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Lungro

Provincia di Cosenza

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  1. Isabel
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    Lungro

    lungro

    Info - Scheda Wikipedia

    Lungro (Ungra in arbëreshë) è un comune italiano di 3.325 abitanti della provincia di Cosenza in Calabria. Tra i centri più importanti delle comunità Arbëreshë, sito a 640 m s.l.m e distante 67 chilometri dal capoluogo della omonima provincia, è la capitale religiosa degli italo-albanesi continentali, sede dell'Eparchia bizantina di rito greco-bizantino, che raccoglie sotto la propria giurisdizione tutte le comunità Arbëreshë che hanno conservato il rito orientale. Essa, anche attraverso altre istituzioni, preserva e tutela la lingua, gli usi, il patrimonio religioso e culturale della minoranza etnica e linguistica storica Albanese di Calabria. Il comune fa parte della più grande riserva naturale d'Italia, il Parco nazionale del Pollino.

    Territorio

    L’abitato è situato alle falde del monte Petrosa a 650 mt s.l.m. nell'altopiano di Campolongo, ed è fiancheggiato da due fiumi: il Galatro e il Tiro. Confina ad est con il territorio del comune di Saracena, a sud con quelli di Firmo e Altomonte, a nord-ovest con il territorio di Acquaformosa. L'ambiente è prevalentemente montagnoso verso la parte settentrionale, con boschi di faggio e castagno, mentre nella parte meridionale con vigneti e colture miste a rotazione. Il paese apre un'ampia veduta, che si estende sino alla piana di Sibari, ed è circondato da campi coltivati, a parte il lato a monte ove è presente vegetazione spontanea che anticipa le amenità floreali e faunistiche. È uno dei Comuni in cui è presente il Pino Loricato.

    Le Origini

    Con l'invasione turca dell'Albania, avvenuta dopo la morte di Giorgio Kastriota Skanderbeg, inizia un flusso migratorio di genti albanesi (si contano ben otto emigrazioni) che trovano rifugio per la maggior parte, nel meridione d'Italia, nel Regno delle Due Sicilie. E' verso il 1482 o 1484 che si può collocare l'arrivo degli esuli albanesi nel territorio di Lungro. Si insediarono in un borgo preesistente, abitato in maggior parte da minatori della locale miniera di salgemma, e danno origine all'odierna Lungro. In pochi decenni Lungro si sviluppa, divenendo uno dei centri più importanti tra le comunità italo albanesi dell'Italia meridionale. Conserva oltre alla lingua anche gli usi ed i costumi della patria d'origine, ma soprattutto il rito bizantino-greco. E' proprio il rito bizantino greco che diventa elemento principale e cardine della conservazione del patrimonio della cultura e della tradizione italo albanese.

    Storia

    Lungro è un piccolo centro greco-albanese, fondato alla metà del XV secolo, sviluppandosi intorno ad un monastero Basiliano, nelle terre donate in vassallaggio nel 1156 dal feudatario Ogerio del Vasto di Altomonte. Gli albanesi (emigrati dall'Albania in seguito dell'invasione turca, guidati dal condottiero Giorgio Castriota Scanderbeg (in albanese Gjergj Kastrioti Skënderbeu) popolarono il casale intorno al 1486 e furono accolti dall'Abate Paolo della Porta con il benestare del principe di Bisignano, Geronimo Sanseverino. Nell'anno 1525 i Basiliani abbandonarono il monastero che si trasformò in Commenda a disposizione del Pontefice e i Lungresi seppero resistere ad ogni tentativo di giurisdizione civile e politica dei feudatari. Nel 1768 gli albanesi di Lungro tenacemente intrapresero la difesa del proprio rito liturgico greco-bizantino, poiché, provenienti dall'Albania meridionale, dall'Epiro e dalla Grecia, erano sotto la giurisdizione del Patriarca di Costantinopoli. Per secoli, grazie anche all'opera della Chiesa, hanno continuato a mantenere il proprio rito come elemento della propria identità. Così si definì Religione Cattolica perché unita a Roma, greco-bizantina per l'unione con l'Oriente e il credo nella teologia spirituale. L'Eparchia di Lungro è il fondamentale punto di riferimento per gli italo-albanesi continentali, e continua a custodire la tradizione religiosa, linguistica e l'identità culturale arbëreshë. La diocesi venne creata il 13 febbraio del 1911 da Papa Benedetto XV e il primo Eparca fu Giovanni Mele, cui succedettero Giovanni Stamati ed Ercole Lupinacci.

