Tempio di Era Lacinia a Crotone
    • Castello angioino-aragonese, chiesa di San Giorgio di Pizzo
    • Villa Comunale di Cittanova
    • Chiesa di San Michele, Vibo Valentia, sec. XVI
    • Palazzo Romei sec XV-XVI, Vibo Valentia
    • Chiesa di Santa Ruba, sec. XI San Gregorio d'Ippona(VV)
    • Castello federiciano Rocca Imperiale





    Aree archeologiche

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    Mosaico del III secolo a.C. raffigurante un drago

    Le molteplici dominazioni in Calabria hanno fatto sì che la Calabria sia piena di luoghi d'interesse archeologico. Questa è una breve lista delle aree archeologiche divise per provincia:

    Provincia di Reggio Calabria:
    • Rhegion oggi Reggio: parco archeologico Griso-LaBoccetta con resti di templi arcaici, mura greche sul lungomare Falcomatà, mura greche sulla collina del Trabocchetto, mura greche sulla collina degli angeli, agorà/foro in piazza Italia, varie necropoli ellenistiche tra Santa Caterina e San Giorgio Extra, resti dell'Odéon di Reggio in via XXIV maggio, tomba ellenistica di via Tripepi, resti di un Athenaion sotto un bar del lungomare Falcomatà, resti di un grande impianto termale d'epoca romana sul lungomare Falcomatà;
    • Locri Epizefiri, a sud dell'odierna Locri: tempio ionico in contrada Marasà, abitato in Centocamere, tempio di Zeus, Santuario di Persefone in contrada Mannella, necropoli in contrada Lucifero, necropoli in contrada Parapezza, necropoli in Contrada Faraone, Teatro greco in contrada Pirettina;
    • Kaulon, nei pressi di Monasterace marina: base di un tempio dorico ai piedi del promontorio Cocinto vicino al mare;
    • Scavi di Medma, presso Rosarno;
    • Scavi di Taurianum, presso Taureana di Palmi;
    • Scavi di una villa romana in contrada Palazzi a Casignana;
    • Scavi di una villa romana Il Naniglio a Gioiosa Ionica;
    • Scavi di un teatro greco a Marina di Gioiosa Ionica;
    • Scavi in contrada Mella ed in contrada Palazzo ad Oppido Mamertina.
    • Parco archeologico ArcheoDeri in contrada San Pasquale a Bova Marina: • Sinagoga ebraica del IV e V sec. d.C.;

    Provincia di Catanzaro:
    • Scolacium, situato in località Roccelletta di Borgia, confinante col quartiere Lido del comune di Catanzaro: Parco archeologico Scolacium;
    • scavi di Terina, nei pressi del quartiere S. Eufemia Vetere del comune di Lamezia Terme;

    Provincia di Cosenza:
    • Scavi delle antiche città di Thurii e Sibari;
    • Scavi di Laos, nei pressi di Santa Maria del Cedro;
    • Grotta del Romito a Papasidero: caverna preistorica con incisioni risalenti al paleolitico superiore.
    • Blanda antica città rupestre, cui restano alcuni ruderi e testimonianze del luogo, alle porte di Tortora
    • Temesa, scavi nel territorio di Serra d'Aiello e Campora San Giovanni, luoghi di testimonianza dalla protostoria all'età medievale. Nel comune di Serra d'Aiello si trova il Parco Archeologico di Cozzo Piano Grande, dove è stata rinvenuta un'abitazione d'età brettia. Aperto al pubblico, durante tutto l'anno, l'Antiquarium archeologico comunale.

    Provincia di Crotone:
    • Parco Archeologico Nazionale del quartiere settentrionale dell'antica Kroton
    • Castello di Carlo V di proprietà dello Stato
    • Parco archeologico nazionale di Capo Colonna
    • Area archeologica statale di Vigna Nova
    • Area archeologica delle mura greche (loc. San Francesco - sponde fiume Esaro)
    • Area archeologica di via XXV aprile
    • Area archeologica Banca Popolare del Mezzogiorno di via Napoli
    • Area archeologica sede I.N.P.S.
    • Area archeologica di Gravina-Pignera
    • Area archeologica di Acquabona
    • Area archeologica statale di Parco Pignera
    • Area archeologica padiglione Microcitemia Ospedale Civile
    • Area archeologica di via B. Telesio
    • Area archeologica statale delle mura greche (loc. Santa Lucia)
    • Area archeologica delle mura bizantine (via Risorgimento - piazza dell'Immacolata)
    • Area di interesse paleontologico ed archeologico di Vrica e Stuni

    Provincia di Vibo Valentia:
    • Hipponion, oggi Vibo Valentia: mura della città greca in più punti, resti di un tempio dorico sul colle del telegrafo, resti di un tempio ionico sull'altura del Cofino, resti di un tempio dorico presso la Cava Cordopatri, resti di abitato romano in via XXV aprile e di un impianto termale nella contigua località Sant'Aloe; Dietro la Chiesa della B.M.V. del Rosari osono stati individuati i resti del teatro greco-romano; palazzo Inam resti di abitazioni romane e Necropoli greca (VII-III sec. a.C.); attuale oratorio Salesiano e Viale Kennedi palazzo Muschella: Necropoli greca (VII-IV sec. a.C.) e fornaci ellenistico-romane; altri rinvenimenti dalla preistoria al tardoantico in tutta la città.
    Altri sitii nella provincia: resti di un santuario extra-urbano individuato nell'area aeroportuale militare nel comune di Vibo Valentia, tracce di una villa romana in località Trainiti, presso Briatico;Santuario rurale in contrada Passo Murato sul Poro; Altri innumerevoli insediamenti di età protostorica e Classica sono stati localizzati ma sono tuttora da scavare.
    • Torre Galli di Drapia : insediamento protostorico abitato fino al VI sec.a.C. Orsi portò alla luce parte della necropoli dell'età del Ferro e Arcaica.
    • Tropea: tracce d'insediamento preistorico e protostorico; luogo di culto paleocristiano sotto la cattedrale; piazza duomo: tombe V-VI sec., fase con mura di un insediamento greco (Phroyrion), materiale protostorico;loc. Torre Lunga: luogo di culto e di sepolture paleocristiane; contrada Tondo: necropoli romana; contrada Cuntura tombe dell'età del ferro e del V-IV sec.a.C.;
    • Nicotera: insediamenti greci,Romani e tardo antichi nelle località: Colle Diale, San Faustina, Comerconi, piano dei Greci,San Francesco, Pugliesa,Sovereto, Casino Mortelletto.


    Natura, parchi nazionali, aree protette e siti di interesse comunitario

    La natura montagnosa del territorio e lo scarso sviluppo demografico-industriale di molte zone della regione hanno permesso di preservare la maggior parte delle bellezze naturalistiche; infatti in Calabria sorgono tre importanti parchi nazionali:
    • Parco Nazionale dell'Aspromonte;
    • Parco Nazionale della Sila;
    • Parco Nazionale del Pollino.

    Segue un elenco dei siti della Calabria di rilevante importanza in ambito europeo, riferiti alla regione biogeografica mediterranea. Le località, definite "Siti di Interesse Comunitario", e spesso indicate con l'acronimo SIC, sono state proposte sulla base del Decreto 25 marzo 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 157 dell'8 luglio 2005 e predisposto dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ai sensi della direttiva 92/43/CEE

    Parco Nazionale dell'Aspromonte

    • Africo (RC) • Bova (RC) • Careri (RC) • Cittanova (RC) • Delianuova (RC) • Molochio (RC) • Platì (RC) • Roghudi (RC) • S.Lorenzo (RC) • S.ta Cristina D'Aspromonte (RC) • S.Stefano in Aspromonte (RC) • Sinopoli (RC) • Antonimina (RC) • Canolo (RC) • Ciminà (RC) • Condofuri (RC) • Gerace (RC) • oppido Mamertina (RC) • Reggio di Calabria (RC) • Samo (RC) • S.Luca (RC) • Sant'Agata del Bianco (RC) • Scido (RC) • Staiti (RC) • Bagaladi (RC) • Cardeto (RC) • Cinquefrondi (RC) • Cosoleto (RC) • Mammola (RC) • Palizzi (RC) • Roccaforte del Greco (RC) • S.Giorgio Morgeto (RC) • S.Roberto (RC) • Sant'Eufemia d' Aspromonte (RC) • Scilla (RC) • Varapodio (RC)

    Parco Nazionale del Pollino

    • Acquaformosa (CS) • Belvedere Marittimo (CS) • Castrovillari (CS) • Francavilla Marittima (CS) • Laino Borgo (CS) • Maierà (CS) • Mottafollone (CS) • Plataci (CS) • S.Donato di Ninea (CS) • S.Sosti (CS) • Saracena (CS) • Aieta (CS) • Buonvicino (CS) • Cerchiara di Calabria (CS) • Frascineto (CS) • Laino Castello (CS) • Morano Calabro (CS) • Orsomarso (CS) • Praia a Mare (CS) • Sangineto (CS) • S.ta Domenica Talao (CS) • Tortora (CS) • Alessandria del Carretto (CS) • Castroregio (CS) • Civita (CS); Grisolia (CS) • Lungro (CS) • Mormanno (CS) • Papasidero (CS) • S.Basile (CS) • S:Lorenzo Bellizzi (CS) • Sant'Agata D'Esaro (CS) • Verbicaro (CS).

