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Belcastro

Provincia di Catanzaro

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    Belcastro

    belcastroi

    Belcastro è un comune di 1.374 abitanti della provincia di Catanzaro, a 495 metri s.l.m., con un territorio comunale esteso per 52,78 km².

    Storia

    - Info -

    La città di Belcastro, che si estende dal versante sud-orientale della Sila Piccola al Mare Jonio tra i comuni di Andali, Cerva, Petronà, Mesoraca, Marcedusa, Botricello e Cutro, sorge su di uno sperone boscoso del fianco sinistro del fiume Nàsari, prima che questo affluisca nel fiume Crocchio, la cui grande e rigogliosa vallata trovasi al margine ovest del Marchesato. La Marina, posta tra Botricello e il fiume Tacina, si affaccia non contaminata sullo Jonio. Belcastro si raggiunge facilmente seguendo la SS.106 jonica, che da Catanzaro Lido muove verso Crotone, svoltando per la SP.5 non appena arrivati a Botricello (Bivio Botro). Le sue origini si perdono nel Neolitico (4000 a.c.). Fonti accreditate la collegano con la magnogreca Koni, fondata nel VII sec. a,c, da Filottete, legendario eroe troiano, al pari di Crimissa e Petelia. Fu alleata di Roma contro Cartaginesi, Sanniti, Etruschi, Fenici ed Italici per difendere i suoi commerci nel Mediterraneo orientale, fino a diventare con il passare del tempo vero e proprio presidio romano sul versante jonico dell'Italia Meridionale. Divenne sotto Bisanzio Paleocastrum (vecchio castello) e il Patriarca di Costantinopoli nel VIII secolo vi insediò la Sede Vescovile. Il nome Geneocastrum, datole dai Longobardi che aiutarono i Bizantini a scacciare i Saraceni dal vecchio castello sul finire del primo millennio (934 d.c.), deriva probabilmente dal fatto che venne edificato un nuovo ed imponente castello sulla rocca prospiciente il vecchio, già distrutto dalla guerra, proprio laddove sorgeva un antico tempio romano dedicato al Genio di Castore e Polluce, assai venerati dalla gente, specie dalla dama regnante e donne del luogo (Gynecocastrum). mPoco si sa del periodo che precede il Medioevo. Certo è che molta fu l'influenza di Roma prima e Bisanzio dopo, che senza alcun dubbio lasciarono segni indelebili sul costume e sulle strutture del luogo. Con l’avvento dei Normanni e il successivo legame di costoro con i Longobardi di Capua e di Salerno, i d’Aquino vi si insediarono quali feudatari, portando a compimento la costruzione del Castello e della Cattedrale di San Michele Arcangelo. Atenolfo, principe longobardo di Capua e capostipite dei d'Aquino, che già contavano numerosi possedimenti nel Meridione, dal Lazio alla Calabria, fu il primo Conte di Geneocastren già nei primi anni del XII sec., titolo che venne temporaneamente loro tolto soltanto nella prima metà del XIII sec. da Federico II per ragioni politiche e poi ridato insieme ai beni confiscati. Nell’ottobre del 1226, da Landolfo d'Aquino, signore di Belcastro e di Loreto, e da Teodora Caracciolo (Loritello), figlia del conte di Teate e principessa di Barbaro, che erano in Città per motivi politici (in incognito) e commerciali (per perfezionare l’acquisto del feudo di Botro), nacque Tommaso d’Aquino, destinato a diventare il più santo dei Dotti e il più dotto dei Santi. Altre città rivendicano questo vanto, ma nessuna è in grado di dimostrarlo come Belcastro. A battezzarlo fu Bernardo, vescovo di Geniocastro, che di sicuro nel 1221 prese parte alla consacrazione della Cattedrale di Cosenza, e madrina fu la nobildonna del luogo Eleonora Staffa. Mentre gli anni che precedettero