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Pallagorio

Provincia di Crotone

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  1. Isabel
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    Pallagorio

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    - Fonte -

    Pallagorio (Puhëriu in arbëreshë, Paragùriu in calabrese) è un comune italiano di 1.295 abitanti della provincia di Crotone. Sorge nella fascia collinare presilana a nord del Marchesato, ed è un paese arbëreshë di Calabria, che conserva la lingua, gli usi e le tradizioni proprie, ma non più il rito bizantino-greco.

    Storia

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    Il paesaggio alle porte di Pallagorio

    Il borgo e il territorio circostante hanno una storia antichissima. L'area territoriale risulta abitata sin dal neolitico; ne sono testimonianza le numerose grotte sparse nel territorio, in particolare assume interesse paleontologico la cosiddetta "Grotta di S. Maurizio". Nel secondo Millennio a.c., nell'area territoriale, venne ad insediarsi la popolazione enotrio-italica dei Coni, che lasciò rilevanti tracce della propria presenza, sia nella toponomastica che negli oggetti votivi rinvenuti in tutta l'area interessata. Resti archeologici rilevanti, (statue votive, anfore, tombe, mura) risalenti agli inizi del primo Millennio e rinvenuti nel territorio circostante il centro abitato, hanno indotto più di uno studioso a ipotizzare, in questo borgo, la sede dell'antichissima Chone, città italico-ellenica fondata, in età micenea, dall'eroe greco Filottete, e di cui parlano le fonti storiche (Strabone, Apollodoro). Al riguardo, merita rilievo segnalare, come, nell'area territoriale, posta a nord-ovest, del centro abitato, vi sono contrade che conservano tuttora il nome di "Chona": un'area conserva il nome di "terra di Cona" ed un'altra il toponimico di "Tre fontane di Cona". Il dato storico invece certo e sicuro è che agli inizi della fioritura della civiltà della Magna-Grecia, coloni greci avviarono una intensa colonizzazione dell'area territoriale in cui è situato il borgo, venendo, così, a fondare il paese: di tale periodo rimane memoria e testimonianza il nome del paese, di chiara derivazione ellenica (Palaios - Chorion: vecchio paese), la toponomastica ellenica di tutto il territorio circostante (Patamò, Coracciti, Gardea, Cona ecc.) e i rilevanti reperti archeologici (statue votive, anfore, suppellettili, tombe) rinvenute nelle contrade di Gardea, Coracciti, Prastinella, Suvero, S. Antonio, Monte Giudicissi, Cona. Merita rilievo segnalare, al riguardo, come nell'area sud-est del centro abitato vi è una zona che conserva l'antico nome di "Scea" o "Porta Scea", probabile porta d'ingresso dell'antichissimo borgo, ove sono stati rinvenuti resti di mura ed importanti reperti che testimoniano una presenza ellenica, sin dai tempi più antichi. In età romana, coloni latini si insediarono nell'area prospiciente il borgo, lungo la vallata del fiume Vitravo, avviando una intensa colonizzazione dell'area territoriale; di tale periodo rimangono testimonianza le significative tracce di resti di ville agricole latine rinvenute lungo tutto il corso d'acqua. In età medievale, il borgo, concentrato nelle contrade di "Valle" e "Cucinaro" assume il nome di "San Giovanni in Palagorio", ed è un casale con poche centinaia di abitanti, per lo più contadini, alle dipendenze dei Signori e della Diocesi di Umbriatico. Intorno la metà del XV secolo, soldati mercenari greco-albanesi, provenienti dall'Epiro, Morea e Peloponneso, sotto la guida di Demetrio Reres, si aggiungono alla popolazione locale, dopo aver combattuto nella guerra tra Angioini e Aragonesi. Dalla metà del Seicento, il borgo è oggetto di una intensa e continua migrazione di genti proveniente dai paesi dell'altopiano silano, attratti dalla fertilità del territorio, e dalla mitezza del clima. Il paese è poi feudo degli Spinelli sino alla fine del XVII secolo, quindi passa ai nobili Rovegno che lo tengono sino alla fine del Settecento. Nel 1799 viene riconosciuto casale autonomo con il nome di "S. Giovanni in Pallagorio" e compreso nel circondario di Corigliano. Dopo le vicende napoleoniche e la riforma murattiana, il paese, nel 1834 diventa Comune autonomo. Successivamente, seguirà le sorti dello Stato Borbonico e del Regno d'Italia. Il paese ha conservato sino alla metà del Seicento, oltre al rito cattolico-latino, il rito greco-bizantino dei soldati greco-albanesi; poi, la prevalenza della popolazione latina e la volontà delle autorità ecclesiastiche cattoliche fecero, via via, affermare il rito latino. Conserva, tuttora, la lingua arbëreshë, un idioma che alla base linguistica albanese, aggiunge un ricco lessico greco, con notevole impasto, negli ultimi cinque secoli, del dialetto calabrese.