    La Salina – Kriporia

    - Info -

    La Salina – Kriporia Quando Plinio il vecchio (23 - 79 D.C), esplorò gli aspri promontori della terra di Balbia, antico nome dei territori circostanti Altomonte e Lungro, il salgemma, a quei tempi rigoglioso in maniera straordinaria, riaffiorava sulla superficie sabbiosa di una conca circondata da montagne che chiudevano il sito rendendo l’ambiente ombroso e molto umido e quindi fugacemente baciato dai raggi del sole. In quel invaso naturale, si sarebbe sviluppato poi, a distanza di un millennio circa, il giacimento salifero di Lungro, una delle più estese e importanti miniere di salgemma d’Europa. Probabilmente la salina era conosciuta ai tempi della Magna Grecia. È verosimile che gran parte dello splendore economico della città di Sibari (720 a.C. 510 a.C.), derivasse dallo sfruttamento della miniera di salgemma di Lungro. E’ noto come i Sibariti si spinsero con nelle impervie gole della catena montuosa del Pollino alla ricerca di risorse minierarie. Da alcuni reperti archeologici rinvenuti recentemente in località Karroqa e Gjurma, (cocchi, vassellame e monete) è facile risalire alla presenza di un insediamento greco nel territorio lungrese giustificato chiaramente dallo sfruttamento del giacimento salifero. Con l’edificazione dell’abbazia basiliana di Santa Maria delle Fonti fondata nel 1156, il sito assunse maggiore rilievo è costituì, per i monaci baroni e le popolazioni del distretto, una importantissima fonte di sostentamento. Fin dal regno degli Svevi il sale di Lungro fu dichiarato argomento di rendita dello Stato e come tale si emanarono sin d’allora parecchie disposizioni riguardanti la vendita e l’uso del minerale. Alla morte di Federico II (1250) la miniera passò di proprietà ai signori che vennero dalla Francia al seguito di Carlo I d’Angiò. Quando la salina venne poi affidata ai Sanseverino, si era già verificato l’insediamento albanese nel territorio. Con la ripopolazione della zona, la miniera venne sfruttata in maniera più proficua. I transfughi albanesi adoperarono per primi l’estrazione del sale in profondità e puntellarono le gallerie con travi di legno. In realtà, anche le tecniche sperimentate dagli albanesi per l’estrazione del sale, erano molto caotiche e senza una specifica direttiva che sfruttasse in modo redditizio le potenziali risorse del giacimento. Dovettero trascorrere molti anni prima che venisse emesso un regolamento per l’estrazione del minerale che arrivò nel 1811 sotto Murat. Più tardi, nel 1825, vennero proposti alcuni miglioramenti con la realizzazione del pozzo Galli che migliorò la circolazione dell’aria e l’opportuno scolo delle acque. Nel 1883 venne realizzato il pozzo Bellavite e il nuovo fabbricato, e vennero tracciate anche le planimetrie dei fabbricati e delle gallerie del giacimento. Le condizioni di lavoro degli operai addetti all’estrazione mancavano delle più elementari norme di sicurezza. Il sale che veniva estratto in maniera caotica, veniva caricato a spalla e trasportato a piedi dai minatori seminudi che dovevano salire più di 2000 scalini intagliati nel salgemma per portare il carico a destinazione. Questi scalini si sviluppavano in tortuosissime rampe che raggiungevano i 260 metri di profondità, disposti in cinque piani e divisi dai cantieri di estrazione. La quantità di sale che se ne ritraeva,prima della chiusura, era di 70 mila quintali e veniva consumato nelle province di Cosenza, Catanzaro e della Basilicata.

