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La Sardegna (Sardigna in sardo, sassarese e gallurese, Sardenya in algherese, Sardegna in tabarchino) è la seconda isola più estesa del mar Mediterraneo e una regione italiana a statuto speciale la cui denominazione ufficiale è Regione Autonoma della Sardegna. Lo Statuto Speciale, sancito nella Costituzione del 1948, garantisce l'autonomia amministrativa delle istituzioni locali a tutela delle peculiarità linguistiche e geografiche. Con 1.639.942 abitanti distribuiti in 8 province e 377 comuni, si posiziona terza in Italia per superficie. Nonostante l'insularità attenuata solo dalla vicinanza con la Corsica, da cui è separata dalle Bocche di Bonifacio, la posizione strategica al centro del mar Mediterraneo occidentale ha favorito sin dall'antichità i rapporti commerciali e culturali, come gli interessi economici, militari e strategici. In epoca moderna molti viaggiatori e scrittori hanno esaltato la bellezza della Sardegna, immersa in un ambiente ancora incontaminato con diversi endemismi e in un paesaggio che ospita le vestigia della civiltà nuragica.Toponimo
Ben conosciuta nell'antichità sia dai Fenici che dai Greci, fu da questi ultimi chiamata Hyknusa o Ichnussa (in greco Ιχνούσσα), o ancora Sandalyon (Σανδάλιον) per la somiglianza dell'intera conformazione costiera all'impronta di un piede (sandalo). Sempre i Greci la chiamarono anche Argyróphleps Nèsos (Αργυρόφλεψ Νήσος) ossia l'isola dalle vene d'argento per l'abbondanza nelle sue miniere di quel metallo Per loro la Sardegna era l'isola più grande di tutto il mar Mediterraneo e tale rimase nella conoscenza degli antichi navigatori per lungo tempo in quanto la lunghezza delle coste sarde (1385 km escluse le isole) è effettivamente maggiore di quelle siciliane o cretesi (1039 km). Secondo recenti studi linguistici, l'appellativo latino Sardinia deriverebbe da un'altra denominazione greca conosciuta come Sardò, Σαρδώ (con l'accento sulla ω - òmega - ossia la o, come i nomi in lingua sardiana di Buddusò e Gonnosnò), nome di una leggendaria donna della quale si ha notizia nel Timeo di Platone e le cui origini venivano da Sàrdeis, Σάρδεις, capitale della Lidia, luogo dal quale Erodoto farà provenire sia le genti etrusche, ma anche quelle sarde. Sallustio nel I secolo d.C. sosteneva che: «Sardus, generato da Ercole, insieme ad una grande moltitudine di uomini partito dalla Lidia occupò la Sardegna e dal suo nome denominò l'isola», e Pausania nel II secolo d.C. confermava quanto detto da Sallustio aggiungendo che: «Sardo venne dalla Libia con un gruppo di coloni ed occupò l'Isola il cui antico nome, Ichnusa, mutò in Sardò.(...)». In una stele in pietra risalente all'VIII / IX secolo a.C. ritrovata nell'odierna Pula, centro comunale comprendente l'antica città di Nora, appare scritto in fenicio la parola b-šrdn che significa in Sardegna, a testimonianza che tale toponimo era già presente sull'Isola all'arrivo dei mercanti fenici.Geografia
La Sardegna ha una superficie complessiva di 24.090 km² ed è per estensione la seconda isola del Mediterraneo, dopo la Sicilia, e la terza regione italiana, sempre dopo la Sicilia e il Piemonte. La lunghezza tra i suoi punti più estremi (Punta Falcone a nord e Capo Teulada a sud) è di 270 km, mentre 145 sono i km di larghezza (da Capo dell'Argentiera a ovest, a Capo Comino ad est). Gli abitanti sono 1,68 milioni per una densità demografica di 69 abitanti per km². Dista 189 km (Capo Ferro - Monte Argentario) dalle coste della penisola italiana, dalla quale è separata dal mar Tirreno, mentre il Canale di Sardegna la divide dalle coste tunisine del continente africano che si trovano 184 km più a sud (Capo Spartivento - Cap Serrat). A nord, per 11 km, le Bocche di Bonifacio la separano dalla Corsica e il Mar di Sardegna, a ovest, dalla penisola iberica e dalle isole Baleari. Si situa tra il 41º ed il 39º parallelo, mentre il 40º la divide quasi a metà.Montagne e colline
Monti di Oliena visti dalle campagne nuoresi Più dell'80% del territorio è montuoso o collinare per un'estensione complessiva di 16.352 km², dei quali il 67,9% è formato da colline e da altopiani rocciosi. Alcuni di questi sono assai caratteristici e vengono chiamati giare o gollei se granitici o basaltici, tacchi o tonneri se in arenaria o calcarei. L'altimetria media è di 334 m s.l.m. Le montagne sono il 13,6% del territorio per un'estensione complessiva di 4.451 km² e sono formate da rocce molto antiche e livellate dal lento e continuo processo di erosione. Culminano nel centro dell'isola i monti di Punta La Marmora, a 1.834 m, Bruncu Spina (1829 m), Punta Paulinu (1792 m), Punta Erba Irdes (1676 m) e Monte Spada (1595 m), situati nel Massiccio del Gennargentu, il quale digrada verso sud (interrotto dal percorso del Flumendosa) col monte Perdedu di Seulo (1334 m) e il Monte Santa Vittoria di Esterzili (1212 m). Da nord, si distinguono i Monti di Limbara (1.362 m), i Monti di Alà (1.090 m), il Monte Rasu (1.259 m), il Monte Albo, Monti dei 7 fratelli, (1.127 m) e il Supramonte con il Monte Corràsi di Oliena (1.463 m). Sotto il Gennargentu ci sono i tacchi d'Ogliastra con Punta Seccu alta 1000 m in territorio di Ulassai. A sud il Monte Linas (1.236 m) e i Monti dell'Iglesiente che digradano verso il mare con minori altitudini.Pianure, fiumi e laghi
Il fiume Coghinas Le zone pianeggianti occupano il 18,5% del territorio (per 3.287 km²); la pianura più estesa è il Campidano che separa i rilievi centro settentrionali dai monti dell'Iglesiente, mentre la piana della Nurra si trova nella parte nord-occidentale tra le città di Sassari, Alghero e Porto Torres. I fiumi hanno prevalentemente carattere torrentizio. I più importanti sono il Tirso, il Flumendosa, il Coghinas, il Cedrino, il Temo, il Flumini Mannu. I maggiori sono sbarrati da imponenti dighe che formano ampi laghi artificiali utilizzati principalmente per irrigare i campi, tra questi il bacino del lago Omodeo, il più vasto d'Italia. Seguono poi il bacino del Flumendosa, del Coghinas, del Posada. L'unico lago naturale è il lago di Baratz situato a nord di Alghero.Coste e isole
Mare sotto Pedra Longa Le coste si articolano nei golfi dell'Asinara a settentrione, di Orosei a oriente, di Cagliari a meridione e di Alghero e Oristano a occidente. Per complessivi 1.897 km, sono alte, rocciose e con piccole insenature che a nord-est diventano profonde e s'incuneano nelle valli (rias). Litorali bassi e sabbiosi, talvolta paludosi si trovano nelle zone meridionali e occidentali: sono gli stagni costieri, zone umide importanti dal punto di vista ecologico. Molte isole ed isolette la circondano e tra queste la più grande è l'isola di Sant'Antioco (109 km²), seguono poi l'Asinara (52 km²), l'isola di San Pietro (50 km²), la Maddalena (20 km²) e Caprera (15 km²). I quattro punti estremi sono: Capo Falcone (a nord), Capo Teulada (a sud), Capo comino (ad est), Capo dell'Argentiera (ad ovest).Geologia