    Parco nazionale della Sila

    • Longobucco (CS) • Spezzano Piccolo (CS) • Petilia Policastro (KR) • S.Giovanni in Fiore (CS) • Savelli (KR) • Albi (CZ) • Taverna (CZ) • Spezzano della Sila (CS) • Cotronei (KR) • Zagarise (CZ).

    Altre Aree Protette

    • RMS Isola di Capo Rizzuto
    Crotone (KR); Isola di Capo Rizzuto (KR). • RMS Scogli di Isca
    Amantea (CS); Belmonte Calabro (CS). • PNR delle Serre
    Serra San Bruno (VV); Fabrizia (VV); Spadola (VV); Mongiana (VV); Soriano Calabro (VV).

    Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e (ZPS)

    • Gole del Raganello San Lorenzo Bellizzi (CS) • Valle del Fiume Argentino Orsomarso (CS) • Valle del Fiume Lao Papasidero (CS) • Parco Nazionale della Calabria Vedi Parco Nazionale della Sila • Timpone della Capanna • Serra del Prete • Pollinello-Dolcedorme Castrovillari (CS) • Rupi del Monte Pollino Castrovillari (CS) • Cima del Monte Pollino Castrovillari (CS) • Cima del Monte Dolcedorme Castrovillari (CS) • Valle Piana-Valle Cupa • La Petrosa • Timpone di Porace • Stagno di Timpone di Porace • Pozze Boccatore/Bellizzi • Timpa di San Lorenzo • Serra delle Ciavole-Serra di Crispo • Fagosa-Timpa dell'Orso • Il Lago (nella Fagosa) • Pozze di Serra Scorsillo • Gole del Raganello San Lorenzo Bellizzi (CS) • Monte Sparviere • Fonte Cardillo • Cozzo del Pellegrino • Piano di Marco • Valle del Fiume Argentino Orsomarso (CS) • Valle del Fiume Lao Papasidero (CS) • Fiume Rosa • Valle del Fiume Abatemarco • La Montea • Monte La Caccia • Valle del Fiume Esaro • Serrapodolo • Fondali di Capi Tirone • Isola di Dino Praia a Mare (CS) • Fondali Isola di Dino-Capo Scalea Praia a Mare - Scalea (CS) • Fondali Isola di Cirella-Diamante Cirella - Diamante (CS) • Isola di Cirella Cirella (CS) • Scogliera dei Rizzi • Fondali Scogli di Isca Amantea - Scalea (CS) • Montegiordano Marina Montegiordano (CS) • Pinete di Montegiordano Montegiordano (CS) • Fiumara Saraceno • Fiumara Avena • Foce del Fiume Crati Cassano allo Ionio - Corigliano Calabro (CS) • Macchia della Bura • Fiumara Trionto • Fondali Crosia-Pietrapaola-Cariati Mirto - Pietrapaola - Cariati (CS) • Farnito di Corigliano Calabro Corigliano Calabro (CS) • Dune di Casigliano • Casoni di Sibari Cassano allo Ionio (CS) • Secca di Amendolara Amendolara (CS) • Torrente Celati • Lago di Tarsia Santa Sofia d'Epiro - Tarsia (CS) • Bosco di Mavigliano • Orto Botanico-UniCal • Pantano della Giumenta Bocchigliero - Longobucco (CS) • Crello • Laghi di Fagnano Fagnano Castello (CS) • Laghicello • Monte Caloria Fagnano Castello (CS) • Foresta di Cinquemiglia • Monte Cocuzzo Mendicino (CS) • Foresta di Serra Nicolino-Piano d'Albero Mongrassano (CS) • Varconcello di Mongrassano Mongrassano (CS) • Foreste Rossanesi di Rossano (CS) • Vallone S. Elia • Bosco di Gallopane • Vallone Freddo • Palude del Lago Ariamacina • Macchia Sacra • Timpone della Carcara • Monte Curcio • Pineta di Camigliatello Spezzano della Sila (CS) • Acqua di Faggio • Cozzo del Principe • Bosco Fallistro • Arnocampo • S. Salvatore • Pineta del Cupone • Pianori di Macchialonga • Serra Stella • Juri Vetere Soprano • Nocelleto • Carlomagno • Stagni sotto Timpone S. Francesco • Pescaldo • Foce Neto Crotone • Fondali di Gabella Grande • Fondali da Crotone a Le Castella Crotone - Isola Capo Rizzato (KR) • Dune di Marinella • Capo Colonne • Dune di Soverato Soverato (CZ) • Capo Rizzuto Isola Capo Rizzato (KR) • Colline di Crotone Crotone • Foce del Crocchio-Cropani • Monte Fuscaldo • Timpa di Cassiano-Belvedere • Murgle di Strongoli Strongoli (KR) • Monte Femminamorta • Fiume Lese • Fiume Lepre • Fiume Tacina • Fondali Stalettì Stalettì (CZ) • Lago la Vota Gizzeria (CZ) • Palude di Imbutillo Curinga (CZ) • Dune dell'Angitola • Oasi di Scolacium Borgia - Squillace (CZ) • Steccato di Cutro e Costa del Turchese • Dune di Isca • Dune di Guardavalle Guardavalle Centrale (CZ) • Madama Lucrezia • Boschi di Decollatura Decollatura (CZ) • Monte Gariglione • Colle Poverella • Pinete del Roncino • Monte Contrò • Torrente Soleo • Colle del Telegrafo • Scogliera di Stalettì Stalettì (CZ) • Lago dell'Angitola • Fiumara di Brattirò (Valle Rufa) • Zona Costiera fra Briatico e Nicotera Briatico - Nicotera (VV) • Fondali di Pizzo Calabro Pizzo Calabro (VV) • Fondali di Capo Vaticano • Fondali di Capo Cozzo-S. Irene • Bosco Santa Maria • Marchesale Acquaro - Arena (VV) • Lacina • Bosco di Stilo-Bosco Archiforo • Pentadattilo (RC) • Fiumara di Melito Melito (RC) • Monte Basoliò-Torrente Listi • Canolo Nuovo, Zomaro. Zillastro • Vallata del Novito e Monte Mutolo • Vallata dello Stilaro (RC) • Prateria • Calanchi di Maro Simone • Collina di Pentimele (RC) • Capo dell'Armi (RC) • Capo S. Giovanni • Capo Spartivento (RC) • Saline Joniche (RC) • Calanchi di Palizzi Marina Palizzi (RC) • Fiumara Amendolea (RC) • Fiumara Buonamico • Fiumara Laverde • Fiumara di Palizzi Palizzi (RC) • Sant'Andrea • Contrada Gornelle • Pantano Fiumentari • Piani di Zervò • Monte Fistocchio e Monte Scorda • Torrente Menta • Montalto • Vallone Cerasella • Torrente Ferraina • Costa Viola e Monte S. Elia (RC) • Bosco di Rudina • Spiaggia di Brancaleone • Torrente Lago • Torrente S. Giuseppe • Pietra Cappa-Pietra Lunga-Pietra Castello • Torrente Vasi • Torrente Portello • Vallone Fusolano (Cinquefrondi) Cinquefrondi (RC) • Valle Molo (Delianova) Delianova (RC) • Fosso Cavaliere (Cittanova) Cittanova (RC) • C/da Fossia (Maropati) • Scala-Lammeni • Spiaggia di Pilati • Fondali di Punta Pezzo e Capo dell'Armi • Fondali di Scilla Scilla (RC) • Monte Tre Pizzi • Piano Abbruschiato • Monte Campanaro • Monte Scrisi • Serro d'Ustra e Fiumara Butrano • Alica • Contrada Scala • Monte Embrisi e Monte Torrione • Fiumara Careri • Spiaggia di Catona

    Grotte in Calabria

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    - Fonte -

    La Calabria è una regione ricca di grotte naturali, maggiormente concentrate a Nord dove esistono estesi affioramenti di rocce carsificabili e dove, peraltro, sono sempre state indirizzate le maggiori ricerche ed esplorazioni speleologiche. Le aree carsiche più importanti sono di natura calcarea e calcareo-dolomitica, estese, a mo' di semicerchio, dal confine con la Basilicata (Massiccio del Pollino) al litorale tirrenico (Monti di Orsomarso e Catena Costiera). Tali aree ricadono tutte in provincia di Cosenza, che si evidenzia come il comprensorio territoriale di gran lunga più ricco di fenomeni carsici rispetto al resto della regione.