    Rito greco-bizantino

    La spiritualità religiosa che lega le chiese arbëreshë a Costantinopoli, fonda le proprie radici a Lungro, sede della prima Eparchia di rito greco-bizantino d’Italia. Istituita nel 1919, per volere di Papa Benedetto XV, la Diocesi di Lungro raggruppa sotto la propria giurisdizione la maggior parte delle chiese arbëreshë di rito greco-bizantino della provincia di Cosenza e alcune anche fuori regione. La spiritualità arbëreshe, che fa riferimento al cristianesimo bizantino, si definisce nella profondità del rito, ricco di simbolismo e di suggestivi cerimoniali. Il mantenimento del rito ha coeso la civiltà arbëreshe tramandando le tradizioni popolari, i canti liturgici in lingua greca o albanese, gli usi e i costumi. Il ruolo che la Chiesa bizantina ha avuto in più di cinque secoli, è stato di fondamentale importanza perché ha consentito ai propri fedeli di praticare il rito orientale e di mantenere la propria lingua d’origine. È proprio il rito bizantino-greco che diventa elemento principale e cardine della conservazione del patrimonio della cultura e della tradizione albanese. La Messa e tutte le celebrazioni religiose sono celebrate in Greco,Albanese e italiano. È importante ricordare tuttavia, le grandi difficoltà che hanno dovuto superare gli arbëreshë nel preservare la propria identità religiosa dai continui attacchi della cultura dominante latina, volti a dissuadere i nostri dalla pratica del rito orientale. Le differenze sostanziali tra il cristianesimo greco-bizantino e quello latino, si notano per il diritto canonico, che segue quello degli ortodossi, per il calendario liturgico proprio e i cerimoniali orientali. La messa è quella di San Giovanni Crisostomo che viene celebrata in lingua greca nelle funzioni solenni, in lingua albanese nelle funzioni quotidiane. Le peculiarità del rito orientale, inoltre, si evidenziano nei paramenti sacri, nella venerazione delle sante icone nonché nella struttura architettonica della Chiesa. Le particolarità suggestive del rito bizantino, si basano sui differenti cerimoniali che si praticano per i sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Battesimo, Cresima ed Eucarestia vengono somministrati insieme mentre la Comunione viene fatta con il pane e con il vino. Molto suggestivo è il cerimoniale del matrimonio e particolarmente mistiche e cariche di spiritualità sono le funzioni della Settimana Santa, preparata dalla Grande e Santa Quaresima. La Settimana Santa (Java e Madhe), che ha inizio nella vigilia della domenica delle Palme fino alla vigilia della domenica di Pasqua, con il suo cerimoniale ed i suoi riti carichi di spiritualità, si colloca tra le più importanti e suggestive festività del calendario liturgico bizantino.

    Cucina

    La gastronomia (të ngrënit) arbëreshe trova a Lungro un interessante crocevia per degustare le specialità tipiche arbëreshe e mediterranee. A Lungro è possibile gustare la pasta fresca in tutte le sue forme: maccheroni (rrashkatjelt), gnocchi (strangulrat), lasagne (tumac), spaghettini (fidhilt), bucatini (hullonjrat), conditi da semplici salse al pomodoro fresco e basilico, oppure da sughi a base di carne di maiale o capretto. Tra le specialità tipiche hanno un posto di rilievo Shtridhëlat me fasule, una particolarissima pasta lavorata finemente a mano condita con una salsa al pomodoro e fagioli, Dromsat a base di farina e acqua, condito con sugo di pomodoro fresco carico di peperoncino. Tra i secondi piatti, i funghi hanno un posto di prestigio per l’abbondanza del vegetale presente nel territorio montano. Tra le svariate ricette ci piace citare le più caratteristiche: funghi porcini con peperoni (këpurdhë me kangariqra), funghi e patate (këpurdhë me pataka). Prelibati sono inoltre i numerosi stufati di carne e peperoni: stufato di salsiccia e peperoni secchi (stufatjel me saucicë), stufato di costolette di maiale e peperoni (stufatjel me brinjaz derku). E poi la carne di maiale: le frattaglie (drudhezit), carne bollita (cingaridhet), la gelatina (puftea), oltre ai prelibati salami di Lungro con il caratteristico aroma del finocchio selvatico che li rende inconfondibili. I formaggi, prodotti dai pascoli di alta quota, ricchi di erbe aromatiche, hanno guadagnato un posto di rilievo. Il tutto si accompagna con i robusti vini locali dei vitigni di Galzei (Gauxet) o con i raffinati vini D.O.C. del Pollino. I dolci, infine, in primis kulaçi, sfarzoso dolce nuziale a base di miele; i dolci di Natale, grispellet, xhuxhullet, kanarikulit, bukunotet; i dolci di Pasqua, nusezat, biscotti con farina (viscote të pirvëluarë), olio e semi di anice, senza dimenticare la frutta seccha dove primeggiano i famosi fichi di Lungro (fiqë të bardha e kriqezit).

