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Palmi

Provincia di Reggio Calabria

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  1. Isabel
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    Palmi

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    « Palmi ha il privilegio di trovarsi al centro di una grande espressione del Creato! Un fantasmagorico scenario naturale di indescrivibile bellezza circoscritto dell'immensità del mare dei Ciclopi e la maestosità del monte Sant'Elia. Vi è forse, ditemi, un luogo più bello sulla terra? »
    (Léon Palustre de Montifaut, De Paris à Sybaris, études artistiques et littéraires sur Rome et l'Italie méridionale, 1866-1867 - Parigi, Lemerre 1868)

    - Fonte -

    Palmi, Palmae in latino, Pàrmi in dialetto reggino) è un comune italiano di 18.740 abitanti della provincia di Reggio Calabria. È sede dell'omonimo circondario che comprende 33 comuni con una popolazione di circa 170.000 abitanti. Con le vicine spiagge della Marina di Palmi e del Lido di Palmi, la città è un importante stazione balneare anche grazie al suo paesaggio, che ha portato scrittori e poeti a definirla la "terrazza sullo Stretto". In funzione di ciò, gran parte del territorio palmese è vincolato poiché «per le sue incantevoli e varie vedute, per l'incomparabile bellezza panoramica incorniciata dal verde degli ulivi e per i suggestivi tratti di scogliere degradanti sul mare, costituisce un quadro naturale di particolare bellezza». Oltre ad essere il principale polo amministrativo, direzionale e scolastico del versante tirrenico della provincia, Palmi è anche un centro agricolo e commerciale nonché sede degli uffici di curia della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi. Da secoli la città è anche uno dei centri culturali della Calabria. nel campo letterario, musicale, storico e archeologico. Ha dato i natali, tra l'altro, al compositore Francesco Cilea ed al letterato Leonida Repaci ed ospita il complesso museale della Casa della Cultura ed il Parco Archeologico dei Tauriani, sulle rovine dell'antica città bruzia di Tauriana. In quest'ultima visse san Fantino, santo più antico della Calabria e la cripta, che contenne le sue spoglie, è attualmente il luogo di culto cattolico più antico della regione. Inoltre a Palmi vengono celebrate due festività di rilevanza nazionale. I due eventi sono la festa di San Rocco, con il "corteo degli spinati", e la Varia di Palmi, per la quale è stato avviato il procedimento di riconoscimento da parte dell'UNESCO come "patrimonio immateriale dell'umanità".

    Territorio

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    Baia della Tonnara di Palmi con, sullo sfondo, il pianoro di Palmi ed il monte Sant'Elia

    « Devo considerare Palmi come posta in una situazione così particolare da essere difficilmente concepita dall'immaginazione umana, in quanto è al di là della possibilità di un disegno »
    (Keppel Richard Craven, A tour through the southern provinces of the kingdom of Naples, 1821)


    Palmi, che si affaccia sul Mar Tirreno, è situata a ridosso delle pendici del Monte Sant'Elia, su di un terrazzamento che sovrasta un tratto di Costa Viola. Confina con il comune di Seminara e con il comune di Gioia Tauro. Gran parte del territorio comunale, è formato da una serie di terrazzamenti collinari che si sviluppano a picco sul mare tramite un sistema di piccole spiagge e scogliere. Su di un terrazzamento a quota 224 metri s.l.m. vi è il centro storico con la casa comunale, mentre in un altro terrazzamento posto più a nord, ed avente altezza s.l.m di circa 100 metri, è ubicata la frazione di Taureana (con il vicino Parco archeologico nel luogo dove sorgeva l'antica "Taurianum"). La restante parte della superficie comunale è costituita, a sud, dal Monte Sant'Elia (579 metri s.l.m.) e, a nord-ovest, da territorio pianeggiante su cui sorgono i centri balneari costituenti il Lido di Palmi (Tonnara, Pietrenere, Scinà). Il corso d'acqua principale è il fiume Petrace, che segna il confine nord-est del territorio comunale dalla località Pontevecchio fino alla sua foce sul Mar Tirreno. La sua portata media è di circa 8 metri cubi al secondo. La punta più ad ovest è denominata Capo Barbi mentre lungo le spiagge di Palmi sorgono alcune scogliere aventi superficie tale da rientrare nella cartografia IGM, quali lo soglio di Trachini, lo scoglio dell'Isola e gli scogli Agliastro. Tra questi ultimi vi è il celebre Scoglio dell'Ulivo. Una parte territorio comunale rientra anche nell'elenco delle Zone di Protezione Speciale e dei Siti di Interesse Comunitario della Regione Calabria.

    Le origini del nome


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    Vista del rione Cittadella dal
    sentiero del Tracciolino con,
    sullo sfondo, il Mar Tirreno

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    Tramonto

    Circa le origini del nome dato a Palmi, è costante la tradizione nei secoli susseguiti alla fondazione di questa città, che l'abbia assunto a causa delle molte palme che sorgevano nel suo territorio; tant'è che con l'indicazione De Palmis, Ruggiero I conte di Calabria specifica che la chiesa di San Georgium che cum pertinentiis et terris suis questi concedeva, nel 1085, alla Chiesa di Santa Maria e dei XII apostoli di Bagnara Calabra (Giuseppe Pasquale Cirillo, Difesa storica del Diploma onde Ruggiero I, conte di Sicilia e di Calabria nell'anno 1085, fondò la Chiesa di Santa Maria e dei XII Apostoli di Bagnara, Napoli 1754); e dominus Palmae viene detta dal barone Iacobus De Roto di Seminara nei registri angioini dei baroni di Calabria, nel 1333 (Vito Capialbi, Memorie per servire alla storia della santa chiesa militese, Napoli, 1835, cronologia dei vescovi pag. 19, annotaz. 3). Mentre nei tempi ulteriori, gli antichi notari si sono sempre serviti dell'espressione Civitas Palmarum per indicare Palmi: la quale nel secolo XVI, da Gabriele Barrio (De Antiquitate et situ Calabriae, Romae, 1571, Hb. II cap. XVIII) venne chiamata Parma, e da Fra Lando Alberti (Descrizione di tutta Italia, Venezia 1596, v. Calabria, pag. 201) viene nominata come Palma. Carlopoli venne pure denominata da poco oltre la metà, fino al finire del secolo suddetto. Solamente nella numerazione del 1669, si incomincia a trovare scritta Palmi (Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico del regno di Napoli, Napoli 1797, v. Palma), ma col cominciare del secolo XVIII, veniva detta ordinariamente Palme (Thomae Aceti, Annotationes de antiquitate et situ Colabriae, Roma, 1737 Hb. II, cap. XVIII) nome che prevalse sempre (Ferdinando De Luca e Raffaele Mastriani, Dizionario corografico del Regno di Napoli, Nap. 1858, v. Palme), fino al nuovo assetto del regno di Casa Savoia (1860), in cui si stabilì definitivamente il nome Palmi.

    Storia - Età del Bronzo

    « Colà, fra gelsi, gli olivi, ed altri alberi fruttiferi, e hortaglie divien vaga Palmi, con la piazza in quadro perfetto, colma di botteghe, col Teatro per le Comedie »
    (abate Giovan Battista Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, 1693)


    PDRo4lS
    Rinvenimento dei resti di
    capanne, dell'età del bronzo,
    all'interno del Parco
    Archeologico dei Tauriani

    Il territorio comunale fu abitato fin dall'Età del bronzo, come testimoniato dai rinvenimenti ottenuti negli scavi condotti, dal 1991, nella Grotta della Pietrosa. Difatti i reperti rinvenuti sono ceramiche, principalmente della fase tarda dell'età del Bronzo, che provano di come la zona fosse abitata in quel periodo. Altri invece sono interpretabili come importazioni dell'area egea. Ciò porta a pensare che le coste tirreniche calabresi rientrassero nelle rotte del commercio miceneo. Sempre dell'età del Bronzo sono databili anche i resti delle capanne di un villaggio, attivo per circa mille anni, e localizzati nell'attuale Parco Archeologico dei Tauriani.





    Tauriana


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    Una strada romana che
    collegava Tauriana con la
    via Popilia

    In epoca antica, nella zona sorgeva un'antica città chiamata Tauriana, che costituiva l'estremo nord della chora di Rhegion. Sulla fondazione della città, alcune leggende narrano di una possibile colonizzazione achea dell'area. La città è segnalata in atti ufficiali di età successiva, quando Tito Livio asserisce che nel 212 a.C., in occasione della guerra annibalica, «in Bruttiis» vi fu il passaggio dei Taureani, unitamente ai Cosentini, «sotto la protezione di Roma». Anche Catone narra dell'esistenza dei Tauriani, dando un'indicazione della zona in cui vi era il loro territorio. Il confine con quello di Rhegion era dato dal fiume "Pecoli". Secondo alcuni archeologi, questo passo catoniano darebbe una base storica alla leggenda sui legami di Tauriana con gli achei. Di una «città dei Tauriani» scrivono Pomponio Mela e Plinio il Vecchio nel I secolo d.C.. Quest'ultimo la definisce come "Tauroentum oppidum". L'Anonimo Ravennate cita, per l'età tardo antica, Tauriana tra le città collocate «vicino lo stretto che divide la Sicilia e l'Italia». Anche la Tavola Peutingeriana, nel segmento VI, riporta l'esistenza della città di Tauriana in età imperiale. Attorno al III-IV secolo la città divenne sede vescovile. In età bizantina, all'interno del Thema di Calabria, Tauriana ricadeva nell'area della "Turma delle Saline". Negli anni intorno al 590, Tauriana fu preda di scorrerie longobarde provenienti dal ducato di Benevento e nei secoli successivi si verificarono scorrerie saracene. Tra il VII secolo e l'VIII secolo, Tauriana risultò già gravemente danneggiata o dai saraceni d'Africa o dai longobardi. Oltre questo, sono le poche le notizie che ci sono pervenute sulla vita della città. Quel poco che sappiamo è dovuto al bios della vita di san Fantino il Vecchio, scritto nell'VIII secolo da Pietro, vescovo della Diocesi di Tauriana.

    Il resto del territorio in età antica

    Nella zona di Tauriana, tra l'altro, vi era più a sud un luogo frequentato e molto noto fin dal primo secolo dell'era cristiana, anch'esso citato da Plinio il Vecchio, che lo chiama con il nome di Portus Orestis (Porto Oreste). Gabriele Barrio lo riconobbe nella zona di Rovaglioso, però non vi furono ruderi ne altro che potessero attestare l'esistenza di una città in tempi remoti. Pertanto, nei primi secoli dell'era cristiana, non dovette esistere che qualche villaggio il quale, forse transitoriamente tra il V secolo ed il VI secolo, godette di una residenza vescovile. Difatti vi sono storiografi che affermano che la città di Porto Oreste fosse un'antichissima sede vescovile. In un periodo compreso tra il VI secolo e l'VIII secolo, quando numerosi monaci bizantini scelsero la Calabria in conseguenza delle persecuzioni iconoclaste proclamate da papa Leone III e dall'occupazione della Sicilia da parte dei saraceni, venne realizzato nell'attuale contrada Pignarelle, un insediamento rupestre di impronta monastica bizantina. Le grotte furono costruite dagli stessi monaci scavando nell'arenaria e sono rappresentate da alcune cavità, delle quali quella situata al centro di tutto il complesso è denominata "basilica". Altre notizie riguardano il monte Sant'Elia, allora chiamato Salinas. Difatti, già da prima del X secolo, la montagna era rinomata per l'esistenza di alcuni conventi di monaci basiliani. Uno di questi venne fondato, nell'anno 884, da Elia di Enna e le cronache riportano che nella chiesa del monastero vi venne sepolto in seguito anche san Filarete, che passò nel convento gran parte della sua vita.

    Le origini di Palmi

    Prima della metà del X secolo Palmi non esisteva, ma è da ritenersi che solamente poche case coloniche dei vicini taurianensi si dovessero trovare sparse per l'allora contrada De Palmis, così chiamata a causa delle numerose palme che ivi crescevano spontaneamente. Non è da escludere però che già in precedenza Palmi potesse esistere in quanto, nel VI secolo, Cassiodoro in una lettera indirizzata ad Anastasio (cancellaro della Bruzia e della Lucania), elogiò un vino detto "Palmaziano" ed argomentò che questo nome dovesse derivare da quello di un territorio anche se, successivamente, i glossatori ritennero che fosse riferito non ad un territorio ma alla sua eccellente superiorità.