Mare sotto Pedra Longa La storia geologica e della Sardegna iniziò con la cosiddetta fase sarda dell'orogenesi caledoniana all'inizio del Paleozoico, in cui si formò il primo nucleo dell'attuale Sulcis, per poi emergere completamente, insieme alla Corsica, durante l'orogenesi ercinica (Carbonifero). Attraverso gli spostamenti e gli scontri tra la grande placca africana, quella eurasiatica e quella nord-atlantica tra 35 e 13 milioni di anni fa, lungo la costa che attualmente va dalla Catalogna alla Liguria, si originò una profonda frattura i cui relativi lati rocciosi sono ancora visibili tra i graniti cristallini che affiorano oggi in Provenza, nel massiccio dell'Esterel, tra Cannes e Fréjus, e poi oltre il Mare di Sardegna, sulla costa sud-occidentale corsa e su quella nord e nord-occidentale sarda. Lungo questa spaccatura, circa 30 milioni di anni fa, si originò il distacco di una micro-placca che comprendeva a nord-est le attuali Sardegna e Corsica, e più a sud-ovest il complesso delle isole Baleari. Isola di Spargi Conseguentemente, la rotazione della placca sardo-corsa in senso antiorario, nel suo progredire determinò il sollevamento dal mare della catena degli Appennini e delle Alpi Apuane. Furono queste le cause che portarono la Sardegna e la Corsica a migrare dalla parte continentale. Esse raggiunsero la loro posizione attuale circa 6-7 milioni di anni fa e al fenomeno della migrazione si aggiunse più tardi la tensione di apertura del mar Tirreno, che creò conseguentemente la conformazione orientale tra le due isole e la penisola italiana. Benché nel passato siano stati documentati dei terremoti, la Sardegna è ritenuta una zona non sismica, e tutti i 377 comuni che la compongono sono classificati in zona sismica 4. Sul suo territorio infatti non passano faglie che possano generare terremoti di rilievo. Gli unici risentimenti macrosismici appartengono a scosse che sono avvenute e potranno avvenire nel Tirreno centrale e meridionale.Storia - Fonte -
Necropoli di Pranu Mutteddu La Storia della Sardegna riguarda le vicende storiche relative all'isola della Sardegna. In posizione centrale nel mar Mediterraneo, la Sardegna è stata sin dagli albori della civiltà un attracco frequentato da quanti navigavano da una sponda all'altra del Mediterraneo in cerca di materie prime e di nuovi sbocchi commerciali. Il suo territorio, ricco di boschi, di acque e di minerali, ha favorito il popolamento e l'impianto di insediamenti considerevoli. Fu così che nella sua storia millenaria ha saputo trarre vantaggio sia dalla propria insularità - che ha consentito lo svilupparsi della civiltà nuragica - sia dalla propria posizione strategica, in quanto luogo imprescindibile nella rete degli antichi percorsi. Nel suo patrimonio storico e culturale sono abbondanti le testimonianze delle culture indigene ma anche gli influssi e le presenze delle maggiori potenze coloniali antiche. Alcuni studiosi, come l'archeologo Giovanni Lilliu, sostengono la tesi che la storia sarda sia stata caratterizzata da ciò che egli definiva come costante resistenziale sarda, ossia la lotta millenaria condotta dagli abitanti dell'isola contro i nuovi invasori: nei periodi in cui subirono l'influenza delle maggiori potenze coloniali, secondo lo studioso, il tessuto di sardità e le antiche tradizioni sarebbero state custodite dalle popolazioni barbaricine che, attraverso i secoli, le hanno tramandate fino ai nostri giorni. Questa tesi contrasta con alcune evidenze, come il fatto che le stesse non abbiano preservato la lingua antecedente alla latinizzazione a differenza, ad esempio, di quelle basche il cui idioma è rimasto inalterato da tale processo.Preistoria
Cùccuru s'Arrìu (Cabras)
Statuina di Dea Madre
Le prime tracce di presenza umana (Homo erectus) in Sardegna risalgono al Paleolitico inferiore e consistono in rudimentali selci scheggiate, ritrovate nel sassarese, risalenti a un periodo compreso tra i 500.000 e i 100.000 anni fa. Le prime tracce di Homo sapiens sapiens risalgono invece a circa 14.000 anni a.C. Gli scavi effettuati nella Grotta Corbeddu, presso Oliena, hanno restituito pietre sbozzate e fossili umani.Neolitico Numerose sono le testimonianze del Neolitico, gli antichi abitanti di quest'epoca incidevano le ceramiche con il bordo di una conchiglia, il cardium edulis. La civiltà cardiale si sviluppò sino al 4500 a.C. La successiva civiltà di Bonu-Ighinu durò fino al 3500 a.C. circa e ad essa seguì la civiltà di San Michele che si protrasse fino al 2700 a.C. I Sardi neolitici vivevano sia all'aperto che in grotte, allevavano bestiame, utilizzavano strumenti in selce e in ossidiana di cui l'Isola abbonda, coltivavano cereali, conoscevano la caccia, la pesca e la tessitura. Scolpivano statuine stilizzate raffiguranti la Dea Madre accentuandone le forme del seno e del bacino (raffigurazioni steatopigie). Costruivano ciotole e vasi decorati in vario modo. Si svilupparono in quel periodo due forme di architettura funeraria. Da una parte si trovano strutture di tipo megalitico affini ai dolmen e ai menhir (in sardo pedras fittas, ossia pietre infisse nel terreno); dall'altra le cosiddette domus de janas (case delle fate o delle streghe), tombe scavate nella roccia che riproducevano l'intera struttura abitativa. Il pavimento e le pareti della tomba, ma anche il corpo del defunto, venivano rivestiti di ocra rossa. Nella fase finale del periodo neolitico si susseguirono due civiltà ceramiche: quella di Monte Claro e quella del Vaso campaniforme, ed ebbe inizio la lavorazione dei metalli, prima del rame e in seguito del bronzo.Civiltà nuragica
Bronzetto sardo. I bronzetti testimoniano l'alta capacità raggiunta dai nuragici nell'arte di lavorare i metalli La Civiltà nuragica ebbe origine durante la fase culturale detta di Bonnanaro (1800-1600 a.C. circa). Più di 7000 nuraghi, in media uno ogni 4 km², centinaia di villaggi e tombe megalitiche sono la testimonianza di questa singolare civiltà mediterranea. Dalle testimonianze delle genti antiche con cui interagivano, i Nuragici furono sicuramente un popolo di guerrieri e di naviganti, di pastori e di contadini, suddivisi in piccoli nuclei tribali (clan). Andavano per mare, commerciavano coi Micenei, i Fenici, gli Etruschi. Furono gli abitatori della Sardegna per oltre un millennio su un territorio allora ricchissimo di boschi, acque, fertili valli. Il nuraghe era il centro della vita sociale delle comunità, ma oltre alle torri, altre strutture megalitiche caratterizzavano la civiltà nuragica: le tombe dei giganti (luoghi di sepoltura) e i pozzi sacri (luoghi di culto). Le grandi stele centrali delle tombe dei giganti (molte superano i 4 m di altezza) e la precisione costruttiva dei pozzi sacri dimostrano la complessità e la raffinatezza raggiunte da questa civiltà. Anche la produzione di bronzetti, statuette tipiche di quel periodo, con raffigurazioni a volte realistiche, a volte immaginarie, aggiunge fascino al mistero di quel popolo, mistero destinato sicuramente a durare ancora per la mancanza - secondo gli studiosi - di un fondamentale elemento di decifrazione delle civiltà antiche: la scrittura, anche se in questo campo sono state fatte nuove scoperte. Con l'arrivo in Sardegna dei Cartaginesi prima e dei Romani poi, i Nuragici si ritirarono nelle regioni interne dell'Isola opponendo una fiera resistenza agli invasori. Secondo le ipotesi degli studiosi, l'isola in quel periodo era molto popolata: alcune ipotesi indicano che su una media di 5000 nuraghi semplici, di 3000 fra nuraghi complessi e villaggi, con una media di 10 abitanti per ogni torre isolata e di 100 abitanti per ogni borgo, si poteva contare una popolazione di circa 245.000 unità (la Sardegna raggiungerà nuovamente una simile densità abitativa solo nel XV secolo); altre ipotesi fanno supporre ad un numero maggiore, tra i 400.000 e i 600.000 abitanti.Dibattito sulle origini