l'egemonia dei d'Aquino furono caratterizzati dalle continue e sanguinose incursioni dei Saraceni, da cui i Belcastresi si seppero difendere con coraggio e temerarietà, grazie anche alle gesta prodigiose di cavalieri come Cesare Cavallo, gli anni successivi al loro dominio furono segnati dalle lotte fratricide tra Angioini ed Aragonesi per il dominio della Calabria. In questo periodo, tra il XIV e il XVI secolo, Bellicastrum, così rinominata nel 1330 da Re Roberto d’Angiò per gratificare i meriti del conte Tommaso d’Aquino, pronipote del Santo, più che per la sua amenità, si distinse ancora per gagliardia e sete di libertà. Ospitò anche il Centelles durante la sua ribellione, ma presto fedele alla casa d’Aragona se ne liberò, guadagnandosi il privilegio della demanialità, da parte dei Re Alfonso e Ferdinando I d’Aragona, che emanarono sul posto un regio decreto all'uopo. Dopo i d’Aquino e fino al XVIII sec., numerosi tra conti, duchi e baroni si susseguirono al governo della cittadina, lasciando impronte del loro passaggio. Primi fra tutti i Falluch-Loritello, imparentati con i d'Aquino, cui successero i Sanseverino, spodestati nel 1401 dai de Viterbo. Nel 1426 Belcastro pervenne in casa di Covella Ruffo Sanseverino e vi rimase fino al 1460, anno in cui s'impadronì del feudo Ferrante de Guevara e, successivamente, dopo un breve dominio di Federico d'Aragona, passò a Giangiacomo Trivulzio. Nel 1500 Re Federico la dava a Costanza d'Avalos d'Aquino, duchessa di Francavilla ed in tale periodo Belcastro conobbe grande fulgore, contando 7000 fuochi. Poi venne alienata a Ferrante d’Aragona, duca di Montalto, il cui figlio Antonio la vendette nel 1575 a Gianbattista Sersale di Cosenza, barone di Sellia, i cui discendenti nel 1644 divennero Duchi di una Belcastro, però, già in declino e distrutta da pesti e terremoti. Nel 1676, per successione femminile, passava ai Caracciolo di Forino d’Ischia i quali nel 1715 la cedevano ai Poerio di Catanzaro che la tenevano quale baronia fino al 1746, anno in cui la vendevano ai de Mayda di Cutro, i quali nel 1755 la restituivano ai Poerio. Ed è proprio nel dominio di questa famiglia che si chiude il periodo feudale (1806), che aveva visto all’opera uomini e famiglie illustri dal letterato Lucio d’Orsi, ai prelati Michele Pitirri, Orazio Schipani, Antonio Ricciulli, Alessandro Papatodaro e Tommaso Fabiani, dai nobili ed antichi Diano, fondatori dell’omonimo Monte dei Maritaggi per prestiti ai poveri, ai notabili Tacina, Scarrilla, Sammarco, Castellana, Gargano, Spirone, Morelli, Fiorino e Verrina ai maestri d’arte Carpanzano, Carrozza, Nicoletti e altri, ma soprattutto a Tommaso d’Aquino e Sant’Antero Papa. Il 6 gennaio del 1775 vi nacque anche Giuseppe Poerio, destinato a divenire <primo nel Foro e nel Risorgimento>, che non poco perciò avrebbe dovuto influire sugli avvenimenti postumi della cittadina. Nel 1799, infatti, i Belcastresi, incoraggiati dallo spirito libertario e repubblicano dell’ultimo feudatario, il barone Alfonso Poerio, zio di Giuseppe, raccogliendo lo spirito di rinnovamento nella libertà sorto dalla rivoluzione francese, piantarono l'albero della libertà, un bagolaro detto milicuccio, che ancora oggi si erge superbo nella caratteristica ed omonima piazzetta, adiacente Palazzo Poerio. Ma presto forte fu la reazione borbonica che si concluse con il sequestro del feudo, ordinato dal Cardinale Fabbrizio Ruffo. Il Generale Championnet l'assegnò al Cantone di Catanzaro. La legge francese del 1806 ne fece un Distretto, comprendente i luoghi di