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Nuoro

Capoluogo di provincia

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    Nuoro

    nuoropanorama

    - Fonte -

    Nùoro /'nu.oro/ (Nùgoro in sardo) è un comune italiano di 36.347 abitanti, capoluogo, dal 1927, dell'omonima provincia della Sardegna centro-orientale.

    Geografia fisica

    La città si estende su un altopiano granitico, a circa 550 m s.l.m., ai piedi del Monte Ortobene.

    Clima

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    Vista di Nuoro d'inverno

    Nuoro gode, come quasi tutti i comuni della Sardegna, di un clima mediterraneo temperato dominato da un ricorrente maestrale, con estati moderatamente calde e inverni freschi, solo raramente gelidi. Tuttavia la quota relativamente elevata e la particolare posizione della città favoriscono repentini cali di temperatura in occasione delle ondate fredde dal nord, soprattutto nord/est. Il capoluogo nuorese subisce periodicamente anche il caldo scirocco, che arriva dalla valle di Dorgali e spesso genera piogge molto intense. La temperatura media annua varia tra i 13 e i 15 °C, a seconda delle annate (Media 2004: +13.09 °C / Media 2005: +13.07 °C / Media 2006: +14.30 °C) e dei quartieri, avendo la città una discreta estensione geografica unita ad un notevole dislivello di 275 m tra il punto più alto e quello più basso. Durante l'inverno sono numerose le gelate (20 nel 2004) mentre in estate sono abbastanza rari i giorni con temperature superiori ai 35 °C (neanche uno nel 2004), anche grazie al fatto che la brezza marina spesso riesce a giungere in città mitigando di qualche grado la temperatura. Nel decennio 1996-2006 la temperatura più bassa registrata a Nuoro è stata di -10,5 °C il 31 gennaio 1999, proprio in occasione di un'ondata fredda da N/E, con 40 cm di neve cumulati in circa 15 ore. Dal 2001 in poi invece non si sono superati i 38.1 °C (i dati sono riferiti ad una precisa area della città, quella del Quadrivio). La neve in genere fa la sua comparsa in città tutti gli anni e presenta una media trentennale di circa 20/25 cm annui (20 cm nel 2004). Nel dicembre 2007 c'è stata però una nevicata paragonabile solo a quella "storica" del 1956, con 45 cm di neve in una sola giornata.

    Le origini del nome

    Il nome deriva dal nuorese "Nùgoro"; si è sostenuto dallo Spano (1872) che questa a sua volta provenisse da una non precisata radice nur o ur con significato "casa" o "luce" o "fuoco", quest'ultima intesa come "focolare domestico", stante il radicamento dell'uso fiscale del termine, ma questa interpretazione è stata oggetto di rilevanti contestazioni di altri linguisti. La radice ha comunque secondo la maggior parte degli studiosi origine "prelatina, protosarda, non chiarita". Secondo Areddu (Le origini albanesi della civiltà in Sardegna) la radice *nug- (che ritroviamo in Nug-ulvi) vale 'piede dì (cfr. greco onux, slavo nogà),indi nug-or verosimilmente aveva la significanza di: "ai piedi di or, il quale pare l'indoeuropeo oros (cfr. greco oros 'monte). Anche Nulvi si trova ai piedi di un monte A partire dall'XI secolo si rileva il tipo toponimico nugor. È frequente l'errata pronuncia del nome di questa città. Derivando da tre sillabe (Nù-go-ro), la pronuncia corretta mantiene l'accento iniziale sulla "u", come in Nùoro, e non Nuòro, benché secondo alcuni studiosi quest'ultima potrebbe essere utilizzata come forma meno corretta.La pronuncia con "o" tonica, molto frequente tra gli italiani continentali, è spiegabile con la rarità nella lingua italiana di una sequenza -ùo- rispetto al ben più comune dittongo -uò-. Il nuorese ("Su nugoresu") è a buon diritto considerata la più conservativa tra le lingue neolatine.

    Storia


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    Monte Ortobene - Pala 'e casteddu
    abitazioni preistoriche riutilizzate nel
    Medioevo e, successivamente
    dai pastori

    Nuoro ed il suo circondario furono abitate da diversi millenni prima di Cristo. La ragione principale della frequentazione umana è da ricercarere nella felice posizione geografica della città: Nuoro è infatti situata su una altura al centro di uno snodo orografico che consente di controllare la comunicazione tra la valle del Tirso ed il bacino del Cedrino con le valli che conducono alle attuali baronie di Siniscola, Orosei e Galtellì e verso la Barbagia di Ollolai a sud e di Bitti a nord. La città ha vantato nelle diverse epoche un insediamento umano diffuso in tutto il territorio comunale. Ma per descrivere correttamente la storia nuorese non si può non evidenziare il rapporto con il vicino Monte Ortobene che, sin dalle epoche più remote ha offerto, nelle diverse fasi storiche, rifugio alle popolazioni residenti a valle. Ancora oggi sono numerosi i resti di edifici nuragici, tombe prenuragiche e ripari sotto roccia riutilizzati per millenni (fino al Medioevo ed ai pastori dell'Ottocento). Questa presenza è evidente nella zona di Seuna nella quale si rinvengono tracce di muratura sparse in un'area di diverse decine di ettari ed ai piedi di punta Pala 'e casteddu (spalle al castello). Il legame della città con il "Monte" è pertanto fondante della storia e della cultura dei nuoresi, finendo per creare un sistema città-territorio da cui non si può prescindere.

    Dal Neolitico alla Civiltà Nuragica


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    Nuoro e il Monte Ortobene dal
    Nuraghe Tanca Manna

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    Il nuraghe Tanca Manna

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    Rocciaio sul Monte Ortobene

    Le tracce più antiche della presenza dell'uomo nel territorio nuorese (21 emergenze archeologiche del neolitico ed eneolitico) risalgono alle Domus de janas del IV-III millennio a.C., tra la fine del Neolitico e l'inizio dell'età dei metalli. Vi sono infatti 10 necropoli ipogeiche: Borbore, Janna Ventosa, Valverde, Maria Frunza, Su Cossu, Molimentu, Sa 'e Belloi, Piras, Su Puleu 'e Bortaleo. Nei loro pressi sono state rinvenute asce in pietra e manufatti ceramici o in ossidiana.Numerose abitazioni preistoriche e ripari sotto roccia sono presenti nel Monte Ortobene mentre si segnalano i resti di un villaggio prenuragico del 1.700-1.600 a.C. (appartenente alla cultura di Bonnannaro), posti ai piedi del nuraghe Tanca Manna, svettante su un affioramento roccioso prossimo al quartiere cittadino Su nuraghe. Questo villaggio prenuragico, attualmente oggetto di scavi, è costituito, secondo una stima della Sopraintendenza Provinciale, da circa 200 capanne, alcune delle quali ricadono sotto le vicine abitazioni ed occupa un'estensione totale di oltre 3 ettari. Il villaggio era in grado di ospitare un considerevole numero di abitanti. Alcune delle capanne già oggetto di scavi, sia di pianta circolare che di pianta rettangolare, presentano ancora oggi tracce dell'originario pavimento costituito da un battuto di argilla e sughero per la riduzione dell'umidità nelle abitazioni. Nel versante a est del villaggio Tanca Manna erano presenti alcune Domus de janas, distrutte dalla cavazione del granito avvenuta nel XIX secolo.L'attività antropica recente ha anche cancellato una tomba dei giganti ed un pozzo sacro situato nella vicina via martiri della libertà. Il sito ha restituito fusaiole e pesi da telaio oltre a porzioni di tegami, olle, ciotole, vasi a bollitoio in terra cotta, per lo più inornate o con decorazioni a "pettine impresso" e frammenti di un tripode riferibile alla "Cultura di Bonnanaro". Tali resti lasciano immaginare un'intensa attività domestica, legata alla tessitura ed a quella agropastorale. Presso Sedda Ortai, nel Monte Ortobene, sono presenti tracce di muratura probabilmente di una fortificazione dell'età del Rame. La Civiltà nuragica, a partire dal 1500 a.C. fino alla colonizzazione romana, ha lasciato una forte impronta sulla storia di Nuoro come dimostrato dai numerosissimi nuraghi ancora presenti nella zona (32 nel territorio comunale oltre a 12 villaggi nuragici e 12 tombe dei giganti). Essi coronano quasi tutti i colli della città, risultando spesso assorbiti o inglobati nel tessuto urbano (nuraghi Tanca manna, Ugolio, Biscollai), altri sono collocati nelle immediate periferie (Corte, Tigologoe, Tèrtilo, Tres Nuraghes, Gabutèle), spesso accompagnati da tombe dei giganti o da villaggi nuragici, per lo più ancora da sottoporre ad operazioni di scavo. Di tanti nuraghi rimangono vaghe tracce, come nel caso del colle di Sant'Onofrio, altri sono scomparsi come avvenuto per l'insediamento di Gurtei oramai sotto le abitazioni dell'omonimo quartiere. Si segnalano per la complessità costruttiva sia il nuraghe Nurdole (al confine tra i territori di Nuoro e Orani) che il nuraghe Noddule, nei quali sono presenti rispettivamente una vasca lustrale con incisioni decorative ed un pozzo sacro costituito da trachiti policromatiche. Il ritrovamento di oggetti di fattura non esclusivamente nuragica segnala la presenza di flussi commerciali anche extra insulari (come ad esempio un piccolo leone bronzeo di probabile fattura etrusca o le decine di perle di ambra baltica rinvenuti presso il Nurdole). I romani chiamarono la popolazione della zona Nuoro-Orotelli con il termine "NURR", iscritto in un cippo di confine situato tra i due comuni.