Secondo le ricerche degli studiosi, la Civiltà nuragica fu il frutto dell'evoluzione di preesistenti culture megalitiche. I monumenti che più la rappresentano sono le cosiddette torri nuragiche, ma sulla effettiva funzione di queste si discute da almeno cinque secoli. Tra le varie interpretazioni sono state proposte quelle di tombe, fortezze, forni per la fusione dei metalli, prigioni, templi di culto, abitazioni di giganti, magazzini per granaglie. Ma nonostante gli studi e i ritrovamenti archeologici, sui Nuragici, i cosiddetti costruttori di torri o Tyrsenoi (Τυρσηνοί in greco da dove viene il nome Tirreno) come li chiamavano i Greci di allora (stesso nome che davano agli Etruschi) rimangono ancora molti punti da chiarire. Negli ultimi decenni sono state divulgate nuove teorie e nuove scoperte hanno ampliato gli orizzonti. Navicella nuragica Grazie a nuovi reperti archeologici si fa sempre più certa l'ipotesi che le popolazioni nuragiche fossero molto abili nell'arte della navigazione, arte che permetteva loro di spostarsi facilmente in tutto il bacino del Mediterraneo e di mantenere contatti con le popolazioni micenee, cretesi, etrusche e iberiche. Ceramiche nuragiche sono state scoperte sia lungo le coste iberiche che in quelle tirreniche, nelle isole egee, a Creta, nelle coste libanesi e del nord Africa. Tali ceramiche per la maggior parte non costituivano prodotti da esportare e commerciare, ma erano prevalentemente vasi comuni, anforete, olle utilizzate dai marinai nuragici come ceramica di bordo, mentre le brochette askoidi, considerate tra i contenitori nuragici più raffinati, dal collo sottile e dal corpo globulare, finemente decorate e rinvenute in tombe etrusche, secondo gli studiosi, contenevano vino sardo commerciato con gli Etruschi che nel IX - VIII secolo non coltivavano la vite. Alcuni studiosi, sulla base di ipotesi totalmente arbitrarie, per via di presunte similitudini fra i reperti nuragici e quanto descritto nelle fonti antiche, hanno ipotizzato che le popolazioni sardo-nuragiche siano da accomunare agli Shardana, un popolo di navigatori-guerrieri (da riferirsi ai Popoli del Mare) che assieme a una coalizione di altri genti, sul finire del II millennio a.C., portò guerra e distruzione nel bacino del Mediterraneo, tentando a più riprese di invadere l'Egitto dei faraoni, riducendo alla rovina la Civiltà micenea e quella ittita. Il giornalista e studioso Sergio Frau ha ipotizzato che la Civiltà nuragica sia legata al mito di Atlantide. Secondo la sua tesi, il centro della presunta Atlantide sarebbe stata la reggia nuragica di Barumini, la più imponente dell'isola. Frau riporta studi recenti condotti presso il C.N.R. dal geologo Mario Tozzi secondo cui un cataclisma naturale, forse uno Tsunami, potrebbe aver causato la distruzione di una fiorente e avanzata civiltà localizzata nel Mediterraneo occidentale. Secondo Frau, le antiche Colonne d'Ercole descritte da Platone, generalmente indentificate nello Stretto di Gibilterra, andrebbero ri-posizionate nel Canale di Sicilia. Recentemente lo studioso Mauro Peppino Zedda ha ipotizzato che i nuraghi siano stati osservatori astronomici. Le torri sarebbero state disposte secondo precise regole astronomiche e sarebbero state utilizzate per la misura del tempo e per l'osservazione della volta celeste. Lo studioso avvalora l'ipotesi della funzione sacra di questi edifici i quali sarebbero viste come templi custoditi da sacerdoti astronomi, rigettando la tesi del nuraghe-fortezza ampiamente sostenuta dal padre dell'archeologia sarda Giovanni Lilliu e dai suoi allievi. Lo studioso sostiene di aver scoperto che le torri del nuraghe trilobato Santu Antine siano state degli osservatori astronomici per mezzo dei quali era possibile osservare il sorgere del sole sia al solstizio invernale sia al solstizio estivo, e dalle stesse si poteva osservare - sempre ai solstizi - il tramonto del sole. Secondo lo studioso il nuraghe Santu Antine è « l'apparecchio realizzato a secco tecnicamente più sofisticato di tutta la superficie terrestre».. Grazie alla loro posizione - sostiene lo studioso - «gli antichi Sardi erano in grado di stabilire la scansione temporale delle stagioni e avevano riferimenti spaziali sulla terra». Al riguardo dei pozzi sacri, secondo le recenti ricerche dello studioso Arnold Lebeuf, il pozzo sacro di Santa Cristina risulta essere un elaborato osservatorio astronomico tale da suggerire che i popoli nuragici possedevano conoscenze molto avanzate per un'epoca così lontana. Solo una perfetta conoscenza delle complicate teorie lunari poteva rendere possibile il disegno e la costruzione dell'osservatorio il cui progetto è stato pianificato punto per punto prima di scavare sulla roccia.Sardegna fenicia e cartaginese
Maschera di Sileno I Fenici giunsero in Sardegna tra il X e l'VIII secolo a.C., periodo nel quale la civiltà nuragica era nel massimo splendore. Giunti come mercanti e non come invasori, si insediarono in alcuni punti di approdo lungo l'arco sud-occidentale della costa, approdi già abitati dai Nuragici con i quali si integrarono pacificamente, apportando in Sardegna nuove tecnologie e nuovi stili di vita, dando impulso ai commerci e favorendo la creazione di empori. I Cartaginesi giunsero nell'isola nel VI secolo a.C. con la deliberata intenzione di conquistare tutta l'isola per assoggettarla al loro dominio. Un primo tentativo di conquista fu sventato dalla vittoriosa resistenza nuragica intorno al 535 a.C. Tuttavia, a partire dalla fine del VI secolo l'isola entrò nell'orbita di Cartagine. Intorno agli originari empori commerciali gradualmente si svilupparono dei fiorenti centri urbani. Ancora oggi sono visibili i resti di antichi insediamenti, fra questi i maggiori centri di insediamento cartaginese furono Karalis, l'attuale Cagliari, Nora, Tharros e Sulki nell'isola di Sant'Antioco. Nel colle di Tuvixeddu, nell'antica Karalis, si trova la più grande necropoli fenicio-punica esistente al mondo. A Sulki si trova il tophet più grande ritrovato finora. Tra gli altri insediamenti cartaginesi ricordiamo Bithia, Neapolis, Othoca, Cornus, Sulki Tirrenica vicino Tortolie un insediamento presso l'odierna Bosa.Sardegna romana
