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Mangone

Provincia di Cosenza

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    Mangone

    panoramamangone

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    Mangone è un comune italiano di 1.882 abitanti della provincia di Cosenza.

    Eugenio Serravalle poeta e scrittore mangonese fa desumere che le origini di Mangone risalgono ad un periodo di molto anteriore alla sua denominazione di borgo. Nel suo libro "Per la Calabria e per l'Italia" evidenzia che in periodo romano ci fu l'invio di circa 300.000 prigionieri siro-caldaici nel territorio bruzio per pattugliare la Sila , per aver cura delle strade e difendere i presidi che servivano a custodire i pini silani da cui si ricavava il legno pregiato per la costruzione di navi. Uno di tali presidi stazionava proprio alle sorgenti del fiume Chialico. In questo luogo sono stati rinvenuti i resti di una stazione militare. Non ci sono altre notizie in epoche successive se non la scoperta,nel 1659, di un atto notarile redatto dal notaio Giovanni Maria Adamo di Carpanzano che accerto' la veridicita' di un fatto successo tra il territorio di Mangone e di Figline in una localita' detta Monte Malo. In questo luogo fu scoperta una grotta nel cui interno vi era uno scheletro con al collo una lamina con scritta gallica che così recitava: "Qui giace Rubichello che cerco' di vendicare la morte del fratello Morducco rimanendo ucciso dalla spada di Giovanni Cala". La presenza di un numero esiguo di case coloniche nel luogo dove poi sarebbe sorto Mangone risale al 970 d.C., costruite da un certo Valerio Mangoni. Negli anni successivi le costruzioni aumentarono di numero in quanto numerosi cosentini si rifugiarono nel nascente borgo lasciando la citta' a causa delle continue incursioni saracene. Nel 975 dopo un'incursione saracena con al comando l'Emiro Albucassimo, la citta' di Cosenza fu distrutta e gli abitanti si riversarono nella quasi totalita' nei territori viciniori appartenenti alla Nobilta' della Citta'. I nobili Giovanni e Valerio Mangoni si rifugiarono nei territori di appartenenza dando ospitalita' a molti umili abitanti che cercarono riparo. Il borgo continuo' ad espandersi e nel 986 gli fu dato il nome di Mangone. Si sono fatte molte supposizione sull'origine del nome Mangone. Le piu' accreditate sono due. La prima e' quella che la famiglia Mangoni ha preso il nome del luogo di loro appartenenza. Secondo il Padula nome Mangone deriva, appunto, dalla parola latina mangones che significa mercanti di schiavi, mercanti fraudolenti. Tale tesi e' suffragata da Galeno che cita:"Soleano, un giorno si e l'altro no, batter loro con sferze cosce e natiche, perche' gonfiandosi apparissero piu' grassi". Quindi, quel luogo, prima impervio, era sede di mercemonio di schiavi o di losche tresche che mercanti senza scrupoli effettuarono. Che sia stata questa attivita' a rendere ricchi e nobili i Mangoni no si sa. La seconda e' quella che il luogo dove e' sorto il borgo, ha preso il nome dal nobile che possedeva il terreno che ha dato vita al casale. Secondo il Sorrento tale nome deriva da Maurogona, ovvero generazione dei Mauri, che si stanziarono in Calabria all'epoca dei Goti. Di certo si sa che i Mangoni appartennero alla illustre e nobilissima famiglia che per secoli partecipo' alle sorti politico-economiche della citta' di Cosenza. Nel 1096 con Ruggero, Duca di Calabria, un Giovanni Mangoni partecipo alla prima Crociata e nel 1188 un Valerio Mangoni si unì sotto Guglielmo il Buono alla Crociata che servì per difendere Tirio. Il terremoto del 1184 distrusse la citta' di Cosenza e non lascio' traccia della Cattedrale. Dopo la ricostruzione si aspettava il momento propizio per poterla consacrare. Federico II di Svevia dette loro questa grande opportunita presenziando la consacrazione. Il suo arrivo a Cosenza avvenuto nel gennaio del 1222 fu accolto con grande