    Personalità legate a Lungro

    Tra i personaggi più importanti che hanno dato un contributo alla storia del risorgimento italiano e alla letteratura vanno ricordati: il Generale garibaldino Domenico Damis e Angelo Damis, il poeta Vincenzo Straticò, Alberto Straticò professore di lettere ed autore della "Letteratura Albanese", Michele Bavasso medico, linguista e matematico, Camillo Vaccaro pedagogo e sociologo, Gabriele Frega giurista e Procuratore Generale, Domenico De Marchis autore di un Cenno Monografico sulla storia di Lungro e Michele Rio, poeta.

    Monumenti e luoghi d'interesse

    Completamente diversa dal borgo medioevale le cui case davano su strade parallele con qualche strada trasversale per il passaggio (simile all'accampamento romano), la struttura architettonica del paese albanese è per lo più a forma circolare. Infatti gli edifici venivano costruiti attorno ad una piazzetta a forma circolare. Tutte le aperture principali davano sulla piazzetta. Ogni agglomerato di case costituiva un rione il cui nome derivava da elementi presenti nel territorio: Kastieli (presenza di un castello), Bregu (costa della collina in pendenza), Konxa (Icona - Presenza della Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli con l'icona della Madonna. La chiesa, a forma quadrata, rispecchia i canoni del rito bizantino-greco e pare che sia stata la prima chiesa costruita dagli albanesi), Shin LLiri (Presenza della chiesa di S. Elia), Kriqi (presenza di un crocefisso), Abati (presenza, un tempo, dell’Abbazia di S. Maria). L’abitato, articolato intorno a due piazze centrali ed in parte lungo un percorso di attraversamento che lo collega all’esterno, è dislocato in declivio, presentando un’articolazione compatta ma irregolare nell’aggregazione delle singole unità, alquanto preservate nella destinazione d’uso, nei caratteri architettonici e nell’uso dei materiali. Fortemente caratterizzato da edifici di matrice popolare, sia in area urbana che rurale, fra cui unità abitative, piccole cappelle. Tra le strette vie del centro storico, le tipologie architettoniche sono distinte per gjitonia, ossia vicinato in albanese, le porte del borgo medioevale e gli antichi palazzi signorili. La gjitonia è un settore del rione, ha rappresentato e rappresenta tuttora, anche se in maniera più limitata essendosi il centro storico svuotato a seguito dello sviluppo edilizio che ha spostato gran parte degli abitanti verso zone nuove e con caratteristiche cittadine, un vero e proprio nucleo sociale con regole proprie. Qui si possono percorrere itinerari suggestivi storici per riscoprire gli ambienti e le vicende di un popolo che ha mantenuto la propria identità, esaltando la proprià diversità etnica e culturale.
    Il paese conserva emergenze architettoniche religiose e civili, nonché poche altre strutture industriali ridotte ad archeologia. Forti sono ancora le espressività riconducibili alla “protezione” simbolica, in particolare le edicole votive come quelle di San Leonardo e Sant’Elia, sulle omonime strade. Per ricordare i salinari della miniera di Salgemma è stato instaurato un palco-monumento (rappresentanti i minatori al lavoro) in Corso Skanderbeg, a fianco della villetta comunale. È stato creato un museo della miniera di salgemma, con costumi, strumenti, manufatti e scritti di allora. A Lungro, come nella maggior parte dei paesi Arbëreshë, nella piazza principale ha il busto di Giorgio Castriota Scanderbeg, per ricordare le proprie origini etniche e linguistiche.

    Architetture religiose

    Chiesa S.Nicola di Mira

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    La costruzione di questa Chiesa inizia verso il 1721, dopo che il terremoto della fine del sec. XVII, aveva distrutto la preesistente Chiesa, dedicata sempre a S.Nicola di Mira