Simbario, Sellia, Soveria, Cropani, Sersale, Zagarise, Andali, Arietta, Marcedusa, Cerva, Cuturella e Crichi. Nel 1811 Belcastro fu inclusa nel circondario di Cropani e nel 1818,dopo circa un millennio, venne soppressa anche l'antica Diocesi. Confusa con l’epopea risorgimentale, alla quale Belcastro diede il suo onorevole contributo per il tramite dei patrioti Michele Galati de Diano (che divenne nel 1861 il primo sindaco del Regno nella cittadina), Giuseppe Gualtieri, Andrea Rivoli, Tommaso Trivolo e Fortunato Mazza, crebbe anche allora una sottile e virulenta lotta per il potere, che vedeva per la prima volta nella storia di Belcastro coinvolte le classi emergenti della nuova società, dagli artigiani agli agrari, la borghesia nascente in altre parole, che cercava a tutti i costi di sostituirsi alla vecchia nobiltà feudale decaduta. Il secolo XIX è, infatti, costellato di episodi di lotte fra le famiglie emergenti che, imparentate con il vecchio notabilato, mascheravano le ambizioni di rivalsa di quest’ultimo, tentando la conquista del potere. Così si susseguirono al potere i Cirillo, i Gimigliano, i Tallarico, i Galati, i Pisani ed i Ciacci, i quali ultimi, sul finire del secolo, s’insediarono alla guida del paese restandovi per circa un quarantennio, fino cioè agli inizi del secondo conflitto mondiale. E fu proprio In questo periodo (1895-1934), grazie alla stabilità amministrativa, che la cittadina transitò nell’era moderna. Fiorirono, infatti, varie industrie di tipo artigianale come l'allevamento del baco da seta, le cave di gesso e di travertino, di sale, le sorgenti di acque saline (Spago, Caria Baloneo). Parimenti si svilupparono un cospicuo patrimonio zootecnico (ovini, bovini e suini), la coltivazione di erbe medicinali, del lentischio, del gelso, dell'ulivo, la lavorazione di tessuti e pelli e, infine, varie attività professionali (medici, farmacisti, ecc.), artigianali (sarti, falegnami, barbieri, calzolai, muratori, forgiari, fornai, ecc.) ed artistiche, dai vasai agli intarsiatori del legno, che nell'insieme facevano da giusta e decorosa cornice alla rinascita sociale, politica, culturale ed economica del paese, che andava annotando così un discreto incremento demografico, passando dai 1400 ab. circa del 1901 ai quasi 2500 del 1936, riuscendo a contenere sensibilmente il forte flusso migratorio di quel periodo, specie verso le Americhe ( v. ISTAT). Anche la scuola ebbe una buona implementazione e l'arte venatoria raggiunse l'apice. Ma appartiene a tale periodo anche la costruzione del Cimitero (1905), così come della strada rotabile, l'attuale provinciale di collegamento con la vecchia Jubbica, l'attuale SS. 106 (1921-1933), della rete idrica e fognante (1923) e di quella elettrica (1930). Nel 1927 appariva anche la prima toponomastica, ancora in vigore. Nel 1893, inoltre, i dottori Tommaso Ciacci, Mariano Cirillo e Giuseppe Nicoletti compaiono tra i fondatori della prima associazione dei Medici - Chirurghi della Provincia di Catanzaro. Nel 1926 moriva a soli 56 anni il farmacista Luigi Ciacci, da un mese soltanto nominato primo podestà del paese dopo esserne stato sindaco per quasi tutto il primo quarto del secolo, tra i rimpianti di tutta la cittadinanza, che per le sue benemerenze gli tributò, per bocca del suo vice Gennaro Gimigliano, il nome di <papà Belcastro>. Il nipote, Comm. Vittorio Ciacci, divenne nell'aprile del 1947 primo Sindaco della nuova ed attuale epoca repubblicana, a meno di un anno dopo della battaglia referendaria, che invero vide nella cittadina la Monarchia superare la Repubblica con 817 a 113 voti.

