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Guasila

Provincia di Cagliari

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    Guasila

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    Guasila (Guasìlla in sardo) è un comune italiano di 2.794 abitanti della provincia di Cagliari, nella regione della Trexenta.

    Storia
    di Salvatore Atzori

    - Fonte -

    La presenza umana nel territorio di Guasila è documentata già nell'età neolitica, quarto millennio a. C. La fertilità della terra e la disponibilità d'acqua incoraggiarono gli insediamenti che si svilupparono attraverso l'attività agricola, per consolidarsi ulteriormente in altri settori, come quello della tessitura, di cui sono testimonianza i toponimi di Pranu Linus e Mitza 'e su Linu, e quello estrattivo, documentato in Monti Sèbera. A questo periodo risalgono alcune testimonianze archeologiche come le Domus de Janas di Riu sa Mela, Santu Anni, Is Concas, verosimilmente Funtana Bangiu e la probabile esistenza di un piccolo villaggio a Is Brabarìscas, dove è stata rinvenuta una statuetta granitica della Grande Madre Mediterranea, così come in prossimità di Is Concas affiorano i resti megalitici di un edificio. La presenza dell'uomo risulta molto più consistente nel successivo periodo, quello nuragico (1600-535 a.C.), tanto da far presumere un fenomeno di esplosione demografica e di conseguente sfruttamento capillare del territorio. Ben quarantuno sono le località che conservano documenti riferibili a questa fase: villaggi, nuraghi e tombe. Basti pensare a Nuraddei, Riu Sippìu (Sa Tèllara), Nuraxi 'e Pau, Bruncu Mannu de Sébara, Grumus, Pranu Paùdu, Genna 'e Soli, Nuraxi 'e Carrogas, Bruncu s'Impiastra. Costruzioni megalitiche risalenti a questo periodo demarcano anche i confini con i Comuni limitrofi: Launessi, Accas, Monti Corona, Barru, Bruncu su Sensu, Sioccu. Al periodo nuragico risalgono anche il tempio a pozzo di Gùtturu Caddi e gli edifici sacrali di Cùccuru Figu e Perda de Fogu. Meno numerose sono le testimonianze del successivo periodo fenicio-punico (dalla metà dell'VIII secolo al 238 a. C.), limitate a quattro insediamenti: Funtana 'e Baccus, dove furono rinvenuti alcuni frammenti fittili, Bruncu is Arenas-Riu sa Mela, dove fu trovata una moneta di conio punico e una caratteristica necropoli punica, Pardu Estus, testimoniata da un'altra necropoli, e Sa Tèllara, da cui provengono alcuni frammenti di vasellame e due monete puniche. L'età romana (238 a. C.-476 d. C.) è documentata da trenta siti: piccoli borghi e semplici ville rustiche, talvolta costruiti sulle rovine di villaggi nuragici; furono allora riutilizzati anche alcuni nuraghi, come quello di Dei. I borghi più importanti dovevano essere quelli di Magalli, Nuraghe Dei, Santu Anni, Bàngius e Funtana Bàngiu. Molti di questi insediamenti sorgevano lungo le direttrici campestri che costituivano importanti arterie della rete viaria romana: le odierne Guasila-Serrenti, Guasila-Villamar, Guasila-Samatzai, Segariu-Serrenti e Segariu-Ortacesus. Delle età romane repubblicana e imperiale sono stati rinvenuti resti di vasellame, ceramiche, monete, laterizi embricati, coppi, una lucerna in ceramica; a Bàngius pezzi di marmo e di intonaci dipinti. Della fase romanica si documentano anche quattordici necropoli. Superata la rapida fase barbarica, la successiva dominazione bizantina (dal sesto secolo al periodo giudicale), più che da testimonianze archeologiche è caratterizzata dall'introduzione di culti di santi del menologio greco, di cui restano i toponimi di Santa Suìa (Santa Sofia) e Santa Nostasìa (Sant'Anastasia), nonché la tradizione della Madonna Dormiente, la cui statua viene venerata durante i festeggiamenti di S. Maria, il quindici agosto. Col progressivo affievolirsi della presenza bizantina, in Sardegna si entra, intorno al Mille, in periodo giudicale e successivamente pisano. Con la rinascita economico-sociale del secolo XI si verificò un considerevole incremento demografico anche nel nostro territorio, sul quale sorsero numerosi centri, tra i quali anche uno denominato Goy de Silla. Alcuni di essi avevano una consistenza urbana di un certo rilievo, come Sèpare, oggi Sèbera, Bagni Arilis, oggi Bangiu, Santa Justa de Lanessi, Schocco, oggi Siocco, Dei, Sènnoru, Carrarza; altri erano dei piccoli nuclei economico-produttivi di poche famiglie legate all' attività agricola e pastorale. Il paese di Guasila (bidda, villa) in periodo medioevale appartenne alla "Curadoria di Trexenta", di cui fu capoluogo dopo Senorbì, nel Regno giudicale di Càlari. Nel 1218 venne promesso dal sovrano