    Cattedrale di San Nicola di Mira (Qisha e Shën Kollit, XVIII secolo), è la principale chiesa dell'Eparchia di Lungro. La costruzione dell'attuale chiesa è del 1721, dopo che il terremoto della fine del XVII secolo aveva distrutto quella preesistente, dedicata sempre a S. Nicola di Mira. La Cattedrale di S. Nicola di Mira si impone per la sua vastità tra tutte le altre chiese del circondario. E' a pianta basilicale romanico-barocca, a tre navate, con ampia Abside e Cupola centrale. Ricca di mosaici, icone e affreschi bizantini, ha la bellezza delle strutture sacre cristiano-orientali. Il Santuario è separato dal resto della Chiesa dall'Iconostasi, la prima realizzata in una chiesa dopo la creazione dell'Eparchia di Lungro. Il 1825 è l’anno che segna il completamento strutturale della chiesa, per l’allestimento artistico non è possibile fissare una data precisa di ultimazione dei lavori, poiché, ancora oggi, sono in fase di esecuzione le opere musive nonché gli elementi decorativi della navata centrale e di quelle laterali del Tempio. A partire dal 1921, dopo l'erezione della Eparchia di Lungro, nel 1919, da parte del Papa Benedetto XV, la Chiesa di S. Nicola di Mira, elevata a Cattedrale, subisce profonde modifiche, per essere adattata alle esigenze del rito bizantino-greco. L'architettura romanico-barocca della Chiesa, pur non alterando le strutture murarie e il disegno originale dell'edificio sacro, si presta, con i suoi ampi spazi, ad essere uniformata allo spirito ed alle esigenze liturgiche della Chiesa d'Oriente. La Cattedrale dell'Eparchia di Lungro è ricca di mosaici.

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    Dettaglio campanile
    Il mosaico del Pantocrator copre l'intera superficie della cupola centrale, cioè circa 120 mq, che è interna e non fuoriesce dal tetto, e ha un'altezza di 18 metri. Rilevante è anche il mosaico del vasto catino dell'abside, sormontato dal mosaico della Platitera e circondata dalle figure degli Arcangeli Gabriele e Michele, dal Re Davide e dal Profeta Isaia, e il mosaico della Cappella del Fonte Battesimale, realizzato dal pittore e mosaicista albanese Josif Droboniku, che ha eseguito il grande mosaico della cupola centrale con il Cristo Pantocrator. Dello stesso artista albanese è il mosaico del Giudizio Universale, che sovrasta la navata centrale della Cattedrale. Nella sacrestia della cattedrale vi è una preziosa testimonianza dell’antica chiesa bizantina medioevale di Santa Maria delle Fonti, costituito da un frammento di affresco che raffigura Santa Parasceve (XII secolo), insieme a preziose tele di scuola napoletana e statue lignee di pregevole fattura. Le navate laterali del Tempio, già affrescate da K.Tsitlavidis pittore macedone, sono state recentemente arricchite delle tele degli artisti greci T. Charalambos e T. Gregorio di Salonicco, che rispettano i canoni cromatici della tradizione bizantina. Poste sulla navata laterale sinistra, le sei tele rappresentano la vita di San Nicola di Mira, patrono di Lungro. Degli stessi autori sono le opere della navata laterale destra che rappresentano la vita di Gesù Cristo. Di notevole fattura artistica sono le tre porte in bronzo con altorilievi realizzati con la tecnica a cera persa dallo scultore calabrese Talarico che rappresentano le scene del Vangelo. Le finestre del Tempio e delle due navate laterali che raffigurano i profeti, rendono la cattedrale di Lungro un luogo unico in Italia dove arte bizantina e spiritualita orientale completano il prezioso mosaico del mondo italo-greco albanese.

    Chiesa di Santa Maria dell’Icona

    Chiesa di Santa Maria dell’Icona (Qisha e Shën Mëris e Konxis, XVI secolo), sorge su di una rupe in prossimità del fiume Tiro, che a quei tempi segnava il confine naturale del territorio tra Lungro e Saracena. E’ la prima chiesa edificata dagli albanesi in onore della Madonna Odigitria, molto venerata in Oriente. All’interno vi è custodita la prima testimonianza di iconografia bizantina su pietra che raffigura appunto la Madonna con Bambino. Molto interessante é il soffitto ligneo a cassettoni che allestisce la chiesa e che venne realizzato nel 1663 da Angelo La Petra artista calabro. Di notevole fattura era anche il baldacchino, trafugato di recente, che incorniciava la preziosa icona. La sua edificazione posta sul confine nord-est del borgo medievale segna il termine dell’agglomerato urbano del borgo. Osservando la struttura urbana medievale si può notare come gli albanesi, oltre a insediarsi nella parte più alta del casale (ka bregu), vollero edificare le proprie dimore anche in prossimità del borgo. Il tessuto architettonico di quel periodo si apriva, probabilmente, con il monastero di Santa Maria delle Fonti a sud ovest, e terminava a nord-est con la chiesetta di Santa Maria di Costantinopoli. Il proseguimento di tale linea urbana oltre a dare maggiori garanzie di protezione agli albanesi, rendeva più fruibili le risorse idriche e territoriali del vicino fiume Tiro.