    L'influenza romana


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    Abitazione sotto roccia nell'Ortobene

    230px-Fin_nurr
    Cippo romano di confine con l'iscrizione
    FIN NURR Sassari, Museo Sanna

    La penetrazione romana fu di grande efficacia in quest'area, come testimoniato dalla parlata del Nuorese, la variante del sardo spesso ritenuta più vicina al latino, anche secondo il celebre linguista Max Leopold Wagner. Roma creò nella "provincia" sarda un sistema viario capillare. Le arterie stradali principali (viae principales) erano quattro, le strade antoniniane, tutte con direzione nord-sud: la litoranea occidentale (a Tibulas-Karales); la interna occidentale (a Turre-Karales); la interna orientale (a Olbia-Karales per Mediterranea); la litoranea orientale (a Tibulas-Karales). Nuoro sorge lungo l'antico percorso principale della per Mediterranea, nello snodo con la via Transversae (la trasversale mediana) che attraversava la Sardegna lungo un asse est-ovest (con quattro stazioni nodali negli incroci con le 4 principales: Cornus-Macopsissa-Nuoro-Dorgali/Orosei). La Trasversale mediana era utilizzata per il trasporto del grano della valle del Tirso verso la costa di Orosei, per l'imbarco del prodotto destinato al porto di Ostia.Sempre a Nuoro terminava anche una strada vicinale Benetutti-Nuoro. Le prime fasi della dominazione romana furono sicuramente concitate e avversate in questa zona che, comprendendo tutta l'area del Gennargentu e del Goceano, essi definivano in età repubblicana delle "Civitates Barbariae" e dei "Barbaricini" in età tardo imperiale e poi nella breve età vandalica. Il ritrovamento soprattutto in Barbagia e nel Marghine di monete puniche con una raffigurazione taurina sembrerebbe indicare una fase storica in cui le "popolazioni sarde (legate al culto del toro) e puniche, si coalizzarono" inizialmente per reagire all'impatto della Repubblica. I romani reagirono sia militarmente che con una lenta e intelligente attività di "sedentarizzazione" dei clan locali, al fine di favorire lo sviluppo agricolo delle terre. Delimitarono dunque grandi latifondi da avviare alla coltivazione del grano che assegnarono a coloni o alle popolazioni locali. I confini erano segnalati da lapidi indicanti la proprietà. Un cippo terminale con la dicitura "FIN NURR", cioè fines nurritanenses, (termine richiamato anche dal nome del vicino nuraghe Nurdole, il cui villaggio ad una decina di chilometri da Nùoro e Orotelli era abitato sino al Medioevo), consente di identificare la localizzazione di quella popolazione che, semi-romanizzata, nel II secolo d.C. costituì un reparto militare imperiale assegnato alla Mauretania Cesariense: la "Cohors I – Nurritanorum". Secondo il linguista Massimo Pittau "molto probabilmente esisteva un cippo terminale analogo, tra Nurdole e Nùoro, nel sito ora chiamato, in maniera del tutto trasparente, Preda Iscritta «pietra scritta», all'inizio della lunga salita di "su Berrinau", che porta a "Badu ‘e Carros" «guado dei carri» di Nùoro". Dagli ultimi studi risulta che in epoca tardo imperiale e alto medievale si svilupparono insediamenti militari e agricoli testimoniati da basamenti murari e manufatti romani rinvenuti ad esempio in località Noddule/Loddune, il località Saderi e in quelle di Ivana e Muru Apertu nella regione di Marreri e alle pendici del Monte Ortobene, mentre nella località di Ugolìo sono presenti tracce delle classiche sepolture romane con copertura in tegole di terracotta. Secondo il Pittau la zona nuorese di Corte (dal lat. cohorte(m) «coorte militare»), sarebbe stata la sede di una guarnigione militare romana fortificata in un castrum. Questa avrebbe mantenuto un collegamento logistico a nord con l'importante borgo romano di Sant'Efis situato nel territorio di Orune, mentre a sud con un castrum a Mamoiada ed uno a Sorabile (Fonni). Tutto ciò testimonia il profondo processo di romanizzazione dei barbaricini accompagnato dall'insediamento di cittadini romani, latifondisti, centurioni, pur nella permanenza del problema del brigantaggio ad opera di singoli clan razziatori che non accettavano la sottomissione all'autorità Imperiale.

    Il Medioevo e l'Età Giudicale


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    I ruderi di "Sa Itria"

    Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente la Sardegna passò nel 476, con tutta la provincia d'Africa, sotto il dominio dei Vandali. Il loro regno durò fino al 548 quando, Giustiniano I, Imperatore d'Oriente, riuscì a riconquistare la Sardegna all'Impero Bizantino. Le fonti storiche più importanti su quel periodo sono costituite dalle testimonianze dirette di Procopio e dalle 39 lettere di Papa Gregorio I (590-604). Dalle lettere del Pontefice emerge l'esistenza di due Sardegne diverse: una romanizzata, cristianizzata e bizantina (quella dei Provinciales), ed una interna, costituita da aggregati cantonali, con popolazioni idolatre e pagane, la Gens Barbaricina governata da un capo: "Hospitoni duci Barbaricinorum". Facendo seguito ad una costante e tenace azione diplomatica (testimoniata nelle lettere succitate), nell'estate del 594 si concluse un patto tra Bizantini e Barbaricini e, tra i vari accordi, Ospitone accettò la conversione al Cristianesimo del suo popolo. Per evangelizzare a fondo la Corsica e la Sardegna, Gregorio Magno affidò le due isole ai Benedettini delle isole toscane, che vi rimasero per tutto il Medioevo, anche se la prima e profonda cristianizzazione avvenne ad opera degli ordini monastici greci (studiti, basiliani, ecc.) sotto l'egida bizantina. I Benedettini costruirono piccoli monasteri, detti abbadie e curarono la costruzione delle pievi, delle vie e la tenuta dei fondi agricoli. La presenza bizantina in epoca alto medievale a Nuoro è testimoniata presso il quartiere di San Pietro, in via Brusco Onnis, dal rinvenimento di una tomba multipla bizantina (poliandro), dove all'interno vi erano resti umani, cuspidi di lance e fibbie bronzee (per i cinturoni in cuoio), vestiario ed equipaggiamento bellico tipico di una decarchia bizantina, un corpo militare composto da soldati-coloni con famiglia al seguito, detti Kaballarioi, l'élite militare ed agraria bizantina. Altri resti ascrivibili al periodo bizantino si ritrovano in località Prato Sardo e a Nurdole. Oltre ai resti militari e civili si rinvengono ancora antiche tracce legate al culto. I ruderi della chiesa di Nostra Signora d'Itria, con le adiacenti strutture murarie, sono collocati presso le pendici nord del Monte Ortobene a circa 1 km da Nuoro e risalgono probabilmente a quello stesso periodo. "Itria" è infatti un nome legato al culto di origine greca ed orientale per la Madonna Hodeghetria, di cui Itria è l'abbreviazione. Questo epiteto è formato dalle radici hodos, strada, e hegheisthai, condurre, pertanto ha l'accezione di Madonna del viandante, del pellegrino. In Italia viene ufficialmente denominata Madonna "Ogiditria" o "Maria Santissima di Costantinopoli". Il nome stesso testimonia pertanto una matrice cultuale bizantina che potrebbe risalire ai primi secoli della cristianità d'oriente. Secondo la tradizione l'icona della Madonna d'Ogiditria era un dipinto autentico effettuato da S. Luca, l'Evangelista che ci parla dell'annuncio, della nascita e dell'infanzia di Gesù, con una viva e fulgida presenza di Maria sua Madre. In Italia un'Icona giunse a Bari secondo tradizione nell'VIII secolo nel periodo dell'eresia di Leone III l'Isaurico, l'imperatore d'Oriente dal 717 al 741 che comandò la distruzione delle antiche immagini sacre. L'icona mostra Maria che indica la Via al Cielo che è Cristo. Queste chiese erano vicine agli antichi centri abitati e, spesso, erano collegate a questi da percorsi sacri di espiazione e pellegrinaggio. Il percorso e la strada erano pertanto vissuti come un'allegoria dell'adesione agli insegnamenti di Cristo, la Via, sotto la protezione della Beata Vergine. Buona parte delle numerose presenze cultuali legate a N.S. d'Itria in Sardegna risalgono ai secoli VII-VIII d.C. e spesso hanno segnato un passaggio delle popolazioni locali accompagnate da monaci basiliani o comunque orientali, dall'antica religione pagana al Cristianesimo. Alcuni santuari sono infatti situati, come nel caso di Gavoi, nelle vicinanze di resti archeologici come menhir, nuraghi o luoghi comunque anticamente sacri, come spesso accade per il fenomeno del sincretismo religioso. La chiesetta del Monte Ortobene è stata probabilmente riattata nel XIII-XIV secolo, ma i resti murali attigui potrebbero risalire ad un antico insediamento di monaci basiliani. Sono infatti presenti tracce di terrazzamenti per produzioni orticole di sostentamento e nei dintorni, ancora oggi, nascono spontaneamente i gigli, simboli di purezza, che venivano impiantati per le celebrazioni della festa dedicata alla madonna d'Itria, che si tenevano ancora fino al XIX secolo. Nelle immediate vicinanze del sito vi sono ancora i resti della chiesetta di Santu Thomeu e di Santu Jacu, quasi ad indicare un luogo di interesse religioso. N.S. d'Itria viene ancora venerata in Puglia ed in Sicilia, altre terre dell'allora Impero Bizantino.