Resti delle terme romane I Romani ottennero la Sardegna nel 238 a.C. al termine della Prima Guerra Punica. Nel 215 a.C., il sardo-punico Amsicora, alleato coi popoli nuragici come gli Iliensi, guidò la resistenza anti-romana, ma fu sconfitto nella battaglia di Cornus. Per lungo tempo la dominazione romana fu segnata dalla difficile convivenza con i nuragici e i fenicio-punici. Gradualmente si raggiunse una certa integrazione, anche se non furono rare le rivolte. I centri punici si romanizzarono e Karalis divenne la capitale della nuova provincia. La città crebbe e fu arricchita di monumenti, tra i quali l'esempio più notevole è probabilmente l'anfiteatro, che fino al 2011 era ancora sede di spettacoli. Nel nord dell'isola, i Romani fondarono il porto di Turris Libisonis, l'odierna Porto Torres, e fecero della cittadina cartaginese di Olbia un centro importante dotata di piazze, acquedotti e complessi termali. Nel 1999, nelle acque dell'attuale porto vecchio furono recuperati 18 relitti di navi romane, di cui due probabilmente dell'età di Nerone, testimonianza dell'importanza dello scalo portuale della città. Ancora oggi le aree urbane situate in queste località, ovvero Cagliari, Sassari e Olbia, sono le principali città dell'isola. I Romani dotarono l'isola di una rete stradale utilizzata soprattutto per mettere in comunicazione i centri della parte meridionale con il settentrione. A metà di una di queste strade, i Romani fondarono Forum Traiani (presso l'attuale Fordongianus), che divenne il principale centro militare isolano e che nel I secolo d.C. fu dotato di un complesso termale. Svilupparono la coltivazione dei cereali e la Sardegna entrò a far parte delle province granaio, insieme alla Sicilia e all'Egitto. Probabilmente, l'eredità culturale più importante del periodo romano è la lingua sarda, neolatina, composta da numerosi dialetti raggruppabili nelle varietà del logudorese e del campidanese.Epoca medievale - Sardegna vandala e bizantina
Resti di una effigie di Costantino I conservata nei Musei Capitolini a Roma Dopo la caduta dell'Impero Romano, la Sardegna fu occupata dai Vandali, che mantennero nell'isola un presidio militare per circa ottant'anni, fino alla presa di potere dei Bizantini nel 534 d.C. La dominazione bizantina consentì importanti trasformazioni sociali e culturali. Durante questo periodo, il papa Gregorio Magno portò avanti l'opera di evangelizzazione della Barbagia dove erano ancora adorate le antiche divinità nuragiche. I Barbaricini rimasero comunque sempre assai riluttanti verso i nuovi arrivati tanto che un numero assai importante di soldati limitanei vennero dislocati lungo il limes, l'antica frontiera che divideva la Romània dalla Barbària. Secondo gli storici, ci fu da parte imperiale il riconoscimento di una Sardegna barbaricina indomita e libera e secondo lo storico del medioevo sardo F.C. Casùla, in qualche modo anche statualmente conformata, forse in ducato autonomo o addirittura in regno, dove continuava ad esistere una cultura d'origine nuragica. Secondo lo storico, neanche la Romània fu comunque del tutto pacificamente acquisita. Nonostante tutto, il legame tra l'isola e Bisanzio si fece più forte col passare del tempo e la Sardegna rimase bizantina durante l'invasione della penisola italica da parte dei Longobardi. L'influenza bizantina si fece sentire in maniera particolare in ambito religioso. La Chiesa sarda dipendeva dal Patriarcato di Costantinopoli che praticava il rito greco, diverso da quello latino per alcune forme liturgiche. Tale rito venne introdotto nelle cerimonie di culto, insieme a tradizioni e feste di cui rimangono tracce ancora oggi come il culto dell'imperatore-santo Costantino I, che per i Sardi divenne Santu Antine, in onore del quale a Sedilo si tiene ancora oggi la cavalcata detta s'Ardia. La presenza dei monaci cenobiti greco-bizantini, seguaci della Regola di San Basilio, si estese fino all'interno, oltre il limes, introducendo le nuove consuetudini e diffondendo l'uso degli inni, l'usanza nelle campagne di seppellire i defunti accanto alle chiese, il costume di battezzare i figli con nomi bizantini, nonché il culto di molti santi del menologio orientale.Sardegna giudicale
Affresco di Domenico Bruschi Col declino dell'impero di Bisanzio, a partire dall'VIII secolo, i Sardi sull'impianto organizzativo bizantino si dettero un nuovo assetto politico. L'isola fu così divisa in quattro Giudicati indipendenti sia dall'esterno che tra loro. I giudicati erano quelli di Torres-Logudoro, di Calari, di Gallura e di Arborea ed erano retti da un giudice (judike o zuighe in sardo, judex in latino), dotato di potere di sovrano. Amministravano un territorio, chiamato logu, suddiviso in curatorie formate da più villaggi, retti da capi chiamati majores. Parte dello sfruttamento del territorio, come anche l'agricoltura, veniva gestito in modo collettivo, un'organizzazione assai moderna per l'epoca. L'aiuto portato alla Sardegna contro gli Arabi da parte delle flotte di Genova e Pisa, specie dopo il fallito tentativo di conquista dell'isola nel 1015-16 da parte di Mujāhid al-Āmirī di Denia (il Mugetto o Musetto delle cronache cristiane italiche), signore delle Baleari dopo il crollo del Califfato omayyade di al-Andalus - ebbe come conseguenza un crescente influsso delle due Repubbliche marinare. Nel 1395 la giudicessa-reggente Eleonora d'Arborea emanò la Carta de Logu, simbolo e sintesi di una concezione essenzialmente sarda del diritto, con apporti romano-bizantini e particolarmente innovativa in quei tempi in Europa. La Carta comprendeva un codice civile ed uno rurale, per complessivi 198 capitoli, e segnava una tappa fondamentale verso i diritti d'uguaglianza. Questo insieme di leggi rimase in vigore fino al 1827.Sardegna signorile e comunale
Incipit degli Statuti Sassaresi XIII secolo Nell'ambito cronologico dell'epoca giudicale è necessario menzionare a parte le vicende delle città sarde che si diedero statuti propri, sulla scia dell'esperienza dei comuni italiani. In particolare due, quella di Sassari e quella di Villa di Chiesa, appaiono rilevanti per l'importanza storica, istituzionale ed economica dei due centri. Dell'esperienza comunale sassarese (1272 circa - 1323) restano gli Statuti della città, redatti in latino e in sardo logudorese. Della vicenda di Villa di Chiesa (1258 circa - 1323), fondata da Ugolino della Gherardesca e votata all'industria mineraria argentiera, rimane testimonianza nelle leggi cittadine raccolte nel Breve di Villa di Chiesa (di cui nell'archivio storico della città è custodito un bellissimo originale in pergamena, databile presumibilmente al 1327). In generale, delle autonomie e dei privilegi cittadini sardi (benché si trattasse di comuni pazionati, ossia il cui podestà proveniva da una città egemone, in questo prima Pisa e poi Genova, anche per evitare lotte interne) rimarrà traccia successivamente nella storia del Regno di Sardegna, allorché alle città emerse dal periodo precedente (alle due sopra citate, bisogna aggiungere: Castel di Calari, Oristano, Bosa, Alghero, Castelaragonese), verranno riconosciuti particolari status giuridici che ne faranno delle città regie, ossia sottratte al dominio feudale e dipendenti direttamente dalla Corona, con propri rappresentanti specifici nel parlamento degli Stamenti. Le città in Sardegna rimarranno a lungo entità socio-politiche alquanto estranee, per non dire ostili, al territorio circostante.Il Regno di Sardegna aragonese