Barisone -Torchitorio IV de Lacon-Serra al suo erede Guglielmo II-Salusio V de Lacon-Massa in previsione del matrimonio, mai celebrato, con Adelasia (di Torres?). Terminato il Regno di Càlari, nel 1258 Guasila passò al regno di Arborea fino a quando Mariano II, nel 1295, lo cedette a Pisa. A questo periodo risalgono le chiese di N.S. d'Itria, Santa Lucia e della Candelora. Nel 1324 Guasila divenne un paese del Regno catalano-aragonese. Dopo un periodo di scambi tra Pisa e gli Aragonesi, nel 1365 il paese passò di nuovo al Regno di Arborea fino al 1409. In seguito a lunghe e accese dispute, nel 1434, Guasila, con tutta la Trexenta, venne concessa a titolo di donazione a Giacomo de Beson. Iniziò così la dominazione aragonese e poi spagnola, l'asfissiante pressione fiscale con pesanti ripercussioni sulla produzione agricola, sulle condizioni di vita materiale e sull'andamento demografico. In poco tempo, alla metà del Trecento, scomparvero gli insediamenti di Siocco, Dei, Sèbera e Bàngiu, mentre poco prima erano già state cancellate Santa Justa, Lanessi e Carrarza: guerre, epidemie e pestilenze decimarono soprattutto le popolazioni rurali. Molto virulenta fu la peste nera del 1348 che decimò oltre il 40% della popolazione. Altre calamità incisero in seguito sullo spopolamento della Sardegna: la peste del 1477, quella del 1528/29, la carestia del 1539/40. Gli Aragonesi poi imposero un sistema tributario onerosissimo, oltre a numerosi servizi, corvées e prestazioni d'opera di carattere personale, con l'aggiunta di altri diritti di carattere ossequiale per l'omaggio che ogni vassallo doveva annualmente al feudatario. Per questi motivi si innescò l'abbandono dei piccoli centri rurali verso quelli più grandi, determinando un fenomeno di recessione agricola che interessò i tanti piccoli insediamenti, il crollo della cerealicoltura e l'abbandono delle terre che si impaludarono o si imboschirono. Guasila passò nel 1591, con i Feudi di Ippis (Gippi) e Trexenta ai marchesi di Villasor, gli Alagon, che la stabilirono, assieme a Senorbì, come capoluogo. Intorno al 1636, sotto Biagio Alagon, si rafforzò nel feudo un intenso movimento antibaronale, già in atto in Sardegna dai primi del 1600, che sfociò nel consolidamento delle autonomie locali attraverso la creazione del Consiglio Comunitativo, autonoma e libera espressione delle istanze popolari, per cui i rapporti economico-fiscali furono sottoposti ad un'ampia revisione. Nel 1651 nei villaggi del Marchesato di Villasor la vertenza approdò a uno sbocco positivo attraverso importanti convenzioni dette "Capitoli di Grazia": il tributo doveva essere versato per quote individuali e non più sulla base della rendita dell'intera villa, a"feudo aperto", secondo la capacità contributiva individuale; furono eliminate le "bannalità", i diritti baronali sulle macine, sui molini e sui forni. Gli abitanti di Guasila vennero suddivisi in tre classi: "prima roadìa" , alla quale appartenevano coloro che coltivavano la terra utilizzando gioghi di proprietà: pagavano un "deghino" (tributo) di 5,5 starelli di laor, lori (grano); "seconda roadìa" o "partiargiolas", coloro che lavoravano la terra a compartecipazione e pagavano 3,5 starelli di grano; "scavulus", che costituiva la maggior parte della popolazione, che non seminava e pagava 1,5 starelli di grano; i pastori pagavano il "deghino" in base al numero dei capi, fino a 80 capi di bestiame: Nello stesso documento fu sancito il diritto alla piena proprietà della terra e promossa, per ragioni economiche e politiche, l'immigrazione. Ai guasilesi fu riconosciuto anche il diritto di fare legna sui monti di S. Andrea Frius nei salti di Caboniscus e di Coscinus e successivamente anche in Planu de Pixi e di pascolare nei terreni demaniali del marchesato, cose che furono causa di aspri e frequenti conflitti specialmente con gli abitanti di S. Andrea Frius e di Pimentel; i conflitti esplodevano tra i guasilesi e gli abitanti di S. Andrea con assalti ai carri che trasportavano la legna, che veniva sottratta assieme agli attrezzi di lavoro, mentre gli uomini venivano percossi e talvolta denudati; dagli abitanti di Pimentel il bestiame al pascolo veniva "tenturato", multato, e spesso macellato. Di rilievo fu l'istituzione del Consiglio di Comunità con reali poteri di controllo politico; esso rappresentava i diversi ceti sociali ed eleggeva annualmente due sindaci in rappresentanza dei diversi ceti. L'istituzione durò fino al 1771. Nella seconda metà del Seicento la Sardegna, a diverse riprese, fu nuovamente investita da carestie e pestilenze. Tra queste, particolarmente