    La Curatoria turritana di Nugor

    Con l'affievolirsi del controllo imperiale e l'affermazione della potenza islamica nel Mediterraneo occidentale la Sardegna si ritrovò, per la seconda volta dopo centinaia d'anni, a dover gestire il territorio in autonomia. Nacquero, a partire dal IX secolo, i Giudicati, quattro regni autonomi collegati dalla comune origine amministrativa Bizantina. Di fatto essi spartirono territorialmente la Barbagia sotto la propria autorità, forse per condividere la gestione di un territorio ancora difficile e bellicoso. Durante i "secoli bui" i confini delle curatorie giudicali erano estremamente variabili nel tempo e si modificavano per interventi militari o per le donazioni dei fondi agli ordini monastici o ai singoli donnichellos (signori feudali). Le popolazioni erano prevalentemente asservite alla coltivazione nelle curtis rurali, mentre i pastori usufruivano dei terreni dei demani giudicali (detti rennu). Le più antiche fonti storiche documentali su Nuoro (detta Nugor-Nori-Nuor) risalgono a tre condaghi: quello di Bisarcio, quello di Silki e quello di Trullas; oltre che al Codex diplomaticus Sardiniae. Dal Condaghe di Sant'Antioco di Bisarcio si evince la più antica prova (XI secolo) dell'esistenza della villa di Nugor: il Vescovo Nicodemo fece iscrivere un atto di acquisto di un salto da Dorben Lizor de Nugor. Il Codex diplomaticus Sardiniae, una carta bullata sempre dell'XI secolo, riporta per mano di tale Costantino di Sogostos anche il villaggio di Nugor fra i territori meridionali che confinavano con le vaste terre assegnate alla diocesi di Sant'Antioco di Bisarcio. Ma assai importante è il Condaghe di San Pietro di Silki che, in un documento databile tra il 1198 e il 1207, nella citazione dei testimoni di un atto, richiama oltre al futuro Barisone II de Lacon Serra, donnu Comita Pinna Curatòre de Nugor. Il termine Curatòre attesta l'esistenza di una Curatoria giudicale con capoluogo Nugor, nel distretto sud orientale del Giudicato di Torres, comprendente probabilmente Bitti, Garofai, Nuoro, Orgosolo, dalla qual cosa discende la conferma dell'esistenza di un centro di rilevanti dimensioni ed uno snodo amministrativo giudicale. Anche il condaghe 267 di San Nicola di Trullas (riportato qui a lato) cita un Gosantine de Nugor come mandatore di apposita Corona (cioè come procuratore nominato ad hoc per dirimere la controversia).Alcuni storici, in particolare il Tola, pensarono erroneamente che Nugor coincidesse con Nughedu, borgo vicino a Bisarcio. Tuttavia non conoscevano il Condaghe di San Michele di Salvennor che cita questo villaggio come Nuquetu e Nuguedu e non Nugor. L'unico borgo che poteva chiamarsi Nugor era proprio Nuoro, ancora oggi chiamata Nugoro dai suoi abitanti quando si esprimono nel dialetto locale. La Curatoria di Nugor, estrema propagine a sud est del giudicato di Torres, confinava a ovest con quella di Sarule e quella di Othane (Ottana), citate anch'esse nel Condaghe di San Pietro di Silki e ad est con quella di Orosei-Galtellì del Giudicato di Gallura. A sud vi era la curatoria arborense della Barbagia di Ollolai. Il borgo di Nugor nel secondo decennio del XII secolo venne assegnato alla diocesi di Ottana composta dalle ville di: Macomerio, Virore, Gorore, Molaria, Orticalli, Sabuco, Silanos, Dualque, Nuracucuma, Lexay, Golossene, Otana, Ortilli, Univer, Orane, Suarell, Nuor, Noroloe, Gossilla, Sporlazo, Illortay, Bortiochoro e Su Burgu (solo dal XIV secolo). Il quadro geopolitico locale era complicato dalle donazioni agli ordini monastici e dalle continue ingerenze pisane che avvenivano anche per il tramite dell'arcivescovo del comune toscano, che vantava la Primazia sulla Sardegna. Le intromissioni interessarono soprattutto il vicino Giudicato di Gallura gestito dai pisani alla stregua di un protettorato. Questo Giudicato insisteva probabilmente sulla parte sud orientale del monte Ortobene e sulla parte nord orientale dell'attuale giurisdizione comunale di Nuoro, Lollove inclusa. Ciò lo si deduce dal fatto che mentre Nuoro risultava, come detto, facente parte della diocesi di Ottana, Lollove faceva capo alla diocesi (pisana) di Galtellì.

    Le comunità monastiche

    Secondo alcuni studi nell'X-XI secolo, proprio nella parte sud-orientale del ghiandifero dell'Ortobene, potrebbe essere localizzata la chiesa di Santa Maria di Gultudolfe, oggi scomparsa, facente parte di un antico salto ecclesiale, detto di Girifai. Si trattava di una sorta di piccolo stato cuscinetto, di circa 20.000 Ha, incastonato tra i quattro giudicati sardi: Arborea, Gallura, Torres e Cagliari e avente natura di "franca", fiscalmente autonoma, gestita probabilmente dai monaci greci-basiliani prima e donata da Costantino I de Lacon, Giudice di Gallura, in amministrazione extraterritoriale ai Benedettini dopo il 1060. Le date, le denominazioni e le fasi storiche sono comunque avvolte da grande incertezza a causa della scarsità delle fonti se non per il citato atto di donazione registrato dal giudice gallurese. La vasta area risultava inizialmente assegnata all'Abbazia cistercense continentale "nullius dioeceseos". La Franca era verosimilmente collocata nell'ansa fluviale dei fiumi Cedrino e Sologo, chiusa a occidente dal Monte Ortobene e dal Montesanto (Dorgali) a oriente, con uno sbocco marittimo nella parte centrale del Golfo di Orosei (Cala Gonone – Portu Nonu). I territori del salto sarebbero oggi parzialmente ricompresi negli attuali Comuni di Dorgali, Galtellì, Irgoli, Loculi, Oliena, Orgosolo e Nuoro, con le pertinenze del borgo di Gurtuofe(ne)/Gortovene, sul Monte Ortobene, collegato a valle con i borghi di Locoe e Nothule. Verso la fine del XII secolo si segnala la presenza dei monaci cistercensi e dei Cavalieri ospitalieri. Nel XIII secolo Gortovene avrebbe perso importanza o assunto una differente denominazione: Seuna, o Seuneddu per i locali.

    Nel salto ecclesiale di Girifai vi furono tre fondazioni monastiche:
    • il monastero di San Giovanni Battista "Su Lillu" (Il Giglio) annesso al borgo di Santa Maria Magdalena Thorpeiae ("S'Eremu" in Via Dante a Dorgali);
    • il monastero di San'Angelo e di Santa Maria annesso al Borgo di Gonarium (oggi Rione di Gonare in Via Gonare sempre a Dorgali), detta anche di Corte o Castro dal nome del centro più importante limitrofo a Gonare;
    • il Monastero di Santa Maria di Gultudolfe o Gortofe, presso il borgo di Gortovene – Ortobene.


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    Il "Monte" e Nùoro
    Questo antico monastero oggi è di incerta localizzazione e costituiva una parrocchiale comprendente i territori montani nuoresi oltre a quelli di Nothule (forse Noddule) e Locoe (villaggio abbandonato, ora in territorio di Orgosolo). Essa era dedicata a San Mamiliano Vescovo di Palermo, perseguitato dopo il sacco di Roma nel V secolo dal re dei vandali Genserico. San Mamiliano e quattro discepoli, Santa Ninfa, San Eustazio, San Proculo e San Golbodeo, furono imprigionati in Africa, ma, evasi dalla prigione, fuggirono per mare e si fermarono prima in Sardegna, allora vandala, dove il culto è attestato oltre che a Nuoro a Oliena, Samassi e a Sestu (forse a segnare i passaggi del santo) e, successivamente, si recarono nelle isole dell'arcipelago toscano, dove San Mamiliano morì nel 460 sull'isola di Montegiove da lui ribattezzata Montecristo. Presso il monte Ortobene resta ancora oggi un'eco del nome del santo nella Fonte detta di "Santu Milianu". Il nome di Santu Milianu/Mamiliano è ricorrente nella storia di Nuoro in quanto testimonia il ritorno a valle, in prossimità di una ricca sorgente d'acqua detta Sa Bena, della popolazione che risiedeva nel borgo presso il monte, lungo le rive del ruscello Ribu 'e Séuna. Ciò avvenne forse per le condizioni di maggiore sicurezza e migliore possibilità di sostentamento a valle rispetto a quelle dei secoli precedenti, oppure per la probabile appartenenza del sito originario alla sgradita giurisdizione pisana. Il termine nuorese "Sèuna" è un sostantivo che potrebbe essersi originato dalla parola catalano-provenzale "la Seu", che significa la sede. Santa Maria di Gultudofe poteva comunque essere ubicata presso la Chiesa d'Itria sull'Ortobene che aveva vicino una Chiesa quella di San Giacomo (località Santu Jacu). Nel XV secolo è molto probabile che siano proprio le Chiese chiamate nella documentazione Santa Maria e San Giacomo di Lugula dal nome del torrente Lucula che scorre sotto le località di ubicazione di queste chiese. Non è da trascurare l'ipotesi che San Mamiliano sia stato venerato proprio come uno degli artefici delle prime fasi di cristianizzazione della Sardegna e della Barbagia del V secolo, benché ancora nel VI secolo, come detto poc'anzi, questa terra fosse ancora considerata ampiamente pagana. I tre monasteri del salto ecclesiale tennero probabilmente i contatti marittimo con le altre sedi cistercensi e benedettine insulari quali Bonifacio, le isole toscane, Ponza, il monastero madre di San Giovanni dell'Isola del Giglio e Orbetello servendosi del porto di San Giovanni Portu Nonu (Gonone) e, in tutta probabilità, dei vascelli di proprietà degli ordini ospitalieri. Il salto di Girifai risentì nel tempo della ostile politica della Pisa Ghibellina che mal sopportava traffici direttamente non controllati. Nel 1160 il salto venne infatti in parte smembrato con assegnazioni alla nascente diocesi di Galtellì, sotto l'egida dell'Opera di Santa Maria di Pisa ed, in particolare, dell'arcivescovo del comune toscano.