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    Le maggiori cavità in termini di profondità e sviluppo sono ubicate nei comuni di Cerchiara di Calabria (Abisso del Bifurto, Grotta di Serra del Gufo, Voragine delle Balze di Cristo), di Cassano allo Ionio (Complesso delle Grotte di Sant'Angelo, Grotta dello Scoglio), di Morano Calabro (Complesso Grotta di San Paolo-Ramo del Fiume) e di Orsomarso (Grotta del Frassaneto e Risorgenza in Località Palazzo). Un'area carsica ugualmente degna di nota, sebbene meno vasta e caratterizzata da depositi gessosi, è ubicata nella provincia di Crotone: qui sono note cavità tra le più sviluppate della Calabria, come la Grava di Grubbo, la Risorgenza di Vallone Cùfalo (entrambe nel comune di Verzino) e la Grotta del Palummaro (comune di Caccuri). L'ampio ingresso della Grotta del Favo a Spìlinga (Vibo Valentia), visto dal pianoro antistante. Ulteriori aree carsiche, meno estese e d'importanza minore, sono diffuse a "macchie di leopardo" nel resto della regione, interessando le tre province di Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria. Le cavità del Catanzarese sono certamente le più importanti quanto a sviluppo e profondità: in particolare si segnalano la Grotta di 'Ntoni Maria a Lamezia Terme, la Grotta di Jizzi a Marcellinara e i Meandri del Fico a Tiriolo; nel Vibonese spiccano per ampiezza di ambienti sotterranei la Fossa delle Ciavole a Sant'Onofrio e la Grotta del Favo a Spìlinga; nel Reggino le cavità conosciute mostrano percorsi interni più contenuti in termini di estensione: si pongono in primo piano, tuttavia, quelle del territorio comunale di Cànolo, come la Grotta di Zagaria e la Grotta dell'Eremita.