funesta a Guasila fu quella del 1652/56. Dagli atti di morte della Chiesa di S. Maria si apprende che solo negli ultimi sei mesi vi furono 192 morti su meno di 1200 abitanti. Nel 1720 la Sardegna passò sotto il dominio sabaudo e Guasila registrò un incremento della popolazione, già manifestatosi nei decenni successivi alla peste, giungendo nel 1728 a 1573 abitanti. Ma sempre nel 1720, anno di passaggio della Sardegna dagli Spagnoli ai Piemontesi, dopo la brevissima appartenenza all'Impero Asburgico, una nuova pestilenza e nel 1728/29 una devastante carestia fecero regredire in breve tempo la popolazione a 1424 abitanti, che riprese ad aumentare lentamente nei decenni successivi. Negli anni delle carestie 1760/64, per iniziativa del ceto ecclesiastico, furono riorganizzati i Monti granatici, sorti già in periodo spagnolo, iniziativa favorita anche dal ministro piemontese Bogino. A Guasila il montegranatico fu istituito nel 1760 ad iniziativa del rettore Giuseppe Gavino Masala (1757-1801).Nello stesso periodo si concluse anche il processo di privatizzazione delle terre comunali. Nel 1765 oltre 200 starelli di terra aratoria erano di proprietà feudale e 140, per diventare 400 a metà Ottocento, appartenevano al patrimonio ecclesiastico, concessi in affitto quasi del tutto con il contratto agrario allora più diffuso, quello di "mesu a pari". L'agricoltura, tuttavia, segnata ancora da gravami feudali e dalla decima ecclesiastica, risultava una fonte di reddito essenzialmente sussistenziale, finché nella prima metà dell'Ottocento, dopo alcune altre carestie e pestilenze, con l'introduzione di nuove tecniche e di sementi di qualità superiore e con l'abolizione del sistema feudale (1820 e 1835) si avviò un'economia di più solide basi con ricadute positive anche nello sviluppo sociale e civile. Ma l'Editto delle Chiudende del 1820 fu ancora scarsamente applicato, mentre ancora gravavano, fino al 1839, tributi, decime e servitù personali di origine feudale. Il "Pardu Siddu", territorio comunale, continuò ad essere destinato agli usi civici; il Consiglio Comunicativo arrivò a respingere nel 1842 gli inviti dell'Intendente Provinciale per la suddivisione delle terre. Con l'elezione annuale dei maggiori delle vigne, dei "vidazzonargi", di numerosi ministri saltuari con compiti di vigilanza e di protezione delle risorse naturali e delle attività produttive la comunità guasilese esercitava un assiduo controllo. Per l'accertamento e la stima dei danni causati da persone o dal bestiame venivano eletti annualmente due Maggiori di Prato, persone qualificate nella professione agricola, che giuravano davanti al giudice mandamentale. Esisteva anche a Guasila una figura rara, il Maggiore delle Acque, in numero di due scelti tra i pastori, per la vigilanza sugli abbeveratoi pubblici, sulle sorgenti e sulle fontane, con controllo sull'efficienza delle gore di deflusso e dei canali. Tutte queste cariche furono progressivamente sostituite nella prima metà dell'Ottocento dalla Compagnia Barracellare, sorta già in periodo spagnolo con compiti di polizia rurale e dal 1827 anche di polizia urbana; essa era composta da un capitano, da un tenente e da nove barracelli tutti nominati annualmente dal Consiglio Comunitativo; dal 1847 furono attribuiti alla Compagnia anche funzioni di pubblica sicurezza. Altri anni di carestie, in particolare nel 1842/43 e 1846/47, indussero gli amministratori di Guasila, centro notoriamente esportatore di cereali, a chiedere soccorso all'autorità viceregia per soddisfare almeno il fabbisogno per la panificazione. Il secolo XIX è stato caratterizzato a Guasila da una intensa attività di edilizia pubblica che ne caratterizza il centro storico: dal palazzo rettorale, all'edificio delle scuole elementari (oggi sede comunale), al montegranatico, alla chiesa dell'architetto Gaetano Cima, oggi parrocchia e santuario della B.V. Assunta. Dopo l'unità d'Italia Guasila registrò un incremento economico e demografico. Nel 1870 il paese contava 2010 abitanti. La distribuzione delle terre ex feudali ai capofamiglia era già pienamente compiuto e nel 1868, dopo alcuni anni di sistematiche rilevazioni catastali, fu messo a ruolo il "Libro Censuario". Nel 1878 fu introdotta la trebbiatrice a vapore, che pose il paese tra i primi centri sardi nella sperimentazione del nuovo sistema di pratica agricola. Sull'agricoltura, dunque, questo centro della Trexenta ha da sempre basato il proprio sistema economico, traendone nel passato le ragioni dello sviluppo e delle varie crisi e oggi, se non interverranno novità sostanziali, quelle del progressivo declino.