    La Curatoria arborense di Dore

    Con la caduta del Giudicato di Torres nella seconda metà del XIII secolo, i territori del nuorese andarono al Giudicato di Arborea che ridisegnò l'organizzazione territoriale di queste terre di confine sia per motivi di opportunità che di governo. Risulta che queste terre ex turritane furono assoggettate ad un regime giuridico di pertinenza privata (Peculiares – ultra iudicatum) della famiglia giudicale d'Arborea. Persi i territori di Bitti e Garofai andati al Giudicato di Gallura gestito dalle famiglie pisane dei Visconti, Nuoro, Orgosolo, Ottana, Sarule, Orani e Orotelli confluirono in una nuova curatoria detta "di Dore" (villaggio oggi scomparso che si trovava in posizione equidistante tra i tre ex-capoluoghi turritani di curatoria – Sarule, Ottana, Nuoro – villaggio scelto forse proprio per la posizione baricentrica, per non creare eccessive rivalità e scontri tra i tre centri e forse anche per la vicinanza al Vescovo di Ottana che spesso, per scampare alla malaria, risiedeva nella vicinissima Orotelli).

    San Pietro e Sèuna


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    La quattrocentesca chiesa di S. Croce

    Il villaggio medioevale di Nugor il quale, secondo gli storici nacque dall'attuale quartiere di San Pietro e si uni', come detto, al vicino borgo di "Sèuna" probabilmente a partire dal XIII-XIV secolo. Come detto la nuova Sèuna sorgeva attorno alla chiesa oggi scomparsa di "Santu Milianu" ("Sant'Emiliano") e, secondo la tradizione locale, ebbe impulso dalla discesa a valle degli abitanti dell'antica Sèuna del Monte Ortobene. Come avveniva in tutto il territorio della Sardegna medievale era rilevante la parcellizzazione delle popolazioni locali in una miriade di piccoli centri abitati (spesso poche case di pietra e fango) contigui alla villa. Alcuni villaggi furono abbandonati per la peste, per le guerre o per l'assorbimento da parte della villa principale. Attorno a Nugor si contavano: Lollove (ancora oggi frazione), Noddule/Loddune (Nothule), Nurdole (o Nuroloe), Occana, Gortovene, Gurtei, Toddotana, pranu 'e bidda, Saderi/Sadiri, Ivana, Muruapertu, Bidda 'e Macras, la zona di Seuna-Sedda Orthai; Ancora a inizio ottocento erano vivi i ricordi di questi borghi abbandonati così nel Dizionario Angius Casalis vi è scritto: Vedonsi vestigie nel luogo detto Sedda Ortai, e pajono essere d'un'antica fortezza. Alcuni pastori scavando nelle vicinanze, scoprirono alcuni cannoni di piombo, che furono per acquidotto, e varie altre anticaglie. In Sadìri, in Ivana, in Muruapertu, furono trovate fondamenta e medaglie romane. Più chiare sono siffatte orme alla falda dell'Ortovene, incontro al paese, nel luogo detto Sèuna. È antica tradizione che ivi esistesse una popolazione, e si riferisce al tempo della regina Leonora (Eleonora d'Arborea), al giudizio della quale i vicini Seunesi e di Nuoro sottomisero i loro rispettivi diritti sul ghiandifero di Ortovene. Si sa che la parrocchia di Seuna era dedicata a san Gemiliano. E continuando a considerare le tradizioni, diremo che forse è vero, che i seunesi concorressero poi per ricevervi i sacramenti nella chiesa di s. Leonardo, ora chiesa del Carmelo, la quale resse poi gli onori di chiesa maggiore alla vecchia cattedrale presso una selva di lecci e la fontana detta di Logudore; e potrebbesi da questo inferire, che i seunesi e nuoresi erano due frazioni d'un sol popolo, e i primi si confondessero poi coi secondi. Un altro popolo pare sia stato all'estremità de' salti di Nuoro con quelli di Orune, forse chiamata col nome che ritiene ancora il sito di Loddune. In monte Burtei (Gurtei) a mezzo miglio di distanza dalla popolazione sono vedute fondamenta, e fu dissotterrata una campana. Una campana pure si trovò in Toddotana a circa 2 miglia e mezzo, palle di ferro, e varie altre cose. Finalmente in Baddimanna nel sito detto Planu de bidda fu già un popolo. Nel XIV secolo l'importanza di "Nugor" ricrebbe insieme ai suoi abitanti, più di mille e, fra il 1341 e il 1342, viene indicato nei documenti contabili come uno dei villaggi che versavano maggiori tasse alla Diocesi di Ottana. Anche il Liber Fondachi (registro fiscale pisano) cita spesso negli atti persone originarie della villa di "Nuori". Nel 1322 Ugone II d'Arborea e Giacomo II d'Aragona stipularono un accordo che, confermando i diritti regali giudicali sull'Arborea, affermava i diritti del sovrano arborense anche sulle terre di Dore ma con una investitura extragiudicale, cioè come faudatario del re d'Aragona. Più precisamente nel 1339 il re di Sardegna e Corsica creò la Contea del Goceano, includendovi oltre al Goceano la curatoria Dore con le ville di Nuoro, Oniferi, Orani, Orgosolo, Orotelli, Ottana, Sarule, infeudandola al giovane donnikellu arborense che poi divenne Mariano IV d'Arborea, padre di Eleonora. Verso la metà del trecento le Rationes Decimarum del vaticano indicano che Nuoro vantava il titolo di Pievania, era pertanto un centro di importanti interessi clericali. Seguì un periodo di guerra tra Arborea e Aragona fino al 1388 quando Nuoro figura tra le 8 ville della Curatoria Dore che firmano il trattato di pace fra sardi e catalani. Per la Villa di Nuor firmano il Majore Arzoco Carta e i Jurados: Gunnario Asole, Mariano Chinnache, Raimondo De Serra, Nicola Tola, Barisone Matola[24]. Nel 1414, dopo la vittoria degli aragonesi, la Contea del Goceano venne consegnata al conte Leonardo Cubello.

    Il periodo aragonese e spagnolo


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    Casa di San Pietro

    Dal quattrocento il borgo restò relativamente isolato e non rilevò per i conquistatori se non per la pesante imposizione fiscale. Fra le popolazioni era radicato un sentimento antiaragonese tant'è che, sia il goceano che il nuorese, vengono segnalati nel 1421 come zone ribelli al sovrano aragonese e fedeli al Cubello. Nel 1429 diviene Vescovo di Ottana Simone Manca, monaco vallombrosano nato a Nuoro nel 1370. È probabile che alcune chiese nuoresi risalgano nella loro fondazione proprio all'impulso dell'alto prelato. Nel XV secolo si assistette alla restaurazione del sistema feudale, superato di fatto dal Trecento. Questo sistema durerà fino al 1839, anno in cui il governo sabaudo riscattò i feudi. Nel 1481 la contea del Goceano venne assegnata al demanio reale e gli Acta curiarum regni Sardiniae del 1485 riportano che i territori della curatoria di Dore, benché fossero un settimo dei possedimenti reali in Sardegna, contavano un terzo dei fuochi fiscali.Lo spostamento della Sardegna verso l'asse spagnolo comportò alcuni importanti riflessi amministrativi e religiosi. Nel 1503 venne soppressa la Diocesi di Ottana e, assieme alle antiche Diocesi di Bisarcio e di Castro, vennero ricomprese nella nuova Diocesi della catalana Alghero. Ciò avvenne perché il Re Ferdinando il Cattolico intendeva controllare tutte le nomine dei vescovi, fidelizzandoli con rendite di grande importanza. Nel 1557 don Baldassarre Ladron avviò un contenzioso con la vedova di don Juan Cascant Maça. La Reale Udienza attribuì ai Portugal le encontrade di Orani, Nuoro, Bitti e Gallura. Ai Ladron andarono le barbagie di Seulo, Ollolai e la curatoria del Siurgus.

    L'Encontrada de Nuero nel Seicento feudale


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    La "casa delle contrafforti" nel
    quartiere di San Pietro

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    La seicentesca Chiesa di N.S.
    delle Grazie

    Nel 1616 si segnalava la seguente situazione "feudale": l'Encontrada de Nuero con Nuoro-Orgosolo-Locoe-Lollove faceva parte del grande e ricco Marchesato di Orani comprendente anche le encontrade di Orani, Bitti e Gallura. Il Marchesato era feudo di Anna Portugal e Fernandez de Silva e confinava col feudo Barbagia di Ollolai costituito dai territori di Fonni-Gavoi-Mamojada-Ollolai-Ovodda-Lodine, col Marchesato del Marghine, con la Curatoria di Dure (da non confondere con Dore) e con i centri della Baronia di Orosei-Galtellì (Orosei-Galtellì-Dorgali-Lula-Onifai-Irgoli-Loculi) e con quella di Posada o Mont'Albo (Posada-Thiniscola-Torpè). Oliena era invece nella Baronia d'Ogliastra. La villa crebbe e nei registri spagnoli, in particolare negli atti del Viceré Gerolamo Piementel, si riporta che "La Encontrada de Nuero tiene 4 villas Y la primera Villa de Nuero 1434 Fuegos, Villa de Orgosolo 1162 fuegos, Villa de Loloy 83 fuegos, Villa de Locoy 54 fuegos". Talvolta alcuni feudatari delle Baronie risiedettero per alcuni periodi nel paese di Nuoro, essendovi un clima più salubre e meno influenzato dalla malaria. Nel 1627 il borgo, secondo il censimento, contava già 2300 abitanti. In un testo del 1639 Francesco Angelo de Vico, Giurista e storico sardo reggente del supremo consiglio d'Aragona, probabile autore della Historia General de la Isla y Reyno de Cerdeña, scriveva che "Nuero", per il suo cielo e per la sua terra e per altre qualità era segnalata fra tutte le ville di quel regno perché era molto grande e molto popolosa ed i suoi abitanti erano molto notabili, ricchi, di grande abilità e ingegno. Nei documenti storici del Vescovado di Alghero, in cui era confluita la diocesi di Ottana, nel 600 sono registrate in città 15 chiese urbane, 7 chiese periferiche e 9 chiese campestri. La dominazione aragonese prima e spagnola successivamente hanno contribuito in modo determinante all'elaborazione delle tradizioni religiose e culturali, alla definizione di alcuni manufatti artigianali e delle ricche vesti d'uso quotidiano, oggi considerate "costumi" che si indossano in occasione delle sagre di folklore. Nel 1671 vi è la prima traccia di un Sindaco: Mauro Quirigo Corda. Nel 1684 negli atti della Segreteria di Stato si cita don Antonio Angelo Nieddu Guiso.Nell'ultimo decennio del Seicento Nuoro vide i natali di tre illustri membri delle casate spagnole: donna Caterina di Sotomayor, artista che morirà a Madrid; Felice e Giacomo Masones, grandi diplomatici reali della corte di Spagna. La loro famiglia deteneva la Contea del Montalbo ma amministrava il feudo dalla propria residenza nuorese, dal clima più salubre di quello, malarico, della Baronia.