    Per valutare la consistenza del patrimonio sotterraneo regionale, considerato nel suo insieme oppure anche per territorio provinciale o comunale, possono essere visualizzate le seguenti pagine:
    Grotta del Frassaneto (Orsomarso - CS)
    Grotta di Santa Caterina (Orsomarso - CS)
    Cavernetta presso la Grotta di Santa Caterina (Orsomarso - CS)
    Spaccatura presso la Grotta di Santa Caterina (Orsomarso - CS)
    Grotta La Paglia (Orsomarso - CS)
    Grotta del Paese (Orsomarso - CS)
    Grotticella sotto la Grotta del Paese (Orsomarso - CS)
    II Grotta La Paglia (Orsomarso - CS)
    Grotta delle Gioie (Orsomarso - CS)
    Grotta di Mercuri (Orsomarso - CS)
    Grottiello di Torre Nave (Tortora - CS)
    Grotta sopra la Cabina (Praia a Mare - CS)
    Grotta della Madonna (Praia a Mare - CS)
    Grotta della Mina (Praia a Mare - CS)
    Grotta delle Ciaole (Praia a Mare - CS)
    Grotta della Monaca
    Grotta del Monaco (Praia a Mare - CS)
    Piccola Grotta del Monaco (Praia a Mare - CS)
    Grotta delle Sarde (Praia a Mare - CS)
    Grotta del Tondo (Praia a Mare - CS)
    Grotta di Punta Frontone (Praia a Mare - CS)
    Grotta Azzurra (Praia a Mare - CS)
    Grotta del Leone (Praia a Mare - CS)
    Grotta dei Briganti (San Nicola Arcella - CS)
    Grotta dell’Arco Magno (San Nicola Arcella - CS)
    Grotta delle Due Entrate (Diamante - CS)
    Grotta dei Fossili (Diamante - CS)
    I Grotta dell’Isola di Cirella (Diamante - CS)
    II Grotta dell’Isola di Cirella (Diamante - CS)
    III Grotta dell’Isola di Cirella (Diamante - CS)
    Quarta Grotta dell’Isola di Cirella (Diamante - CS)
    Bocca Settentrionale dell’Ontano (Grisolia - CS)
    Pozzo di Contrada Praia (Grisolia - CS)
    Bocca Meridionale dell’Ontano (Grisolia - CS)
    Grotta di Pizza Martino (Grisolia - CS)
    Grotta di Lanzisalvo (Maierà - CS)
    I Grotta di San Iorio (Castrovillari - CS)
    II Grotta di San Iorio (Castrovillari - CS)
    Grotta della Sirena (Castrovillari - CS)
    Cavernone della Sirena (Castrovillari - CS)
    Grande Grotta di Costa Carbone (Castrovillari - CS)
    Piccola Grotta di Costa Carbone (Castrovillari - CS)
    Grotta del Banco di Ferro (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Piccola Grotta del Banco di Ferro (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta dei Fontanelli (Cerchiara di Calabria - CS)
    Piccola Grotta dei Fontanelli (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta della Fontana Nuova (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta Scura (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta dei Bagni (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta di Pietra Intendente (Grisolia - CS)
    Grotte Carsiche di Sant'Angelo
    Grotta di Sant’Angelo (San Donato di Ninea - CS)
    Grotta di Capo Bonifati (Bonifati - CS)
    Grotta delle Tre Finestre (Cetraro - CS)
    Grotta della Fenditura (Cetraro - CS)
    Piccola Grotta di Rizzo (Cetraro - CS)
    Grotta di Rizzo (Cetraro - CS)
    Grotta del Marmo (Canolo - RC)
    Grotta di San Silvestro
    Grotta di Sant'Angelo (Stilo - RC)
    Grotta di Sant'Elia
    Grotta di Santa Maria della Stella
    Grotta Petrosa
    Grotte di Sperlonga
    Grotte di Tremusa
    Grotta di Zagaria (Canolo - RC)
    Grotta dell’Eremita (Canolo - RC)
    Grotta della Lamia (Montebello Ionico - RC)
    Grotta di Sant'Arsenio (Reggio Calabria fraz. Armo - RC)
    Grotta da' Pirtusa (Reggio Calabria fraz. Armo - RC)
    Grotta del Pertuso d'Oro (Reggio Calabria fraz. Terreti - RC)
    Grotta della Ferrovia (Cetraro - CS)
    Grotta della Testa (Cetraro - CS)
    Grotta dei Santangiolesi (Cetraro - CS)
    Grotta delle Felci di Cetraro (Cetraro - CS)
    Grotta del Maiale (Cetraro - CS)
    Grotta del Canale (Cetraro - CS)
    Grotta del Cane (Cetraro - CS)
    Lavis di Monte Serra (Cetraro - CS)
    Grotta del Capelvenere (Cetraro - CS)
    Grotta della Monaca (Sant’Agata di Esaro - CS)
    Grotta Burrone del Colonnello (Nicastro - CZ)
    Grotta del Lupo (Saracena - CS)
    Grande Grotta di Scoppellito (Praia a Mare - CS)
    Piccola Grotta di Scoppellito (Praia a Mare - CS)
    Grotta-Sorgente di Vallone Papalio (Aieta - CS)
    Grotta di Timpa del Corvo (Falconara Albanese - CS)
    Grotta di Contrada Porcaro (Falconara Albanese - CS)
    Grotta di Falconara (Falconara Albanese - CS)
    Grotta di Cetraro (Cetraro - CS)
    Grotta del Diavolo (Cetraro - CS)
    Grotta della Cava (Praia a Mare - CS)
    Grotta dei Saraceni (Praia a Mare - CS)
    Grotta del Mulino (Praia a Mare - CS)
    Abisso del Bifurto (Cerchiara di Calabria - CS)
    II Grotta di Torre Nave (Tortora - CS)
    Grotta di Camerelle (Tortora - CS)
    Grotta delle Volpi (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta di Camilla (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta di Damale (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta di San Michele (Grisolia - CS)
    Grotta di Palmanocera (Civita - CS)
    Grotta dei Canalei (Civita - CS)
    Voragine delle Balze di Cristo (Cerchiara di Calabria - CS)
    Pozzo del Cane (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta di Serra del Gufo (Cerchiara di Calabria - CS)
    Antro degli Elfi (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta dei Porci (Civita - CS)
    Grotta di Marsilia (Civita - CS)
    Grotta delle Vacche (Civita - CS)
    Antro dell’Edera (Civita - CS)
    Grotta di Pietracommata (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta in Contrada Pavolella (Cassano allo Ionio - CS)
    II Grotta in Contrada Pavolella (Cassano allo Ionio - CS)
    III Grotta in Contrada Pavolella (Cassano allo Ionio - CS)
    Fessura in Contrada Pavolella (Cassano allo Ionio - CS)
    Cunicolo sopra le Grotte di Sant’Angelo (Cassano allo Ionio - CS)
    Grotta sopra le Grotte di Sant’Angelo (Cassano allo Ionio - CS)
    Grotta Superiore di Sant’Angelo (Cassano allo Ionio - CS)
    Grotta Inferiore di Sant’Angelo (Cassano allo Ionio - CS)
    I Grotta a Nord-Ovest del Monte San Marco (Cassano allo Ionio - CS)
    II Grotta a Nord-Ovest del Monte San Marco (Cassano allo Ionio - CS)
    III Grotta a Nord-Ovest del Monte San Marco (Cassano allo Ionio - CS)
    Grotta presso Case Drago (Cassano allo Ionio - CS)
    Pozzo sotto Case Drago (Cassano allo Ionio - CS)
    Grotta a Sud del Monte San Marco (Cassano allo Ionio - CS)
    Caverna a Sud del Monte San Marco (Cassano allo Ionio - CS)
    Grotta di San Paolo (Morano Calabro - CS)
    Caverna dei Crolli (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta Afosa (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta del Geco (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta di Sant’Angelo (Saracena - CS)
    Grotta del Magazzino (Cerchiara di Calabria - CS)
    Vucco Ucciardo (Cassano allo Ionio - CS)
    Grotta di Baffi (Civita - CS)
    Grotta Polla (Castrovillari - CS)
    I Grotta delle Pecore (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    II Grotta delle Pecore (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    III Grotta delle Pecore (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    I Grotta di Pietra Sant’Angelo (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    II Grotta di Pietra Sant’Angelo (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta presso casa di Zì ‘Ntonio (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    II Grotta presso casa di Zì ‘Ntonio (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    III Grotta presso casa di Zì ‘Ntonio (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Ausi di Camardelle (Grisolia - CS)
    Grotta di Monaco (Papasidero - CS)
    Grotta della Moneta (Papasidero - CS)
    Grotta di Don Pietro (Santa Domenica Talao - CS)
    Grotta del Cosentino (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta di Don Gaetano (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta della Polvere (Cerchiara di Calabria - CS)
    I Grotta sulla parete Est della Gola Milogno (Guardia Piemontese - CS)
    II Grotta sulla parete Est della Gola Milogno (Guardia Piemontese - CS)
    Grotta di Milogno (Guardia Piemontese - CS)
    I Grotta sopra le Terme Luigiane (Acquappesa - CS)
    II Grotta sopra le Terme Luigiane (Guardia Piemontese - CS)
    III Grotta sopra le Terme Luigiane (Guardia Piemontese - CS)
    I Grotta di Moranesi (Guardia Piemontese - CS)
    II Grotta di Moranesi (Guardia Piemontese - CS)
    III Grotta sulla parete Est della Gola Milogno (Guardia Piemontese - CS)
    Grotta di Torre Talao (Scalea - CS)
    Grotta del Romito (Papasidero - CS)
    Grotta dell’Acqua di Frida (San Donato di Ninea - CS)
    Grotta ai piedi di Piano Pulledro (San Donato di Ninea - CS)
    Riparo dei Ghiri (Mendicino - CS)
    Ramo del Fiume (Morano Calabro - CS)
    Meandri del Fico (Tiriolo - CZ)
    Risorgente di Monte Cannitello (Sangineto - CS)
    Malupirtuso (Papasidero - CS)
    Risorgente di Serrapotolo (Saracena - CS)
    Grotta sopra i Tornanti (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta i’ Mbendorne (Francavilla Marittima - CS)
    Grotta Campanella (Saracena - CS)
    Primo Riparo sul Torrente Caldanello (Cerchiara di Calabria - CS)
    Secondo Riparo sul Torrente Caldanello (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta di Zafranara (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta di Zivilella (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotticella Rifugio (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotticella del Gatto Selvatico (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Riparo presso il Canale Sant’Angelo (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta dei Cuzzuruni (Cerchiara di Calabria - CS)
    Voragine di Sangineto (Sangineto - CS)
    Voragine di Papasidero (Papasidero - CS)
    Laus di Monte Calimaro (Aieta - CS)
    Laus di li Gretti (Aieta - CS)
    Grotta presso la Grotta delle Gioie (Orsomarso - CS)
    Primo Pozzo in Località Timpone del Vaccaro (Verbicaro - CS)
    Terzo Pozzo in Località Timpone del Vaccaro (Verbicaro - CS)
    Grotta in Località Timpone del Vaccaro (Verbicaro - CS)
    Secondo Pozzo in Località Timpone del Vaccaro (Verbicaro - CS)
    I Grotta del Serra-Bonangelo (Orsomarso - CS)
    II Grotta del Serra-Bonangelo (Orsomarso - CS)
    Grotta di Marucco (Orsomarso - CS)
    Grotta di Sant’Angelo (Orsomarso - CS)
    II Grotticella sotto la Grotta del Paese (Orsomarso - CS)
    Risorgente in Località Palazzo (Orsomarso - CS)
    I Grotta Marina di San Nicola Arcella (San Nicola Arcella - CS)
    Grotta Petrosa (Palmi - RC)
    Grotta di Fragariglia (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta del Vallone Santa Maria (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta dei Valloni (Mendicino - CS)
    Primo Riparo del Banco di Masullo (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta del Banco di Masullo (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Secondo Riparo del Banco di Masullo (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    I Grotta dei Briganti (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    II Grotta dei Briganti (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta del Passo della Lamia (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta di Ajita Vetera (Aieta - CS)
    Grotta della Quinta Luna (Cerchiara di Calabria - CS)
    Ausi di Monte Moschereto (Frascineto - CS)
    I Grotta di Cozzo La Limpa (Sangineto - CS)
    II Grotta di Cozzo La Limpa (Sant’Agata di Esaro - CS)
    Grotta di Re Nilio (Tiriolo - CZ)
    Fessura presso la Grotta di Re Nilio (Tiriolo - CZ)
    Grotta della Cozzetta (Tiriolo - CZ)
    Grotta Cerratullo (Petilia Policastro - KR)
    Cunicolo in Località Pietrara (Tiriolo - CZ)
    Grotta du Saracinu (Lamezia Terme - CZ)
    Grotta presso la Vecchia Cava (Lamezia Terme - CZ)
    Grotta di Sant’Elia sopra la Vecchia Cava (Lamezia Terme - CZ)
    Antro sotto la Vecchia Cava (Lamezia Terme - CZ)
    Laps del Monaco (San Donato di Ninea - CS)
    Grotta dei Lapi Rossi (Grisolia - CS)
    Grotta sotto Maierà (Maierà - CS)
    II Grotta sotto Maierà (Maierà - CS)
    Grotta del Serpe (Verbicaro - CS)
    Ausi du Perciaturu (Grisolia - CS)
    Ausi del Nut (Grisolia - CS)
    Ausi della Fossa dell’Acino (Grisolia - CS)
    Ausi in Località Sciurera (Grisolia - CS)
    Grotta in Località Pantanelli (Grisolia - CS)
    Pozzetto in Località Pantanelli (Grisolia - CS)
    Grotta della Tarantola (Grisolia - CS)
    Secondo Pozzetto in Località Pantanelli (Grisolia - CS)
    Cavernetta in Località Frontieri (Pallagorio - KR)
    Fessura a Sud di Capo Scalea (San Nicola Arcella - CS)
    Grotta Lippusa (Dipignano - CS)
    Grotta Scura (Domanico - CS)
    Grande Caverna di Damale (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotticella senza Nome (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta delle Borre (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta Bassa (Cerchiara di Calabria - CS)
    Caverna della grande Colata (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta di Tremusa (Scilla - RC)
    Grotta del Forno (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Caverna del Fico Selvatico (Cerchiara di Calabria - CS)
    Frattura dietro il Lentisco (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta della Vaschetta (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotticella del Masso Caduto (Cerchiara di Calabria - CS)
    Riparo sopra la Grotta delle Volpi (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta della Manca (Papasidero - CS)
    Grotta di Sbanniti (Laino Castello - CS)
    Caverna sopra la Grotta di Sbanniti (Laino Castello - CS)
    Caverna in Località Pirato (Papasidero - CS)
    Grotta della Manicella (Laino Castello - CS)
    Grotta di San Nocaio (Papasidero - CS)
    Grotta del Provino (Papasidero - CS)
    Grotta della Crivina (Orsomarso - CS)
    Grotta presso Canale Mancoso (Grisolia - CS)
    Grotta du Cristiariellu (Lamezia Terme - CZ)
    Grotta di ‘Ntoni Maria (Lamezia Terme - CZ)
    Grutta di Manichelli (Lamezia Terme - CZ)
    Grutta da Sgangata (Lamezia Terme - CZ)
    Grutta du Purtuni (Lamezia Terme - CZ)
    Grotta di Sant’Agata (Mendicino - CS)
    I Grotta di Terra Masseta (Cerchiara di Calabria - CS)
    II Grotta di Terra Masseta (Cerchiara di Calabria - CS)
    III Grotta di Terra Masseta (Cerchiara di Calabria - CS)
    Riparo sotto Torre Dino (San Nicola Arcella - CS)
    Tana dei Treti (Carolei - CS)
    Grotta dei Gruzzuni (Mendicino - CS)
    Grotta di Guagliuni (Carolei - CS)
    Risorgente di Vallone Cufalo (Verzino - KR)
    Grava di Grubbo (Verzino - KR)
    Grotta della Risorgente Fossile (Castelsilano - KR)
    Ausi Viertoli (Grisolia - CS)
    Buca dello Schiavo (Grisolia - CS)
    Buca della Clessidra (Grisolia - CS)
    Grava di Trabbese (Cerenzia - KR)
    Grotta di Nasone (Caccuri - KR)
    Grotta del Palummaro (Caccuri - KR)
    Buca dei Treti (Carolei - CS)
    Grave di Cacova (Verzino - KR)
    Grotta Elia Silvio (Cassano allo Ionio - CS)
    Grotta del Torrente (Grisolia - CS)
    I Grotta dei Farfare (Pallagorio - KR)
    II Grotta dei Farfare (Pallagorio - KR)
    Antro del Torchia (Castelsilano - KR)
    Buca Acenosa (Grisolia - CS)
    Crepaccio Superiore di Petralia (Grisolia - CS)
    Crepaccio Inferiore di Petralia (Grisolia - CS)
    Grava dell’Agrumeto (Castelsilano - KR)
    Pozzo dei Martirano (Mendicino - CS)
    Pozzo sopra il Fosso della Lupa (Cleto - CS)
    Grotta della Muraglia (Cerchiara di Calabria - CS)
    Fosso della Lupa (Cleto - CS)
    Grava dei Due Manfred (Verzino - KR)
    Grava Tetra (Verzino - KR)
    Grotta-Santuario della Madonna degli Aramei (Frascineto - CS)
    Grotticella Madonna degli Aramei (Frascineto - CS)
    I Grotta dell’Alimena (Mendicino - CS)
    Grotta-Chiesa di San Vito (San Donato di Ninea - CS)
    II Grotta dell’Alimena (Mendicino - CS)
    Grotta di Donna Marsilia (Morano Calabro - CS)
    Grotta da’ Sibberije (Laino Borgo - CS)
    Grotta Gargiulo (Praia a Mare - CS)
    Riparo sopra il Ponte dell’Alimena (Mendicino - CS)
    Risorgente sul Torrente Caldanello (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta del Caprio (Francavilla Marittima - CS)
    Grotta Superiore i’ Rubbert (Civita - CS)
    Grotta Inferiore i’ Rubbert (Civita - CS)
    Ausi Zero porto Zero (Grisolia - CS)
    Ausi dell’Amico Luigi (Verbicaro - CS)
    Grotta del Verme (Verbicaro - CS)
    Ausi Saettare (Grisolia - CS)
    Grotta dell’Avis (Mendicino - CS)
    Grotta delle Perseidi (Grisolia - CS)
    Ausi di Serra Paratizzi (San Donato di Ninea - CS)
    Ausi del Vaccuta (Grisolia - CS)
    Ausi d’a Vodka (Maierà - CS)
    Grotta del Brigante (Grisolia - CS)
    Grotta di Scifara (Maierà - CS)
    Primo Ausi di Famai (Grisolia - CS)
    Secondo Ausi di Viertoli (Grisolia - CS)
    Buca di Val Fiurera (Grisolia - CS)
    Grotta Grande (Civita - CS)
    Riparo delle Grotte Rosse (Civita - CS)
    I Grotta i’ Luce (Civita - CS)
    II Grotta i’ Luce (Civita - CS)
    III Grotta i’ Luce (Civita - CS)
    Grotta del Torrione (Civita - CS)
    Riparo dei Due Picchi (Civita - CS)
    I Risorgente Fossile di San Martino (Civita - CS)
    II Risorgente Fossile di San Martino (Civita - CS)
    Riparo di Timpa San Martino (Civita - CS)
    Inghiottitoio Giorgio Provenzano (San Lucido - CS)
    Grotta du Banghe i’ Mienze (Francavilla Marittima - CS)
    Grotticella du Banghe i’ Mienze (Francavilla Marittima - CS)
    Grotticella dei Banchi (Francavilla Marittima - CS)
    Grotta i’ Barbetelle (Civita - CS)
    Inghiottitoio di Pascalone (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta Llubberte (Civita - CS)
    Grotta ai piedi di Serra Pizzuta (Cerisano - CS)
    Grotta u’ Vagnu (Dipignano - CS)
    Riparo Salame (Mendicino - CS)
    Fossa delle Ciavole (Sant’Onofrio - VV)
    Grotticella sotto la II Grotta di Santo Iorio (Castrovillari - CS)
    Grotta di Forcina (San Donato di Ninea - CS)
    Ausi della Muletta (San Sosti - CS)
    Ausi Iaconielle (San Donato di Ninea - CS)
    Ausi della Vecchia (San Donato di Ninea - CS)
    Grotta del Diavolo (San Donato di Ninea - CS)
    Buco della Conca dell’Acero (San Sosti - CS)
    Ausi di Serra Scodellaro (San Sosti - CS)
    Grotta del Favo (Spilinga - VV)
    Grotta della Fumarola (Cassano allo Ionio - CS)
    Grotta dei Colombi (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotticella Brack (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotticella dell’Olivastro (Cerchiara di Calabria - CS)
    Riparo in Località Camerata (Castrovillari - CS)
    Grotta in Località Camerata (Castrovillari - CS)
    Grotticella sotto la Grotta della Monaca (Sant’Agata di Esaro - CS)
    Riparo dei Briganti (San Lucido - CS)
    Tana Fumosa (San Lucido - CS)
    Riparo presso la Grotta della Pecora (Praia a Mare - CS)
    Piccola Grotta dell’Arcomagno (San Nicola Arcella - CS)
    Grotta sotto Torre Dino (San Nicola Arcella - CS)
    Grotta della Camastra (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta di Jizzi (Marcellinara - CZ)
    Grotta del Treno (Marcellinara - CZ)
    Grotta dei Briganti (Marcellinara - CZ)
    Inghiottitoio in Contrada Riato (Marcellinara - CZ)
    Meandro in Contrada Riato (Marcellinara - CZ)
    Grutta du Palummaro (Pizzo Calabro - VV)
    Grotta del Banco della Destra (Francavilla Marittima - CS)
    Grotta i’ Sc-conge (Francavilla Marittima - CS)
    I Grotta del Banco Tunn (Francavilla Marittima - CS)
    II Grotta del Banco Tunn (Francavilla Marittima - CS)
    Avizu Vuccale du Campu (San Sosti - CS)
    Grotta-Ovile di Vicienzu e Rusanna (San Donato di Ninea - CS)
    Meandro della Pioggia (San Sosti - CS)
    Grotta di San Gregorio (Stalettì - CZ)
    Grotta dell’Abbuffata (Verbicaro - CS)
    Grotta Varco della Melogna (Orsomarso - CS)
    Pozzo in Località Sant’Angelo (Sant’Agata di Esaro - CS)
    Grotta del Tesauro (Sant’Agata di Esaro - CS)
    Grotta di Sant’Angelo (Sant’Agata di Esaro - CS)
    Grotta dello Scoglio (Cassano allo Ionio - CS)
    Grotta di Santa Maria della Stella (Pazzano - RC)
    Grotta in Località Frontieri (Pallagorio - KR)
    Grava du Cariglio (Verzino - KR)
    Grotta di Pascalone (Verzino - KR)
    Grotta di Bacco (Verzino - KR)
    Grotta del Ghiro (Caccuri - KR)
    Grotta di Ciccio e Franco (Verzino - KR)
    Grotta di Valle Vrica (Caccuri - KR)
    Grotta Juliano Flagelli (Castelsilano - KR)
    Grotta du Calipsu (Caccuri - KR)
    Grotta degli Stregoni (Caccuri - KR)
    Grotta della Muletta (Civita - CS)
    Grotta dei Lorenzi (San Lorenzo Bellizzi - CS)
    Grotta del Canale Pietra Fronte (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta del Serpente (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grutte du Trasteglione (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta del Nibbio (Cerchiara di Calabria - CS)
    Pirtuso di Terra Masseta (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta dei Topi (Cerchiara di Calabria - CS)
    Grotta di Zi Lisandro (Civita - CS)
    Grotticella del Banco dei Lisci (Francavilla Marittima - CS)
    Grotta di Santa Cristina (Filandari - VV)