    La distruzione di Tauriana e la nascita di Palmi

    Nel 951 l'emiro di Palermo Abū l-Qāsim al-Hasan, per il mancato tributo dovutogli dai bizantini a cui apparteneva la parte estrema dell'Italia meridionale, spedì agguerrite milizie decise ad occupare la Calabria. Chiesto aiuto al califfo d'Africa, questi mandò prontamente Farag Mohadded con un esercito di agareni ed una numerosa armata. Pertanto espugnata Reggio Calabria, l'esercito percorse tutto il versante meridionale della Calabria apportando ovunque devastazioni, saccheggi ed eccidi. I taurianensi intanto, saputo della venuta dei saraceni, pensarono di salvarsi altrove poiché nella loro città non potevano apprestarsi ad una valida difesa essendo la stessa sguarnita di mura, scarsa di popolazione ed in gran parte ancora rovinata dalle precedenti incursioni. Per questo furono costretti a rifugiarsi nei più vicini castelli e forti ed abbandonare la nativa Tauriana. La quale fu, infatti, assalita da una turba di agareni, mori e cartaginesi che, non trovando abbondante bottino, la distrussero interamente devastando tutto il territorio circostante. La parte più eletta dei cittadini con il clero ed il vescovo, trovarono riparo in Seminario mentre la restante parte dei taurianensi, non potendo trovare riparo in essa, trovarono scampo in Mamertium Oppidum, Calatrum e Quinquefrondium mentre altri, sulle rovine di Sappominulim, cominciarono ad edificare le città di Terranova, San Martino e Pedavoli. La parte dei taurianensi dedita ai traffici ed alle arti marinaresche invece, trovandosi a disagio nei paesi interni, prescelse a stabile dimora il luogo eminente della parte alta della costiera, tra il monte Aulinas ed il fiume Metaurus, cioè sulle alture di Portus Orestis (Rovaglioso) nella contrada De Palmis. Per tradizione, il villaggio che vi edificarono, si suppone che corrisponda all'odierno rione Cittadella.

    Dal X secolo al XV secolo


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    Ruggero I
    In quei secoli Seminara era rimasta la sola città a sorgere non lontano dal mare, pertanto cominciò ad esercitare la sua giurisdizione su vaste e spopolate contrade, tra le quali quelle che andavano formandosi nel territorio dell'antica Tauriana; perciò il villaggio De Palmis dipese da essa. Ruggero I di Sicilia, divenuto nel 1081 conte di Calabria, dispose fin dallo stesso anno la fondazione a Bagnara Calabra della "Chiesa di Santa Maria e dei XII apostoli", alla quale donò fondi appartenenti alla distrutta Tauriana oltre alle chiese di "San Michele di Vitica" (S. Michaelem de Bitica cum terris et pertinentiis suis) e di "San Giorgio di Palmi" (San Georgium che cum pertinentiis et terris suis). Sempre nel 1081, Ruggiero I, istituì il vescovado di Mileto trasferendovi quello della distrutta Vibona e, nell'anno 1086, le aggiunse il territorio della distrutta ed abbandonata diocesi di Tauriana, essendone rimasta vuota la sede. I monaci basiliani, in quel periodo, ricostruirono le abbazie di Sant'Elia lo Juniore sul monte Aulinas e di San Fantino vicino all'antica Tauriana, tant'è che Ruggero II di Sicilia le sottopose, nel 1134, all'archimandrita del cenobio del Salvatore di Messina. Nell'anno 1169, un terribile terremoto cagionò immense rovine ed un gran numero di morti in Calabria, ma non quanti ne provocò quello del 1184. Anche il 5 aprile del 1230 seguì un gran terremoto che distrusse in parte Reggio Calabria e tutte le terre vicine ad essa.

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    Ferdinando II
    di Aragona
    Dai primi tempi della dominazione normanna, fino al principio del XIII secolo, non vi sono altre notizie pervenute sulla città ma solamente notizie sulle vicende che accompagnarono i due suddetti conventi (controversie tra proprietari e pretendenti feudatari, principi o prelati). Si presume però che, come il villaggio di Palma o Palme prese incremento, ciò ebbe a destare l'ambizione su di essa dei feudatari dei castelli o delle terre vicine; per questo al tempo della dominazione angioina, la città cominciò ad essere soggetta a qualche feudatario. Già nel 1333, nella lista dei baroni di Calabria, figurò un certo Jacobus De Roto di Seminara come utile signore della città. Pare che, tale De Roto, non solo esercitasse il dominio di utile signore ma che avesse, dal governo angioino, l'incarico di stare con gente armata in guardia per le costiere da eventuali approdi nemici. Da tale atto, fino alla fine del XV secolo, nessun altro fatto importante accaduto nel villaggio di Palmi è venuto a conoscenza nonostante la Calabria fosse stata, in quel lungo periodo, teatro di molti avvenimenti notevoli. Pertanto Palmi ("Parma Oppidum"), che verso la fine del XV secolo era un comunque villaggio piuttosto notevole, seguì certamente le sorti di Seminara, di cui era casale con Sant'Anna, Strangi (quartiere popolare di Seminara), Sant'Opolo (odierna Barritteri) e Pesolo. Si rifugiò a Palma, nel 1495, il re Ferdinando II di Aragona dopo aver subito una sconfitta a Seminara contro le truppe del generale Robert Stuart d'Aubigny, in quanto lo stesso re per opporsi al tentativo francese di annessione del Regno di Napoli, organizzò una guerra contro le suddette truppe inviando nel 1494, Gonzalo Fernández de Córdoba nominato Gran Capitano, che si era distinto in precedenza nella presa di Granada. Sempre nel 1495 Carlo Spinelli, altre volte detto Jacopo, divenne conte della città di Seminara e quindi feudatario anche di Palmae.


    XVI secolo - L'ascesa di Palmi

    Molto incremento e maggiore importanza andò prendendo, agli inizi del secolo, la terra di Parma o Palme la quale, soggetta ancora a Seminara, aveva già attirato tutti i traffici che si esercitavano lungo la riviera da Scyllaeum e Vagnara a Nicotra, servendosi principalmente della Marina di Pietrenere. I suoi terrazzani, quasi tutti marinai, con le loro feluche tenevano i commerci che arrivarono fino a Napoli ed in pochi anni i suoi territori, fertili di ogni prodotto, giunsero ad esportare in notevole abbondanza olio, vino, cereali, seta ed in minor quantità lana, pelli, cera, miele ed altri prodotti. Lo sviluppo del commercio e delle industrie permise alla popolazione di godere di un periodo di benessere e di ricchezza. Per questo dai monti e paesi vicini immigrarono a Palme molte persone, e la terra di Seminara pertanto, nel periodo di Carlo Spinelli, contava sia una ricca e popolosa città (Seminara era la città più importante della provincia dopo Reggio Calabria) sia la città più trafficante e più importante del litorale. Nel 1509 Palmi, come tutta quanta la Calabria, fu colpita da violenti terremoti, tant'è che le cronache riportano che la città di Reggio Calabria andò totalmente distrutta. In quegli anni il benessere delle coste calabresi attirò spesso i pirati turchi e algerini che, fin dall’inizio del XVI secolo, invasero e saccheggiarono le terre del versante occidentale della Calabria. I pirati arrivavano nottetempo fin sotto il Monte Sant'Elia e si nascondevano negli anfratti rocciosi restando in attesa, fino alle prime luci dell’alba, per attaccare i navigatori depredandoli e uccidendoli. Nonostante ciò il traffico non diminuì, ma si svolse per mezzo di piccole barche, sempre di giorno, e dopo aver cautamente esplorato le coste.

    Il miracolo di Palmi

    In quegli anni a Palmi era celebre un'immagine di Maria Santissima del Soccorso "delli cui miracoli fu scritto un libro intiero". In funzione di ciò, il 1533 è l'anno in cui accadde un evento storicamente definito come "il miracolo di Palmi". In quell'anno infatti, come di consuetudine, in occasione della festa palmese della Madonna del Soccorso, dai centri vicini furono portate le statue ed immagini sacre più venerate e miracolose. Dal vicino centro di Terranova Sappo Minulio, ove viene a tutt'oggi venerata un'immagine nera del Santissimo Crocifisso, decisero di partecipare alla festa portando quest'ultimo in processione da Terranova fino alla città costiera. Le cronache di allora riportarono che, il 20 luglio 1533, il Crocifisso posto davanti all'immagine della Madonna del Soccorso, cominciò a sudare sangue dal costato. Tale miracolo venne confermato con atto pubblico, redatto e registrato, presso la Curia Arcivescovile di Reggio con atto del notaio Antonino Oliva di Seminara. Giovanni Fiore da Cropani, confermò l'evento nella sua pubblicazione "Della Calabria illustrata".

    La distruzione e riedificazione

    Nel 1549 avvenne la distruzione di Palma, ad opera del corsaro turco Dragut Rais. Il romitorio di basiliani dedicato a sant'Elia profeta, che sorgeva sopra il monte Salinas, fu l'unica chiesa che, scampò alle rovine delle incursioni saracene.

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    Torre di Pietrenere
    A seguito di tale devastazione, il duca di Seminara Carlo II Spinelli, che era diventato feudatario nel 1555 alla morte del padre Pietro Antonio, decise di riedificare la terra di Palma e di fortificarla costituendole, con Gioja, l'emporio di ogni commercio. La città, ricostruita nello stesso luogo ove era ubicata prima della devastazione di Dragut, assunse una forma rettangolare e fu circondata da mura (ben alte) ai cui estremi sorsero quattro imponenti torri anch'esse quadrate e attaccate alle mura di cinta. Risale anche a questo periodo la costruzione delle due torri di guardia costiera. Di esse, una fu detta "Torre di San Francesco" ed era ubicata in località ancora oggi detta appunto "Torre"; l'altra, costruita presso la Chiesa di San Fantino, fu detta "Torre di Pietrenere" dal nome della marina sottostante. La data impressa sulla Torre di Pietrenere (1565), è da ritenersi quale data probabile della riedificazione di Palma, ad opera del duca Spinelli, e dell'istituzione del fedecommesso per il suo casato. A seguito della ricostruzione fortificata dalla città, lo Spinelli coniò una medaglia commemorativa dell'evento. Questa medaglia rappresenta la più antica iconografia di Palmi. Inoltre i cittadini chiamarono la città fortificata con il nome di "Carlopoli", in segno di riconoscenza per il feudatario. Pertanto, dal 1567, sono evidenziabili, nella toponomastica cittadina, il termine oppidum (cioè "fortificata") ed il nome di "Palma nunc Carlopolis". Quest'ultimo termine fa pensare che la nuova città fortificata di Carlopoli sorse accanto al vecchio centro abitato di Palma.

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    La medaglia di fondazione di
    Carlopoli. Nel recto il profilo
    di Carlo Spinelli, nel verso il
    rilievo della città in prospettiva
    Negli anni seguenti gli abitanti della città, stimati in 508 famiglie, erano già tornati alla vita ordinaria, tanto che avvenne l'immigrazione di popolazione dai due centri vicini di Seminara e Gioja. Anche dopo la fortificazione della città continuarono le scorrerie dei turchi sulla costa palmese. In una di queste, sbarcando nuovamente i pirati alla Marina di Palmi, i corsari si accamparono in gran numero per il gran caldo presso la Fontana dell'acqua degli ulivi. Disarmati, furono assaltati dai cittadini di Palma che, con molto impeto, ne uccisero un gran numero e quei pochi che trovarono salvezza ripresero di nuovo la strada del mare. Il loro capo cadde al suolo ferito ed i cittadini lo raggiunsero e lo uccisero sdraiato su di una pietra. Troncatogli il capo, lo portarono in trionfo nel paese sulla punta di un'asta. Fino al XIX secolo era ancora visibile la pietra su cui venne ucciso, che fu chiamata la "pietra del drago" (abbreviazione di Dragut). Difatti i cittadini di Palma, nell'uccidere il capo di quella tornata di pirati turchi, credettero di aver ucciso il famoso e feroce Dragut Rais. Alla morte del duca Carlo II, nel 1572, succedette nella eredità del ducato di Seminara il primogenito Scipione Spinelli.