    Monumenti


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    Chiesa Madre

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    Chiesa del Carmine

    • La Chiesa Matrice S. Giovanni Battista, di incerta età medievale, in stile romanico a tre navate, con abside bizantina, restaurata nel sec. XVIII; Facciata a spioventi con timpano e corpi laterali. Vi è una trifora sopra il portale e bifore ai lati, quella di sinistra porta due campane. Il portale è semplice ad architrave con modanature e lesene terminanti in volute joniche. L’interno è a tre navate. Gli arredi sacri sono stati asportati e trasportati a Santa Filomena. Il soffitto a capriate è stato rifatto di recente. Presenza di tondi fra i pilastri privi degli stucchi originari.
    • La Chiesa della Madonna del Carmine, del sec. XVI, in stile neo-gotico ad una navata, con campanile toscaneggiante, restaurata ed ampliata nel sec. XVIII;
    • La Chiesa di S. Filomena, del sec. XIX, in stile neoclassico con cupola neo-bizantina; La chiesa di S. Filomena è l'unica che ha una datazione precisa. Una lapide al suo interno testimonia che fu terminata nel 1859. Anche questa chiesa ha la sua singolare leggenda. È stata eretta per volontà dei coniugi Vitetta i quali, non avendo figli ed eredi, diedero tutte le loro proprietà alla chiesa di S. Filomena. Nel loro palazzo sarebbe avvenuto un miracolo. La statua di S. Filomena, in assenza dei signori Vitetta, avrebbe risposto ad una donna che cercava la signora, dicendo “Mamma non c'è” . In seguito a questo strano avvenimento fu eretta la chiesa di S. Filomena, e tutte le proprietà dei Vitetta (fra cui anche il loro palazzo, che corrispondeva all'attuale palazzo comunale), furono date alla Chiesa.
    • La Chiesa di S. Antonio, a pochi Km dal centro abitato, con strutture murarie originarie di probabile età medievale: fu piccolo convento abitato da monaci basiliani.
    • Campanile Chiesa del Carmine - Merita una menzione particolare il campanile, che si innalza maestoso sul lato nord della chiesa. Esso ricorda nella struttura la torre di Palazzo Vecchio a Firenze. Fu costruito, in mattoni, intorno al 1900, per interessamento dei Lorecchio con la collaborazione del popolo Pallagorese.
    Si trova fuori dall’abitato, su una strada che si inerpica per il monte Pomello. Di modeste dimensioni e dalla facciata semplice. L’interno è ad aula con soffitto ad incannicciata a vista, capriate di legno con monaco e rinforzi. Le travi di quercia originali sono un po’ deformate. Vi è anche una piccola conca in granito per l’acqua santa.

    Personalità legate a Pallagorio
    • Anselmo Lorecchio, patriota e poeta di lingua arbëreshë, direttore della rivista "La Nazione Albanese".
    • Ofelia Giudicissi, poetessa, pittrice e archeologa.

    Edited by Isabel - 4/11/2014, 10:58
     
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