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Tutte le chiese di San Luca

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    Tutte le chiese di San Luca


    Santuario della Madonna della Montagna

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    - Fonte -
    Tratto da: nonsolocittanova.it

    Il luogo del santuario è una specie di isola formata da due fiumi nelle
    gole dell’Aspromonte, lo chiudono cime di mille e mille cinquecento metri, e la vetta di quasi duemila del Monte Alto; denso di boschi, pieno di laghetti, roccioso e verde di felci e di ginestre. Crescono vicini il castagno e il pino, il nocchio e il pioppo, il fràssino e l’abete, mescolanza di piante alpestri e mediterranee dei nostri luoghi, più chiare quelle estive, scure quelle invernali, e come ammantate, che nei nostri climi a vederle si pensa al cattivo tempo
    ”.

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    Polsi è adagiata tra i profumi e i colori di una montagna verdissima. Un tuffo tra le selci ed ecco davanti a noi una profonda valle al centro della quale è situato il Santuario, simbolo altissimo e richiamo di forte spiritualità, dove almeno una volta nella vita un calabrese sente il desiderio di recarsi. Quello che vediamo dall’alto lo lasciamo illustrare ad Edward Lear, un viaggiatore inglese del passato, che in occasione del suo viaggio in Calabria, nel 1847Santuario di Polsi [Diario di un viaggio a piedi - Reggio Calabria e la sua provincia (25 luglio - 5 settembre 1847), Laruffa editore, Reggio Calabria, 2003] e [Diari di viaggio in Calabria e nel Regno di Napoli, Graziella Cappello, Editori Riuniti, 1992], descrisse Polsi comunicando la sua meravigliosa atmosfera:

    'Senza dubbio Santa Maria di Polsi è una delle più notevoli scene che io abbia mai visto; l’edificio è pittoresco, ma non molto antico, e senza pretese di gusto architettonico; ed è situato in alto sopra il grande torrente che viene giù dalla vera cima dell’Aspromonte, la cui alta vetta – Montalto - è il tetto e la corona del paesaggio. Al livello del Monastero, da questa altezza, appaiono serie di alberi ricchi di bellissime foglie, intervallati da verdi radure, e giù in fondo massicci gruppi di castagneti, di neri lecci, di scure querce in successione e alla cima di tutto le pinete. Il carattere dello scenario è sorprendente, le rupi boscose da sinistra a destra lo chiudono come le quinte di un teatro; e poiché nessun altro edificio è in vista, l’incanto e la solitudine in questo luogo sono completi. Nessun altro posto, persino più remoto, fa intravedere un paesaggio di maggiore contrasto persino con quelli in cui giacciono spesso i soliti monasteri d’Italia, che dalla loro altezza e dal loro angolo dominano o una distante pianura o il mare. Qui, invece, tutto intorno, al di sopra e al di sotto, è chiuso da boschi e montagne – nessuno sbocco, nessuna varietà – soltanto la solitudine e il senso dell’eremitaggio regnano sovrani.' Edward Lear