    La donazione del Sacro Capello

    Nel giugno del 1575 scoppiò a Messina un'epidemia di peste che durò circa trent'anni anni, procurando la morte di oltre 40.000 persone. Il morbo fu portato da levante dopo la battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571) ed in breve tempo si propagò anche a Reggio Calabria e nelle altre coste della Calabria, tra cui Palma (anche se in modo minore). I cittadini di Palma accolsero quanti fuggirono dalla città peloritana ed inoltre, tramite i suoi marinai, mandarono aiuti tramite generi di vitto e olio. Superata la calamità la città di Messina, in segno di riconoscenza verso la cittadina calabrese, con delibera del Senato cittadino volle donare alle autorità ecclesiali di Palma, in segno di ringraziamento per gli aiuti prestati, uno dei capelli della Madonna che furono portati nella città siciliana nell'anno 42 unitamente ad una lettera di benedizione e di protezione da parte della madre di Cristo. Nel 1582, accompagnata durante la traversata da una moltitudine di imbarcazioni palmesi "vestite a festa", la barca di Giuseppe Tigano portò da Messina alla Marina di Palma un reliquiario contenente il Sacro Capello. Da quel momento, anche nel popolo palmese, cominciò la venerazione verso la Madonna appellata col titolo "della Sacra Lettera". In suo onore furono innalzate cappelle ed altari e, nella ricorrenza dell'assunzione, vennero tributate solenni processioni con grandi festeggiamenti, alla cui spesa concorreva tutto il popolo pagando un balzello imposto dal Comune sull'acquisto della carne. Inoltre, sul modello di Messina, si realizzò un enorme carro votivo rappresentante l'Assunzione di Maria. Tale carro fu introdotto da un certo "Mastro Jacopo".

    Il riscatto dal dominio feudale

    Nel 1572, alla morte del duca Carlo Spinelli, succedette alla guida del ducato di Seminara suo figlio Scipione I il quale, a causa di numerosi debiti, dovette vendere nel 1578 l'intero feudo (formato dalla terra di Seminara con i casali di Palmi e Sant'Anna) al Principe di Scilla e duca di Bagnara Calabra don Fabrizio Ruffo per 100.000 ducati. Appena venuti a conoscenza del fatto, gli abitanti dei tre centri s'indignarono dell'accaduto svolto a loro insaputa (reputando di essendo stati trattati come abbietti vassalli) e, contrari al passaggio ad un ulteriore feudatario noto per le sue prepotenze, si riunirono in parlamento presso la chiesa di San Marco a Seminara. In tale parlamento i più facoltosi offrirono "una tantum" fino al raggiungimento della cifra di 100.000 ducati (l'universitas di Seminara e Sant'Anna per 75.000 ducati e l'universitas di Palmi per 25.000 ducati). Pertanto Seminara ed i suoi casali "proclamando" al Demanio regio, chiesero la protezione e la ottennero ed il prezzo pagato fu depositato presso i pubblici banchieri Calamazza e Pontecorbi "per servire al pagamento dei debiti del duca Scipione Spinelli". Seminara ed i suoi casali, sottrattisi al dominio feudale e ritornati sotto il Demanio regio, vennero retti da un governatore di regia nomina. Particolarmente importante fu la visita a Palmi di Mons. Marcantonio Del Tufo, vescovo della Diocesi di Mileto, nel 1586, in quanto ebbe modo di elencare tutte gli edifici di culto e le congreghe presenti in quel momento storico in città. Tra le congreghe vi erano quella dedicate al "Santissimo Salvatore" ed a "San Rocco". Nel 1595, la popolazione di Palmi contava 617 famiglie.


    XVII secolo

    Il 3 febbraio 1624 in Calabria vi fu un violento terremoto, che si ripeté nell'aprile del 1626.

    L'indipendenza da Seminara

    Verso l'inizio del XVII secolo, si notò nel casale di Palmi un ulteriore aumento cospicuo delle industrie e dei commerci; il benessere che si godeva nel paese aveva inoltre attirato molta gente che dai paesi vicini veniva a stabilirsi a Palmi. La terra di Seminara, che mal sopportava l'incremento del suo casale, cercò con ogni mezzo di ostacolarne lo sviluppo e continuò la vendita dei beni feudali degli Spinelli avuti con il passaggio al Demanio regio. Nel 1592, per tale compera, nella liquidazione fatta dalla Regia Camera della Sommaria circa i debiti che la terra di Seminara aveva per causa del demanio (90.250 ducati), l'universitas di Palmi fu posta espressamente in collazione per il pagamento e dovette assegnare le sue gabelle, le quali venivano affittate ogni anno per 3.478 ducati. Tali gabelle furono impiegate per un periodo di 36 anni (dal 1592 al 1628) quando essendosi formato lo "Stato di Palme" dal reggente Tappia, rapportandosi le rendite di dette gabelle, ascese a 3.630 ducati, si disse che in quell'anno erano state restituite alla universitas, che prima stavano assegnate per l'estinzione del debito del demanio. Ed inoltre, avendo i cittadini corrisposto ducati 20.000 in supplemento del prezzo del demanio, quelli non furono solamente corrisposti da cittadini di Seminara, come l'universitas ha assunto, ma da duecento cittadini tanto di Seminara che dei casali, come fu dichiarato dai loro Procuratori nel 1578 in Regia Camera della Sommaria. Per questo, gli abitanti di Palme, tennero parlamento nel 1632 e decisero di domandare la separazione da Seminara con il risarcimento dei danni e degli interessi subiti per i beni feudatali venduti, nonché di passare alle dipendenze principe di Cariati. La reazione di Seminara fu dura, perché oltre a perdere la supremazia e la giurisdizione sul territorio di Palme, tale scelta avrebbe creato un danno economico. La decisione del popolo di Palme rimase ferma e, per troncare la controversia, Seminara cedette nel 1634 con pubblico istrumento la sua giurisdizione alla Regia Corte, cioè in beneficio del serenissimo re Filippo IV di Spagna con molte riserve e condizioni. I corpi giurisdizionali che Palme si riserbò di sua appartenenza, e che le furono concessi da Filippo IV (definitivamente nell'anno 1636), furono quelli di baglivo, dogana e caiapania.

    L'avvento del marchese Andrea Concublet

    Dopo molte vicissitudini della città, ed avendo il Regio erario difficoltà economiche, nel 1636 la terra di Palme fu venduta dalla Regia Corte, per 28.000 ducati, al marchese di Arena Andrea Concublet. Il feudatario, invece di esercitare il diritto di "utile signore", incrementò il commercio e le industrie e per questo la città divenne una delle migliori terre della provincia. Verso la fine di gennaio del 1638, avvennero alcuni terremoti di minore forza rispetto a quello del 27 marzo dello stesso anno, che ridusse in rovine la Calabria. Tali scosse durarono fino a giugno rovinando 180 città con 19.000 morti. L'anno seguente seguirono altri terremoti, ma più leggeri, fino ad avere un altro terremoto violento il 19 giugno 1640. Palmi (oppidum Palmarum), fino ad oltre la metà del secolo XVII, era ancora circondata di mura; ed il marchese di Arena Andrea Concublet teneva le torri munite con alcuni cannoni. Tali mura avevano tre porte principali: una sita nella parte mediana delle mura, dal lato di ponente (e denominata "Portello"); le altre due si aprivano dal lato di levante e corrispondevano alle vie che portavano fino all'ottocento i nomi di via del Soccorso e via Nuova. Dal lato di settentrione si apriva una piccola porta, alla quale si dava il nome di "Croce dei monaci" essendo accostata alla parte posteriore e laterale della chiesa del Crocifisso. Fuori le mura vi era la chiesa del Carmine mentre, internamente alle mura di cinta, vi era la chiesa della Madonna del Soccorso. Discosta dalle mura, e precisamente nel luogo della attuale piazza Giovanni Amendola, vi era la chiesa di San Nicola dedicata al patrono della diocesi di Mileto: il quale, con l'istituirsi di questa parrocchia, che fu la prima, venne assunto anche a patrono della città. In tale epoca la terra castellata di Palmi continuò ad aumentare di popolazione: pertanto, trovandosi in uno spazio troppo angusto, una parte di essa fu costretta a edificare le proprie abitazioni al di fuori delle mura; e fu lateralmente alle due porte di levante, e nei luoghi vicini ad esse, che l'abitato prese a estendersi. Per questo, sotto l'assenso di Andrea Concublet, questa parte delle mura di cinta fu diroccata, e da qui la città si estese notevolmente; tanto che in breve tempo, si formarono i seguenti rioni: "Lo Salvatore" (così chiamato perché da molti anni vi era la chiesa Jesu Christi Salvatoris nella quale esisteva la cappella della Madonna del SS. Rosario), "La Murarella" (o più comunemente "Li Canali" a causa delle fonti che vi erano) e "San Nicola". Il rione "Lo Salvatore" era contiguo alle mura; in seguito Palmi, essendo diventata molto estesa, portò la parte di essa chiusa dentro le mura, e detta "Carlopoli" oppure "Cittadella", ad essere considerata come uno dei rioni di questa terra ormai ritenuta una città. Al detto quartiere Lo Salvatore facevano continuazione, dal lato di levante, gli altri due rioni suddetti: i quali stavano disgiunti tra loro da un esteso giardino, di proprietà della famiglia Spinelli. In questo periodo vi furono delle controversie tra il marchese Andrea Concublet e Scipione II, principe di Cariati e duca di Seminara, a causa dei confini non determinati tra il territorio di Palmi e quello Seminara. La popolazione di Palme, per difendere il marchese a cui era devota, difese il proprio territorio "con l'arme in mano, e più di una volta con sangue e strage".

    Lo sviluppo commerciale

    All'epidemia di peste, che avvenne del 1656, seguirono anni di carestia ed in ogni luogo venne fatta incetta di cereali e altri generi alimentari a prezzi elevati e, per questo, andò crescendo l'importanza economica di Palme, dato che il marchese di Arena aveva costruito grandi magazzini di deposito e di rivendita di grano, cereali ed altri prodotti. Con il mercato, che si teneva tutti i lunedì, giovedì e venerdì, venivano richiamati un gran numero di forestieri. Man mano il mercato diventò giornaliero, commerciando non solo grano ma anche altre mercanzie, però il commercio avveniva solamente tra palmesi e forestieri e non tra forestieri stessi, in quanto tali scambi avrebbero costituito una "fiera ossia mercato", cioè un privilegio che toccava alla sola Seminara, avendolo ottenuto nel 1420 dalla regina Giovanna II di Napoli. Andrea Concublet istituì, nel 1662, pure in Palme l'uso della "fiera ossia mercato", cercando di avvilire le industrie di Seminara e creando concorrenza sui prezzi e derrate. I mercanti che venivano a vendere grani, erano di Monteleone, Nicotera, Mileto, Pizzo e Rosarno e per arrivare dovevano percorrere la strada che conduceva al passo del Petrace (zona "Ponte vecchio" da cui poi la strada si biforcava per Seminara o per Palme) ed in quel luogo, il marchese di Arena, li faceva attendere da gente incaricata di offrire prezzi vantaggiosi ai mercanti, in modo che questi ultimi venissero a Palme anziché a Seminara. In tal modo la città divenne l'emporio di tutta la parte occidentale della Calabria Ulteriore e, per questo, il marchese introdusse la franchigia del mercato ogni giorno. Gli affari con l'estero erano dati da grosse spedizioni di olii, vini e seterie che partivano da Pietrenere per mezzo di feluche. In conseguenza di questi avvenimenti la città di Seminara, avendo il proprio mercato in stato d'abbandono, ricorse al governo vicereale contro il feudatario Concublet accusandolo dell'usurpazione della "fiera ossia mercato". Il 3 gennaio 1664, l'universitas di Palme tenne un parlamento e costituì Bruno Lupari quale suo procuratore. Gli arbitri della contesa furono don Fabrizio Ruffo, priore di Bagnara Calabra, e don Giovan Battista Caracciolo. Questi ultimi stabilirono, il 13 aprile 1668, che la "fiera ossia mercato" non competesse alla città costiera. Tale decisione comportò l'ordinanza di divieto del viceré Pietro Antonio d'Aragona. In dissenso da tale ordinanza, anche se la fiera tra forestieri era apparentemente soppressa, i cittadini di Palme si presentavano dai forestieri a fare acquisti per conto di altri forestieri aggirando pertanto il divieto. In quegli anni, e precisamente nel 1667, si ha notizia dell'esistenza a Palme di una struttura ospedaliera. Difatti vi era un "Ospitio Ecc.mi D.ni Marchionis Arenae", poiché avviato grazie al feudatario Andrea Concublet. Successivamente, fu sempre chiamato "Hospitio publico" oppure "diversorio". In città inoltre mancava un luogo adatto per contenere il sempre crescente numero di compratori e venditori. Per questo il marchese di Arena chiese a Carlo Antonio Spinelli di vendergli il suo ricco giardino, che si estendeva tra la collina dello "Spirito Santo" ed il rione "Lo Salvatore", poiché era luogo ideale per la costruzione di una vasta piazza. Nonostante il marchese avesse offerto una cospicua cifra, il principe Spinelli respinse la proposta. Fu così che il popolo palmese, guidato dal marchese, occupò con forza il giardino nel 1669. Gli alberi furono abbattuti, il terreno riassestato e nel centro del grande appezzamento fu disegnata una piazza quadrata (la tradizione vuole che il tutto fu espletato in una notte). Il marchese fece innalzare poi nella piazza una bella fontana detta "della Palma" o "del Mercato" e tutto intorno fece costruire baracche e banchi, installò bilance e misure e tutto quanto era indispensabile al mercato ed alla fiera. Nel censimento del 1669, voluto da Pietro d'Aragona viceré del Regno di Napoli, Palme contava 519 famiglie. Nel 1673 il marchese istituì, con il filosofo Giovanni Alfonso Borelli, in città un «accademia di scienziati che trattavano discipline alle lettere ed alle scienze naturali pertinenti». Dell'accademia facevano parte alcune personalità provenienti dalla Calabria, dalla Puglia e dalla Sicilia, tra le quali il vescovo di Patti. Vi era anche il padre del medico locale Gioacchino Poeta. Alla morte del marchese Andrea Concublet, avvenuta nel 1675, subentrò il suo figlio Riccardo di soli sette anni. Quest'ultimo, poiché malaticcio, morì tre anni dopo, nel 1678. Il marchesato di Arena passò pertanto in quell'anno alla famiglia Acquaviva, nella persona del duca d'Atri Giosia, che fu erede essendo figlio della sorella di Andrea Concublet. Il nuovo feudatario di Palme Giosia Acquaviva, forse per evitare contrasti con il feudatario confinante o forse perché non aveva interesse della zona, vendette la terra di Palme, nel 1684, al principe di Cariati e duca di Seminara Carlo Filippo Antonio Spinelli. Carlo Filippo Antonio Spinelli conosceva molto bene il progresso di Palme nel campo della marcatura, e specialmente nella produzione di seta e dei manufatti di seta. Ritenendo ciò pregiudizievole per Seminara, il feudatario pose delle restrizioni, aumentò i balzelli e fece distruggere la mezzarola eretta in piazza del Mercato, che aveva la funzione di unità di misura, oltre ad essere un monumento del mercato franco e libero. Nel 1693, a partire dall'11 gennaio, la Calabria fu scossa e danneggiata da violenti terremoti.