    Monumenti e luoghi d'interesse

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    Chiesa di Santa Maria Assunta

    - Fonte -

    • La Chiesa di Santa Maria Assunta è uno dei più importanti monumenti di Guasila, progettata dall'architetto cagliaritano Gaetano Cima ed eretta fra il 1842 e il 1852. I lavori vennero affidati all'impresario Cosimo Crobu. Di stile squisitamente neoclassico, la parrocchiale presenta una pianta ottagonale ed è sormontata da una cupola di notevoli dimensioni. Il campanile invece, di 35 metri di altezza, risale al diciassettesimo secolo, ed affiancava anche la preesistente parrocchiale. Con bolla del 16 maggio 2002, in occasione del 150º anniversario di consacrazione della chiesa, l'arcivescovo di Cagliari Mons. Ottorino Pietro Alberti decise di erigerla in Santuario diocesano.
    • Il Museo d' arte sacra è situato nel centro del paese, nel complesso architettonico costituito dall'ex Monte granatico e dall'ex municipio. Le sale espositive della sezione argenti e paramenti sono state ricavate negli ambienti delle ex carceri mandamentali, di recente ristrutturazione. Sono esposti oggetti liturgici, devozionali e paramenti sacri provenienti dal santuario della Beata Vergine Assunta. La struttura museale è nata nel 2008 grazie all'accordo tra l'amministrazione comunale di Guasila, la parrocchia e la curia arcivescovile di Cagliari.
    • Chiesa della Vergine d' Itria: unica chiesa rurale presente nel territorio di Guasila, è situata nel territorio di Bangiu a circa 3 km dal paese. Venne eretta nel XIII secolo durante la dominazione pisana in stile romanico L'edificio è stato nel tempo pesantemente modificato, con l'aggiunta di un loggiato che poggia sul portale d'ingresso. Il lunedì pomeriggio che segue la Pentecoste viene accompagnato in questa chiesa il simulacro della Vergine d'Itria dalla parrocchiale, dove viene poi riportato il martedì successivo.
    • Chiesa di Santa Lucia: eretta nel XVI secolo, la piccola e semplice chiesa si trova nelle vicinanze della Santuario della Beata Vergine Assunta. Venne restaurata nel 1841, quando fungeva da da parrocchiale durante i lavori di costruzione della nuova chiesa.