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    Il Santuario risale al XII secolo. Costruito ai tempi di Ruggero il Normanno, all’interno si trova una magnifica Statua della Madonna della Montagna e la splendida Croce simbolo di Polsi. Tra il 30 agosto ed il 2 settembre ricorre la solenne celebrazione della Madonna, il Santuario prende vita, una gran massa di pellegrini arriva da ogni parte della Calabria e della Sicilia; la veglia, il canto del Rosario, Santuario di Polsila processione. Per festeggiare ci si riunisce davanti a grandi fuochi, dove viene arrostita la squisita carne di capra; il suono del tamburello dà ritmo alla tarantella che viene danzata quasi incessantemente. Odori, profumi e sapori ci fanno scoprire ambientazioni che ormai pensavamo potessero appartenere soltanto ad un antico passato. Tutto inizia nel 1144. Un mandriano, stretto dalla necessità di cercare un toro smarrito, si spinge nell'impervia contrada di Polsi: lo trova davanti ad una croce di ferro che aveva riportato alla luce scavando. In quel medesimo istante appare la Madonna al pastore di nome Italiano, originario di Santa Cristina d'Aspromonte, che sosta in preghiera, e gli indica il punto esatto dove dovrà essere costruita una chiesa. Un'altra tradizione colloca al posto del pastore, il conte Ruggero in una battuta di caccia. Saranno i monaci Basiliani a diffondere la devozione alla Croce e alla Madonna sotto il titolo di 'Santa Maria di Polsi', ora più comunemente 'La Madonna della Montagna'. Il 29 marzo 1481, abolito il rito greco in Calabria, i monaci Basiliani si ritirano a Grottaferrata e trasferiscono con sé rari e preziosi documenti. Degli illustri seguaci di San Basilio Magno, rimane il ricordo di gente che seppe tenere alto il senso del sacro con gli scritti, il lungo salmodiare, le celebrazioni delle maggiori ricorrenze assegnate dal loro calendario e soprattutto la santità di vita, come testimonia la visita di Atanasio Calkeopulos, poi vescovo di Gerace, per incarico della Sede apostolica. Si ricordiamo i frati Nicodemo, Atanasio,Santuario di PolsiTeofilo, Neofito, Simeone e il venerabile frate Gerasimo. Anche San Leo di Africo era solito portarsi a Polsi per adorare la santa Croce.

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    Nel secolo XVIII, con l'abolizione del rito greco, il Santuario passa sotto la giurisdizione dei vescovi di Gerace, che si fanno rappresentare da sacerdoti aventi titolo di cappellani. Agli inizi del secolo XVIII, sotto la guida spirituale di detti sacerdoti, nel monastero di Polsi è viva la presenza di una comunità denominata 'I Monaci di San Paolo, l'eremita'. Essi si dedicano alla preghiera e al lavoro manuale di qualsiasi genere, si occupano del convento e dei restanti edifici, curano il decoro della Chiesa. Sparsi in vari paesi e contrade della Calabria, diffondono la devozione alla Madonna ed attendono all'annuale questua per il mantenimento della comunità e del personale di servizio al Santuario. L'edificio sacro, nel suo complesso è di stile barocco. Molti sono stati i restauri e le trasformazioni subite nel tempo. Le tre navate del santuario sono state rifatte del tutto: arcate, stucchi e consolidamento dei pilastri. Sono state rifatte le decorazioni, le scene in gesso che descrivono la vita della Madonna e il soffitto a cassettoni, prezioso per l'impiego di oro zecchino in fogliame. La Madonna troneggia nell'ampia nicchia dell'altare, il maestoso simulacro, scolpito su pietra tufacea e trasportato probabilmente nell'anno 1560, secondo quanto si legge in Corrado Alvaro. La statua pesa 8 quintali e viene rimossa dalla sua sede ogni cinquant'anni. Spetta agli abitanti di San Luca, per tradizione antichissima, presentarla ai fedeli per la sacra cerimonia dell'incoronazione e portarla in processione trionfale per le vie dell'abitato.