    XVIII secolo


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    Carlo III di Spagna

    Il feudatario Carlo Filippo Antonio Spinelli morì nel 1725, senza lasciare figli maschi. Pertanto il feudo passò al nipote Scipione III Spinelli Savelli, figlio di Giovambattista I e di Giovanna Caracciolo. Il 30 maggio 1733, con la morte dell'arciprete della parrocchia di San Nicola, don Antonino Soriano, il vescovo di Mileto mons. Ercole Michele Ajerbi d'Aragona eresse la chiesa di Maria Santissima del Soccorso e la chiesa di Maria Santissima del Rosario a seconda e terza parrocchia cittadina. Alla prima fu assegnato il rione Cittadella mentre alla seconda i rioni "Lo Salvatore" e "Li Canali". Alla parrocchia di San Nicola rimase l'omonimo rione. Sempre nel 1733 la Sacra Congregazione dei Riti, con Decreto del 12 settembre 1733, confermò l'elezione fatta dal clero e dal popolo della Madonna della Lettera a patrona principale della città, fissando l'Ufficio Divino e la Santa messa nell'ultima domenica di agosto. Uno degli avvenimenti cittadini più importanti della prima metà del XVIII secolo fu la visita a Palme, il 5 marzo 1735, del re Carlo III di Spagna in viaggio per Palermo, dove sarebbe stato incoronato. Il suo soggiorno in città, prima di partire per Messina dalla Marina di Palme, durò 12 giorni. Il re, in ringraziamento degli onori ricevuti, concesse alla città il privilegio del suo antico mercato "dell'arte della seta e della lana" (datato 1636). Inoltre, nei giorni che trascorse a Palme, il re volle spesso andare a caccia nelle campagne poste tra la contrada di San Filippo e quella di Pietrenere. Tali campagne, in suo onore, furono chiamate "Lo Terzo" o "Lo Re", ed infine Monteterzo (nome attuale della zona). Il 25 agosto 1741, il vescovo di Mileto Marcello Filomarini, procedette alla elevazione della chiesa matrice di San Nicola a collegiata insigne, avendone ottenuta da papa Benedetto XIII la concessione con bolla dell'agosto 1741. Il 20 febbraio 1743 un forte terremoto avvenne nella Calabria Ulteriore. Scipione III in quegli anni aumentò il commercio e, nel 1756, benché la popolazione avesse pieno diritto della bagliva, dogana e catapania, decise di donargli parti delle sue entrate, in qualità di utile signore, e di lasciare sette parti all'universitas. Nell'anno 1766 Scipione III Spinelli Savelli, duca di Seminara e signore di Palme, morì avvelenato e, nei diritti sui suoi molti feudi, gli succedette suo figlio Giovan Battista II Spinelli. Quest'ultimo si dimostrò molto prepotente verso la popolazione e continuò ad esigere i tre decimi che la cittadinanza concesse al suo predecessore.

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    Palmi nel XVIII secolo
    Nonostante avesse eretto fabbriche ancora migliori di quelle che già vi erano, l'odio della popolazione aumentò a seguito di tasse sul commercio e affitti forzosi. Il feudatario Giovan Battista II Spinelli, fu costretto dalle più potenti famiglie di Seminara a stare lontano da questa città. Pertanto il duca ritenne che sarebbe stato umiliante, per Seminara, privarla del suo seggio ducale per stabilirlo a Palme. E in effetti lo collocò nella chiesa matrice di San Nicola, tenendo sotto il suo comando una squadra baronale composta dai centocinquanta ai duecento armigeri, che risiedevano nella parte centrale dell'abitato, presso la piazza del Mercato. Nel 1770 il feudatario, poiché «mosso dalla pietà cristiana per consentire di assolvere al precetto festivo ai numerosi negozianti e marinai che sbarcavano e frequentavano lo scalo della Marina delle Pietre negre», costruì a Pietrenere una cappella rurale dedicata alle "Anime abbandonate del Purgatorio". Difatti a Pietrenere, sul finire del XVIII secolo, era presente uno "scaricatoio" dal quale si commerciava l'olio ed il suo porto era uno dei più fiorenti del mezzogiorno settecentesco. Nel 1773, il re Ferdinando IV riaccordò i privilegi concessi alla città, nel 1735, da Carlo III di Spagna. Sempre il re Ferdinando IV, nel 1777, concesse il suo "regio assenso" alle attuali confraternite cittadine, e cioè alla "Nobile Congrega di Maria Santissima del Carmelo" (2 giugno), alla "Venerabile Congrega di Maria Santissima Immacolata e del glorioso San Rocco" (18 novembre) ed alla " Congrega del Santissimo Sacramento e di Maria Santissima del Soccorso" (24 novembre). La "Congrega di Maria Santissima del Rosario di Pompei" aveva già ricevuto il regio assenso il 30 settembre 1766.

    Il Monte di Pietà

    Il Monte di Pietà di Palmi venne istituito tra il 1749 ed 1756, per disposizione testamentaria lasciata da Gregorio Rossi il 9 novembre 1737, a beneficio dei soli abitanti della città. Nel suddetto testamento il Rossi voleva ed ordinava, nel caso di mancanza di eredi, che fosse eretto a Palmi un Monte di Pietà. Pertanto morta la figlia Anna Maria e morte anche le nipoti in minore età, l'eredita andò alla sorella Antonia usufruttuaria dei beni e si doveva aspettare anche la morte di quest'ultima per installare il detto Monte. Ma Antonia Rossi, per assecondare la volontà del fratello, con pubblico istrumento del 19 febbraio 1749 rinunciò all'eredità erigendo il Monte e riserbandosi alcuni beni durante la sua vita. L'ente fu distrutto dal terremoto del 1783 e poi, al tempo della dominazione dei francesi, fu derubato dai briganti nel 1807 e 1809. In conseguenza di decreti degli anni 1810 e 1812 l'opera pia passò sotto il pieno controllo del governo del Regno di Napoli. Il ripristino delle operazioni di pegno e spegno avvennero con decreto reale del 14 marzo 1831 assegnando per capitale iniziale 700 ducati. Dal novembre del 1877, non fu più osservata l'usanza di beneficiare i soli cittadini di Palmi, ciò in virtù del nuovo Statuto Organico che fu approvato.

    Terremoti della storia

    Di seguito viene proposto un elenco dei principali terremoti avvenuti nella storia cittadina. L'elenco comprende, pertanto, solo gli eventi al di sopra della "soglia del danno" ed i dati della scala Mercalli (MCS) sono riferiti al centro abitato di Palmi (o ad un centro vicino) mentre i dati della scala Richter sono riferiti all'epicentro del terremoto:
    • 11 gennaio 1693: VI-VII grado MCS - 7,41 scala Richter;
    • 20 febbraio 1743: VII grado MCS - 6,90 scala Richter;
    • 5 febbraio 1783: X-XI grado MCS - 6,91 scala Richter;
    • 13 ottobre 1791: VI grado MCS - 5,92 scala Richter;
    • 12 marzo 1828[93]: VII grado MCS - 5,33 scala Richter;
    • 16 novembre 1894: VIII grado MCS - 6,05 scala Richter;
    • 8 settembre 1905: VII-VIII grado MCS - 7,06 scala Richter;
    • 28 dicembre 1908: VIII-IX grado MCS - 7,24 scala Richter;

    Il "Flagello" del 1783

    Il 5 febbraio 1783, alle ore 19.15, nella Calabria Ulteriore vi fu un violento terremoto, il quale in circa due minuti colpì 190 città creando 32.000 morti. Le scosse furono ripetute il 7 febbraio ed il 28 marzo. L'evento del 5 febbraio provocò a Palme 1.400 morti e la città, fino ad allora graziosa, venne totalmente distrutta. Oltre ai suddetti morti, il terremoto provocò febbre popolare tramite l'aria contaminata, le acque inquinate e la nutrizione con cibi andati perduti. Pertanto dei 4.900 abitanti che la città aveva prima del terremoto, ne rimasero in vita circa la metà. Andarono perdute anche le officine di seta e lana che il principe di Cariati aveva istituito. Il danno arrecato fu stimato, per la sola Palme, in 500.000 ducati. Lo storico palmese Domenico Guardata, raccontò che di tutto ciò che vi era edificato prima del terremoto «rimase illesa la sola Fontana della Palma nella piazza del Mercato, mentre il vicino Monte Sant'Elia franò di continuo nella vetta, trascinando con sé uomini ed animali». I tributi dovuti dalla città al suo utile signore furono sospesi, come in tutta la Calabria.