    La chiesa di Sant’Elia

    La chiesa di Sant’Elia (Qisha e Shën Llirit, fine del XVII secolo), sorge su un punto che, probabilmente, fungeva da posto di vedetta per gli abitanti del piccolo borgo. Strategicamente la chiesetta dedicata a Sant’Elia il profeta, è posta su di una splendida e suggestiva rupe che partendo dalle gole del fiume Tiro, si innalza vertiginosamente sopra la chiesa di Santa Maria dell’Icona e segna uno dei punti più alti dell’agglomerato urbano del paese. In prossimità dell’edificio, sul versante sud è possibile scorgere la grotta di Sant’Elia, una profonda insenatura tra le pietre di interessanti peculiarità speleologiche ancora oggi inesplorate. Nel periodo del Risorgimento il culto del santo era molto praticato poichè Sant’Elia veniva considerato il liberatore del popolo albanese di Lungro dalle repressioni borboniche. Alcuni versi in albanese, i pochi tramandati fino ad oggi e che ancora si canta dai fedeli nella processione del Santo, furono scritti dal poeta Vincenzo Stratigò nel 1852. Da allora il governo borbonico proibì la processione perché aveva intuito il significato rivoluzionario di quei versi che il popolo di Lungro cantava per inneggiare al santo battagliero invocando da lui la caduta del regime borbonico ed il ritorno alla libertà.

    Cappelle

    • Santa Maria delle Fonti (Qisha e Shën Mëris e Ujravet), dell’importante monastero di Santa Maria delle Fonti, non è rimasta nessuna testimonianza, tant’è che neanche i ruderi dell’imponente fabbricato, oggi, è possibile scorgere nel sito dove nel 1156 venne edificato. Le calamità naturali come i terremoti e gli avventati interventi edilizi, non hanno lasciato traccia dell’importante edificio. Alcune recenti ricerche eseguite da uno studioso di Lungro hanno individuato, nei pressi del sito, la cappella appartenuta al monastero. L’attendibilità di tale studio inedito, viene suffragata da molti elementi scientifici distintivi. Le misure della cappella, per esempio, si attestano, in maniera inequivocabile, alle tipologie di costruzione standard del periodo. I materiali usati e la disposizione delle finestre e dell’ingresso corrispondono all’orientamento che veniva dato alle cappelle costruite in Calabria tra il 1000 e il 1200. La cappella basiliana dell’antico monastero di Santa Maria delle Fonti (XII secolo), oggi è integralmente conservata e costituisce una preziosa testimonianza archeologica.
    • Sant'Elia
    • Madonna del Carmelo
    • Madonna di Costantinopoli
    • San Leonardo, sprofondata

    Palazzi
    • Palazzo De Marchis
    • Palazzo Stratigò
    • Palazzo Kabregu
    • Palazzo Damis
    • Palazzo Belluscio
    • Palazzo Cucci

    Altro
    • Piazza XVI luglio
    • Corso Skanderbeg
    • Kastieli

    Siti archeologici
    • Ruderi di un castello medievale nella parte alta del paese
    • Antica miniera di salgemma, archeologia industriale

    Miniere

    Nell'attuale territorio di Lungro, durante il periodo del romano impero,si scoprì una grandissima quantità di salgemma, nel sottosuolo, che divenne ben presto famosa e ricca. Cominciò ad essere sfruttata in grande quantità e commercializzata in tutta europa. Diede lavoro a moltissime persone del posto ed anche al di fuori. I salinari appropriarono alla miniera come Santo San Leonardo, lo veneravano prima e dopo la giornata lavorativa, e come segno di devozione edificarono una chiesetta dedicata al Santo (che qualche anno prima della chiusura della miniera sprofondò interamente nel sottosuolo per problemi idrogeologici). Fu attiva sino al 1976 per poi essere chiusa ed abbandonata per motivi politici e naturali.