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    E' la prima scultura di cui si ha memoria, anche se la Platea del 1604 fa riferimento ad una statua di legnami indorati: si tratta di Madonna della Montagna un documento posteriore all'arrivo della statua a Polsi. L'altare, in marmo policromo, fu offerto dalla città di Messina nell'anno 1737; alcuni pezzi di marmo, deterioratesi con il tempo, sono stati ricostruiti. All'estremità è posto un quadro dipinto ad olio di autore ignoto, raffigurante il Buon Pastore. Ai lati, due colonne con capitello, abbelliscono la monumentale costruzione. Al centro, sovrasta imperiosa la statua della Madonna col Bambino. Sotto il sacro Simulacro, si trova il tabernacolo con porticina in argento. II Santuario rimane aperto tutto l'anno ma, a causa della sua particolare ubicazione, i pellegrinaggi coincidono con le giornate primaverili. I pellegrini arrivano in 'Carovane' organizzate, nei tempi passati a dorso di mulo, oggi, con camion attrezzati con panche (sedili per i devoti) e con i fuoristrada, che, tra continui sobbalzi, visto il percorso per niente agevole, giungono fino al Santuario. Arrivano dalla Piana di Gioia Tauro, dal reggino e anche da alcuni paesi del catanzarese. Sono guidate da un 'Procuratore' che ha il compito, per incarico del Superiore del Santuario, di raccogliere offerte e doni in natura per il mantenimento del Santuario, e di tenere alta la devozione alla Madonna. A tutti è richiesto un comportamento moralmente e cristianamente esemplare. Dalla navata sinistra della chiesa si accede al chiostro, dove si possono visitare le antiche celle, alcune restaurate, altre lasciate di proposito allo stato di origine. Qui abitavano gli umili frati dalla lunga barba incolta e avvolti nel pesante saio d'orbace. Il pianterreno, di costruzione antichissima e robusta, sorregge il restante edificio risultante di ben tre piani. In alcune di queste celle viene data ospitalità ai pellegrini che la richiedono. L'intero piano superiore comprende l'appartamento del Superiore, dei collaboratori, l'archivio e la biblioteca. L'intero convento abbraccia oltre 70 vani, compreso il refettorio, oggi piccolo museo.

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    Il Chiostro Preceduta dalla solenne novena che inizia il 24 agosto e dalla grande veglia di preghiera, la festa della Madonna si celebra il 2 di settembre. Alle ore 10, il Vescovo della Diocesi di Locri (abate del Santuario), presiede la solenne concelebrazione eucaristica all'esterno della chiesa. Terminata la solenne cerimonia inizia, per le strade del santuario, la Processione con la statua della Madonna, offerta al sacro luogo. (il privilegio di preparare la Processione spetta ai cittadini di Bagnara Calabra). Nel tratto finale, al grido di 'Viva Maria' la Madonna viene sollevata e mostrata al popolo orante e plaudente. Il Palazzo Vescovile è il luogo adibito per l'accoglienza dei cardinali (1919 Giustini - 1981 Giuseppe Caprio), dei Vescovi di passaggio e del Vescovo della Diocesi di Locri, che è anche abate commendatario del Santuario, nonché dei sacerdoti che accorrono numerosissimi durante il periodo della novena e della festa della Madonna per la cura spirituale dei numerosi pellegrini. La costruzione, davvero maestosa, è stata completamente ristrutturata con l'aggiunta di altre stanze e servizi, nel 1980, in occasione della terza Incoronazione della Madonna, il tutto con le generose offerte dei pellegrini. E' composto da 18 vani ciascuno, dotato di servizi interni, una cucina e un refettorio che può accogliere più di cinquanta persone.

    Corrado Alvaro (San Luca, 15 aprile 1895 – Roma, 11 giugno 1956), scrittore, giornalista e poeta italiano, così scrive del Santuario della Madonna della Montagna:

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    'Dirò d’una festa che è forse la più animata delle Calabrie. Le feste fanno conoscere la natura degli uomini. Nell'Aspromonte abbiamo un Santuario che si chiama di Polsi, ma comunemente della Madonna della Montagna. È un convento basiliano del millecento, uno dei pochi che rimangono in piedi nelle Calabrie. La Madonna è opera siciliana del secolo XVI, scolpita nel tufo e colorata, con due occhi bianchi e neri, fissi, che guardano da tutte le parti.Santuario di Polsi Intorno alla chiesa c’è il convento, con pochi frati cercatori che vanno per le aie, le vendemmie, i trappeti, a fare la questua pel convento che è solo in montagna e vive della carità di tutti. Questi frati portano sul petto l’immagine della Madonna in una grande lastra di rame, consunta dai baci. Poi al tempo suo, ricambiano i donatori con le noci e le castagne del convento che ha per vecchio privilegio boschi di questi alberi. Intorno al Santuario, da secoli, comunità siciliane e calabresi si sono costruite case per ricoverare i loro cittadini nei giorni della festa che cade fra il 1° ed il 3 settembre. C’è una Domus Siculorum, come c’è una Domus Locrensium, e ne portano l’iscrizione. Questa nostra Madonna che non ha nulla di dolce, bensì d’imperioso, nessuno può muoverla dalla sua nicchia senza che avvenga il terremoto, e per poterla portare in processione, poichè non c’è festa senza processione, se n’è fatta una copia ma più leggiera e non così bella. Questo culto nacque in modo del tutto favoloso. C'è di mezzo un re, il Conte Ruggiero, una caccia con levrieri, un miracolo. Andando il Conte Ruggiero sull’Aspromonte a caccia, sentì i suoi levrieri gridare lontano. Accorse trovò un bue che inginocchiato frugava col muso la terra. Fu rinvenuta in quel luogo una croce greca, nacque così il culto della Madre di DioMontalto.