    Così descrive Palme, dopo l'evento, Giovanni Vivenzio:
    « è quasi incredibile lo stato lagrimevole di questa città che era una delle più floride e commercianti della provincia. Non scorgendosi ora che un confuso ammasso di pietre e di legni frantumati. Si perderono sotto le rovine quasi tutti gli olj, ed il vino, che formava gran traffico di cittadini i quali erano anche addetti a lavori della seta, avendosi il principe di Cariati, padrone di essa, erette delle fabbriche di stoffe e di cammellotti (calidori) per la manifattura dei quali, nutriva buona quantità di capre d'Angora. »

    Questa è invece la descrizione del cardinale Antonio Despuig y Dameto, che visitò la città il 13 febbraio:
    « La ricca e industriosa città di Palme offrì ai miei occhi la scena più orribile; la funerea espressione di quegli infelici, preda da tanti giorni delle lacrime e della fame, insieme al terrore che suscitava la vista di tanti cadaveri sfigurati estratti da sotto le macerie, resero quel giorno il più doloroso della mia vita »

    Il politico tedesco Johann Heinrich Bartels diede questa descrizione:
    « Attraversammo di corsa Palme ridotta ad un piccolo cumulo di rovine. Tutti gli opifici di lana e di seta, coi quali il Principe di Cariati aveva cercato di promuovere il benessere della sua regione, erano andati distrutti »

    Una descrizione maggiore, dei mesi seguenti, è fornita dall'archeologo inglese William Hamilton. In città, nella quale si svolgeva «un gran commercio di olio» e al momento del disastro vi era la presenza di più di 4 000 botti. I vasi che contenevano il prezioso prodotto erano andati in malora e la sua fuoriuscita era venuta a formare addirittura un fiume, finito conseguentemente in mare. L’olio peraltro, mescolatosi con i grani contenuti nei magazzini e la corruzione dei cadaveri cagionò una «sensibilissima alterazione dell’aria». La popolazione superstite viveva in baracche vicino alla città. In città «ove non era rimasta pietra sopra pietra», a non tutti i superstiti riusciva di poter delimitare i confini delle loro proprietà, e ciò comportò un dissenso fra i cittadini, circa il sito, dove avrebbero dovuto far sorgere la nuova Palme. Alcuni furono dell'avviso che la città dovesse essere rifatta sul cosiddetto "Piano della Torre", cioè a ponente della città distrutta dal terremoto (tra il vecchio rione Carlopoli, ed il ciglione della riviera). Altri prescelsero l'altipiano, sulla collina, che circondava Palme verso oriente. Altri ancora, che erano la maggioranza, vollero che la città risorgesse sul medesimo posto di prima, poiché dissero che bisognava prendere come «favorevole augurio» il fatto che la Fontana del Mercato fosse rimasta in piedi, malgrado che «i terremoti la facessero dimenare come l'albero di una nave in tempesta». L'incaricato di riprogettare la città fu affidato all'ing. Giovambattista De Cosiron. Nel 1785, il Governo di Ferdinando IV, prescrisse che le tasse arretrate dovute ai feudatari fossero soddisfatte alla Cassa sacra e non alle Universitas, in quanto queste ultime erano estremamente impoverite. Di conseguenza il principe di Cariati sollecitamente manifestò le sue pretese e, per tale motivo, tra i superstiti cittadini di Palme ed il loro feudatario nacque un litigio che venne portato davanti alla "Giunta Suprema", tribunale creato allora in sostituzione della Regia Camera della Sommari.

    Gli anni post terremoto

    A causa del terremoto del 1783, essendo andato tutto in rovina, i setifici ed i lanifici andarono distrutti mentre le conserve di olii, di vini, e lo raccolte di grano e di altre vettovaglie, tutte perdute. I tributi, dovuti dalla città al suo utile signore, furono sospesi, come egualmente venne praticato per tutta la Calabria. Nel 1785 il Governo di Ferdinando IV, avendo prescritto che lo tasse arretrate, dovute ai feudatari, fossero soddisfatte dalla Cassa Sacra, e non dalle Università, poiché queste erano estremamente impoverite, portò il principe di Cariati sollecitamente a manifestare lo suo ingiuste pretese senza però presentare i titoli comprovanti i diritti. Per tale motivo tra i superstiti e desolati cittadini di Palmi e il loro feudatario, duca di Seminara, nacque un litigio che, fu portato ad essere deciso davanti alla Giunta Suprema, tribunale creato allora in sostituzione della Sommaria, e di grande aiuto poscia alla Commissione feudale. Il 12 ottobre 1791 avvenne un ulteriore terremoto. La terra tremò per circa 50 secondi e nel suolo furono aperte ampie voragini ed i più solidi edifici si sfasciarono. Nella notte altre scosse si susseguirono tanto che all'alba le città furono un nuovo teatro di rovine e di vittime. La terra tremò sino al 24 ottobre. Il principe di Cariati e duca di Seminara, Giovan Battista Spinelli II, fu costretto dalle più potenti famiglie di Seminara a stare lontano dalla città. Pertanto il duca ritenne che sarebbe stata cosa umiliante per Seminara, privarla del suo seggio ducale per stabilirlo a Palmi: ove in effetti lo collocò nella chiesa matrice di San Nicola, tenendo sotto il suo comando una squadra baronale composta dai centocinquanta a duecento armigeri, i quali risiedevano nella parte centrale dell'abitato, presso la piazza del Mercato. I cittadini di Palmi, che a causa del "Flagello" e delle emigrazioni avvenute, erano diminuiti di popolazione, non poterono porre ostacolo al dispotismo del duca di Seminara, anche perchè fra i cittadini vi erano molti suoi partigiani, poiché impiegati nei suoi abbandonati setifici e lanifici o perché agenti o dipendenti che nel paese avevano influenza. Quest'ultimi si impegnavano per distogliere i cittadini da ogni proponimento di ribellione contro il loro padrone. Il quale, era iniquo con la popolazione ma con i suoi dipendenti era molto generoso tanto che alcuni di loro ebbero in dono case e terreni che il feudatario aveva in tutto o in parte usurpato prepotentemente al Comune ed a persone private. In città, quella fiorente attività in diverse industrie e nel commercio era venuta meno a seguito del "Flagello", e non si fabbricavano quei drappi di seta e di lana tanto ricercati. Non venivano nemmeno più esportate quelle frequenti e abbondanti quantità di olii, vini e di grani, e quel continuo mercato, tanto frequentato dai forestieri e sempre ricco di derrate, si era ridotto ad essere tenuto solamente in due giorni per ogni settimana e per prodotti limitati ai bisogni locali. Pertanto a Palmi, come in altre terre della Calabria, regnava certamente lo scontento e principalmente l'odio contro il principe di Cariati, che alla immane sventura del terremoto, aggiungeva insulti e prepotenze sul popolo palmese. La popolazione, non potendo più soffrire di essere tenuta in vassallaggio, incominciò ad agitarsi stando compatta contro i partigiani di questo suo "utile signore", e lontano da quella gente straniera, che pure veniva a stabilirsi a Palmi. E pertanto vi si accesero due fazioni: una dei "Verdonelli" che erano i partigiani del principe, e l'altra dei "Gialinelli" che erano i partigiani della città o della Universitas e i naturali, riuscirono a costituire fra loro una estesa associazione, che veniva chiamata "La Campana di Legno" che rievocava consuetudini antiche, cioè di essere ospitali e benefici con i forestieri, ma di non permettere che alcuno di essi venisse a domiciliarsi a Palmi senza il loro consenso. Da tale unione i cittadini di Palmi trovarono effetti favorevoli con frequenti ed insistite rimostranze presso le regie autorità delle angherie del loro feudatario. Quest'ultimo Giovan Battista Spinelli II, duca di Seminara ed utile signore di Palmi, morì il 22 febbraio 1792, dell'età di settantadue anni. Il feudo di Seminara andò in eredità al nipote di Giovambattista, cioè Scipione figlio del fratello Antonio morto nel 1790. Questo Scipione morì nel novembre del 1797 e gli successe, nel ducato di Seminara, il suo fratello secondogenito Gaetano. Questi venuto anch'esso a morte dopo breve tempo, fu succeduto dal fratello Ferdinando il quale fu l'unico superstite dei discendenti di Giovan Battista e pertanto si venne ad estinguere la primogenitura maschile. Alla morte del duca Ferdinando, Cristina fu l'erede di casa Spinelli, e continuò a serbare il titolo di Principessa di Cariati, compiacendosi pure del titolo di baronessa di Palmi, fin oltre all'agosto dell'anno 1806, quando Giuseppe Bonaparte abolì il feudalesimo per legge anche se fu sotto Gioacchino Murat (1810) che venne soppresso di fatto. In Palmi fu costituita, fra alcuni benestanti, una loggia di liberal-muratori la quale era in relazione con i massoni di Reggio Calabria ma, nella piana, non vi furono propagati come a Palmi i principi di libertà che seguirono in tutta Europa la Rivoluzione francese. Nel 1798, nella Calabria Ulteriore, per paura di moti rivoluzionari furono arrestate 75 persone tra cui 7 palmesi. A seguito della proclamazione della Repubblica Napoletana, il 23 gennaio 1799, nel nuovo ordinamento amministrativo della repubblica, voluto da Jean Étienne Championnet, l'universitas di Palme venne compresa nel Dipartimento della Sagra (ente amministrativo di I livello) e nel cantone di Seminara (ente amministrativo di II livello). La Repubblica Napoletana cessò l'8 luglio 1799.

    XIX secolo


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    Giuseppe Bonaparte

    Alla morte del feudatario Ferdinando Spinelli, nel 1801, subentrò nei diritti del ducato Cristina Spinelli, figlia di Scipione IV Spinelli e Margherita Doria. Cristina Spinelli continuò a serbare il titolo di Principessa di Cariati, compiacendosi pure del titolo di baronessa di Palme, fin oltre all'agosto dell'anno 1806, quando Giuseppe Bonaparte abolì il feudalesimo per legge, anche se fu sotto Gioacchino Murat (1810) che venne soppresso di fatto. Per la legge del 19 gennaio 1807, i francesi fecero di Palme una sede di "governo" comprendente i "luoghi" di Seminara e di Sant'Anna. In quel periodo i francesi progettarono, in località Pietrenere, un "fortino" che doveva essere collegato ad una batteria di cannoni collocati vicino ad una torre. La struttura non venne mai completata in quanto i borboni ripresero il comando del Regno di Napoli. Nel successivo riordino del regno, predisposto dal decreto n. 922 del 4 maggio 1811, Palme rientrò nella Provincia di Calabria Ultra, distretto di Reggio Calabria, e venne posta a capo di un circondario comprendente i comuni di Pietrenere, Seminara (con le sue frazioni Sant'Anna e Ceramida), Gioja e Melicuccà.

    Il distretto di Palmi

    Nel 1816 il re Ferdinando VII di Spagna, nella riorganizzazione delle circoscrizioni amministrative del Regno di Napoli, all'interno della provincia borbonica della Calabria Ulteriore Prima stabilì che Palme venisse posta a capoluogo di distretto, poiché contava 6.100 abitanti ed era annoverata tra i comuni di I classe. In questo modo la città fu elevata a capoluogo con la legge n. 360 del 1º maggio 1816 (in attuazione dal 1º gennaio 1817) con sede di sottointendenza di III classe. Nella legge venne specificato che lo stabilimento della sottointendenza di distretto dovesse venire realizzato nel locale che servirono per uso di ospedale militare sotto la dominazione francese. Il Distretto di Palme venne suddiviso a sua volta nei seguenti circondari: Casalnuovo, Cinquefrondi, Laureana, Oppido, Palme (Palme e Gioja), Polistena, Seminara e Sinopoli Superiore. La fiorente attività commerciale che partiva dal borgo marinaro di Pietrenere vi fu anche agli inizi del XIX secolo, tanto che il re Ferdinando II nella "legge organica delle dogane" del 19 giugno 1826 inseriva la dogana di Palmi e Pietrenere tra le dogane di II classe. Negli anni seguenti però, poiché l'interramento della zona avanzava, il vicario generale di Calabria del Regno di Napoli sostituì il porto del borgo marinaro palmese con quello di Gioia Tauro, dove fabbricò un primo magazzino di deposito per il commercio dell'olio. Anche in funzione di ciò, il re Ferdinando II declassò il 16 gennaio 1834 la dogana di Palmi e Pietrenere dalla II alla III classe in quanto erano cessate da anni le esportazioni per l'estero di generi locali soggetti a "dazi doganali di estrazione". Nel settembre del 1837 in città si propagò una febbre colerica che, in soli 18 giorni, portò alla morte di 325 persone su una popolazione di 8.700 abitanti. Quando la malattia smise di provocare morte, gli abitanti di Palme entusiasti ritennero che ciò fosse dovuto ad un miracolo operato da San Rocco. Nel 1857 a Taureana di Palmi venne ricostruito, grazie all'opera dell'abate Pietro Militano, il Tempio di San Fantino, distrutto anch'esso nel 1783.

    Lo sbarco dei Mille

    Il 22 agosto 1860, provenendo da Bagnara Calabra, in una fontana vicino Palme sostò e si dissetò Giuseppe Garibaldi, che era alla guida della "spedizione dei Mille", impegnata nella unificazione dell'Italia. Garibaldi attese in quel luogo il sindaco barone Filippo Oliva ed una delegazione del consiglio comunale. Dopo i saluti il corteo si avviò in città passando dalla contrada Vitica. L'"Eroe dei due mondi", tenne un discorso dal balcone di casa Piria, e subito dopo inviò dalla Torre di San Francesco, dov'era posto un telegrafo, il seguente messaggio:
    « Le truppe nemiche si sbandano, la nostra marcia è un trionfo... »
    Assieme a Giuseppe Garibaldi vi erano la giornalista inglese Jesse White con il marito Alberto Mario. La felicità della popolazione di Palme, per l'arrivo delle truppe garibaldine, fu annotata anche in una pagina del diario di una camicia rossa. Tale annotazione recitava:
    « Arrivammo a Palme, dove l'entusiasmo fu al colmo, e l'affetto dimostrato alle nostre truppe non era minore di quello per Garibaldi. Dei volontari ci si offrivano da ogni lato. Al domani all'alba si ripartiva. »

    Garibaldi restò in città fino al 26 agosto, quindi s'imbarcò della Marinella. Dai registri dei decurioni risultò che il Comune di Palme sostenne, per 29 ducati, le spese per alcuni festeggiamenti e contrasse un prestito di 4.000 ducati per far fronte alle spese che occorsero per viveri, foraggi, trasporti, ed altro per le truppe del generale Giuseppe Garibaldi. Il comune pagò inoltre alcuni contadini per accompagnare le truppe fino a Napoli, e li rimborsò del valore delle carrette che furono requisite dai garibaldini.