La Battaglia di Sanluri di G. Marghinotti Il Regnum Sardiniae et Corsicae ebbe inizio nominalmente nel 1297, quando papa Bonifacio VIII lo istituì per dirimere le contesa tra Angioini e Aragonesi circa il Regno di Sicilia (che aveva scatenato i moti popolari passati poi alla storia come Vespri siciliani). I regno fu realizzato territorialmente 26 anni dopo, nel 1324 quando il re Giacomo II sconfisse i Pisani nella battaglia di Lucocisterna, incamerandone i territori appartenuti alla Repubblica di Pisa. Ne seguì una guerra lunga e sanguinosa della durata di oltre novant'anni combattuta contro il Regno di Arborea i cui giudici non rinunciarono mai al sogno di unificare l'Isola sotto la loro bandiera. Dopo la sconfitta subita nella Battaglia di Sanluri il 30 giugno 1409, gli Arborensi difesero i loro territori storici, ma dopo altre sanguinose battaglie, la loro capitale Oristano si arrese nel marzo 1410. Dieci anni dopo quanto restava dell'ultimo giudicato sardo venne veduto per 100.000 fiorini d'oro - 17 agosto 1420 - ad Alfonso V d'Aragona il Magnanimo da Guglielmo III di Narbona, ultimo giudice arborense della storia. Attraverso varie fasi, la storia del Regno sardo percorre l'ultimo periodo del Medioevo sotto la Corona d'Aragona, e di Spagna poi, passando dopo la Guerra di successione spagnola, il Trattato di Utrecht, quello di Londra, e dell'Aia, alla dinastia dei Savoia nel 1720, per poi giungere alla sua conclusione tra il 1847 (Unione Perfetta con gli stati di terraferma) e il 1861, con la proclamazione del Regno d'Italia, suo erede. Il periodo che va dagli inizi del XIV secolo a circa la metà del secolo successivo rappresentò per la civiltà occidentale un periodo di transizione dal Medioevo all'età moderna. La società si svincolò dai miti e dalle tradizioni medievali avviandosi verso il Rinascimento. Ma questi cambiamenti non si riscontrarono in Sardegna: questo periodo, che ebbe inizio nel 1323/1324, corrisponde infatti all'occupazione aragonese ed è considerato da molti come il peggiore di tutta la storia dell'isola. Il cammino verso l'età moderna venne bruscamente interrotto e tutta la società isolana regredì verso un nuovo e più buio Medioevo. Le maggiori cause furono viste nelle continue guerre contro il Regno di Arborea e nel regime di privilegio, di angherie e di monopolio esclusivo di ogni potere, instaurato a proprio favore dai Catalano-aragonesi e poi dagli spagnoli. Una testimonianza evidente della situazione creatasi è fornita dagli stessi catalani che ancora nel 1481 e nel 1511 chiedevano al Re - nel loro Parlamento - la conferma in blocco degli antichi privilegi, ricordando che erano stati concessi «per tenir appretada e sotmesa la naciò sarda» (mantenere bisognosa e sottomessa la nazione sarda). Con il dispotismo e la confisca di tutte le ricchezze si arrestò bruscamente il processo di rinnovamento economico, culturale e sociale che i giudicati e repubbliche marinare, avevano suscitato tra il IX secolo e il XIV secolo. Gli Aragonesi esitarono a lungo prima di invadere e conquistare l'isola, e riuscirono solo dopo un secolo di guerre ad unificare il Regno di Sardegna e Corsica: inizialmente grazie alla Battaglia di Lucocisterna, dove intervennero su richiesta di Arborensi, in alleanza con Genovesi e Sassaresi, in funzione anti-pisana, successivamente dopo decenni di guerre, epidemie e trattati di pace, grazie all'acquisto per 100.000 fiorini d'oro dei territori superstiti ceduti dall'ultimo Giudice di Arborea Guglielmo III di Narbona. Durante la lotta per il predominio dell'isola il Regno di Sardegna fu composto infatti per diversi periodi unicamente dalle città di Cagliari e di Alghero. Gli alti costi umani e materiali della guerra recarono un grave danno all'economia e alla situazione sociale dell'isola, che non si riprenderà se non in tempi recenti con l'unificazione italiana, mentre la Corona d'Aragona divenne parte poco dopo dell'Impero spagnolo, entrambi processi travagliati, da farli percepire secondo alcuni studiosi come estranei o distanti dalle popolazioni. Nel periodo aragonese Leonardo Alagon, discendente dei giudici d'Arborea, per difendere la sua successione al Marchesato di Oristano scatenò una guerra di successione nobiliare, ribellandosi infine al governo aragonese. La sua vicenda ebbe inizio intorno al 1477, quando entrò in conflitto con il viceré Nicolò Carros. Quest'ultimo si adoperò affinché Giovanni II d'Aragona il senza fede condannasse Leonardo de Alagon per lesa maestà e fellonia. Questi diede così il via ad una vera e propria rivolta contro il Regno di Sardegna che dapprima vide i regnicoli subire una sconfitta nella Battaglia di Uras, e la rivolta si concluse nella battaglia di Macomer con la sconfitta dei ribelli, la morte del figlio Artale, la fuga dello stesso Alagòn e la successiva sua cattura. Morì il 3 novembre 1494 nella prigione valenziana di Xàtiva.La Sardegna spagnola
Con la riconquista di Granada, avvenuta il 2 gennaio 1492, si realizzò pienamente la riunificazione dei regni iberici, assiduamente perseguita da Ferdinando II di Aragona e da Isabella di Castiglia. Dopo il loro matrimonio celebrato a Valladolid il 17 ottobre 1469 con un accordo conosciuto anche come la concordia di Segovia, nel 1475, i due sovrani fecero giuramento di non fondere le due corone in un unico Stato e ciascuna entità conservò le sue istituzioni e le sue leggi. Entrambi infatti si chiamarono: re di Castiglia, di Aragona, di León, di Sicilia, di Sardegna, di Cordova, di Murcia, di Jahen, di Algarve, di Algeciras di Gibilterra, di Napoli, conti di Barcellona, signori di Vizcaya e di Molina, duchi di Atene e di Neopatria, conti di Rossiglione e di Serdagna, marchesi di Oristano e conti del Goceano.La Sardegna sabauda
Il Regno di Sardegna Agli aggiustamenti territoriali seguiti alla Guerra di successione spagnola, finita nel 1713, per un brevissimo periodo, tra il 1713 ed il 1718, il regno di Sardegna passò agli Asburgo austriaci, dopo il trattato di Utrecht del 1713 che sancì la separazione della Spagna dal suo impero. Filippo V di Spagna nel 1717 occupò Sardegna e Sicilia. Il trattato di Londra del 2 agosto 1718 assegnò il Regno al duca di Savoia, Vittorio Amedeo II. Nonostante diverse iniziative di ammodernamento, non avvenne però un sostaziale cambiamento della situazione economica della popolazione del regno di Sardegna, soprattutto per la opprimente presenza feudale, sulla quale non si effettuò alcun intervento in quanto i Savoia, nel trattato di cessione del regno, si impegnarono di mantenere gli antichi privilegi feudali. La situazione di povertà non si ridusse ed il malcontento accrebbe i movimenti di rivolta. Iniziarono ribellioni e sommosse che sconvolsero tutta la Sardegna e si accentuarono soprattutto con i grandi moti antifeudali e antipiemontesi del 1783. Nel 1789 numerosi villaggi si rifiutarono di pagare i tributi feudali, provocando un nuovo intervento repressivo, in difesa degli interessi feudali, per riportare con la forza l'ordine. Il movimento di protesta della popolazione iniziò ad avere anche l'appoggio di intellettuali e uomini di cultura, soprattutto dopo il 1789, anche per l'effetto della Rivoluzione Francese. Dopo la rivoluzione, la Francia repubblicana diffuse i principi di libertà, fratellanza e uguaglianza in tutta Europa. Nel 1793 la flotta francese agli ordini dell'amiraglio Truguet occupò Carloforte e Sant'Antioco, sbarcò in territorio di Quartu e attaccò il porto di Cagliari. Con un'abile propaganda, aristocrazia e clero convinsero la popolazione della pericolosità dei francesi, che indicarono come nemici della religione, violenti e schiavisti. La propaganda ottenne il risultato voluto e i volontari sardi respinsero le truppe francesi. Questi episodi di resistenza all'attacco francese, proprio mentre le truppe piemontesi incontravano serie difficoltà sulla terraferma, crearono l'illusione che il governo sabaudo potesse concedere alle classi dirigenti sarde una gestione più indipendente della