    Eventi

    • S'acchixedda (La caccia alla giovenca): il 14 agosto all'alba una giovenca (in sardo acchixedda) viene lasciata libera nelle campagne del paese. Gli scapoli del paese, rigorosamente a cavallo, devono riuscire a prenderla per le corna al laccio. Le origini del rituale sono incerte, ma secondo lo storico Gino Cabiddu si possono ritrovare nella corrida. Anticamente l'animale dopo la cattura veniva macellato, e le carni distribuite ai poveri del paese, ora invece viene restituita al proprietario.
    • Il Palio di Santa Maria è una manifestazione sportivo - culturale che si tiene il pomeriggio del giorno di Ferragosto, noto anche come Palio dei comuni (in quanto ogni cavallo corre in rappresentanza di un comune) la cui principale peculiarità sta nel fatto che i cavalli vengono cavalcati a pelo cioè senza l'ausilio di sella e briglie. La manifestazione nasce nel 1986 per volontà della Associazione Ippica Guasilese in collaborazione con il Comune di Guasila. Al vincitore oltre ad una cospicua somma di denaro e ad un trofeo offerto dal Comune, viene affidato, sino all'anno successivo, il Palio, un drappo ricamato in oro zecchino raffigurante la Vergine Assunta che veglia sul paese
    • La Dormitio virginis è una antica tradizione, dalle chiarissime origini bizantine che si tiene solo in altre 138 chiese italiane. Il rito trae origine dalla diatriba, che dai primi secoli del cristianesimo si è trascinata a lungo, sul fatto che la Vergine possa essere morta oppure no. La diatriba viene risolta solamente nel 1954 dal Papa Pio XII, il quale stabilisce il dogma dell'Assunzione. Il 13 agosto nella cappella a Lei dedicata, le donne del paese provvedono alla vestizione della Vergine. Il giorno successivo la Vergine dormiente verrà portata in processione attraverso le strade del paese sul suo letto dorato.

    Personalità legate a Guasila
    • Giuseppe Antonio Lonis (1720-1805), originario di Guasila e nato a Senorbì, noto scultore.
    • Raimondo Scintu (1889-1947), Medaglia d'Oro al Valor Militare caporale del 151º Reggimento fanteria della Brigata Sassari. Catturò, da solo e accompagnò alla trincea italiana, nonostante grave ferita, lo Stato Maggiore avanzato di una Divisione Austriaca (45 persone). La "flotta sarda" ha chiamato Scintu una delle sue navi.
    • Giuseppe Melas (Guasila 1901 - Nuoro 1970). Vescovo di Nuoro dal 1947 al 1970.
    • Enrico Sailis. Parlamentare, Consigliere Regionale e uno dei padri dello Statuto Sardo.
    • Arturo Caria. Sacerdote, medaglia d'oro al Valore Civile per la Pubblica Istruzione. Fondatore del centro dei Salesiani a Perugia.
    • Antonino Medas, grande interprete del teatro sardo.
    • I fratelli Medas: oltre ad Antonino, sono famosi Totoi, Plinio, Mario, Francesco, Redento, Camillo, Emma, Maria Rosaria, nonché la moglie di Antonino, Assunta Cocco. Tutti nativi di Guasila, dove è attivo il Teatro Fratelli Medas.
    • Giulio Angioni, scrittore, antropologo, pubblicista (che ha scritto molto di Fraus, identificabile con tante altre Fraus, ma più di tutte con Guasila).