    Gli antichi rioni di Nuoro erano allora quelli noti ancora oggi come storici:
    • San Pietro;
    • Su Serbadore;
    • Santa Ruche;
    • Santu Caralu;
    • S'Ispina Santa;
    • Corte in susu;
    • Seuna;
    • Sa corte de sos sette fochiles (grande cortile sul quale si affacciavano sette focolari, sette case);
    • Su puthicheddu (pozzo oggi essiccato);
    • Fossu Loroddu (letteralmente “fosso sporco” dove si era soliti buttare l'immondizia);
    • Santu Milianu;
    • San Nicolò (zona intorno all'antica chiesetta di San Nicolò, andata poi in rovina);
    • Sa Bena (fonte pubblica e abbeveratoio per il bestiame posto nell'attuale incrocio tra via Gramsci e via Manzoni);

    I capitoli della villa di Nuoro nel parlamento sardo

    Alla fine del XVII secolo a seguito di pestilenze e carestie si registra un crollo demografico. Dagli Acta Curiarum Regni Sardiniae, gli atti del Parlamento del viceré Giuseppe De Solìs Valderràbano conte di Montellano del 1698, si registrano 936 Hombres y 1168 Mujeres ma Nuoro diventa il primo centro abitato delle zone vicine (Barbaja Ololay, Marquesado de Orani, Encontrada de Nuero) e versa al Regno di Spagna la maggiore quantità di tasse con 924,08 Libras. Si apprende, inoltre, che l'allora Sindico di Nuoro, Mauro Quirigo Corda, il publicus notarius Petrus Nieddu Guiso e i vassalli della villa, si rivolsero al re per un contrasto con il Capitolo della diocesi di Alghero, la quale intendeva far revocare il titolo di Plebania, detenuto da oltre 100 anni dal centro barbaricino, al fine di incamerare i redditi della pievana al Capitolo della diocesi catalana, attendiendo solo a su combenençia. Già nel 1614 Don Antonio Satta riuscì a vincere una causa contro il primo tentativo del Capitolo di Alghero, che portò ad un risarcimento di 14.000 lire. Un secondo tentativo di aggregazione venne sventato nel 1671 dai maggiorenti nuoresi che si rivolsero direttamente alla Curia romana, che giudicò il tentativo "nullo" e "simoniaco". Il Sindaco supplicò pertanto il sovrano Carlo II di Spagna affinché intercedesse con il Santo Padre per la trasformazione della parrocchia in abbazia, con l'obbligo per gli abbati di risiedere nella villa, con le prerogative e i privilegi legati a tale onore per il paese. Chiese inoltre lo scorporo dalla diocesi di Alghero e l'unione con la ex diocesi di Galtellì, in considerazione del fatto che Nuoro era contigua alle ville in passato ricadenti sotto quest'ultima diocesi (Posada, Orosei, Orgosolo, Oliena, Dorgali, Bitti, Galtellì) ed erano territori accomunati da simili interessi economici e commerciali legati ai frequenti contatti con il Capitolo di Cagliari piuttosto che con quello di Alghero.Segnalò infine, per rafforzare tale richiesta, le vessazioni doppie imposte ingiustamente dal Capitolo algherese con il pretesto del real donativo, del sussidio alle galere, del seminario (che peraltro non ammetteva, con varie scuse, seminaristi nuoresi), facendo abuso e grave torto ad una villa che vantava muchos hombres de señaladas prendas con importanti trascorsi al servizio del re.Tra i cittadini nuoresi vennero ricordati infatti: i fratelli Pirella, don Pedro Paolo e don Juan Angel, già alla guida delle truppe di cavalleria e fanteria del distretto in occasione di un tentativo di invasione francese; don Antonio Mulas Pirella, auditor general nell'esercito di Lombardia; don Antonio Manca Penducho... regidor del Marquesado de Orany con grande confianças del viceré De Solìs e suo figlio don Salvador Angel Manca; Diego Contena Pirella, ... capitan de campaña... y otros muchos de esta calidad. La supplica venne rafforzata dal ricordo di ciò che avvenne per le ville di Ottana, Bisarcio, Castro, Santa Giusta, Terralba e Galtellì, già sedi vescovili poi ridotte a tristi borgate a seguito dell'aggregazione al Capitolo di Alghero, con grave nocumento per le entrate reali.

    Il Regno di Sardegna dalla Spagna ai Savoia

    La guerra di successione spagnola coinvolse tutte le potenze europee. Con la pace di Utrecht il Regno di Sardegna sembrava destinato a entrare nell'impero asburgico. Nel 1717, tuttavia, un corpo di spedizione spagnolo inviato dal cardinal Alberoni, occupò di nuovo l'Isola, cacciandone i funzionari asburgici. Tra il 1718 e il 1720 il Regno di Sardegna verrà definitivamente ceduto alla Casa dei Savoia, che acquisì così il titolo monarchico.Più estesa e popolata dei paesi del circondario, Nuoro consolidò un ruolo di riferimento per il territorio circostante. Nel 1777 il canonico Francesco Maria Corongiu scrive che Nuoro era "provvista di belle e ampie strade, deliziosa nella sua campagna ed abbondante altresì d´ogni genere di viveri, di buone carni, pane, circostanze tutte che rendono più grato il soggiorno". Nel 1779 il vescovo di origini spagnole Roig fece ricostituire a Nuoro la sede dell'antico vescovado di Galtellì, ottenendo apposito decreto da Papa Pio VI. Nella bolla pontificia si legge che "... Nuoro conta 589 famiglie e 2782 abitanti, vi sono 5 case di cavalieri e oltre 30 di gente civile e benestante, qualche laureato e otto notai..." La diocesi assunse il nome Galtellinensis-Nuorensis. Nuoro divenne sede del Tribunale di Prefettura (1807), città nel 1836, e sede di Divisione Amministrativa e di Intendenza nel 1848 (in pratica una terza provincia sarda, dopo Cagliari e Sassari); poi l'ultimo titolo fu ridotto nel 1859 a quello di sottoprefettura. Si sviluppò perciò come centro amministrativo a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, periodo in cui si aprì ad un rilevante insediamento di funzionari piemontesi del Regno di Sardegna e commercianti continentali. Così avrebbe in seguito descritto questo passaggio storico il Satta: "In breve, i nuoresi si trovarono amministrati, rappresentati dagli estranei, e in fondo non se ne dolsero. Era un fastidio in meno".

    Rivolta "de su Connottu"

    L'adozione della riforma agraria denominata Editto delle Chiudende del 6 ottobre 1820, provocò nell'intera Barbagia dei forti dissensi e disordini a causa dell'appropriazione selvaggia di terreni, sino ad allora adibiti ad uso comunitario (e giuridicamente anche ad uso civico). Ci furono rivolte sanguinose, faide e numerosi omicidi in una sempre più grave serie di tragedie, tali da sconsigliare il Valery, che nel 1834 stava realizzando il suo "Voyage en Sardaigne", dall'approssimarsi a Nuoro, solo lambita nel suo articolatissimo itinerario. Tuttavia il culmine del malcontento si raggiunse dopo che nel 1858 furono alienati anche i terreni demaniali, che sarebbe sfociato poi nei noti moti de su Connottu, quando al culmine della tensione il 26 aprile 1868 diverse centinaia di persone assaltarono il palazzo del municipio e diedero alle fiamme gli atti di compravendita dei terreni del demanio. Il banditismo, che dopo Su Connottu si pretese almeno in parte corroborato da sentimenti di ribellione al nuovo regime dei suoli, ebbe una recrudescenza e lo stato rispose con l'invio di truppe di polizia, numerose quanto poco efficaci nel contrastare grassazioni e faide. Sul finire dell'Ottocento si fece più grave l'usura, i cui maggiori gestori erano dei "miserabili napoletani"ed anche la Deledda ebbe a citarla in una delle sue opere. Una singolare e copiosa aneddotica del periodo si ricava da un romanzo scritto da un carabiniere continentale, paracadutato dalla Firenze-bene alle scabre montagne del circondario della città, del quale vale riportare un brano:

    « Nuoro: un brulichìo nerastro di villaggio steso fra le stoppie giallicce, in uno scenario fantastico di monti, dei pastori vestiti di pelli, delle vie di granito battute dal vento, delle campane martellanti un eterno tintinnìo di tarantella, la capitale del brigantaggio ci appare come un grosso e squallido borgo, dove il vescovo mitrato, il sottoprefetto e il comandante del presidio fanno l'effetto di una commenda sulla casacca di un villano. »
    (Miles (Giulio Bechi), "Caccia grossa", 1900?)