    Lingua

    « A voi fieri Calabresi
    che accoglieste ospitali me straniero
    nelle ricerche e indagini
    infaticabilmente cooperando
    alla raccolta di questi materiali
    dedico questo libro che chiude nelle pagine
    il tesoro di vita del vostro nobile linguaggio
    . »

    La popolazione calabrese presenta ancora oggi un'identità abbastanza variegata, per questo l'insieme dei dialetti parlati nella regione rispecchia tali caratteristiche. Come la maggior parte dei dialetti italiani, il calabrese meridionale come quello settentrionale non hanno alcuna ufficialità. A causa delle molteplici radici storiche della regione, esistono zone della Calabria in cui si parlano ancora dialetti di diretta derivazione da altre lingue. Nel nord della regione si parla un dialetto derivante dalla lingua napoletana, mentre nel sud della regione si riscontrano numerose somiglianze del dialetto locale con la lingua siciliana, ma complessivamente il vernacolo parlato in tutta la regione è spesso identificato come "calabrese". Fino al XV-XVI secolo la lingua grecanica era parlata in tutta la Calabria meridionale, oggi perdura solo nelle cittadine di Bova, Roghudi e Gallicianò (in provincia di Reggio Calabria) e in alcuni quartieri di Reggio, storica roccaforte culturale della lingua greca in Italia. Le vie dei paesi dell'area grecanica hanno infatti ancora oggi la doppia nomenclatura: in italiano ed in grecanico. In altre zone, più circoscritte, si parlano dialetti di derivazione albanese e nel comune di Guardia Piemontese si parla occitano.