    Edited by Simona s - 15/7/2013, 12:00
     
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    Santuario della Beata Vergine Assunta

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    - Fonte -

    Il santuario diocesano dedicato alla Beata Vergine Assunta è la chiesa parrocchiale di Guasila. Il monumentale tempio, in stile neoclassico, sorge nel punto più alto del paese e al centro di esso.

    Cenni storici


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    L'attuale parrocchiale di Guasila sorse nel XIX secolo, sull'area di una chiesa più antica, della quale restano il settecentesco campanile e alcuni arredi. La nuova chiesa venne eretta, su progetto, risalente al 1839, dell'architetto cagliaritano Gaetano Cima, tra il 1842 e il 1852 ad opera dell'impresario Cosimo Crobu. Per la realizzazione del progetto, il Cima tenne conto dei dettami contenuti ne I quattro libri dell'architettura del Palladio, dove la pianta circolare viene indicata come la più adatta ai luoghi di culto, e si ispirò a modelli quali il Pantheon di Roma e la torinese chiesa della Gran Madre di Dio. La chiesa venne inaugurata il 15 febbraio 1852, con la benedizione del rettore Francesco Ignazio Melas, parroco di Guasila.Il 13 febbraio 1903 il tempio venne consacrato dall'arcivescovo Berchialla. Nel 2002, in occasione del centocinquantesimo anno dall'inaugurazione e alla vigilia del centenario della consacrazione, l'arcivescovo Ottorino Pietro Alberti eresse la chiesa parrocchiale di Guasila a Santuario diocesano.

    Descrizione

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    « Posta in alto sopra la collina
    A dominio del paese e del territorio
    L'aveva progettata con mano divina
    Cima di Cagliari, distinto architetto
    Sembra il Pantheon di Roma
    E l'abile mano, bella e grandiosa
    rotonda, spaziosa, libera e perfetta
    L'ha resa accetta, quanto mai degna
    »
    (Dal testo della canzone composta da don Siro Pisu in memoria della consacrazione della chiesa parrocchiale di Guasila)


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    La chiesa è preceduta da un pronao, il cui timpano è sorretto dai due pilastri angolari e da sei colonne. Sul lato destro si eleva la torre campanaria del XVIII secolo, in stile barocco. Corona l'edificio la cupola emisferica, completata nel 1930. L'interno è a pianta circolare. Le pareti sono scandite da otto colonne, le quali affiancano i quattro grandi pilastri che reggono la cupola. I dipinti che ornano la volta, con motivi floreali, vennero eseguiti su disegni appositamente preparati dal Cima, mentre i quattro pennacchi presentano i tondi, olio su tela, con gli Evangelisti, opera di Antonio Caboni. Tra le colonne si aprono sei cappelle, due delle quali, dette maggiori perché più ampie di dimensioni, sono la cappella del Cristo Morto, che ospita un simulacro di Cristo attribuito a Giuseppe Antonio Lonis, e la cappella di Santa Maria, dove si conserva un'antica statua di san Pietro apostolo.

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    Questo simulacro ligneo, almeno secondo la memoria popolare, era in origine custodito nel villaggio, oggi scomparso, di Sennoru, poco distante da Guasila. La cappella di Santa Maria custodisce anche il simulacro della Dormitio Virginis, il quale viene rivestito di ricchi abiti e gioielli per essere esposto al centro della chiesa durante i giorni della festa patronale dell'Assunta, ovvero il 14, 15 e 16 agosto. Le quattro cappelle minori sono dedicate rispettivamente a san Giuseppe, all'Immacolata Concezione, alla Madonna d'Itria e a sant'Antonio da Padova e ospitano altari marmorei e statue. Il presbiterio, separato dall'aula da una balaustra marmorea, accoglie l'altare maggiore, in marmi policromi. Nella nicchia centrale, tra angeli, si trova la statua dell'Assunta, titolare del santuario. Fanno parte del patrimonio artistico della chiesa anche alcuni arredi dell'antica parrocchiale, demolita per far spazio all'attuale, quali il pulpito, risalente al 1801, e il fonte battesimale.