    Il romanzo riporta incidentalmente ma con buona fedeltà il nuovo ruolo di Nuoro sede del tribunale penale, cui si traducevano gli imputati di un vastissimo mandamento, comprendente moltissimi paesi ad altissimo tasso di criminalità. Il secolo si chiuse con una rilevante partecipazione dei nuoresi all'emigrazione verso il continente americano e le miniere del Nord-Europa; fra le cause non vi era solo la povertà ma spesso anche il desiderio di sottrarre le famiglie all'implacabilità della vendetta od a diverse rischiosità sempre di versante criminoso. Sul finire del secolo gli abitanti erano circa 7.000.

    Il Novecento

    Con il Novecento il fermento culturale che avrebbe dato vita alla importante avanguardia artistica sarda si giovò del notevole miglioramento dei trasporti per la comunicazione col Continente, ed anzi prese proprio questa a suo obiettivo; pian piano, si fecero conoscere oltremare le opere della Deledda, dei pittori, dei poeti.Celebri per il notevole pregio le sculture di Francesco Ciusa. Nuoro divenne un centro culturale di grande rilievo. Con l'allargamento dei servizi e dei posti di lavoro amministrativi, iniziarono a trasferirsi a Nuoro molti abitanti dei paesi vicinanti e fra questi alcuni artisti.

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    Un vicolo del centro

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    Uno scorcio da P.zza S. Giovanni
    Passate la guerra italo-turca e la prima guerra mondiale con un elevato numero di caduti, si ebbero in città i primi sviluppi delle sinistre. Uno dei principali attivisti fu l'avvocato Salvatore Sini (noto "Badore"), originario di Sarule, più conosciuto come autore dei testi di "Non potho reposare", canzone in lingua sarda di grande successo nell'isola, ma in realtà impegnato in molte campagne fra le quali una per la fondazione di una lega fra le donne operaie. Nel 1921 fu visitata da David Herbert Lawrence, il quale voleva conoscere i luoghi dove erano ambientati i romanzi della Deledda di cui egli stesso nel 1928 scriverà la prefazione della versione inglese della Madre. Lawrence rimase a Nuoro per una sola notte, e di questa fugacissima tappa, restano alcune interessanti pagine di "Mare e Sardegna" nelle quali descrisse una animatissima sagra in costume. Nel 1926 fu conferito il premio Nobel alla cittadina Grazia Deledda. Avendo già assunto almeno moralmente questo ruolo, ed essendola in pratica già stata nel secolo precedente, Nuoro ridivenne provincia durante il Fascismo, nel 1927. I rapporti del regime con la popolazione passarono attraverso la mediazione di alcuni artisti, i quali imposero il rispetto della cultura locale, nonostante le politiche nazionaliste fasciste. L'uso degli indumenti della tradizione fu tollerato e si giunse anzi ad avere diversi nuoresi in abiti sardi per le cerimonie del matrimonio di Umberto II. Notevole fu, tra gli artisti di punta, Remo Branca, preside del liceo ginnasio (succeduto al padre di Indro Montanelli, che in questa città trascorse l'infanzia) ed infaticabile animatore culturale. Nel 1931 raggiunse i 9.300 abitanti. La città contava oltre ai quartieri originari, Santu Predu, dei pastori e dei proprietari terrieri e Seuna, dei contadini, dei braccianti e degli artigiani, con la "via Majore" (attuale Corso Garibaldi, tuttora la via "di passeggio"), dei signori, altri dieci rioni: S'Ispina Santa (via Sassari), Irillai (via della Pietà), Santu Carulu (via Alberto Mario), Su Serbadore (via Malta), Corte 'e susu (via Poerio), Santa Ruche (via Farina), Sette Fochiles (via Lamarmora), Fossu Loroddu (Largo Nino di Gallura), Su Carmine (Piazza Marghinotti), Lolloveddu (via Guerrazzi). Vi è poi Lollove, frazione che dista circa 15 chilometri dal capoluogo, piccolo centro rurale che mantiene un aspetto quasi incontaminato rispetto alle origini, nota nell'immaginario collettivo locale come una locazione vicina ed al contempo distante. La sua provincia è attualmente una delle meno popolose d'Europa, e raccoglie numerose bellezze paesaggistiche e naturali di grande rilievo, tra cui il Gennargentu ed il Golfo di Orosei, con un interesse particolare per le bellezze naturali che vengono offerte nel tratto di Sardegna, in particolar modo verso la costa tra Cala Gonone, nel Comune di Dorgali e l'Ogliastra.

    Monumenti e luoghi d'interesse


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    Cattedrale di Santa Maria della Neve

    • La cattedrale di Santa Maria della Neve - La Cattedrale di Santa Maria della Neve è un monumento del XIX secolo, in stile neoclassico. Eretta per volontà del vescovo Giovanni Maria Bua, nella prima metà del XIX secolo. Il progetto venne affidato all'architetto Antonio Cano. La posa della prima pietra risale al 12 novembre 1835. I lavori, che furono rallentati a causa della morte accidentale durante l'esecuzione dei lavori, dell'architetto Antonio Cano nel 1840, terminarono con la consacrazione del 29 giugno 1853. Oltre l'altare maggiore dedicato a S. Maria della Neve furono affrescati nel soffitto ed eretti nella navata sinistra gli altari: Vergine del Carmelo, Madonna della Salute, Sacro Cuore; nella navata destra gli altari: San Salvatore da Horta, Santa Lucia, Madonna di Lourdes.All'interno è presente un'importante tela rappresentante la deposizione di Cristo dipinta da Alessandro Tiarini. Questa nuova cattedrale prese il posto dell'antica Pieve di Santa Maria ad Nives citata nel XV secolo anche nel codice di San Pietro di Sorres nella scheda 215 come sancta Marja de Nuor. Secondo l'Alberti essa doveva essere costruita nella maniera catalana. Durante il periodo di costruzione della nuova cattedrale, la Diocesi di Nuoro utilizzò come cattedrale la chiesa de "Sa Purissima". Una antica chiesa oramai perduta che era situata nel Corso Garibaldi, allora chiamata Via Majore, dove un tempo sorgeva il municipio di Nuoro ed ora vi è la sede di un istituto di credito.

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    L'antica Chiesa delle Grazie. Affreschi

    • L'antico santuario della Madonna delle Grazie - Il 22 ottobre 1679 il Vescovo di Alghero Francesco Lopez de Urraca concedeva a Nicolau Ruju Manca la "permissione di poter fabbricare una chiesa in onore della Vergine delle Grazie di Nuoro". Comincia con quest'atto ufficiale la storia della chiesa delle Grazie, edificio che è da considerarsi tra i più rilevanti della città di Nuoro. La chiesa si trova nell'antico quartiere di Seuna. È stata di recente restaurata. Realizzata alla fine del seicento in una foggia semplice, lineare, quasi rustica. La facciata presenta un portale centrale, con due semicolonne sulle quali poggia un doppio architrave modanato sormontato da un timpano triangolare in trachite. Gli stipiti ed i capitelli delle colonne sono decorati con figure zoomorfe e floreali che rimandano al linguaggio decorativo gotico-catalano. Al di sopra di esso, come unico elemento decorativo della facciata troviamo un più antico rosone in trachite di foggia gotico-catalana, incastonato nella facciata, che si dice provenisse dalla più antica chiesa di "Santu Milianu" (attribuita erroneamente dal clero spagnolo a San Giuliano era in realtà San Mamiliano) andata oramai in rovina. Al portale si accede tramite una scalinata in granito. Un secondo ingresso si apre nella fiancata laterale sinistra della Chiesa, il quale si presenta con stipiti in trachite rossa e sovrastato da una nicchia, con logiche decorative tardo barocche. Sulla fiancata destra poi, il terzo ingresso al tempio, di nuovo con stipiti in trachite rossa, conduceva un tempo ad uno spazio esterno ampio e circondato da colonne, che fungeva da ostello per i pellegrini durante la festa della Patrona di Nuoro. Questo genere di ostelli, noto come "Cumbessias", sono tipici della Sardegna ed i più antichi risalgono al periodo della dominazione bizantina. Sulle fiancate vi sono infine loggette che interrompono, alleggerendolo, il volume massiccio della costruzione. L'edificio sacro ha pianta rettangolare e presenta un presbiterio quadrato. Il soffitto è costituito da una volta a botte. L'altare maggiore è sopraelevato di un metro e mezzo rispetto alla navata. Pregevoli dipinti, raffiguranti i 12 Apostoli, i Profeti, alcuni brani delle Sacre Scritture ed episodi dell'edificazione della Chiesa, sono conservati nel Santuario. Risalgono al XVIII secolo: sono stati realizzati su intonaco, poi imbiancato a calce fresca, con terre colorate, secondo una tecnica sarda molto peculiare anche nell'effetto. Nel 1720 l'area ecclesiale ospitò una residenza dei Gesuiti. Sotto il pavimento venne ritrovata la sepoltura di una persona di sesso maschile, probabilmente il costruttore della chiesa Nicolau Ruju Manca.