Sardegna. Vennero mandati dei delegati a Torino per avanzare a Vittorio Amedeo III delle richieste precise, sintetizzate nelle cosiddette cinque domande, un vero programma costituzionale. Queste consistevano nella convocazione del Parlamento mai più convocato dall'arrivo dei Piemontesi, la riconferma degli antichi privilegi dei quali aveva sempre goduto il Popolo Sardo, la nomina negli impieghi civili e militari e nelle cariche ecclesiastiche esclusivamente di sardi, l'istituzione a Torino di un Ministero per la Sardegna e a Cagliari di un Consiglio di Stato per i controlli di legittimità. I delegati vennero tenuti a Torino per mesi, senza ottenere risposte, mentre in Sardegna cresceva la tensione. Il rifiuto regio delle richieste dei sei rappresentanti degli Stamenti Sardi, provocò il 28 aprile 1794 una ribellione fra i notabili ed il popolo di Cagliari che catturarono il viceré e tutti i funzionari piemontesi, cacciandoli dopo due giorni dalla città per mare: la data viene oggi commemorata come Sa die de sa Sardigna. La ribellione ebbe seguito in altre città e paesi dell'isola, come Oristano, Bosa, Milis e Bauladu. Approfittando dei sommovimenti locali e dei sentimenti generati dalla Rivoluzione francese, la nobilità ed i feudatari sassaresi sfruttarono l'occasione per chiedere al Re l'autonomia da Cagliari. Questo provocò la reazione dei cagliaritani, che cercarono l'appoggio dei vassalli locali, e degli abitanti di tutto il Logudoro per manifestare a Sassari il 28 dicembre 1795 cantando il famoso inno Su patriottu sardu a sos feudatarios. In questa situazione emerse la personalità di Giovanni Maria Angioy, giudice della Reale Udienza, già distintosi nell'azione di difesa della Sardegna nel 1793 con le operazioni che portarono alla cacciata dall'isola delle squadre navali francesi. Il viceré Filippo Vivalda, preoccupato di una possibile degenerazione in rivolta della protesta, inviò Giommaria Angioy a Sassari con la carica di alternòs, ovvero il rappresentante del governo sardo con gli stessi poteri viceregi, dove fu accolto come un liberatore. Angioy cercò per tre mesi di riconciliare feudatari e vassalli, ma quando si rese conto del diminuito interesse e del diminuito sostegno governativo e cagliaritano, lavorò ad un piano eversivo con emissari francesi, mentre Napoleone Bonaparte invadeva la penisola italiana. Tuttavia con l'armistizio di Cherasco e la successiva Pace di Parigi del 1796 venne meno ogni possibile sostegno esterno, decise di effettuare una marcia antifeudale su Cagliari. A questo punto dal viceré gli vennero revocati i poteri di alternòs e dovette arrestare la sua marcia a Oristano l'8 giugno, dopo esser stato abbandonato dai suoi sostenitori dopo che il Re ebbe accettato lo stesso giorno le citate cinque richieste degli Stamenti Sardi; in seguito dovette abbandonare la Sardegna e si rifugiò a Parigi, dove cercò consensi per invadere militarmente l'isola e metterla sotto la protezione della Francia. Qui morì in povertà nel 1808. Sull'isola l'ordine veniva ripristinato con le armi. Furono assediati e presi d'assalto i villaggi che resistevano e furono condannati a morte tutti i capi e i maggiori esponenti del moto rivoluzionario che si riuscì a catturare. Nel 1799 le truppe francesi occuparono il Piemonte costringendo i Savoia a riparare in Sardegna dove rimasero fino al 1814 dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte. Diversi funzionari, borghesi e popolani continuarono anche in seguito al 1796 e alla sconfitta dell'Angioy a perseguire piani di rivolta: nell'isola si verificarono diversi tentativi di insurrezione, fra cui quelli di Vincenzo Sulis, Gerolamo Podda, Francesco Cilocco, il parroco di Terralba Francesco Corda, ed altri di ispirazione rivoluzionaria e giacobina che tentarono di proclamare una repubblica sarda, ma vennero uccisi come rivoltosi in conflitto a fuoco o condannati a morte. La presenza del Sovrano nell'isola non attenuò il malcontento generale che sfociò nel 1812, durante un anno di terribile carestia, nel tentativo di insurrezione noto come Congiura di Palabanda, guidato dall'avvocato Salvatore Cadeddu, che venne stroncato con durezza e si concluse con le esecuzioni di Giovanni Putzolu, Raimondo Sorgia e dello stesso Cadeddu. I Savoia intrapresero una politica di gestione del territorio e di sfruttamento delle risorse, ad esempio col disboscamento per la produzione di carbone, creazione di pascoli e legname per traversine. Per stimolare la produzione agricola come in altre parti d'Europa, nel 1820 Vittorio Emanuele I promulgò l'Editto delle chiudende, con il quale autorizzò la chiusura, con siepi o muri, delle terre comuni. Si consentì quindi, spesso a vantaggio dei latifondisti, la creazione della proprietà privata cancellando la proprietà collettiva dei terreni, tipica dell'isola. Nel 1833 venne giustiziato a Torino il patriota sassarese Efisio Tola, primo martire della causa di unificazione repubblicana propugnata da Giuseppe Mazzini con la Giovine Italia.La Sardegna contemporanea Vista di alcune zone di Cagliari e parte dell'area metropolitana
Nel 1847 venne sancita la Fusione perfetta della Sardegna con tutti i possedimenti della Casa Savoia, producendo come effetto l'estensione anche all'isola dello Statuto Albertino. L'atto, richiesto dai ceti dirigenti di Cagliari e Sassari per ottenere parità di diritti, comportò la rinuncia delle ultime vestigia statuali acquisite in periodo iberico (carica vicereale, parlamento degli Stamenti, suprema corte della Reale Udienza), e l'unione amministrativa e politica con gli Stati di Terraferma. Lo Stato unitario evolverà poi, quattordici anni dopo nel 1861, nel Regno d'Italia, considerato una prosecuzione ideale e giuridica del Regno di Sardegna, il cui inno ufficiale resterà (unitamente alla Marcia Reale) S'hymnu sardu nationale. A seguito della cessione della città natale di Nizza alla Francia, Giuseppe Garibaldi si trasferì nell'isola di Caprera (avendone acquistato la metà settentrionale prima, quella meridionale poi), dove morirà nel 1882 dopo avervi trascorso gli ultimi vent'anni della propria vita, e la cui Casa bianca è oggi un museo fra i più conosciuti e visitati in tutta Italia. La Sardegna a cavallo fra ottocento e novecento non risulta una regione economicamente strategica dell'Italia unita, risentendo delle generali problematiche del mezzogiorno e della priorità di sviluppo del triangolo industriale. La debole modernizzazione e i conflitti commerciali con altri paesi europei, specie con la Francia, ne danneggiarono l'assetto produttivo e sociale. A ciò si accompagnò il fenomeno del banditismo. Contemporaneamente però emersero anche pulsioni e espressioni culturali di grande attualità e livello assoluto, fra tutti rappresentate da Antonio Gramsci e Grazia Deledda. Nella grande guerra i soldati sardi si distinsero in particolar modo fra le fila della Brigata Sassari. Alla fine del conflitto per la delusione sui risultati ottenuti e per la loro nuova condizione di ex-combattenti nacquero nuovi fermenti politici, che con Emilio Lussu portarono alla nascita del Partito Sardo d'Azione. Durante il fascismo, al fine di incentivare la politica dell'autarchia, vennero incrementate le attività estrattive e realizzate una serie di infrastrutture e bonifiche di numerose