    L'Unità d'Italia


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    Il Piano delle Muraglie 1847

    Con il nuovo regno, il Distretto di Palmi venne abrogato e la provincia della Calabria Ulteriore Prima divenne la nuova Provincia di Reggio Calabria, nella quale Palmi fu posta a capo dell'omonimo circondario. Tale ente venne istituito con Regio decreto legge n. 3702 del 23 ottobre 1859 e, all'interno di esso, ricadevano i 33 comuni appartenenti geograficamente alla Piana di Palmi. Il 25 settembre 1862, con Regio Decreto n. 837, fu istituito il Tribunale di Palmi ed il relativo circondario giudiziario. Ciò anche grazie all'interessamento del magistrato palmese Vincenzo Cosentino. Nella seconda metà del XIX secolo si progettò la realizzazione di un giardino pubblico. L'idea venne in seguito alla formazione di un terrapieno quale discarica delle macerie dei fabbricati rasi al suolo dopo il terremoto del 1783. Perciò si rese necessaria la costruzione di un grande muro di mattoni, sostenuto da imponenti arcate e, per tale motivo, prima ancora che il manufatto venisse ultimato il luogo venne chiamato dalla popolazione come "Piano delle Muraglie". Per la sua realizzazione contribuirono diverse amministrazioni comunali, tra le quali quella guidata da Casimiro Coscinà e, nel 1871, ne avvenne l'ultimazione. Sempre nel 1870 venne finanziata dall'amministrazione comunale, con un mutuo di 425.000 lire, la costruzione di alcune opere pubbliche tra le quali il nuovo teatro cittadino. L'edificio, progettato dall'ing. D. Mezzatesta, fu inaugurato il 26 aprile 1893 con un'opera diretta da Francesco Cilea e preceduta dalla esecuzione della sinfonia "L'Alzira", realizzata nel XVIII secolo da Nicola Antonio Manfroce. A quest'ultimo artista venne intitolato il nuovo teatro. Nel 1872 venne abolito il trasporto della Varia di Palmi, che durava dal XVI secolo, con un decreto che definì la manifestazione «barbara ed incivile». Il decreto ebbe seguito al fatto che, nelle ultime edizioni, erano avvenuti alcuni incidenti abbastanza seri. La giunta municipale, con verbale n. 2 del 3 luglio 1871, soppresse il trasporto e confermò la scelta con l'atto n. 24 del 3 febbraio 1872. Il 31 dicembre 1888 venne inaugurato il tratto ferrioviario Bagnara Calabra-Palmi (10 km), all'interno dei lavori di costruzione della linea ferroviaria tirrenica, da Reggio Calabria ad Eboli, operati nel 1873 dalla Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo. Il tronco ferroviario Palmi-Gioia Tauro, invece, fu diviso in due tratte di cui la prima (nel comune di Palmi) fu consegnata il 3 febbraio 1889. Venne istituita, nel 1890, la biblioteca comunale per volontà di alcune personalità, tra le quali l'on. Rocco De Zerbi. Il 2 aprile 1887, con lo scopo di «favorire, per mezzo del credito, l'agricoltura, le industrie ed il commercio», venne istituita la Banca Agricola Industriale di Palmi. L'ente operava nel settore settore agricolo, in quanto la superficie coltivata ad olivo aumentò continuamente nel corso del XIX secolo. La banca fu presieduta inizialmente dal marchese Ferdinando Nunziante, e continuò il proprio sviluppo anche dopo la nascita della Banca Popolare Cooperativa di Palmi. Il continuo sviluppo della coltivazione dell'olivo portò, nel febbraio del 1889, all'istituzione a Palmi di un oleificio sperimentale denominato "Regio Frantoio Sperimentale". Lo scopo dell'istituzione era quella di svolgere ricerche e studi sulla produzione dell'olio di oliva. Il 31 gennaio 1899 il Regio frantoio venne trasferito a Cosenza. Tutto ciò fu confermato in una dettagliata relazione del ministro dei Lavori Pubblici Stefano Jacini, che descrisse la situazione dell'olivicoltura nella zona, dalla coltivazione all'estrazione. Nella relazione espose di come «gli oliveti sono la principale coltura della provincia. Questa pianta forma la coltivazione speciale del Circondario di Palmi, tanto da imprimergli un aspetto caratteristico ed interessante». Il 28 luglio 1889 il re Umberto I, con regio decreto n. 6321, istituì a Palmi un regio ginnasio. La nuova scuola rappresentò il riconoscimento ufficiale di una preesistente scuola non governativa, intitolata al poeta Giuseppe Parini e fondata quattro anni prima da Vincenzo Graziani. Tra l'altro, l'anno precedente, era stata aperta una scuola comunale di disegno.

    Il terremoto del 1894

    Il 16 novembre 1894 vi fu un evento sismico che colpì la Calabria meridionale, alle ore 18.52, con epicentro storicamente individuato nella città di Palmi. L'intensità dell'evento, che rientrò nel IX grado della scala Mercalli, comportò anche un violento maremoto che interessò perfino le coste campane, con maggiori danni che vi furono a Capo Pezzo verso Palmi. In Palmi la scossa delle ore 18.52 del 16 novembre 1894 fu di cosi spaventosa intensità che non si poté averne una descrizione esatta dagli abitanti. Tale scossa fu preceduta e seguita da rombi, che durarono tutta la notte ed il giorno successivo: furono contati 20 movimenti del suolo per circa 20". Il Capo ufficio telegrafico prima avvertì un movimento non forte del suolo, accompagnato da rumore come dello sparo di cannoni lontani: poi il fenomeno sembrò cessare, ma subito seguì una fase più forte per cui sentì il muro, cui era appoggiato, spinto di fianco. Un altro impiegato telegrafico, avvertita la scossa, usci dal caffè ove era, percorse 50 metri ed il movimento cresceva sempre, e solo allora vide rovinare le case e cadere i comignoli con moto vorticoso. Malgrado tanta potenza delle scosse e le grandi rovine che produsse, il numero dei morti fu solamente di 8, e dei feriti 300: ciò fu dovuto ad una circostanza singolare e fortunata, che ebbe del miracoloso. Una Madonna (la quale aveva già fatto il miracolo di muovere gli occhi) fu fatta portare fuori in processione; forse indussero a questo anche le scosse premonitrici alle ore 6.15 ed alle ore 18. Si ripetè il miracolo del movimento degli occhi dell'immagine: quando quasi tutta la popolazione seguiva la statua ed era giunta in luogo aperto, successe il grande terremoto, e così quasi tutti gli abitanti rimasero illesi, meno alcuni, che trovandosi nelle strade furono colpiti da cornicioni e comignoli cadenti. Nel movimento della scossa, i portatori della vara su cui stava l'immagine, sentirono questa come sollevarsi e poi gravarsi su di loro in modo da farli traballare, evidentemente per effetto del movimento sussultorio. Il Sotto-Prefetto, Cav. Abetti, che uscì per vedere quel movimento della popolazione, allorquando giunse all'estremità della città, sentì traballare il suolo sotto i piedi, si fermò, e vide un grande polverio e cadere pezzi di cornici ed altro dalle case vicine. Si costruirono e si continuò a costruire per molto tempo numerosissime baracche, si puntellarono (eccedendo forse nella misura) circa 1600 case, talché parecchie vie erano trasformate in selve di pali e travi. Anche un anno dopo (settembre 1895) vi erano poche case abitate, e molte baracche. Nei giorni seguenti Palmi diventò centro delle operazioni di soccorso. Giunsero contingenti dell'Esercito che prestarono aiuto alla popolazione e puntellarono le abitazioni danneggiate.

    Gli anni post terremoto

    Successivamente all'evento si costruirono numerose baracche e si puntellarono circa 1.600 case. Perciò parecchie strade furono trasformate in selve di pali e travi. Anche un anno dopo (settembre 1895) vi erano poche case abitate, e molte baracche. Verso la fine del XIX secolo, avvennero i primi rinvenimenti archeologici fortuiti nell'area dell'antica Tauriana e fu redatta una carta topografica, da parte dello storico palmese Antonio De Salvo, che ricordava i ruderi ancora visibili a quel tempo. Tutto ciò portò all'inizio di un interesse storico-archeologico verso quel pianoro, dove fino all'anno 951, sorgeva l'antica città bruzia e poi romana di Tauriana.

    Il miracolo della Madonna del Carmine


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    La miracolosa statua di Maria
    santissima del Carmelo

    Verso le ore 18 e 30 del 31 ottobre del 1894, la statua della Madonna del Carmine collocata sull'altare maggiore dell'omonima chiesa, dopo la S. Messa apparse ai fedeli con un viso pallido e con gli occhi di donna svenuta. Le campane chiamarono a raccolta il popolo, i pubblici ufficiali, il clero che videro le colonne dell'altare, i muri della chiesa, il volto della Madonna grondare acqua. Le Vergine chiuse gli occhi, che riaprì spesso, mutando la tinta del volto ora come di pallore, ora come di gioia. Tali avvenimenti furono confermati anche da quotidiani locali come la Civiltà Cattolica. Nei giorni seguenti, a detta di molti testimoni, la statua chiuse e riaprì gli occhi molte volte ed in modo più spiccato. Il 2 novembre, al suono di campane, oltre diecimila persone accorsero alla chiesa e portarono la Madonna in processione per le vie cittadine dalle ore 20 alle ore 23. Il 4 novembre arrivò in città S.E. il Cardinal Gennaro Portanova, arcivescovo di Reggio Calabria, il quale disse alla popolazione di "trarre frutti duraturi da questi segni di predilizione della Madonna". La sera del 6 novembre, la statua della Madonna fu portata di nuovo in processione per le vie cittadine, in quanto la chiesa non poté contenere l'enorme folla accorsa. Tutto ciò avvenne, tra il suono delle campane e lo sparo di mortaretti, fino alle ore 23 e 30. Sempre in data 6 novembre, anche Il Mattino di Napoli riportò la notizia e riferì dell'iniziale diffidenza delle gerarchie ecclesiastiche. Nei giorni a seguire, i fatti miracolosi furono descritti anche da altre riviste e pubblicazioni quale Fede e Civiltà di Reggio Calabria, Il Metauro e Il Piccolo di Palmi. Monsignor Leone Gallucci, raccolse numerose testimonianze giurate e sottoscritte degli eventi, tra le quali una deposizione giurata che recitava: "la sera del 2 novembre, nella chiesa del Carmine, la gente, che vi si era raccolta per osservare il miracolo, vide che l'immagine che si trovava esposta chiuse completamente gli occhi". Il pomeriggio del 14 novembre, la statua della Madonna del Carmine fu portata nella chiesa Madre per acconsentire la partecipazione di più fedeli alla S. Messa celebrata da Mons. Antonio Maria De Lorenzo, vescovo di Mileto nella cui diocesi ricadeva allora la città di Palmi. Il 16 novembre, giorno del terremoto, alle ore 6 e 15 fu avvertita una leggera scossa, che si ripeté verso mezzogiorno. Soffiava un vento caldo di scirocco e il cielo appariva offuscato da nubi mentre l'aria era afosa; questi segni spaventarono la popolazione che si riversò nella chiesa, ove la statua dalle ore 15 circa aveva marcato i movimenti degli occhi e il cambiamento del colore del viso. Verso le ore 18, si volle portare fuori dalla chiesa la statua per una processione penitenziale, tra canti e preghiere, lungo le vie della città ed il corteo giunse al termine dell'attuale corso Giuseppe Garibaldi, nel posto segnalato oggi da un'edicola commemorativa, quando avvenne il terremoto, con moti di natura sussultoria da SSO e NNE. Secondo quanto riportato dallo storico Antonio De Salvo, "E già erano le ore 7,15 pom. allorché il terremoto spaventevole, terribile, con due formidabili rombi sotterranei e poche scosse sussultorie, in meno di 15 secondi cagionò la morte di persone, crollamenti di molte case (...) I morti non furono un gran numero perché la maggior parte del popolo era fuori casa, per le vie, al seguito della Madonna. E ciò per effetto della grazia del miracolo, poiché se tanta popolazione fosse restata in casa propria, una parte di essa certamente sarebbe rimasta vittima sotto le macerie". La popolazione trovò riparo dalle scosse nella piazza principale. Verso le ore 1 del 17 novembre, furono portate in piazza le statue dei santi venerati in città facendo diventare la piazza stessa luogo di preghiera collettiva, e vi fu celebrata la S. Messa. La folla stanca e abbattuta dormì, o quantomeno cercò riposo, adagiata sul nudo terreno. Il 16 luglio 1896, la statua fu solennemente incoronata dal Capitolo Vaticano.