    Le altre antiche "cresias"


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    Chiesa della Solitudine
    che ospita le spoglie
    di Grazia Deledda


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    Tomba di Grazia Deledda

    150px-Monte_Ortobene_2009_050
    Dedica alla Vergine nella
    chiesa del Monte Nero

    • Chiesa di Santa Croce (Santa Ruche) - chiesa del XV-XVI secolo, antica sede di una confraternita, prossima alla piazza Su Connottu nel quartiere di San Pietro. All'interno una piccola cupola, archi in trachite a sesto acuto, un Cristo di scuola fiorentina del Quattrocento, ed un Cristo in croce di fattura spagnola di probabile datazione cinquecentesca.
    • Chiesa del Salvatore (Su Serbadore) - edificata prima del XV secolo ha subito numerosi restauri che ne hanno stravolto gli esterni. Furono inoltre abbattute nel novecento le cumbessias che servivano come appoggio per i pellegrini della festa de Su Serbadore.
    • Cappella di San Giuseppe - facente parte del convento francescano dei Minori Osservanti (ordine soppresso nel 1866), intitolato a San Paolo e risalente al 1593 a seguito della donazione del Barone di Orosei don Gabriele Manca per una promessa al visitatore generale dell'ordine, P. Luigi de la Cruz. Il convento sorse in un'area periferica del borgo, vicino alla più antica chiesa di San Paolo fatta edificare nel 1572 dal Pievano di Nuoro don bartolomeo Manca. Il Convento divenne un centro culturale essendo accompagnato da una scuola che istruì alcuni giovani nuoresi nella retorica, filosofia e teologia.
    • Chiesa di San Carlo (Santu Caralu) - La semplice chiesetta, un oratorio in realtà, era frequentata dallo scultore Francesco Ciusa, la cui casa natale si trova proprio di fronte. All'interno del tempio si trova la tomba dell'artista, sopra la quale è collocata una delle copie della famosa scultura La madre dell'ucciso, opera con la quale Ciusa vinse la Biennale di Venezia nel 1907.
    • Chiesa della Madonna della Solitudine (sa Solidae) - La chiesetta, cara al premio Nobel Grazia Deledda, che la cita nelle sue opere, si trova sulla strada che conduce al Monte Ortobene, immersa nel verde. Di origine seicentesca, è stata demolita e ricostruita negli anni Cinquanta; ospita la tomba della Deledda.
    • Chiesa di Santa Maria di Valverde (N.S. de Balubirde)
    • Chiesa della Madonna del Monte Nero (Virgin 'e monte) - Come si legge su una lapide esposta sopra l'ingresso, fu costruita in soli 30 giorni e dedicata alla Madonna del Monte Nero dai Fratelli Pirella (Melchiorre, insegnante e canonico a Cagliari, successivamente vescovo di Bosa e Ales; Giovanni Angelo e Pietro Paolo, sacerdoti, tutti e tre nativi di Nuoro) il 26 aprile 1608; narra la leggenda (riportata anche nel romanzo "Cosima" di Grazia Deledda) che uno dei fratelli, di ritorno dal santuario della Madonna del Monte Nero vicino a Livorno, si trovò in mezzo ad una tempesta, e promise di costruire una chiesa sulla prima cima dell'isola che avesse visto se si fosse salvato. È situata nel parco del Monte Ortobene a circa 900 metri d'altitudine. Oggetto di un grave atto di vandalismo nel 2002, è ancora in attesa del completamento dei lavori di restauro.
    • Chiesa di San Leonardo (Santu Lenardu) - Nostra Signora del Carmelo, in via Massimo d'Azeglio.

    Chiese scomparse o diroccate

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    L'antica Chiesa delle Grazie

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    Monastero delle Carmelitane
    Scalze e chiesa di Salvatoris
    Mater, opera di Savin Couëlle

    • San Mamiliano (Santu Milianu) - Viene citata come chiesa di San Julian e Sant'Emiliano – chiesa diroccata già nel XVII secolo.
    • San Nicola - In via San Nicola sorgeva una chiesetta il cui altare è stato trasferito nel XVII secolo presso N.S. delle Grazie.
    • Santa Maria Maddalena (Sa Piedade) - era in via della pietà.
    • San Pietro e Lucas (Santu Pedru) - sorgeva in via chironi di fronte alla nuova chiesa del Rosario.
    • San Lucifero (San Luziferu) - In via Roma, angolo via Marconi. La facciata in mattoni è stata rinvenuta sotto l'intonaco della casa in via Marconi.
    • San Giovanni (Santu Jubanne) - era presso piazza San Giovanni.
    • Sa Purissima (de la Purissima Conception) - fu una delle antiche cattedrali di Nuoro, edificata presso Corso Garibaldi (Bia Majore). nel XIX secolo al suo posto fu edificato il Municipio, poi sostituito dalla sede del Banco di Sardegna.
    • Sant'Elena (Santa Elene) - presso via Mons. Bua (Bar Cambosu)
    • Santa Barbara - in via S. Barbara presso l'artiglieria.
    • Sant'Angelo - viene citata nel dizionario del Casalis, insieme con Santa Barbara
    • Santa Lucia (Santa Luchia) - era in Via Deffenu.
    • Santa Orsola (Sant'Ursula) - era in Via Irillai.
    • Sant'Onofrio (Sant'Unofre) - era sul colle omonimo
    • Santa Marina - sempre sul colle sant'Onofrio
    • chiese campestri tra Valverde e Marreri: N.S. de sa Itria, Santu Jacu, Santu Gabinzu, Santu Tederu, Santu Tomeu, Santu Larentu, Santu Micheli. - I ruderi si trovano alle pendici settentrionali del M. Ortobene.
    • chiese campestri Prato sardo: San Marco Evangelista; Ispiridu Santu.

    Chiese moderne
    • Chiesa della Madonna delle Grazie - Si trova praticamente nel centro geometrico della città, proprio all'inizio del Corso Garibaldi.
    • Chiesa di San Giuseppe - Costruita relativamente da poco (negli ultimi 50 anni), ha una caratteristica immagine data dall'intera struttura in mattoncini rossi sporgenti.
    • Chiesa di San Domenico Savio, gestita dai Salesiani di Don Bosco
    • Chiesa di Salvatoris Mater, opera dell'architetto francese Savin Couëlle è gestita dalle carmelitane scalze dell'adiacente convento situato sulla collina di Cucullio a circa 650 mt. s.l.m..
    • Chiesa di San Paolo - Da poco fuori questa chiesa si può vedere un bellissimo panorama verso i quartieri di Città Giardino e Città Nuova.
    • Chiesa del Sacro Cuore di Gesù
    • Chiesa del Rosario - Nel quartiere San Pietro, a due passi dalla casa di Grazia Deledda. Venne edificata di fronte all'antica chiesa di San Pietro che non esisteva già più all'epoca del Casalis.
    • Chiesa della Beata Maria Gabriella - Situata nella periferia più estrema, a pochi passi dal Carcere di Badu 'e Carros e dalle difficoltà che esso porta, la parrocchia è stata completata appena nel 1999. È realizzata in stile moderno. La chiesa è dedicata alla Beata Maria Gabriella Sagheddu, nata a Dorgali.

    Siti archeologici - Nuraghe
    • Nuraghe Biscollai • Nuraghe Corte • Nuraghe Costiolu • Nuraghe Curtu • Nuraghe Dèo • Nuraghe Durgulileo • Nuraghe Feghei • Nuraghe Fenole • Nuraghe Fontana de Litu • Nuraghe Gabutele • Nuraghe Gurturiu • Nuraghe Jacupiu • Nuraghe Loddune • Nuraghe Loghelis • Nuraghe Monte Gurtei • Nuraghe Murichessa • Nuraghe Murzulo • Nuraghe Noddule • Nuraghe Nurdole • Nuraghe Nuschele • Nuraghe Orizanne • Nuraghe Pradu de Leo • Nuraghe Pedra Pertusa • Nuraghe S'Abba Viva • Nuraghe Sa Murta • Nuraghe Tanca Manna • Nuraghe Soddu • Nuraghe Sodduleo • Nuraghe Su Riu de Su Salighe • Nuraghe Su Saju • Nuraghe Tertilo • Nuraghe Tres Nuraghes • Nuraghe Tigologoe • Nuraghe Ugolio.

    Monumenti


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    "Sa Conca", casa nella roccia

    • Piazza Sebastiano Satta (Costantino Nivola);
    • Statua del Redentore, eretta nel 1901 (sul Monte Ortobene);
    • Scultura "Madre dell'ucciso" (Francesco Ciusa) (nella chiesa di San Carlo);
    • Porta della Città;
    • Porta della Barbagia con Madre mediterranea (Pietro Cascella);
    • Sa Conca, rifugio sotto roccia utilizzato come ovile (sul Monte Ortobene);
    • Rocciai del Monte Ortobene – monumenti naturali;
    • Omaggio a Grazia Deledda – monumento dell'artista Maria Lai, presso la Chiesa della Solitudine;


    Piazza Sebastiano Satta


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    La Piazza Sebastiano Satta con alcune
    delle sculture di Costantino Nivola

    La piazza-monumento è posta al centro di Nuoro fra il corso Garibaldi e il rione di Santu Prédu. Si tratta di piazza ideata da un importante artista contemporaneo. L'idea di utilizzare questo spazio, la vecchia piazza Plebiscito, per onorare il "vate di Sardegna", Sebastiano Satta (1867-1914), venne infatti perfezionata nel 1967 con l'incarico allo scultore oranese Costantino Nivola (1911-1988), reduce dall'esperienza americana a contatto con architetti come Le Corbusier o Saarinen. Nivola iniziò ad eseguire una serie di schizzi e scelse la strada minimalista con l'inserimento di piccole rappresentazioni in bronzo in giganteschi massi granitici provenienti dal monte Ortobene, anche al fine di legare il paesaggio urbano e quello del Monte visibile sullo sfondo della piazza. La piazza è di forma irregolare e pavimentata da piccole pietre di granito bianco squadrate, da cui sembrano nascere panche formate da parallelepipedi regolari dello stesso materiale. Le indicazioni simboliche emergenti dalla piazza rimandano alla cultura sarda, antropologica e arcaica. Nelle cavità protettive e allusive delle rocce la figura del poeta, rappresentata da otto piccole statue in bronzo, vi trova accoglienza, esaltazione fantastica o riposo. Qui la personalità di Sebastiano Satta è ripresa nei suoi diversi aspetti, umani e artistici. Nivola ha preteso l'intonaco e il bianco calce negli edifici circostanti per dare ampiezza, luminosità e semplicità all'architettura casuale degli abitati, tra i quali si riconosce la stessa casa in cui visse il poeta.