    Artigianato

    Icone

    L’origine orientale e costantinopolitana delle icone è stata, da sempre, un elemento a favore dell’imputata autenticità supportata, tra l’altro, da un testimone d’eccezione: il saccheggio di Costantinopoli del 1204 da parte dei Crociati, in seguito al quale, iniziarono a circolare in Occidente un gran numero di icone e reliquie. Altro requisito, necessario per l’attribuzione dello "status", il potere di operare miracoli, non perché miracolose di per sé, ma perché, tramite di esse, si rende manifesta l’opera taumaturgica del Signore. Nelle chiese arbëreshe di rito greco-bizantino le Sacre Immagini trovano collocazione in uno spazio loro destinato, l’iconostasi, che distingue il vima riservato ai celebranti, dalla navata destinata ai fedeli. Realizzate in materiale diverso da quello della struttura che le accoglie, le icone offrono ai fedeli di ogni livello culturale la possibilità di contemplare "quell’invisibile resosi visibile", oggetto di non poche argomentazioni patristiche, dimostrandosi detentrici di un linguaggio universale.

    Eparchia di Lungro

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    Info - Scheda Wikipedia

    L'eparchia di Lungro degli Italo-Albanesi (in latino: Eparchia Lungrensis) è una sede della Chiesa cattolica immediatamente soggetta alla Santa Sede e appartenente alla regione ecclesiastica Calabria. Nel 2009 contava 32.900 battezzati su 33.000 abitanti. È attualmente sede vacante.

    Territorio

    L'eparchia comprende la città di Lungro e parrocchie in:
    • venticinque in comuni della provincia di Cosenza;
    • due in comuni della provincia di Potenza;
    • una in un comune della provincia di Pescara;
    • una in un comune della provincia di Lecce.
    Sede eparchiale è la città di Lungro, dove si trova la cattedrale di San Nicola.
    Il territorio è perciò suddiviso in 29 parrocchie, tra cui, la più lontana da Lungro è quella di Villa Badessa di Rosciano (PE).

    Storia

    L'eparchia è stata eretta il 13 febbraio 1919 con la bolla Catholici fideles di papa Benedetto XV. Si è trattato della prima diocesi italiana di rito bizantino eretta dalla Santa Sede. In precedenza i cattolici italiani di rito bizantino erano soggetti all'ordinario di rito latino e dal 10 giugno 1732 le ordinazioni sacerdotali erano celebrate da un vescovo titolare appositamente nominato secondo la bolla Superna dispositione di papa Clemente XII.

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    Iconostasi dell'altare maggiore della Cattedrale di S.Nicola di Mira a Lungro

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    Tabernacolo con la riproduzione de: "LA CATTOLICA di STILO" tutto ricoperto in foglia d'oro, che si trova nella Cattedrale S.Nicola di Mira a Lungro

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    Personalità legate a Lungro
    • D. Nicolò De Marchis (? -1756), Vescovo di Nemesi, Presidente del Collegio Greco-Albanese Corsini, ed abbate Commendatario di San Benedetto Ullano.
    • Raffaele Maida (Dhën Rafeli, 1795-1857), valente giurista, filosofo, educatore, insigne letterato e poeta, fu uno dei personaggi più importanti di Lungro nella prima metà dell'800.
    • Vincenzo Stratigò (1822-1885), poeta in lingua albanese, genio rivoluzionario del Risorgimento arbëreshë.
    • Domenico Damis (1824–1904), letterato, studioso, cospiratore e stratega, generale garibaldino.
    • Enzo Domestico Kabregu (1906-1968?), nasce ad Acquaformosa, è stato il più illustre pittore di Lungro, autore di numerose opere artistiche.
    • Vincenzo Borrescio (1927-1995), politico e poeta in lingua albanese.
    • Dr. Augusto César Belluscio (1930), figlio di genitori italo-albanesi, professore e avvocato.
    • Josif Droboniku (1952), nasce in Albania a Fier, è un mosaicista, iconografo e pittore, vive e lavora a Lungro.

    Tra i personaggi più importanti che hanno dato un contributo alla storia del risorgimento e alla letteratura italiana e albanese vanno ricordati: Angelo Damis, Alberto Straticò professore di lettere ed autore della "Letteratura Albanese", Michele Bavasso medico, linguista e matematico, Camillo Vaccaro pedagogo e sociologo, Gabriele Frega giurista e Procuratore Generale, Domenico De Marchis autore di un Cenno Monografico sulla storia di Lungro e Michele Rio, poeta.