    XX secolo

    Nel 1900 la città riprese la tradizionale manifestazione della Varia di Palmi, dopo quasi 30 anni dalla soppressione, grazie a Giuseppe Militano che ideò una "Varia Meccanica", simile a quella antica, che riusciva però a camminare senza le ruote poiché non veniva più trasportata sulle spalle dei portatori, ma scivolata a spinta sulle lastre di granito del corso Giuseppe Garibaldi. L'8 settembre 1905 la città fu colpita, alle 2.45 del mattino, da un terremoto che ebbe il suo epicentro a Nicastro, ma che fu avvertito anche in tutti i centri della Piana, dove arrecò anche dei danni. A Palmi rimase fortemente danneggiata una parte delle vecchie carceri giudiziarie ed il giornale "L'Ora" di Palermo riportò di come in città «non vi fosse casa che non avesse un muro o pareti cadute o lesionate». Un ulteriore terremoto vi fu il 23 ottobre 1907 ma, dalle cronache del tempo, Palmi non risultò tra i centri danneggiati dall'evento.

    Il terremoto del 1908

    Il 28 dicembre 1908 la città di Palmi venne quasi totalmente distrutta dal violento terremoto che si abbatté, nella notte, sulla Sicilia e sulla Calabria. Alle ore 5.30 del mattino si avvertì una scossa di terremoto di lunga durata e di forte intensità. Lo scenario che seguì l'evento sismico era formato da case rovinate, valanghe di macerie (che lasciarono scoperte le pareti interne), tetti scoperchiati, muraglie polverizzate, caverne dischiuse repentinamente attraverso le vie. La chiesa madre presentava l'abside sventrata, i palazzi erano mozzi con i cornicioni spenzolanti sul vuoto e le botteghe ostruite dalle macerie dei piani superiori. Prima dell'evento la città contava quasi 14.000 abitanti ed oltre 2.200 edifici. Il sisma provocò la morte di circa 600 persone, un migliaio di feriti e, come detto, la distruzione o il danneggiamento di quasi tutto il patrimonio abitativo e di tutte le più importanti chiese, del municipio, del ginnasio e del teatro.

    Il giornalista Mario Marasso scrisse, nei primi giorni del gennaio 1909, quanto segue:
    « A Palmi la piazza grande è diventata un accampamento, tutta occupata dalle tende della Croce Rossa e degli ospedali. »

    L'evento provocò un arretramento anche dal punto di vista della qualità della vita e del tessuto culturale della città. Molti furono gli emigrati a causa del terremoto, tra i quali si ricorda lo scrittore Leonida Repaci, senza contare i molti superstiti che vennero direttamente trasportati in altre regioni per essere aiutati o curati. Vi fu un sorta di diaspora, che divise le famiglie al di là della decimazione provocata dal sisma. A Palmi, in quei giorni, accorse anche Luigi Orione che, assieme alle autorità ecclesiastiche, fu in prima fila con il vescovo della diocesi di Mileto mons. Giuseppe Morabito, aiutando tanti bambini rimasti orfani a trovare un asilo.

    Il vescovo scrisse, in quelle ore, al Corriere d'Italia dicendo:
    « Sono giunto a Palmi, dove si trovano la rovina, la desolazione e la morte. I danni sono incalcolabili. Le intemperie che imperversano senza tregua accrescono la gravità del disastro. Si contano già parecchie centinaia di morti, ma in maggior parte dei cadaveri sono ancora sotto le rovine. »

    Nei primi anni post terremoto, furono realizzati sedici quartieri baraccatti per alloggiare la popolazione rimasta senza abitazione, in conseguenza del terremoto. Fu nominato Commissario Regio per la ricostruzione del Circondario di Palmi il senatore Cesare Tarditi. L'ubicazione dei quartieri baraccati circondò il centro urbano, con un'intensificazione in direzione nord-est, saturando le aree sgombre tra i diversi quartieri. I rioni baraccati presero i seguenti nomi: Marchese Alfieri, Dietro Correa, Cittadella, Monaci, Croce Rossa, Vina, Regina Elena, Stati Uniti, Bompiani, Impiombato, Tarditi, Prenestini, Ciccolini, Santa Maria, Pizzi ed Ajossa. Nel 1909 nacque la Colonia Agricola, con il contributo di 250.000 dollari della Croce rossa americana. L'ente fu in seguito trasformato in scuola tecnica agraria "Luigi Razza", fino al 1953, quando divenne l'attuale istituto agrario "Luigi Ferraris". La città venne ricostruita con il Piano Regolatore Generale del 1911, redatto dall'ing. Pucci, che prevedeva lo sventramento del tessuto storico, con l'uso di uno schema geometrico che frantumava il tessuto e dilatava gli spazi. Venne comunque riconfermata la scelta di una pianta della città regolare a scacchiera. Alcuni vecchi rioni, denominati Borgo e San Nicola, sparirono definitivamente.

    La realizzazione della Ferrovia Calabro-Lucana

    Il 7 gennaio 1908 dietro invito del deputato Giuseppe De Nava, si riunirono a Palmi in una sala del municipio, tutti i deputati al parlamento nazionale del territorio, tutti i consiglieri provinciali e tutti i sindaci del circondario di Palmi per discutere sul progetto ministeriale della ferrovia Gioia Tauro-Gioiosa Jonica con diramazioni. Dopo un'ampia discussione i partecipanti cercarono di indurre il governo a mantenere gli impegni assunti. Lo stesso governo, con decreto n. 135 emesso il 26 gennaio 1911, stabilì la costruzione della ferrovia, sebbene a scartamento ridotto. Il 18 gennaio 1917 venne completato ed inaugurato il tracciato Gioia Tauro-Palmi-Seminara (13 km), con le stazioni di San Fantino e Palmi, all'interno dei lavori della tratta Gioia Tauro-Palmi-Sinopoli delle Ferrovie Calabro Lucane.

    La visita dei Principi di Piemonte

    Il 10 giugno 1932, venne inaugurato il Monumento ai Caduti di Palmi, opera realizzata dallo scultore Michele Guerrisi e commissionata da parte dell'Amministrazione del Commissario Prefettizio Giuseppe Sigillò (1923-1927) alla presenza dei Principi di Piemonte Umberto di Savoia e consorte Maria José del Belgio. I due reali, provenienti da Reggio Calabria, percorsero la strada litoranea tirrenica su di un'auto scoperta ricevendo dalle popolazioni delle località che attraversavano entusiastiche manifestazioni di gioia. Superata Bagnara Calabra, il corteo sostò sulla cima del Monte Sant'Elia, da dove i principi ebbero modo di ammirare l'incantevole panorama del Mar Tirreno. Fu tale la sensazione destata dal luogo in Umberto, da indurlo a ritornare spesso in forma privata dimorando nell'albergo Aulinas. Al crocevia del Trodio, una grande scritta recente la dicitura "Evviva Savoia" formata da lettere composte a caratteri cubitali, diede il benevenuto ai visitatori. La lunga colonna di auto percorse il viale Michele Bianchi (odierna via Bruno Buozzi), dove furono allestite enormi colonne che sorreggevano decine di archi trionfali, e raggiunse il municipio di Palmi facendosi largo tra ali di folla entusiasta. Scesi nella piazza antistante e preso posto nella tribuna d'onore, si diede inizio alla toccante e storica cerimonia alla quale presenziarono, oltre alle numerose autorità, la madre della medaglia d'oro Nicola Pizi e lo stesso scultore Michele Guerrisi. Dopo la benedizione impartita dal vescovo della Diocesi di Mileto Monsignor Albera, intervenuto con tutto il capitolo, i principi deposero una corona d'alloro ai piedi del monumento e, risaliti sull'auto, attraversarono via Roma sostando per alcuni minuti nella Villa Umberto I dove ebbero modo di ammirare anche da quel luogo l'incantevole panorama. Percorrendo poi la via Nicola Antonio Manfroce ed il corso Giuseppe Garibaldi, si diressero verso l'uscita della città alla volta di Gioia Tauro. Il Circondario di Palmi venne soppresso nel 1927, con Regio Decreto n. 1 del 2 gennaio. Nel 1930 la parziale ricostruzione rese gradevole l'aspetto della città con l'uniformità delle volumetrie e con il gusto neoclassico dei nuovi edifici.

    Il primo dopoguerra ed il periodo fascista

    Nel 1914 la Giunta Comunale decise la costruzione di una "Torre dell'Orologio" per evidenziare «l'assoluta necessità di dotare la cittadinanza dell'essenziale servizio del pubblico orologio». La Torre, costruita a cura della ditta Repaci con macchina fornita dalla ditta Fontana Cesare di Milano, fu realizzata sopra il muraglione di contenimento della collinetta del rione Spirito Santo. Il 18 gennaio 1917 venne completato ed inaugurato, all'interno dei lavori della tratta ferroviaria Gioia Tauro-Palmi-Sinopoli delle Ferrovie Calabro Lucane, il tracciato Gioia Tauro-Palmi-Seminara (13 km), con le stazioni di San Fantino e Palmi. Il Circondario di Palmi venne soppresso nel 1927, con Regio Decreto n. 1 del 2 gennaio. La biblioteca comunale venne ricostruita nel 1927, quando venne nominato direttore Luigi Lacquaniti. Il nuovo direttore chiese, ad alcuni intellettuali dell'epoca, di contribuire alla ricostruzione della biblioteca donandole dei volumi. Tale appello venne accolto da Francesco Cilea, Benedetto Croce, Francesco Pentimalli e Leonida Repaci.

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    Palazzo San Nicola,
    sede comunale
    Nel periodo tra le due guerre, nell'ambito della ricostruzione della città dopo il terremoto del 1908, furono progettati ed inaugurati nuovi monumenti pubblici. Il 15 ottobre 1922 venne inaugurata la nuova Fontana della Palma, progettata dall'architetto Jommi e costruita dal Prof. Giovanni Sutera, con una cerimonia inaugurale a cui partecipò il gerarca fascista Michele Bianchi.In seguito, a quest'ultimo verrà dedicata l'attuale Viale Bruno Buozzi. Il 10 giugno 1932 venne invece inaugurato il Monumento ai Caduti, opera realizzata dallo scultore Michele Guerrisi e commissionata da parte dell'amministrazione del Commissario prefettizio Giuseppe Sigillò. Presenziarono la cerimonia i Principi di Piemonte Umberto di Savoia e consorte Maria José del Belgio. Il 1932 è anche l'anno in cui vennero inaugurati i due nuovi edifici principali della città, da un punto di vista politico e religioso. Difatti furono completati il nuovo Palazzo San Nicola, sede municipale, e la nuova Chiesa madre di San Nicola. Anche gli altri edifici, pubblici e privati, vennero ricostruiti secondo uno stile neoclassico e del razionalismo italiano. Tra i primi vi furono il nuovo "Palazzo degli Uffici" ed il "Palazzo della Caserma dei Carabinieri" mentre tra i secondi il "Palazzo Ambesi Impiombato" ed il "Palazzo della Banca Popolare", entrambi progettati da Marcello Piacentini. Il 9 marzo 1935 vennero riconosciuti, e trascritti nel libro araldico degli enti morali, lo stemma attuale della città ed il gonfalone comunale.

    La seconda Guerra mondiale

    Durante la Seconda guerra mondiale al largo delle coste di Palmi, precisamente nella notte tra il 25 e 26 luglio del 1943, venne affondata la Motonave Viminale da parte di un'unità alleata. Il transatlatico di lusso, che faceva rotta anche nei porti del Giappone, durante il conflitto mondiale fu sequestrato dalla Regia Marina per scopi militari, per poi essere affondato a largo della spiaggia di Pietrenere di Palmi ed avere la fama di "Titanic italiano".