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    Da allora i buoi e ogni animale hanno diritto d'ingresso fino ai piedi dell’altare, dove si prostrano sui ginocchi davanti. Il luogo del santuario è una specie di isola formata da due fiumi nelle gole dell’Aspromonte, lo chiudono cime di mille e millecinquecento metri, e la vetta di quasi duemila del Monte Alto; denso di boschi, pieno di laghetti, roccioso e verde di felci e di ginestre. Crescono vicini il castagno e il pino, il nocchio e il pioppo, il frassino e l’abete, mescolanza di piante alpestri e mediterranee dei nostri luoghi, più chiare quelle estive, scure quelle invernali, e come ammantate, che nei nostri climi a vederle si pensa al cattivo tempo. D'inverno la contrada è chiusa dalle nevi, vi si accostano soltanto i pastori cacciati dai lupi e dalle tempeste dalle loro capanne di paglia e di terra. L’estate comincia il pellegrinaggio, dopo la mietitura e la vendemmia che da noi si fanno presto. Numeroso è poi il pellegrinaggio nei primi giorni di settembre. Allora ci si accorge che la montagna fa tutto un anfiteatro intorno a quel luogo, i viottoli si disegnano chiari fra i boschi e i poggi nudi, gente in fila, per uno, come un rosario, arriva da ogni parte; e da tutte le parti ugualmente, come da terrazze, valicata la catena dell’Aspromonte, si scopre in fondo alla valle il convento, il campanile col suo cappello a cono, come se stesse in guardia. Questa apparizione improvvisa strappa gridi di gioia; da tutte le parti acclamano a quella vista, si agitano berretti, si scaricano i fucili, le rivoltelle, i tromboni, le scopette, al grido di "Viva la Madonna della Montagna!".

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    Il Calabrese, anche quando parte per l’America, anche se va soldato, si porta il suo pane e il suo companatico; li porta nella manica della giacchetta che si mette a tracolla, e lega la manica in fondo come un sacchetto. Per lui non esistono ancora le osterie e gli alberghi. La sua diffidenza è antichissima. A questa festa che dura tre giorni, il Calabrese non è solo come in tutte le sue peregrinazioni, ma porta la donna e i figli; la donna con una cesta ben equilibrata sul capo, dentro la roba, e sopra alla roba magari il piccino che non sa ancòra camminare. I ragazzi pensano sempre a questa festa, le ragazze l’aspettano cantando canzoni apposite; in questa festa si incontra gran gente, e si balla, dirò come. Gente arriva da tutti i versanti, fin da Messina, da Reggio, dalla Piana, dalla Pietra di Febo, da Caulonia, da Bagnara, da Gerace; i paesi lungo il percorso si spopolano, e vi rimangono soltanto i vecchi; le piazze dei paesi di passaggio vedono i cortei che vanno in su, gente d’ogni condizione tutta insieme, con quello che accompagna il Calabrese, l’asino, il mulo, la zampogna, l’organetto, il piffero, che fanno tutti insieme una musica che pare un rovello. Su questa ballano uomini e donne. Dico che alcuni, specie le ragazze, fanno voto di ballare per tutta la strada. Questo bisogna lasciarlo fare alle donne del villaggio di Cardeto, dove menano le gambe fin da piccole e non si stancano mai.