    Chiesa della Madonna d'Itria

    - Fonte -


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    La chiesa campestre della Madonna d’Itria è situata in località Bangiu, a circa 3 km dal centro abitato, in prossimità del confine con l’agro di Samatzai. Il territorio rivela tracce d’insediamenti umani risalenti all’epoca nuragica e romana. Il sito corrisponde all’antico villaggio di Banzo de Liri o Banxo de Niri, documentato a partire dal 1219. Una leggenda popolare attribuisce a “sa musca maccedda”, una terribile mosca, lo sterminio del villaggio; in realtà fu abbandonato in seguito ad una pestilenza o carestia e gli ultimi abitanti confluirono a Guasila. Purtroppo non si hanno notizie sul primo impianto romanico della chiesa, ascrivibile alla seconda metà del XIII secolo. L’edificio è stato in gran parte ricostruito eccetto la facciata, cui si addossa un portico posticcio. Il paramento murario del fronte, in conci trachitici di media pezzatura, è stato eccessivamente risarcito nei restauri. Negli angoli della facciata si inseriscono capitelli con file di foglie aguzze. Fra questi si tende, alla base del frontone, una serie orizzontale di archetti pensili a doppia ghiera. Il portale architravato ha la lunetta a tutto sesto. L’edificio è citato per la prima volta nel 1688 per dei restauri. Nel 1778 erano ancora visibili le vestigia dell’antico borgo ed una fonte dove si riteneva che gli antichi abitanti andassero ad attingervi l’acqua. L’interno mononavato è provvisto di sacrestia. L’altare ligneo proviene dalla cappella della Vergine d’Itria ubicata nell’antica chiesa parrocchiale di Guasila; fu realizzato nel 1724 dall’intagliatore Giovanni Recupo e dorato da Sisinnio Lai. La tela centrale raffigura la Vergine Odigitria con il Bambino benedicente su una cassa tenuta a spalla da due personaggi. L’adattamento dell’altare ha comportato il tamponamento dell’abside. I semplici ambienti costruiti in epoca successiva a ridosso della chiesa erano destinati per l’alloggio dell’eremitano che, con il permesso del parroco, si occupava della custodia della chiesa e della questua per la festa della Madonna.




    Chiesa di Santa Lucia

    - Fonte -


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    La piccola chiesa di Santa Lucia vergine e martire sorge nel centro storico del paese, nell’omonima via. La sua ubicazione centrale ne attesta l’importanza tra le chiese filiali. Il primo impianto dell’edificio risale, verosimilmente, alla seconda metà del Seicento. La facciata con terminale piano è sovrastata da un ampio campanile a vela; sopra il semplice portale, decorato con due mensole a modiglione, vi è una piccola finestra di foggia ellittica. L’interno è scandito da due archi ogivali a diaframma che ripartiscono il peso della copertura lignea. Nella parete destra si aprono due arcate, forse in origine pensate come cappelle, che immettono in una sorta di navata laterale frutto di un ampliamento successivo. La chiesa funse da parrocchia succursale durante il lungo periodo di costruzione della nuova chiesa parrocchiale progettata dal Cima. Nel lato sinistro si trova la sacrestia con un piccolo portale che ripropone il modello dell’ingresso principale. Un’ampia finestra ad arco mistilineo è posta sopra la parete posteriore, rinforzata all’esterno con dei poderosi contrafforti. Dell’antico altare si conservano solamente le tre nicchie ricavate nella muratura. Gli arredi sono andati quasi tutti dispersi ad eccezione dell’acquasantiera in pietra, priva del fusto, risalente al periodo di costruzione della chiesa, mentre quella in marmo, posta nell’ingresso secondario, è stata ricavata in un frammento di balaustra settecentesca in marmo. Il monogramma della Madonna, murato sotto la nicchia centrale dell’altare, probabilmente è un elemento di spoglio proveniente dall’antica chiesa parrocchiale. Negli anni Sessanta del secolo scorso l’edificio versava in stato di degrado e minacciava di crollare, così nel 1975, grazie al contributo dei cittadini di Guasila, è stato oggetto di un intervento risolutore.


    Edited by Simona s - 15/7/2013, 12:05
     
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