    Minoranze linguistiche



    Le minoranze linguistiche riconosciute dallo stato in Calabria sono:
    • La lingua albanese parlata in 33 comuni della provincia di Cosenza, di Crotone e di Catanzaro
    • la lingua occitana, parlata a Guardia Piemontese
    • La lingua greca di Calabria (o grecanico), parlata nel triangolo grecanico (Amendolea (Amygdalia/Amiddalia), Bova (Vua), Bova Marina (Fundaca, Jalò to Vua), Chorio di Roghudi, Condofuri, Condofuri Marina, Gallicianò, Roccaforte delGreco (Vunì), Roghudi vecchio (Richùdi), disabitato, Roghudi nuovo.

    Musica

    Nel panorama della musica sinfonica e operistica grande ruolo ricoprono tra gli artisti calabresi i due nomi di Francesco Cilea (autore tra le altre dell'Adriana Lecouvreur) e Nicola Antonio Manfroce. Nel panorama moderno e contemporaneo vi sono diversi artisti calabresi che hanno legato il proprio nome alla tradizione cantautorale italiana, quali Mino Reitano, Mia Martini e la sorella Loredana Bertè, Rino Gaetano, Fabrizio Moro e Sergio Cammariere ; mentre nella musica rock hanno avuto riscontro anche internazionale le formazioni dei JetLag (autori di un ricercato Jazz rock di matrice progressive) e Il Parto delle Nuvole Pesanti (creatori di un genere definibile "rock calabrese"). La Calabria inoltre vanta una lunga tradizione popolare legata alle diverse sfaccettature della sua cultura, direttamente legata alle molteplici popolazioni che su questa terra hanno lasciato traccia, queste tradizioni sono state portate alla ribalta dai Re Niliu negli anni '80, mentre oggi dai QuartAumentata e dai Mattanza. A partire dalla fine degli anni '70 si cominciò a incidere anche la musica folkloristica calabrese, genere spesso intriso della satira tipica dei diversi artisti, prevalentemente sotto l'etichetta Elca Sound, che hanno portato il folk calabro in giro per il mondo, tra cui per citarne alcuni: Otello Profazio, i Calabruzi e Micu u pulici.

    Eventi culturali
    (di rilevanza nazionale o internazionale)

    • Premio sportivo "Fortunato De Agazio" Vibo Valentia
    • Carnevale di Castrovillari - Castrovillari - gennaio/febbraio
    • Reggio Calabria Film Festival, retrospettiva sul cinema italiano - Reggio Calabria - primavera
    • Premio Letterario Nazionale città di Tropea - Tropea - giugno
    • Reggio Top Jazz Festival - Reggio Calabria - maggio
    • Concorso canoro "due voci per..." Vibo Valentia
    • Festa delle Invasioni - Cosenza - luglio
    • Magna Graecia Film Festival Il festival delle opere prime del cinema italiano- Soverato - luglio
    • Roccella Jazz rumori mediterranei (Roccella International Jazz Festival) - Roccella Jonica - agosto
    • Festival dello Stretto - Reggio Calabria - agosto
    • Premio sportivo "Valentia" a Vibo Valentia
    • Eco Jazz - Reggio Calabria - luglio/agosto
    • Tropea Film Festival - Tropea - agosto
    • Paleariza, festival internazionale etno-culturale-musicale itinerante - Bovesìa (Area grecanica) - agosto
    • Joggi Avant Folk Festival - Joggi/Santa Caterina Albanese - agosto
    • Pentedattilo Film Festival, festival internazionale dei cortometraggi - Pentedattilo - settembre
    • Premio Letterario Internazionale "Nosside" - Reggio Calabria
    • Tropea Blues Festival - Tropea - settembre
    • Peperoncino Festival - Diamante - settembre
    • Premio Letterario Internazionale Città di Palmi - Palmi - settembre/ottobre

    Turismo
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    Uno scorcio del celebre lungomare di Reggio, il km più bello D'Italia

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    Un angolo di Tropea

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    Il caratteristico antico borgo di Scilla, in punta d'Italia

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    Una tipica costa dello jonio calabrese presso Stalettì

    La principale risorsa turistica calabrese è il mare, con una lunghissima costa affacciata su tre mari (Tirreno, Ionio e Stretto), una particolare ricchezza della fauna ittica, in un paesaggio che alterna spiagge e scogliere. Lo scarso sviluppo industriale e l'assenza di grandi città sulla gran parte del territorio ha permesso di preservare per lungo tempo il mare incontaminato, e la Calabria è tuttora considerata un paradiso naturalistico. Il poeta Gabriele d'Annunzio chiamò il lungomare di Reggio Calabria "il più bel chilometro d'Italia", favorita dalla presenza sul territorio di numerosi siti archeologici (Reggio, Locri, Crotone, Sibari e Scolacium solo per citarne alcuni) e di bellezze naturali che suscitano l'interesse dei visitatori. Negli ultimi anni si è investito sulla capacità ricettiva di strutture alberghiere, favorendo un incremento delle presenze nella regione. Oltre alle ben conosciute mete turistiche e rinomate località costiere come Tropea, Reggio Calabria, Catanzaro, Soverato, Scilla, Palmi, Diamante, Praia a Mare, Roseto Capo Spulico o le gettonate riviere con le loro Bandiere Blu come Cirò Marina, Roccella Ionica e Scilla, anche l'entroterra calabrese è ricco di storia, di tradizioni, ma anche e soprattutto di arte, cultura, fortezze, chiese, necropoli, boschi e bacini naturalistici d'importanza, elementi caratterizzanti le aree interne delle province di Reggio, Cosenza, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia; in particolare il turismo montano si sviluppa soprattutto sull'Aspromonte e nella Sila, nei rispettivi parchi nazionali. Il turismo montano si sviluppa soprattutto nella Sila e sull'Aspromonte, dichiarati Parchi Nazionali, che dispongono di infrastrutture per gli sport invernali, soprattutto nei centri di Camigliatello, Lorica e Gambarie.

    Per saperne di più sulle Coste Calabre:
    Costa Ionica Calabrese
    Costa Tirrenica Calabrese

    Cucina calabrese

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    Le Frittole

    La cucina calabrese è strettamente collegata alla vita religiosa e spirituale e comporta regole e abitudini spesso legate alle ricorrenze che risalgono ai tempi antichi, essendo il risultato di quasi 3.000 anni di storia, dalla Magna Grecia all'Unità d'Italia. Per esempio a Natale e all'Epifania era usanza mettere in tavola tredici portate, mentre a Carnevale si mangiano maccheroni, polpette e carne di maiale. La Pasqua si festeggia con l'arrosto d'agnello, i cudduraci e i pani spirituali e così per le altre feste. Ogni evento della vita familiare (nozze, battesimi etc.) si festeggia sempre con una cena particolare. Oggi le abitudini non sono così rigide, ma mantengono molte delle antiche usanze.


    Caratteristiche

    Il cibo dei calabresi negli anni non si è molto modificato, i vari piatti hanno origini diverse sulla base dei popoli che hanno abitato in questa regione, come i Greci e gli Arabi. Ovviamente l'introduzione del peperoncino piccante risale all'epoca successiva alla scoperta delle Americhe, essendo originario del Centro America. Rivestono molta importanza i cibi conservati, come le acciughe (sotto olio e peperoncino), gli insaccati di maiale (come la 'nduja e la soppressata calabrese), i formaggi, le verdure sottolio e i pomodori seccati, che consentivano di sopravvivere nei periodi di carestia, oltre che ai lunghi periodi d'assedio dei pirati turcheschi. Oggi nelle aree coltivate si raccolgono ottimi prodotti agricoli, sulle montagne si producono molti formaggi e sono in crescita la viticoltura e la produzione di olive. Le ricette calabresi fanno molto uso di verdure, di cui il territorio è fertile: melanzane soprattutto e poi pomodori, peperoni, cipolle rosse e fave. Un ruolo centrale nella cucina calabrese è occupato dal pane, curato nella preparazione e negli ingredienti (importante il grano duro), ma anche dalle paste tradizionalmente fatte in casa.