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    Ognuno fa quello che può per fare onore alla Regina della festa; la gente ricca può portare, essendo scampata da un male, un cero grande quanto la persona di chi ha avuto la grazia,Santuario di Polsi::. il campanileo una coppia di buoi, o pecore, o un carico di formaggio, di vino, di olio, di grano; ci sono tanti modi per disobbligarsi con la Vergine delicata, come la chiamano le donne. Uno, denudato il petto e le gambe, si porta addosso una campana di spine che lo copre dalla testa ai piedi, spine lunghe e dure come crescono nel nostro spinoso paese, e che ad ogni passo pungono chi ci sta in mezzo. Una femminella fa un tratto di strada sulle ginocchia; e così le ragazze fanno la strada ballando, e balleranno giorno e notte per le ore che hanno fatto il voto, fino a che si ritrovano buttate in terra o appoggiate al muro, che muovono ancora i piedi. E i cacciatori, poi, che fanno voto di sparare alcuni chili di polvere; in quei giorni non si parla di porto d’armi, e i carabinieri lo sanno. Gli armati si dispongono nei boschi intorno al Santuario e sparano notte e giorno.
    Nella piazza ballano, suonano, cantano notte e giorno, notte e giorno tuonano i boschi, alla fine sono diecimila, quindicimila persone che non fanno altro in quella valle stretta; l’eco ha un gran daffare a ripetere tutto quello strepito inestricabile, e fa un lungo fragore confuso. I sopraggiunti vedono e sentono la festa dalle terrazze sui monti, la valle che brucia come un vulcano e vi si buttano dentro col loro rumore. Hanno fatto strade lunghe e difficili, di sei o sette ore. Pare che il Governo aprirà una strada strategica da un versante all’altro, per tutto l’Aspromonte, dove era già una strada militare romana; ma intanto si va per il sentiero a mezza costa, spesso non più largo di due palmi, su burroni profondi dove le acque strillano da stordire.

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    Per la strada, chi non è intento ad altro prende un sasso e lo porta fino alla croce dell’altura in vista dei santuario, qui lo butta in una mora di altri sassi, e in due giorni si fa un cumulo di materiale buono per la fabbrica del convento e degli ospizi dei pellegrini. Io mi ricordo che portavo un sasso piccolino quand’ero piccolo. Ci sono le fresche fonti della montagna, desiderio del Calabrese che ha paesi poveri d’acqua. La notte, per illuminare la strada, si dà fuoco agli alberi secchi colpiti dalla vecchiaia e dal fulmine, e fanno da torce pel sentiero difficile. Io ci andai per la prima volta a nove anni. Mi ricordo che bruciava una vecchia quercia gialla. Per quella turba magna, non basta nè il convento nè le case della comunità, nè le capanne, e si sceglie ognuno il suo posto sotto i boschi. Tien bottega ognuno all’aperto, le bestie macellate sono appese agli alberi. Ci vengono i dolcieri della Sicilia, coi loro torroni dai colori sgargianti sui tavoli coperti di lino bianco, e i più famosi mendicanti. Questo il Calabrese vuol vedere, coi suo gusto pel Presepe. C’è quello che spiega, su un cartello dipinto a quadri successivi, le gesta dei Paladini; c’è la frotta degli zingari, la sonnambula, i carabinieri che fanno paura ai vendicatori e agli innamorati respinti. E si vedono le mille facce delle Calabrie.