    Edited by terryborry - 29/6/2012, 13:08
     
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    Monumento a Skanderberg

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    Passeggiando per le strade di Lungro, merita certamente una visita il Busto di Giorgio Castriota "Skanderbeg", l’eroe nazionale albanese alla cui leggenda è legata la nascita dei centri arbereshe in tutta l’Italia Meridionale. Nato nei primi anni del XV secolo, il condottiero mostrò sin da subito le sue doti di intelligenza e coraggio: rapito in tenera età dai turchi, venne allevato dal sultano Murad II che, affascinato dal suo grande valore, arrivò a metterlo a capo delle proprie truppe. Dopo molti successi con l’esercito turco, Giorgio ascoltò le suppliche provenienti dalle genti d’Albania, oppresse dalla tirannide ottomana, e decise di tradire il mandato del sultano schierandosi contro i turchi al fianco degli albanesi che era stato mandato a combattere. Era il 1443 e per 25 anni i turchi non conseguirono più vittorie di rilievo grazie al coraggio e all’astuzia di Skanderbeg (dall’arabo Iskender Bej, "Principe Alessandro") che in un primo tempo sfruttò l’effetto sorpresa del suo cambio di schieramento e poi mostrò un’enorme inventiva nello sferrare imprevedibili attacchi contro le schiere ottomane, molto più numerose. Si racconta, ad esempio, che il suo esercito attuasse una tattica simile alla guerriglia e che, per confondere il nemico, si muovesse soprattutto nelle ore notturne: un intero accampamento turco, si narra, fu sbaragliato grazie ad un folto gregge di capre fatte correre a valle con delle torce legate alle corna. Se l’Occidente cristiano non fu colonizzato dai turchi lo si deve anche a Skanderbeg a cui vennero tributati grandi onori: tra questi il titolo di "Athleta Christi", diversi ritratti (uno di questi è conservato agli Uffizi) e i feudi nel Sud Italia concessi dal re di Spagna Ferdinando d’Aragona in segno di riconoscenza. Alla sua morte gli albanesi non riuscirono a ricompattarsi e, perduto il loro condottiero, decisero di rifugiarsi, pare su consiglio dello stesso Giorgio, nell’Italia Meridionale, contando sull’accoglienza degli aragonesi.

    Edited by Isabel - 20/12/2011, 19:25
     
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  3. Isabel
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    Iconografia sacra

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    I luoghi di culto delle comunità arbëresh celebrarono per cinque secoli le funzioni liturgiche secondo il rito bizantino pur dipendendo, sia dal punto di vista ecclesiastico che da quello giuridico, dalla Chiesa di Roma: l’influsso della liturgia cattolica di rito latino fu notevole e portò ad una contaminazione della ritualità ortodossa originaria. Le comunità arbëresh ebbero la loro autonomia ecclesiastica nel 1919 con la fondazione della diocesi di Lungo: e da allora le chiese italo-albanesi diedero inizio ad un graduale processo di purificazione del rito bizantino, perfezionando la liturgia e incrementando l’iconografia sacra. Altro avvenimento decisivo fu il Sinodo eparchiale avviato dalla diocesi di Lungro nel 1995, che ha cercato di riappropriarsi della propria tradizione liturgica uniformandola alla spiritualità bizantina e alla lingua albanese. Per quanto concerne le icone, il Sinodo trascrive che: l’icona rende visibile la presenza Divina evocando il Mistero dell’Incarnazione; proibisce severamente l’introduzione di nuove statue e ordina di sostituire “pian piano” quelle già esistenti; si diffonda presso i fedeli la venerazione delle Sante Icone, si preghi dinanzi ad esse e si educhi il popolo a contribuire nel dotare le chiese di icone, affreschi e mosaici.


    Palazzo De Marchis

    LedGD

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    La comunità arb?resh insediatasi a Lungro vanta un consistente patrimonio architettonico: tra le diverse costruzioni che troverete passeggiando nel bel centro storico la più significativa è il Palazzo della famiglia De Marchis, che domina Piazza Umberto I. L’edificio, che fu anche sede vescovile, diede i natali a molti alti prelati ed è per questo che i De Marchis furono a lungo noti come “zotrat” (“sacerdoti”, in arb?resh) nella comunità lungrese. L’accesso al palazzo, che si sviluppa su tre piani, è consentito da un portale ad arco a tutto sesto su cui compaiono la chiave e la mitra vescovile.
     
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