    Primi piatti
    • Maccarruni i'casa, i Maccheroni appartengono alla più antica tradizione calabrese e sono da considerarsi i capostipiti della pasta che dalla Calabria si è poi diffusa nella Penisola. Preparati con un impasto di semola e acqua, venivano modellati in altico intorno ad uno stello di un'erba particolare, oggi intorno ad un ferro da calza o, più spesso, con macchine industruiali, e conditi con ricchi sughi a base di capra, manzo o maiale (Maccarruni cu'zucu ra Crapa, ru boi o ru porcu). Si completano con una grattugiata di ricotta salata.
    • Lagane e ciciari ara cusentina (tagliatelle larghe tipiche dell'hinterland cosentino preparate in casa con ceci che vengono condite con soffritto di aglio, olio e peperoncino).
    • Maccarruni alla pastura,
    • Pasta a lu fùrnu (nella Calabria cosentina e catanzarese) o Pasta 'ncasciàta (nel Reggino), rigatoni corti conditi con ragù di carne, polpettine e salumi, arricchiti da uova sode e caciocavallo o provola ed abbondante formaggio pecorino. Vengono incassati ('ncasciàti) tra due o più strati di melanzane fritte in una teglia, completando la cottura in forno.
    • Pasta ca' muddhìca e alici (pasta con pan grattato e acciughe) piatto estremamente semplice e saporito costituito in genere da spaghetti conditi con alici e olio legati da una manciata di pane grattugiato ed abbrustolito.
    • Pasta e patate ara tijeddra (pasta e patate al forno, piatto tipico di Cosenza cotto a crudo con tutti gli ingredienti: penne a candela, patate, sugo, parmigiano grattugiato, aglio, origano e sale)
    • Pasta e facioli alla paisana, (fagioli. patate, broccoli e pasta bollite insieme e poi condite con olio d'oliva al piatto)
    • Fileja o Fhilatierj (tipici di tutta la Calabria, conosciuti con nomi diversi nelle varie zone: maccarruni i casa, scilatelli, maccarruni a firrettu etc) simile ai maccheroni è fatta in casa con il tipico ferretto calabrese a sezione quadrata (u' f'rzuh'). Si abbina ottimamente con la carne di capra.
    • "I rascatìll" (tipici del cosentino jonico) simili agli strascinati pugliesi preparati "assolutamente" a mano , proprio con le dita : si differenziano per il numero delle dita coinvolte nella creazione "a duj dit" ( due dita) fino a "a gott'dit" (otto dita).
    • Posa (Fagioli)
    • Perciatelli cu piscistoccu.
    • Zuppa i cipudduzzi (Calabria centrale e nord), una zuppa di pane e cipolle selvatiche, simili ai lampascioni pugliesi.
    • Làgane chi ciciari zuppa di ceci con lasagnette, cipolle e carne.
    • Cacocciuli ca' pasta, pasta con cardi selvatici.
    • Pulenta chi e brocculi e curcuci, polenta con broccoli e cicciol.

    Secondi piatti
    Carne
    • le Frittole (cotenna e carne di maiale bollite nel grasso dell'animale - tipiche del reggino)
    • i Bucalàci (chiocciole, lumache), in alcuni posti chiamati anche Vermituri
    • Costolette d'agnello alla cosentina (preparate con olio, cipolla, pomodori, peperoni e le olive verdi)
    • i Curcùci (tipiche nel reggino) residuato della cottura delle frittole,
    • u' Satizzu nel reggino (o Sozizzu o Sazizza nel cosentino) (Salsiccia calabrese),
    • Suppizzata, soppressata nelle due diverse tipologie: piccante con peperoncino rosso nella Calabria centro-settentrionale e dolce con pepe nero nel Reggino,
    • Fictu alla rriggitana (fegato alla rriggitana) con cipolla, patate fritte e sfumato con aceto,
    • Mazzacorde alla cosentina preparate con interiora di agnello (trippa, polmone, cuore, milza, budelline, rete) e condite con aglio, peperoncino rosso piccante, pomodori pelati, basilico, origano, olio vergine d'oliva, e sale.
    • Morzeddhu (tipico nel catanzarese)
    • la Cervellata (Calabria centrale e nord),
    • a Stigghiolata (Calabria centrale e nord).
    • Suffrittu (Soffritto)-(piatto tipico reggino)

    Pesce
    • Baccalà alla cosentina (preparato con patate, olive nere, peperoni, salsa di pomodoro, alloro, prezzemolo, sale e pepe)
    • il pesce spada calabrese si cucina in tantissimi piatti tra cui:
    • Stocco alla mammolese - Piatto tipico di Mammola e Reggio
    • Piscispata alla riggitana
    • Piscispata alla bagnarota
    • Piscispata 'rustùtu cu'sarmurìgghiu (Pesce Spada arrostito con salmoriglio)-(piatto tipico reggino)
    • Piscispata a'gghiotta (Pesce Spada alla Ghiotta)-(piatto tipico reggino)
    • Bracioletti i Piscispata (involtini di Pesce Spada)-(piatto tipico reggino)
    • il Pesce Stocco o Stoccafisso, in particolare lo Stocco di Mammola, (incluso nell'elenco Nazionale dei Prodotti Agroalimentari dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali) e anche quello di Cittanova, che viene cucinato in vari modi, e sono considerati tra i piatti tipici più importanti della gastronomia calabrese
    • Stocco con funghi
    • Stocco e fagioli
    • Stocco arrostito
    • Piscistoccu a 'nzalata" (stoccafisso in insalata, da crudo, macerato nel limone, sale e prezzemolo)
    • Piscistoccu alla trappitara stoccafisso alla frantoiana, (tipico del Reggino)
    • Melanzane ripiene con lo Stocco.
    • Ventriceddi i piscistoccu (ventresche di stoccafisso ripiene di pan grattato accomodato)
    • Tonno di Reggio "alla bagnarese"
    • La "Sardella" (in dialetto "sardedda"), tipica di Crucoli, Trebisacce (qui denominata à sardicella piccante) e di Cirò ma diffusa in tutta la Calabria, è una pasta cremosa a base di sardine o bianchetti (neonato della sarda) con sale, peperoncino e spezie varie (es. il "finocchietto"). Si utilizza spalmandola sul pane, in tal caso è consuetudine servirla con cipolla fresca, o come condimento per gli spaghetti.
    • Turtera di lici (tortino di acciughe)
    • Turtera di spatula (tortino di pesce bandiera)
    • Cutuletti i spatula (cotolette di pesce bandiera)
    • Spatula a brodettu" (pesce bandiera in umido)

    Verdure
    • Parmigiana i mulingiàni, parmigiana di melanzane
    • Polpette di melanzane
    • Melanzane ripiene (Mulingiani chini, spesso imbottite a spicchi con salsa di cipolla e pomodoro, con caciocavallo, con altri formaggi o con farciture miste)
    • Melanzane a scapece
    • Patate 'mpacchiuse-(piatto tipico della Calabria nord-centrale. La versione cosentina prevede nella frittura anche cipolla e peperoncino e le varianti aggiuntive di peperoni e salsiccia)
    • Pìpi chìni (Peperoni ripieni)
    • Gianfùttiri (peperonata) a base di ortaggi, composto da varie verdure cucinate separatamente, poi soffritte in olio e spruzzate di aceto raccolte in un unico piatto -(piatto tipico della Calabria nord-centrale)
    • Vruacculi i rapa e sazizza (Broccoli di rapa fritti e salsiccia)-(piatto tipico cosentino)
    • Màccu (Macco) la purea di fave bollite, ridotte a poltiglia e condite con olio e finocchietto selvatico
    • Pipi fritti detti anche Pipi e Patati (Peperoni fritti con patate)-(piatto tipico reggino)
    • Zafarani a rusceddra o zafafarani a ruscella, o zafarani cruschi (peperoni essiccati durante l'estate, che vengono fritti rendendosi molto croccanti)-(piatto tipico della Calabria nord-centrale).
    • Ammuddicati, (peperoni, pomodori, zucchine, cipolle, patate ripiene di pan grattato apparecchiato con formaggio, aglio e capperi)
    • Cucuzzeddi ca trimma (zucchine con l'uovo e pecorino grattugiato),
    • Brocculi 'ffucati (broccoli calabresi stufati con olio e aglio)

    Altro
    • Cuddrurieddri cosentini
    • Crispelle
    • Pizza alla rriggitana
    • Panzerotti
    • Biscottu a 'capunata (Biscotto di grano "a caponata")-(piatto tipico reggino)
    • Crauti alla riggitana
    • Zippuli
    • Patati e caccìoffuli alla mascisc Topinambur
    • Licurda (calabria nord) zuppa di cipolle, sedano, patate, pesce, pomodoro e uova, come condimento del pane raffermo.