paludi; vennero poi fondate alcune città come quella mineraria di Carbonia e quelle agricole di Arborea (al tempo chiamata Mussolinia) e di Fertilia, popolate anche da oltre Tirreno, in particolar modo da veneti, friulani, dalmati e istriani. Veduta del piccolo golfo di Pischina Salida, Alghero Durante la guerra subì pesanti bombardamenti a danno degli Alleati, ma dopo l'8 settembre 1943 riuscì a sottrarsi alla guerra civile tra repubblicani e partigiani; i soldati tedeschi vennero evacuati attraverso la Corsica, e la Sardegna col resto del mezzogiorno diventò parte del Regno del Sud e restò sotto il controllo dell'esercito americano fino alla fine delle ostilità. Con la conclusione della seconda guerra mondiale, insieme alla Costituzione repubblicana, viene promulgato lo Statuto Speciale di Autonomia, il secondo dopo la Sicilia e oggi esteso in totale a cinque regioni. Il dopoguerra, caratterizzato dalla sconfitta della malaria grazie alla Fondazione Rockefeller, e dalle richieste e rivendicazioni economiche, vede l'affermarsi della politica dei Piani di Rinascita, misure legislative speciali per il finanziamento dell'industrializzazione della Sardegna (a Porto Torres, Ottana, Portovesme e Sarroch), insieme alle politiche di infrastrutturazione e abitative, ma anche l'installazione di diverse servitù militari per un totale di migliaia di ettari occupati in parte legate alle vicende della guerra fredda e all'alleanza con la NATO. Persistono le piaghe degli incendi, della siccità, ora molto attenuata, e dei sequestri di persona, scomparsi solo negli anni novanta. Col miracolo economico italiano si verifica a uno storico movimento migratorio interno verso le coste e le aree urbane di Cagliari, Sassari-Alghero-Porto Torres e Olbia, che raccolgono oggi gran parte della popolazione sarda. Cresce e si afferma il settore turistico, fino a fare dell'isola una delle mete più conosciute a livello italiano e internazionale, in particolare grazie alla Costa Smeralda. Rimangono inoltre sempre vivi i fermenti culturali e le tradizioni popolari, come la nascita di talenti artistici e letterari e di figure politiche ai massimi livelli, fra cui Antonio Segni, Enrico Berlinguer e Francesco Cossiga. Alla fine del XX secolo la Sardegna si attesta economicamente a metà fra strada fra centro e sud Italia, con un reddito medio pro capite simile a quello dell'Abruzzo, poco inferiore alla media europea. Altri indicatori ne sanzionano gli innegabili progressi sia economici, sia sociali, ma non annullano le oggettive difficoltà di crescita e sviluppo organico ancora presenti. Negli anni recenti, le nuove tecnologie informatiche, e il miglioramento dei trasporti, specie quelli aerei con le compagnie aeree a basso costo, hanno attenuato la condizione di insularità e contribuito a innovare e diversificare l'economia locale.Ambiente naturale
Lecci e graniti (Nuoro) Punta pala 'e casteddu (Nuoro) Per estensione, la Sardegna è la terza regione italiana e la seconda isola del Mediterraneo. Il suo paesaggio naturale alterna profili montuosi dalla morfologia suggestiva a macchie e foreste, stagni e lagune a torrenti tumultuosi che formano gole e cascate, lunghe spiagge sabbiose a scogliere frastagliate e falesie a strapiombo. Le formazioni calcaree costituiscono il 10% della sua superficie e sono frequenti i fenomeni carsici nei settori centro-orientale e sud-occidentale, con la formazione di grotte, voragini, doline, laghi sotterranei, sorgenti carsiche, come quelle di Su Gologone di Oliena e di Su Marmuri di Ulassai. Suggestive sono le formazioni rocciose granitiche, caratterizzate da guglie frastagliate che la continua erosione degli agenti atmosferici ha spesso modellato, creando delle singolari sculture sparse su tutta l'isola, come l'Orso di Palau, l'Elefante di Castelsardo, il Fungo di Arzachena, sa Conca a Nuoro nel Monte Ortobene per citarne alcuni. Anche se il varo di alcuni parchi procede con qualche difficoltà, sono sotto tutela alcuni dei più importanti tratti della costa e ampi territori dell'interno. Questo patrimonio naturale si integra con quello storico e culturale, rappresentato dagli antichi siti d'interesse archeologico e dai resti dei più recenti complessi dell'attività mineraria. La Regione Autonoma per conservare e valorizzare questo patrimonio unico, con la legge n. 31 del 7 giugno 1989 ha definito le aree protette sottoposte a tutela. Complessivamente si contano: 2 parchi nazionali, 2 parchi regionali, 60 riserve naturali, 19 monumenti naturali, 16 aree di rilevante interesse naturalistico, 5 oasi del WWF. Dal 1985 la Sardegna è dotata di un corpo forestale proprio, denominato Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Sardegna.Fauna terrestre
Muflone Il patrimonio faunistico annovera diversi esempi di specie di grande interesse. La fauna dei Vertebrati superiori mostra analogie e differenziazioni rispetto a quella del continente europeo. Le analogie si devono alla migrazione nel corso delle glaciazioni oppure all'introduzione da parte dell'uomo nel Neolitico o in epoche più recenti. Le differenziazioni si devono invece al lungo isolamento geografico che ha originato neo-endemismi a livello di sottospecie o, più raramente, di specie. Le popolazioni dei grandi mammiferi erbivori (Cervidi e Muflone) hanno subito una drastica contrazione, arrivando a vere e proprie emergenze fino agli settanta, ma negli ultimi decenni hanno ripreso una sensibile crescita grazie alle azioni di tutela. Il Cinghiale sardo invece è ampiamente diffuso e così pure diverse specie di Roditori e Lagomorfi. I predatori più grandi sono la comune volpe sarda e il raro gatto selvatico sardo, ai quali si affiancano i piccoli carnivori come i Mustelidi. Tra i mammiferi, particolare curiosità desta una variante dell'asino domestico, ossia l'asinello bianco, presente solo in Sardegna e più precisamente sull'isola dell'Asinara (se ne contano circa 90 esemplari), ma anche il caratteristico Cavallino della Giara (Equus caballus Giarae), una specie di cavallo endemica, di origine incerta, o molto probabilmente importati dai naviganti Fenici o Greci nel V-IV secolo a.C. Asinelli bianchi sull'isola dell'Asinara L'interesse per l'avifauna si articola in tre contesti: i rapaci, l'avifauna delle aree umide e quella delle scogliere. I rapaci sono rappresentati da quasi tutte le specie europee, fra le quali ci sono alcune sottospecie endemiche. Si sono purtroppo estinte due specie di avvoltoi e sopravvivono solo nei territori di Bosa e Alghero alcune colonie di grifoni. L'avifauna delle zone umide vanta un lungo elenco di specie, molte minacciate dalla forte contrazione dell'habitat. L'elevato numero di stagni costieri e lagune (circa 12.000 ettari, pari al 10% del patrimonio italiano) fa sì che questa regione, annoveri ben otto siti di Ramsar (secondo posto in Italia, dopo l'Emilia-Romagna). Il simbolo di questa fauna è il fenicottero maggiore, che in alcuni stagni forma colonie di migliaia di esemplari. Questa specie, storicamente svernante negli stagni sardi, da diversi anni è anche nidificante. Dei 1.897 km di coste, il 76% è costituito da scogliere e da un grande numero di isole e scogli. È questo il regno degli uccelli marini, che possono formare colonie di migliaia di individui. Fra le specie di maggiore interesse c'è il rarissimo gabbiano corso. Ci sono infine 4 sottospecie endemiche di uccelli che sono il fringuello (f.c. sarda), il Picchio rosso maggiore (d. m. ssp. harterti), la cinciallegra (P. m. ssp. ecki) e la ghiandaia (g.g. ssp ichnusae).I vertebrati terrestri minori comprendono Rettili e Anfibi fra i quali si annoverano molti importanti endemismi tirrenici, sardo-corsi o sardi. Di questi, alcuni hanno una marcata ed esclusiva localizzazione geografica.Flora terrestre