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    La chiesa è spalancata, la gente vi si pigia a poco per volta; presso l’altare i muti vogliono parlare, i ciechi vedere, gl’infermi guarire. Le donne intorno dicono le parole più lusinghiere alla Madonna, perché si commuova. Arrivano gli animali infiocchettati che si donano per voto, e cadono sulle ginocchia perchè sembra che capiscano anche loro. Viene il mulo carico di grano e di vino, le caprette coi loro campani, che suonano. Sul banco coperto di un lino, le donneSantuario di Polsi::.particolare della Porta principale in bronzo - Rinvenimento della Santa Croce (opera dello scultore sidernese Giuseppe Correale).buttano gli orecchini e i braccialetti; gli uomini tornati da una fortunata migrazione le carte da cento e da più: è una montagna d’oro e di denaro che per la prima volta nessuno guarda con occhi cupidi. La Vergine guarda sopra tutti, e i gioielli degli anni passati la coprono come un fulgido ricamo. Si sta là dentro come in una conchiglia piena del rombo della folla come d’un mare; la terra pestata dai balli che si intrecciano in ogni angolo di strada, su tutta la piazza, sotto una porta, sotto un albero, fa un rumore come se vi si gramolasse tutto il lino della terra, si macinasse tutto il grano. Nuove turbe arrivano d’ora in ora, sparando e gridando, in quella terra promessa. Al terzo giorno di settembre si fa la processione e si tira fuori il simulacro portabile.
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    Hanno il privilegio di portatori gli uomini di Bagnara, gente di mare, audaci e ricchi migratori, pèscatori accaniti di pescespada e di tonni. Sono loro i più abili a far correre, come se volasse, l’immagine della Madonna sul suo pesante piedistallo, mentre le buttano intorno grano, confetti, fiori; non si sente altro, tra lo sparo dei fucili che formano non si sa che silenzio fragoroso, non si sente altro che il battito di migliaia di pugni su migliaia di petti, un rombo di umanità viva tra cui l’uomo più sgannato trema come davanti a un’armonia più alta della mente umana. Le semplici donne che non si sanno spiegare nulla, si stracciano il viso e non riescono neppure a piangere'.
    Corrado Alvaro



    Francesco Sofìa Alessio (Radicena, 18 settembre 1873 - Reggio Calabria, 14 aprile 1943) insigne latinista, degno continuatore delle tradizioni del suo conterraneo Diego Vitrioli e geniale imitatore del grande "Alumnus Vergilii", nella prefazione del suo poemetto Feriae montanae, così scrive:

    'Fu fondato al tempo di Ruggiero il Normanno, dopo che un pastore vide un torello genuflesso dinanzi ad una Croce greca, che si conserva ancora, e dopo l'apparizione della Vergine, che volle un tempio nella Valle di Polsi per richiamare intorno a sé i fedeli di Calabria e di Sicilia. Innumerevoli sono i miracoli operati dalla Vergine della Montagna e le grazie concesse.' Francesco Sofia Alessio

    Croce del Santuario

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    Il reperto più misterioso e, per certi versi inquietante, è la strana piccola Croce di ferro, dalla cui asta centrale si sviluppano due braccia dalle volute irregolari e singolari, non riscontrabili in nessun altro tipo di Croce. Sarebbe la Croce scavata dal torello e rinvenuta dal pastore vagante per i monti, alla ricerca del bovino smarrito, da cui è nato il culto polsino.



    Edited by Isabel - 25/10/2014, 10:46
     
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    Chiesa di San Giorgio

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    - Fonte -

    Si trova nell’omonima frazione ed è un antico edificio di origine bizantina (X-XI secolo) con pianta centrale e absidi semicircolari di cui rimangono visibili soltanto alcune tracce. L’edificio fu edificato come punto di riferimento per i monaci che vivevano eremiti. Un tempo aveva un pavimento in marmo policromi rimosso nel 1936 e conservato nel museo nazionale di Reggio Calabria, ma non esposto. Le colonne che abbellivano la navata sono state in parte rimosse e portate al Santuario di Polsi altre, invece, sono visibili tra i ruderi. L’antica struttura doveva avere una cupola centrale e quattro cupolette laterali, con struttura simile alla cattolica di Stilo.




    Chiesa Santa Maria della Pietà

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    - Fonte -

    Sulla facciata con fastigio si nota il portale rettangolare sovrastato da una monofora, con timpano spezzato, e lesene dotate di capitello decorativo. In alto, nel timpano, un orologio. All’interno formato da un’unica navata è conservata una tela seicentesca rappresentante la Deposizione. Qui sono conservate, inoltre, alcune statue processionarie tra cui quelle di San Luca e di San Sebastiano.

    Edited by Isabel - 25/10/2014, 10:57
     
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