    - Info -

    Belcastro è una “bella città”, o una “vecchia città”, secondo la denominazione più antica. Ha radici lontanissime, risalenti alla Magnagrecia. è la città natale di S. Tommaso d’Aquino e Giuseppe Poerio. E ha dato molto all’Italia cristiano-cattolica e laica. è stato un feudo medievale e una sede vescovile. Si conserva, quindi, come un palcoscenico di monumenti storici, di varie epoche, che possono vantare ben pochi paesi della Calabria. è un tuffo nel passato impreziosito da perle, tutt’ora visibili. Come il mastio del castello dei Conti d’Aquino, come il palazzo della famiglia Poerio. E altre ancora. Vedi l’arte. Belcastro è, ancora, la città dell’olio, sopraffino, che solo un paese collinare può regalare, dopo tanta fatica naturalmente. Si affaccia anche sul mare, un lembo di terra raggiunge il mare Ionio, è Fieri, o “Condoleo”. Ma, soprattutto, Belcastro è un Luogo che ha Storia, Teoria, Ricordo e Ospitalità.

    Siti di interesse
    • Castello dei Conti d’Aquino (XI-XIV sec.)
    • Cattedrale di San Michele Arc. (XI sec.)
    • Chiesa della SS. Annunziata (XV-XVI sec.)
    • Chiesa di S. Maria della Pietà (XVI-XVII sec.)
    • Cappella di S.Tommaso d’Aquino (XIV)
    • Cappella di San Rocco (XVII sec.)
    • Palazzo Poerio (XVI-XVIII sec.)
    • Ruderi della Chiesa e Convento di San Francesco (XV sec.)
    • Ruderi della Chiesa di S. Maria della Sanità (XVI sec.)
    • Ruderi del Castellaccio (Paleocastrum, VII-IX sec.).

    Personalità legate a Belcastro
    • Fra' Giovanni Fiore da Cropani, storico calabrese del XVII secolo, nella sua opera Della Calabria illustrata sostiene che San Tommaso D'Aquino sia nato a Belcastro; una tesi sostenuta anche da Gabriele Barrio nella sua opera "De antiquitate et situ Calabriae" e da Padre Girolamo Marafioti, teologo dell'ordine dei Minori Osservanti nella sua opera "Croniche ed antichità di Calabria".
    • Belcastro è la patria del patriota Giuseppe Poerio

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    Castello Conti D'aquino

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    Rudere Di Un Campanile

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    Duomo

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    Belcastro Marina dall'alto

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    Belcastro Marina spiaggia

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    Belcastro Marina mare



    Edited by terryborry - 26/6/2012, 15:02
     
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    Castello dei Conti D'Aquino

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    - Info -

    «Recentemente restaurato, con al centro il poderoso Mastio quadrilatero a tre piani (m2 8 x 10), un tempo torre normanna; i resti delle muraglie perimetrali con torrette quadrangolari, cilindriche e semicircolari (ruderi dei sec. XIII-XV) delineano la pianta del castello. Di notevole interesse è la Cappella, costruita (1334) sulle rovine della Camera dove nacque s. Tommaso d’Aquino, come risulta dall’istrumentum di richiesta dei fedeli per questa costruzione al vescovo protempore Gregorio, rogata dal notaio apostolico Girolamo Cavallo, in occasione della canonizzazione del Santo. Ne cortile del castello vi era anche la magella del pozzo, in pietra a coronamento esagonale, con stemmi scolpiti (sec. XIV) e che adesso è stata collocata presso l’ex cattedrale come fonte battesimale».



    Ruderi del Castello Bizantino

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    «Resti del castello bizantino: sul colle Timpe (Rupe) sono ancora visibili la torre d’entrata di chiaro rifacimento medievale e spezzoni della cinta muraria».


    Torre di Magliacane

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    «Oltre alle torri di guardia marittime, costruite ed amministrate dalla Regia Corte, esistevano sul territorio considerato anche altre torri. La torre di Magliacane costruita sul feudo omonimo è ancora attualmente visibile, anche se in degrado. Essa è situata alla destra e presso la foce del Tacina in territorio di Belcastro».




    Palazzo Poerio

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    «L’imponente Palazzo Poerio, così detto dal nome degli ultimi feudatari, ma costruito dalla famiglia dei duchi Sersale, è chiamato volgarmente anche palazzo Cirillo. Fu edificato dal duca Francesco Sersale nel 1645, in seguito al terremoto di quell’anno che distrusse gran parte del paese ed il castello, provocando 61 vittime. L’edificio mostra all'esterno un portone arcuato incluso nella decorazione architravata fiancheggiato da colonne, finestre rettangolari profilate in pietra e cornicione ornato di dentellature, con facciata laterale in tufo coricata da balcone rinascimentale, probabilmente proveniente dai ruderi del castello; nell'interno cortile e scale arcate in pietra».
     
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