Urospermum dalechampii La vegetazione spontanea è tipicamente mediterranea. Le zone fitoclimatiche presenti in Sardegna si limitano al Lauretum e alla sottozona calda del Castanetum, quest'ultima limitata alle aree interne e montuose più fredde. La vegetazione boschiva è perciò rappresentata in gran parte da macchia mediterranea e foresta sempreverde e solo oltre i 1.000 metri è significativa la frequenza delle specie caducifoglie del Castanetum. L'essenza prevalente è il leccio, accompagnato e in parte sostituito dalla roverella nelle stazioni più fredde, e dalla sughera in quelle più calde. Nelle stazioni fredde persistono inoltre relitti di un'antica flora del Cenozoico (tasso, agrifoglio, acero trilobo). Sulla sommità dei rilievi metamorfici del Paleozoico, a 1.000-1900 metri, si sviluppano steppe e garighe assimilabili alla flora alpina che, nelle altre regioni, occupa quote di 2.500-3.500 metri. La copertura boschiva è ciò che resta di intensi disboscamenti che hanno raggiunto il suo culmine nella seconda metà del XIX secolo. Il passaggio di vasti territori dalla Cassa Ademprivile al Demanio dello Stato e, in seguito, all'ex A.F.D.R.S. ha permesso la salvaguardia e la lenta ricostituzione del patrimonio boschivo residuo, nonostante la minaccia annuale degli incendi. Il grave degrado di vaste aree espone l'isola alla desertificazione, ma il patrimonio boschivo vanta alcune peculiarità, come la macchia-foresta del Sulcis, ritenuta la più vasta d'Europa, la Foresta demaniale di Montes, una delle ultime leccete primarie del Mediterraneo. L'opera di tutela e recupero del patrimonio residuo, oggi pone la Sardegna come la regione italiana con maggiore superficie forestale, con 1.213.250 ettari di boschi (secondo i dati dell'Inventario nazionale foreste e carbonio del Corpo forestale dello Stato, pubblicati nel maggio 2007)[34]. Di grande interesse botanico, per gli endemismi e le rarità, sono anche le associazioni floristiche minori che popolano gli stagni costieri, i litorali sabbiosi e le scogliere.Flora e fauna acquatiche
I paesaggi sommersi sono molto complessi e ricchi di colori per la varietà di pesci, spugne e coralli e sono caratterizzati dalla straordinaria limpidezza dell'acqua. La maggior quantità di luce che raggiunge il fondale consente alla posidonia di crescere ben più profonda rispetto al suo limite naturale. Questo enorme polmone verde produce ossigeno e ospita una grande varietà di forme di vita che crescono e si riproducono, cercando riparo nella vegetazione marina. Il segno inequivocabile della presenza delle praterie di posidonia, sono i caratteristici mucchi di alghe che talvolta si trovano abbondanti sulle spiagge. Un cenno particolare va fatto alla foca monaca. A lungo perseguitata dai pescatori e disturbata dai vacanzieri, si ritiene ormai estinta. L'ultima riproduzione documentata risale al 1978, mentre in seguito sono stati documentati avvistamenti attribuibili a giovani in deriva.Gli endemismi
L'ambiente naturale sardo è caratterizzato da un elevato numero di endemismi. Alcuni di questi sono paleoendemismi ossia relitti della fauna e della flora ancestrale risalente al Cenozoico prima del distacco della placca sardo-corsa dal continente europeo; queste specie, veri e propri fossili viventi, si sono anticamente estinte nelle terre continentali mentre sono sopravvissute in condizioni particolari in Sardegna. La maggior parte delle specie endemiche sono invece neoendemismi, prodotti da un'evoluzione differenziale a partire dal Neozoico o da epoche più recenti, grazie all'isolamento geografico. Gli endemismi botanici accertati sono oltre 220 e rappresentano circa il 10% di tutta la flora sarda. Alcuni di questi sono delle vere rarità anche per il basso numero di esemplari e per la limitatissima estensione dell'areale, in alcuni casi ridotto a pochi ettari. Nel 2002 nelle grotte del Gennargentu è stato scoperto il Plecotus sardus, una specie endemica di pipistrello.Grotte naturali
Grotte di Nettuno ad Alghero Le rocce della Sardegna sono ritenute tra le più antiche d'Italia. Le formazioni carsiche coprono un'area abbastanza ristretta in rapporto a quelle granitiche o metallifere e costituiscono il 6% della superficie totale, ossia 1500 km². Le formazioni geologiche più antiche risalgono al periodo Paleozoico, ma altre formazioni sono apparse in periodi successivi, nel Mesozoico, nel Terziario e nel Quaternario, contribuendo alla creazione di una rimarchevole varietà di formazioni rocciose. Molte grotte sono state scoperte per azzardo da archeologi alla ricerca di manufatti appartenuti alle antiche civiltà, o da geologi alla ricerca di falde acquifere per migliorare l'approvvigionamento idrico, o da minatori durante lavori in miniera. Il patrimonio speleologico sardo comprende attualmente più di 1500 grotte. L'area del Supramonte è sicuramente quella più ricca insieme alla zona del Sulcis-Iglesiente e al promontorio di Capo Caccia. Tra quelle sommerse, la Grotta di Nereo è ritenuta la più vasta in tutto il Mediterraneo. Le grotte litoranee più conosciute sono le Grotte di Nettuno ad Alghero e la grotta del Bue Marino a Cala Gonone. Fra quelle terrestri, sono particolarmente suggestive quelle di Sa Oche-Su Bentu a Oliena, Is Zuddas a Santadi, Su Mannau a Fluminimaggiore, la grotta di Su Marmuri ad Ulassai, quella di Ispinigoli presso Dorgali, di San Giovanni presso Domusnovas, e la grotta di santa maria nel Sulcis per citarne alcune.Parchi e riserve naturali
Parco nazionale dell'Asinara Area naturale marina protetta Capo Caccia - Isola Piana • Parco nazionale Arcipelago di La Maddalena • Parco nazionale dell'Asinara • Parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu • Parco naturale regionale di Porto Conte • Parco naturale regionale Molentargius - Saline • Parco naturale regionale del Limbara (non ancora istituito) • Parco naturale regionale dei Sette Fratelli - Monte Genis (non ancora istituito) • Parco naturale regionale del Sulcis (non ancora istituito) • Parco naturale regionale del Marghine - Goceano (non ancora istituito) • Parco naturale regionale del Sinis - Montiferru (non ancora istituito) • Parco naturale regionale del Monte Arci (non ancora istituito) • Parco naturale regionale della Giara di Gesturi (non ancora istituito) • Parco naturale regionale del Monte Linas - Marganai (non ancora istituito) • Area naturale marina protetta Capo Caccia - Isola Piana • Area naturale marina protetta Capo Carbonara • Area naturale marina protetta Penisola del Sinis - Isola Mal di Ventre • Area naturale marina protetta Tavolara - Punta Coda Cavallo All'elenco si aggiunge inoltre il Santuario per i mammiferi marini, che si estende in una porzione del Mediterraneo che coinvolge tre regioni italiane (Liguria, Toscana e Sardegna), la Francia e il Principato di Monaco.Edited by Isabel - 15/7/2013, 10:16