    Il secondo dopoguerra

    Il 1º novembre 1952 venne istituita la quarta parrocchia cittadina, nella frazione di Taureana di Palmi ed intitolata a San Fantino, per tutto il territorio marittimo comunale che comprendeva anche la frazioni di Pietrenere e Tonnara. Sempre nel dopoguerra avvenne la costruzione di nuovi luoghi di culto (chiesa di San Marco nel 1959, chiesa di San Giuseppe nel 1960, Chiesa del Sacro Cuore di Maria nel 1977, chiesa di San Domenico negli anni ottanta) o la riedificazione di vecchie chiesa andate in precedenza distrutte (Chiesa di Sant'Elia, chiesa di Maria Santissima Immacolata e San Rocco (uniti nel culto nel 1952), chiesa dell’Adorazione (o dell'Oratorio) nel 1966). Sempre nel secondo dopoguerra vennero istituiti (oltre alla Scuola d'Agricoltura del 1909 ed al Liceo Ginnasio del 1889) altri istituti d'istruzione secondaria tra cui il liceo Scientifico "Guglielmo Marconi" nel 1960, l'Istituto tecnico commerciale "Luigi Einaudi" nel 1961, l'Istituto magistrale "Corrado Alvaro" nel 1962, l'Istituto d'arte "Michele Guerrisi" nel 1968 e l'Istituto professionale. In quegli anni inoltre furono create altre strutture pubbliche tra le quali il complesso museale "Casa della Cultura" che fu costruito negli anni settanta per una superficie di circa 2000 metri quadri. L'opera fu realizzata con finanziamenti della Regione Calabria, Assessorato ai lavori Pubblici, e fu progettata da un gruppo di tecnici del Provveditorato delle Opere Pubbliche di Catanzaro. Il 10 luglio 1969 invece fu inaugurato il nuovo ospedale civile "Francesco Pentimalli" nella via Bruno Buozzi. Dagli anni sessanta in poi, il volto della città venne alterato in termini sostanziali e il suo sviluppo cominciò ad orientarsi verso la collina a nord del vecchio centro storico, unendo quest'ultimo alla frazione Trodio. Il 10 giugno 1979, in forza del decreto Quo aptius della Congregazione per i Vescovi che ridisegnò i confini delle diocesi della Calabria, il comune di Palmi passò dalla giurisdizione della Diocesi di Mileto a quella di Oppido Mamertina con cambio di denominazione in Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi. Pertanto la chiesa Madre di San Nicola assunse il titolo di concattedrale della diocesi. Il 29 maggio 1994 viene istituita la quinta parrocchia cittadina, intitolata alla Santa Famiglia per volere dell'allora vescovo di Oppido Mamertina-Palmi mons. Domenico Crusco per celebrare l'"Anno internazionale della famiglia" (1994) voluto da papa Giovanni Paolo II. Nel 1998, con Delibera del Cons. Provinciale n. 83 del 18 novembre, fu istituito il circondario della Piana, con sede a Palmi. La Delibera della Giunta Provinciale n. 273 del 16 ottobre 2008, stabilì l'organizzazione degli Uffici Multifunzioni e la rinomina del Circondario stesso in Circondario di Palmi.

    XXI secolo

    Agli inizi XXI secolo è cominciata la realizzazione del Porto di Palmi, porto turistico e per la pesca in località Tonnara di Palmi. Per tale realizzazione fu redatto un primo progetto di Variante nella metà del XX secolo, in esecuzione al Piano Regolatore Portuale del 16 ottobre 1958 (approvato con D.M. n. 5269 del 22 giugno 1969). La seconda variante al P.R.P. del porto di Palmi fu adottata con Decreto n. 12/2001 del 13 settembre 2001 della Capitaneria di Porto di Gioia Tauro ed approvata con Decreto n. 4777 del 3 maggio 2002 dal Dipartimento Urbanistica ed Ambiente della Regione Calabria, pubblicato sul B.U.R.C. n. 3 del 14 giugno 2002. Nel periodo 2002-2008 furono eseguiti tali lavori per la realizzazione del porto ed in data 31 luglio 2008 venne effettuato il collaudo statico, mentre in data 19 gennaio 2009 venne effettuato il collaudo tecnico amministrativo. Nel 2007 il comune di Palmi richiese l'ampliamento della circoscrizione territoriale del porto cittadino all'Autorità Portuale di Gioia Tauro, al fine di favorirne lo sviluppo economico dello stesso. Tale ampliamento fu effettivo dal 2008. Nell'aprile 2007 iniziarono i lavori di ammodernamento dell'Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, nel tratto attraversante il comune di Palmi. Alcuni tratti furono realizzati in variante al vecchio tracciato, e cioè in corrispondenza dell'inizio della tratta ricadente nel comune di Palmi ed all'altezza della collina di San Filippo. Proprio in quest'ultima zona, la variante corrispose alla realizzazione di una nuova galleria. Come risarcimento dei disagi arrecati alla città, l'ANAS realizzò a proprie spese alcune opere di viabilità nel centro abitato cittadino. ll 17 settembre 2011 venne inaugurato a Taureana di Palmi il Parco Archeologico dei Tauriani "Antonio De Salvo", con un finanziamento APQ del Ministero dei Beni Culturali e Regione Calabria, del Ministero dell'Economia e della Provincia di Reggio Calabria. Sempre nel 2011 la giunta Gaudio venne sfiduciata dal Consiglio Comunale. Le nuove elezioni del 6 maggio 2012 registrarono l'affermazione del candidato del centrodestra Giovanni Barone.

    Personalità legate a Palmi

    Sono numerose e varie le personalità legate a Palmi, che in città sono nate, hanno vissuto oppure hanno stabilito con essa dei rapporti. Nell'elenco sono citate anche personalità vissute antecedentemente la data di fondazione della città di Palmi, ma che comunque hanno avuto rapporti con il territorio comunale (come ad esempio l'antica Tauriana o il Monte Aulinas).

    Arte
    • Francesco Cilea (Palmi, 1866 – Varazze, 1950), famoso compositore.
    • Domenico Augimeri (Palmi, 1834 - Palmi, 1911), pittore.
    • Nicola Antonio Manfroce (Palmi, 1791 – Napoli, 1813), compositore;
    • Leonida Repaci (Palmi, 1898 – Marina di Pietrasanta, 1985), scrittore e pittore.

    Cultura
    • Felice Battaglia (Palmi, 1902 – Bologna, 1977), giurista, filosofo e rettore dell'Università di Bologna;
    • Italo Covelli (Palmi, 1932 - Roma, 2010), medico;
    • Antonio De Salvo (Palmi, 1851 – Palmi, 1924), storico, scrittore e medico.
    • Francesco Pentimalli (Palmi, 1885 - Roma, 1958), medico;
    • Raffaele Piria (Scilla, 1814 – Torino, 1865), chimico e senatore del Regno dal 1862;
    • Francesco Antonio Rèpaci (Palmi, 1888 - Torino, 1978), economista;
    • Giovanni Semerano (Palmi, 1907 – Palmi, 2003), chimico.

    Giornalismo
    • Antonio Altomonte (Palmi, 1934 – Roma, 1986), scrittore e giornalista RAI;
    • Antonio Armino (Palmi, 1901 – Napoli, 1956), direttore de L'Azione, leader della CGL e Consultore di Stato;
    • Attilio Foti (Palmi, 1926 – Polistena, 2010), giornalista e scrittore de Il Tempo;
    • Filippo Marino (Palmi, 1949), letterato, giornalista, storico e vaticanista;
    • Simona Rolandi (Roma, 1973), giornalista e conduttrice RAI; Nata a Roma da genitori reggini di Palmi.
    • Tito Saffioti (Palmi, 1946), giornalista collaboratore de La Repubblica;
    • Domenico Zappone (Palmi, 1911 - Palmi 1976), giornalista de Giornale d'Italia, Il Tempo, La Gazzetta del Mezzogiorno e Rai 3.

    Letteratura
    • Antonio Basile (Palmi, 1908 – Palmi, 1973), scrittore e studioso di storia ed etnografia.
    • Domenico Antonio Cardone (Palmi, 1894 – Palmi, 18 settembre 1986), filosofo e poeta.
    • Luigi Parpagliolo (Palmi, 1862 - Roma, 1953), saggista, scrittore ed ambientalista.
    • Pietro Milone (Palmi, 1867 – Palmi, 1933), poeta dialettale.

    Politica
    • Armando Fresa (Palmi, 1893 - Palmi, 1957), deputato all'Assemblea Costituente della Repubblica Italiana (1946-1948);
    • Giuseppe Marazzita (Palmi, 1899 - Roma, 1977), senatore della Repubblica (1958-1963) e sindaco di Palmi (1962);
    • Armando Veneto (Aversa, 14 novembre 1935), deputato alla Camera (1996-2001), sottosegretario (1999-2001), parlamentare europeo (2006-2009) e sindaco di Palmi (1994-2001).

    Spettacolo
    • Stefania Bivone (Reggio Calabria, 1993) Miss Italia 2011;
    • Roberto Cenci (Milano, 1960), regista, autore televisivo e sceneggiatore. Di origini calabresi;
    • Graziella Chiappalone (Palmi, 1947), ex showgirl e Miss Italia nel 1968;
    • Michele Cucuzza (Catania, 1952), giornalista, conduttore televisivo, scrittore; ha vissuto per molti anni a Palmi;
    • Vittorio Gassman (Genova, 1922 – Roma, 2000), attore e regista di cinema, teatro e televisione. All'età di 5 anni visse un anno a Palmi, dove il padre era impegnato nella costruzione del nuovo quartiere abitativo "Ferrobeton". Gassman raccontò spesso di ricordi legati a quella breve esperienza vissuta a Palmi e di come ne rimase legato, tanto da citare la città nel film Il Mattatore;
    • Piero Guerrera (Palmi, 1962) scrittore, autore televisivo e sceneggiatore;
    • Monica Guerritore (Roma, 1958), attrice di teatro, cinema e televisione; originaria di Palmi, dove ha trascorso la sua infanzia;
    • Walter Le Moli (Palmi, 1947), regista teatrale;
    • Nino Marazzita (Palmi, 1938), avvocato e conduttore televisivo.

    Religione
    • Sant'Elia juniore (Enna, 823 – Salonicco, 903), santo;
    • San Fantino il giovane (Tauriana, 927 – Salonicco, 1000), santo;
    • San Fantino il vecchio (Tauriana, 294 – Tauriana, 336), santo;
    • San Filarete (Palermo, 1020 - Monte Sant'Elia, 1070), santo.

    Storia
    • Serafino Aldo Barbaro (Catanzaro, 1922 - Coassolo Torinese, 1944), Medaglia d'oro al valor militare;
    • Giovanni Battista Benedetti (Palmi, 1897 - ...), magistrato e vicepres. della Corte Costituzionale;
    • Carlo III di Spagna (Madrid, 1716 – Madrid, 1788), re di Sicilia;
    • Andrea Concublet (Arena, XVII secolo - Napoli, 1675) nobile ed utile signore;
    • Vincenzo Cosentino (Palmi, 1831 – Messina, 1879), magistrato;
    • Ferdinando II di Aragona (Sos del Rey Católico, 1452 – Madrigalejo, 1516), re di Sicilia;
    • Giovambattista Mancuso (Palmi, 1922 - Cornalba, 1944), partigiano;
    • Riccardo Pentimalli (Palmi, 1884 - Venezia, 1953), militare;
    • Ruggero I di Sicilia (Hauteville-la-Guichard, 1031 - Mileto, 1101), conte di Calabria.

    Sport
    • Rocco Barone (Palmi, 1987), pallavolista;
    • Antonio Morello (Palmi, 1977), calciatore;
    • Christian Rechichi (Palmi, 1985), rugbysta;
    • Franco Scoglio (Lipari, 1941 – Genova, 2005), allenatore di calcio; Laureato in Pedagogia, per questo era chiamato "il Professore". Infatti insegnò, negli anni sessanta, all'Istituto Agrario di Palmi, oltre ad essere stato in quel periodo un giocatore della squadra locale di calcio (Palmese). Ha iniziato ad allenare nel 1972, con le giovanili della Reggina;
    • Aldo Spinelli (Palmi, 1940), imprenditore e dirigente sportivo;
    • Stefano Zampogna (Palmi, 1981), cestista.


    Foto di Alessandro Saffo


    Edited by Isabel - 21/10/2014, 10:45
     
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3 replies since 24/10/2009, 14:35   4414 views
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