    Salumi
    • 'Nduja, tipico salame calabrese piccante (ma anche dolce) - (piatto tipico della Calabria centrale)
    • Suppizzata o suprissata (o Sopressata), tipica soppressata calabrese-(piatto tipico della Calabria nord-centrale)
    • Capicoddhu ,capicodu o capaccuallu,o capaccuaddru (o Capeccuallu), il tipico capocollo calabrese;
    • Pancetta (viene fatta con la parte della pancia del maiale, si toglie la pelle e la parte interna composta da carne e grasso viene messa sotto sale per qualche giorno, finito il periodo di salatura la pancetta viene spalmata con senise e pepe nero, arrotolata e legata, e messa a stagionare)
    • pizzenti o nduglia (o pezzente), tipico del cosentino, viene fatto riempiendo un intestino tenue (come salsiccia) con carne (muscolosa) polmoni e cuore del maiale, viene aggiunta senise per esaltare il sapore e dare un colore tendente al rosso.
    • satizzu, sazizza o sazzizza (salsiccia). si riempie l'intestino tenue con carne magra e grasso di maiale, in alcune zone viene aggiunta anche senise, nel reggino con semi di finocchietto selvatico, e si mette a stagionare.
    • Bucculàru, o Vuccularu o Vusjhulu (guanciale)

    Formaggi
    • Pecorino Crotonese
    • Caciocavallo Silano;
    • Pecorino del Monte Poro;
    • Caprino della Limina;
    • Pecorino del Pollino;
    • Pecorino dell'Aspromonte

    Ricotte
    • Ricotta affumicata Crotonese;
    • Ricotta di capra affumicata di Mammola;
    • Ricottone salato;
    • Ricotta di capra;
    • Ricotta di pecora;

    Dolci
    • Il gelato calabrese è considerato da molti una vera specialità tipica, rinomati sono infatti:
    - il "Gelato artigianale" di Reggio e Bagnara Calabra;
    - la Crema reggina
    - la pastiera di Reggio (vicina a quella napoletana);
    - Turruni gelatu torrone a base di canditi - (tipico di Reggio)
    - il "Pezzo duro" di Gioiosa e di Mammola;
    - il Tartufo di Pizzo;

    • Cannarìculi, biscotti della tradizione natalizia dell'alto jonio al vino cotto e miele;
    • Cuddhuraci(Cudduredda), a Pasqua-(dolce tipico reggino);
    • Cururicchi, a Natale, dolci fritti di patate;
    • Chiacchiere, a carnevale;
    • Chinuliddre a Natale - Dolce fritto tipico di Cosenza ripieno di mostarda o cioccolata e ricoperto da miele di fichi.
    • La Cupeta, torrone tipico di Montepaone (CZ), preparato con miele, sesamo e vino cotto;
    • Cuzzupa o Guta, dolce pasquale della Locride;
    • Dolci farciti con crema di bergamotto di Reggio Calabria;
    • Giuggiulèna, fatta di sementi, mandorle e miele;
    • Nacatole, dolci tradizionali della provincia di Reggio;
    • 'Ncinetti , biscotti ricoperti con glassa di zucchero, tipici della provincia di Vibo Valentia. Si preparano per i matrimoni e a Pasqua.
    • 'Nzuddha tipico di Festa Madonna a Reggio, o Mastazzuolu tipico a Soriano Calabro;
    • Petrali, biscotti di pastafrolla farciti con fichi, noci, mandorle, buccia di arancia e di mandarino;
    • Pignolata, tipico dolce del reggino a forma di pigna e ricoperto di glassa al limone e cioccolato, o al bergamotto, talvolta si prepara anche ricoperta di miele;
    • Pipareddhi (Piparelle) simili allo Stomatico ma fatti con le mandorle prodotti nella città di Reggio Calabria;
    • Pitta 'mpigliata (o pitta 'nchiusa), dolce tipico di San Giovanni in Fiore e della Provincia di Cosenza;
    • Scaliddre a Natale - dolce fritto tipico di Cosenza a base di farina, anice e olio, solitamente ricoperto di glassa di zucchero
    • Pitta di San Martino;
    • Stomatico biscotto secco di zucchero caramellato, farina, olio, chiodi di garofano e cannella, prodotto a Reggio;
    • Turdiddri a Natale - dolce fritto tipico di Cosenza a base di farina, anice e olio, solitamente ricoperto di miele di fichi e di api mescolati
    • Susumelle, un tipo di biscotti tipici;
    • Tartine di sanguinaccio, dolce preparato con il sangue del maiale e il cioccolato;
    • Tartufo di Pizzo gelato al gusto di nocciola e cioccolato, ricoperto di cacao, la cui forma richiama il tartufo;
    • Dita d'Apostuli leggerissimo pan di Spagna con crema
    • Suspiri ri monache Tipiche a Bagnara Calabra, ricoperte di glasa bianca o cioccolata

    Pane e farinacei
    • Pan'i Mangone, pane casereccio di Mangone
    • Pan'i Tessano, pane casereccio di tessano
    • Pan'i Ranu, pane casereccio di Seminara
    • Pitta e Lestopitta, tipi di pane dell'area grecanica
    • Pitta farcita
    • "Pane pizzata" (pane di mais) tipico di Mammola
    • Sguta (pane pasquale)

    Frutta tipica
    • Arance
    • Bergamotti
    • Clementine
    • Limoni
    • Mandarini
    • Cedro
    • Annona Anona
    • Mandarini
    • Prugne
    • Castagne
    • Muluni (cocomero)
    • Zinzuli (giuggiole)
    • Fichi

    Vini

    La Calabria, un tempo chiamata "Enotria" (terra del vino), è particolarmente ricca di vini dal sapore tipicamente meridionale, alcuni vigneti risalgono infatti all'antichità, quando i coloni greci portarono i vitigni dalla madrepatria, cominciando a produrre il vino che ancora oggi viene da questa terra.

    DOC
    • Bivongi rosso nelle province di Reggio Calabria e Catanzaro
    • Cirò nella provincia di Crotone
    • Donnici nella provincia di Cosenza
    • Greco di Bianco nella provincia di Reggio Calabria
    • Lamezia nella provincia di Catanzaro
    • Melissa nella provincia di Crotone
    • Pollino nella provincia di Cosenza
    • Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto rosso o rosato nelle province di Crotone e Catanzaro
    • San Vito di Luzzi nella provincia di Cosenza
    • Savuto nelle province di Cosenza e Catanzaro
    • Scavigna nella provincia di Catanzaro
    • Verbicaro nella provincia di Cosenza

    IGT
    • Arghillà nella provincia di Reggio Calabria.
    • Calabria nell'intero territorio della regione Calabria.
    • Condoleo nella provincia di Cosenza.
    • Costa Viola nella provincia di Reggio Calabria.
    • Esaro nella provincia di Cosenza.
    • Lipuda nella provincia di Crotone.
    • Locride nella provincia di Reggio Calabria.
    • Palizzi nella provincia di Reggio Calabria.
    • Pellaro nella provincia di Reggio Calabria.
    • Scilla nella provincia di Reggio Calabria.
    • Val di Neto nella provincia di Crotone.
    • Valdamato nella provincia di Catanzaro.
    • Valle del Crati nella provincia di Cosenza.
    • Valle del Savuto nella provincia di Cosenza.

    Prodotti Agroalimentari Tradizionali

    Il Ministero delle Politiche Agricole e Alimentari, in collaborazione con la Regione Calabria, ha riconosciuto 272 prodotti calabresi come "tradizionali"



    Bevande
    • Romanella, gassosa tipica al limone e gassosa al caffè (Reggio Calabria)
    • Gassosa al caffè - Siesta, oppure Brasilena gassosa al gusto di caffè e Moka Drink
    • Bergotto, gassosa al Bergamotto di Reggio Calabria DOP
    • Cedrata bibita ricavata dal cedro
    • Locretta aranciata gassosa
    • Moka Drink, gassosa al gusto di caffè dell'area urbana di Cosenza

    Liquori
    • Amaro dell'Abate
    • Amaro Silano (tipico del Cosentino)
    • Vecchio Amaro del Capo
    • Bergamino o Bergamello (liquore di bergamotto)
    • Liquirice (liquore alla liquirizia)
    • Liquore di Cedro
    • Pollino
    • Limoncello
    • Zagara
    • Calabrisella
    • More di gelso
    • Liquore al mandarino
    • Nocino
    • Piparello liquore a base di peperoncino con aroma di arancio (tipico del Reggino)
    • Paesanella (forte grappa)
    • Amarotto (elisir digestivo al bergamotto)

    Prodotti DOP e IGP
    • Bergamotto di Reggio Calabria DOP
    • Capocollo di Calabria DOP
    • Cipolla Rossa di Tropea IGP
    • Clementine di Calabria IGP
    • Pancetta di Calabria DOP
    • Salsiccia di Calabria DOP
    • Soppressata di Calabria DOP

    Onorificenze

    Conferita il 11/10/2010: Medaglia al merito di I classe della Protezione Civile - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia al merito di I classe della Protezione Civile. «Per la partecipazione all'evento sismico del 6 aprile 2009 in Abruzzo, in ragione dello straordinario contributo reso con l'impiego di risorse umane e strumentali per il superamento dell'emergenza.»
    — D.P.C.M. 11 ottobre 2010, ai sensi del ai sensi dell'art.5, comma 5, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 dicembre 2008.

    Nativi della Calabria



    Edited by Isabel - 14/10/2014, 11:34
     
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1 replies since 21/10/2009, 15:27   2785 views
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