    Il Monte Ortobene


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    Vista dei boschi

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    Uno scorcio del Monte Corrasi

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    La statua del Redentore

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    Nostra Signora 'e su monte

    L'Ortobene è il monte dei nuoresi per eccellenza. Accoglieva tra i suoi boschi e i suoi graniti antichi abitati medioevali come Gortove(ne) (Ortobene), e Séuna lungo le rive del ruscello "Ribu de Séuna". Luogo di grande pregio paesaggistico e naturalistico, le sue fresche foreste sono meta di escursioni ad un passo dalla città. Offre inoltre grandi suggestioni in occasione delle nevicate invernali. La vetta raggiunge i 955 m s.l.m. In cima si raggiungono diversi belvedere ampiamente panoramici sul Monte Corrasi di Oliena, verso il Supramonte, il Gennargentu ed il mare. Importante e suggestivo è quello che ospita la statua del Redentore, opera di Vincenzo Ierace, cui è ispirata l'importante sagra folkloristica di fine agosto. La flora e la fauna sono quelle tipiche della Sardegna centrale, con boschi di lecci, volpi, cinghiali, ghiri, falchi e persino una coppia di aquile reali. Di rilevante interesse turistico ed antropologico è la cosiddetta "sa conca", una residenza rurale suggestiva e unica ricavata all'interno di un enorme masso di granito cavo e di forma sferica, situato sul ciglio della strada che porta al parco di "Sedda Ortai". Sempre nella zona di "Sedda Orthai", si trovano le tracce di un antichissimo villaggio (e di fortificazioni) del periodo alto medioevale. Ai piedi del monte in località Borbore si trova una interessante zona archeologica dove vi sono ancora varie Domus De Janas (secondo la tradizione "case delle fate"), necropoli risalenti al Neolitico finale (cultura di Ozieri, 3200-2800 a.C.) ed Eneolitico (cultura Monte Claro, 2400-2100 a.C.). In cima si trova l'antica chiesa campestre di Nostra Signora 'e su Monte. Presso le pendici settentrionali del Monte vi sono ulteriori tracce del vissuto storico dell'uomo come il santuario di Valverde, i ruderi delle chiese di Sa Itria e di Santu Jacu, che presentano ancora i muri perimetrali e le basi degli archi in granito, infine le tracce della Chiesa di Santu Tomeu. Queste strutture religiose, insieme al mulino ottocentesco sito in località "Caparedda", meriterebbero interventi di recupero e restauro. Interessanti, infine, i numerosi "rocciai", cumuli naturali di massi granitici, nati con l'erosione dei venti, che assumono spesso forme inusuali come ad esempio le rocce dell'Orco, o quella della spugna.

    Il borgo di Lollove
    Si tratta di un borgo di origini medievali, isolato, abitato da poche decine di residenti, sospeso nel tempo e nel silenzio. Oggi questo minuscolo gruppo pittoresco di case costruite all'autentica ed antica "maniera sarda" regala un'atmosfera affascinante. Fra i ruderi abbandonati e le poche case abitate si erge la chiesetta seicentesca della Maddalena, in stile tardo-gotico, con archi a sesto acuto in trachite rossa. Nel villaggio non vi è alcun tipo di attività commerciale. Si tramanda la leggenda che il borgo venne colpito dalla maledizione di alcune suore fuggite a causa della relazione carnale di qualcuna di esse con i pastori: “Sarai come acqua del mare; non crescerai e non morirai mai”. Dal Dizionario Angius Casalis si apprende che: I lollovesi sono nella diocesi di Nuoro, e curati nello spirituale da un solo prete. La chiesa parrocchiale di antica struttura è sotto l'invocazione di s. Maria Maddalena. Il principale del paese la crede edificata da' goti, perché la campana ha una iscrizione in caratteri gotici! Le feste principali sono per la titolare, per s. Biagio, e per s. Eufemia. Come non hanno ospiti, così se la godono essi soli quasi in famiglia e ballano a coro di voci. Il cimiterio è contiguo alla chiesa e sta fuori dell'abitato a pochi passi. Quanti nascono, tanti muojono in questo paese. I numeri del movimento della popolazione sono nascite due, morti due, matrimonii due.

    Musei
    • Museo Deleddiano ("Museo di Grazia Deledda")
    • Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari sarde ("Museo del costume" o Museo etnografico)
    • Museo archeologico Nazionale – mostra reperti dal 500.000 a.C. sino al basso Medioevo. Vi si ritrovano anche varie ricostruzioni archeologiche tra cui la vasca lustrale di Sedda 'e sos carros di Oliena.
    • Museo d'arte della provincia di Nuoro (MAN) – ospita mostre temporanee internazionali oltre ad una collezione permanente di importanti artisti sardi del XIX e XX secolo.
    • Museo Ciusa - Tribu – ospita la collezione di alcune tra le più famose sculture di Francesco Ciusa.

    Teatri
    • Il Teatro Eliseo, da poco ristrutturato: spettacoli di teatro e cinema.
    • Il cine-teatro dell'oratorio "Le Grazie", attualmente chiuso.
    • L'anfiteatro Fabrizio De Andrè, tra i teatri all'aperto più grandi della Sardegna; ospita numerosi concerti durante l'estate.
    • Il teatro del Museo Etnografico di Nuoro: numerosi dibattiti e spettacoli teatrali.
    • Auditorio della Biblioteca "Sebastiano Satta", ospita stabilmente numerose presentazioni di libri, e numerosi dibattiti.

    Personalità legate a Nuoro
    • Salvatore Cambosu, scrittore e giornalista
    • Francesco Ciusa, scultore
    • Elettrio Corda, scrittore e storico
    • Attilio Deffenu, giornalista
    • Grazia Deledda, scrittrice, premio Nobel per la letteratura nel 1926
    • Sebastiano Guiso, fotografo
    • Marcello Fois, scrittore, commediografo e sceneggiatore
    • Paolo Fresu, musicista
    • Maria Giacobbe, scrittrice
    • Flavio Manzoni, designer e architetto
    • Salvatore Mannironi, politico
    • Piero Marras, musicista
    • Mario Melis, politico
    • Bruno Murgia, politico
    • Franco Oppo, compositore
    • Gonario Pinna, avvocato, saggista e scrittore
    • Giovanni Pintori, pittore e designer
    • Massimo Pittau, linguista e glottologo
    • Antonio Ruju, pittore e poeta
    • Pasquale Ruju, fumettista e doppiatore
    • Salvatore Satta, giurista e scrittore
    • Sebastiano Satta, poeta, scrittore, avvocato e giornalista
    • Salvatore Sirigu, calciatore
    • Sebastiano Mannironi, sollevatore di pesi, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Roma 1960
    • Nardino Masu, sollevatore di pesi

    Cittadini onorari di Nuoro
    • Licinio Contu (medico di fama internazionale)
    • Paolo Fresu (trombettista e compositore)
    • Giovanni Lilliu (archeologo)
    • Gianfranco Zola (calciatore)
    • Don Luigi Ciotti (sacerdote attivo nella lotta alla mafia)
    • Giovanni Floris (giornalista, figlio di padre nuorese).


    Edited by Simona s - 15/7/2013, 16:06
     
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  2. Isabel
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    Chiesa della Madonna delle Grazie

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    - Fonte -

    La chiesa della Madonna delle Grazie (detta vecchia o antica, per distinguerla dalla nuova chiesa, edificata negli anni cinquanta del XX secolo) si trova a Nuoro, nell'antico quartiere di Seuna. Fu costruita verso la fine del XVII secolo, infatti risulta che il 22 ottobre 1679 il vescovo di Alghero Francesco Lopez de Urraca abbia concesso a Nicolau Ruju Manca la "permissione di poter fabbricare una chiesa in onore della Vergine delle Grazie di Nuoro". Per la pianta l'edificio si attiene agli schemi tardo gotici, mentre per le decorazioni e gli elementi formali vi è una commistione fra componenti tardogotiche e di ispirazione manierista.

    Descrizione


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    Particolari del portale e del rosone

    250px-Nuoro_-_affresco_delle_Grazie
    Chiesa delle Grazie vecchia. Affreschi

    L'edificio ad aula, voltato a botte, ha pianta rettangolare con presbiterio quadrato e sopraelevato di un metro e mezzo rispetto alla navata. Il portale in facciata è evidenziato da un frontone in trachite di gusto manierista, composto dal timpano con nicchia, che poggia su un architrave diviso in specchi da due cornici, e sorretto da due semicolonne. Il capitello di una delle lesene presenta decorazioni con figure zoomorfe e floreali di gusto tardogotico, come il rosone, anch'esso in trachite e di ottima fattura e molto simile ai rosoni delle chiese di San Mauro a Sorgono e di san Gavino a Gavoi. Nello spazio fra l'architrave e la base del timpano vi è un'iscrizione in latino che riporta la dedica alla Madonna delle Grazie, il nome del committente Nicolau Ruju Manca ed il suo desiderio di essere sepolto all'interno della chiesa. Sotto il pavimento venne ritrovata la sepoltura di una persona di sesso maschile, a conferma che il suo desiderio fu esaudito. La facciata è conclusa in alto con una da una cimasa curvilinea e sul lato destro, inglobata nella muratura, si erge una torretta sulla quale svetta un campaniletto a vela. Alla chiesa si accede tramite una scala di granito, ma vi è un secondo ingresso che si apre nella fiancata laterale sinistra della Chiesa, il quale si presenta con stipiti in trachite rossa e sovrastato da una nicchia, con logiche decorative tardo rinascimentali. Un terzo ingresso è collocato sul lato destro della chiesa che conduceva ad una sorta di chiostro con un porticato (cumbessias), che fungeva da ostello per i pellegrini durante la festa della Patrona di Nuoro. Sulle fiancate vi sono infine loggette che interrompono, alleggerendolo, il volume massiccio della costruzione. All'interno vi sono dei pregevoli affreschi, risalenti al XVIII secolo, dove sono raffigurati i 12 Apostoli, i Profeti, alcuni brani delle Sacre Scritture. Nel 1720 l'area ecclesiale ospitò una residenza dei Gesuiti.


    Edited by Simona s - 15/7/2013, 16:10
     
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