giubilo dei cosentini e casalesi. In questa occasione fu deciso il gonfalone della citta' e quello di appartenenza di tutti i nobili del Sedile di Cosenza. Quello dei Mangoni fu presentato da Giovanni, canonico e teologo della Casa. Lo stemma era rappresentato da un campo d'oro con due mani strette dalle quali si elevava un ramo d'ulivo. Le mani simboleggiavano la Fede, il rosso che vestiva le mani il fuoco, la fiamma della Carita' ed il ramo d'ulivo la rigogliosita'. Nel 1539 l'imperatore Carlo V dal ritorno di Algeri il 7 settembre entro nella citta' di Cosenza. Alloggiato a Palazzo Sersale, durante la cerimonia solenne Valerio Mangone , gli dedico' una sua composizione poetica che venne apprezzata molto, tanto da essere eletto Commensale. Nel 1560 il Tribunale della Santa Inquisizione , sotto la guida del frate Valerio Malvicino, passo' in rassegna le comunita' valdesi sopprimendole con una repressione armata. Il primo centro fu S. Sisto, casale dove viveva un uomo che ebbe i natali a Mangone e che passo' alla storia per le sue gesta: Marco Berardi . Coinvolto e denunciato in questa guerra di religione, fu imprigionato nelle carceri di Cosenza dove fu condannato ad essere torturato e poi bruciato vivo sulla piazza di Cosenza. per diventare poi brigante famosissimo, dominatore della Sila tanto da essere chiamato Re Marcone In questo secolo visse anche un'altro personaggio illustre mangonese: Francesco Mauro letterato, edotto latinista e grecista. Eccelso medico. Amico ed estimatore di Tommaso Campanella. Il nostro paese ospito' Lucio Vitale anch'egli letterato che possedeva una casa a Piede Casale (Mpede) che conserva ancora lo stemma gentilizio. Il 27 marzo, la sera della vigilia delle Palme del 1638 nella Valle del Crati ci fu l'epicentro di un terribile terremoto che lascio il segno nella storia di Cosenza e Casali. Distrusse circa 200 casali procurando 9.000 morti. Mangone con il suo rione S. Stefano conto circa 360 morti di cui 216 solo a Santo Stefano e 144 a Mangone. Per il solo Mangone furono distrutte 306 case e per tale motivo fu esentato a pagare ulteriori gabelle al governo centrale. Nel 1644 il terzo atto di vendita dei Casali fu caratterizzato dalla ribellione dei casalesi, fino a che Filippo IV riconobbe la demanialita' di Cosenza e Casali. Tra il 1722 e 1725 si segnalano nel nostro paese due visite del Beato Angelo di Acri. Fu ospitato da Don Andrea Vitale e, alla fine dell'ultima visita, fu eretto un Calvario. Sulla vita di questo pio uomo, dedico' molto della sua vita un suo discepolo: Frate Macario Gambini da Mangone. Nella rivoluzione antifrancese dei contadini del 1806 il nostro comune non rimase inerme. Il Verdier che si trovava a Cosenza, il 5 luglio del 1806 mando' a Mangone, al comando di Deguisans 500 polacchi e 200 patrioti agli ordini di Abbate. Ad essi si unì anche Antonio Rosario Mauro mangonese, infervorato di idee repubblicane. Giunsero a ridosso del paese all'alba e l'assalto fu repentino. Gli abitanti furono colti di sorpresa. Una pioggia di piombo si riverso sulle abitazioni. Il prete suono immediatamente le campane a tocco. L'attacco dei repubblicani fu rigettato da una resistenza strenua, tanto che i francesi furono costretti al ritiro e, nella zona detta Burga di Piano Lago, l'esercito francese ed il popolo di Mangone si scontrarono dando vita ad una cruenta battaglia. Nel 1830, Nicola Mazzei, di Santo Stefano, chiese la separazione amministrativa di Santo Stefano dal comune di Mangone. Ebbe il consenso dal sindaco di Mangone, Pietro Mazzei mediante delibera. Il Consiglio d' Intendenza espresse parere favorevole ed il 28 ottobre del 1832 venne emesso il Reale Decreto che sancì definitivamente la divisione del rione di Santo Stefano dal comune di Mangone diventando così comune autonomo con amministrazione separata a partire dal lo gennaio del 1833. Le idee liberali si erano incendiate dopo la venuta dei fratelli Bandiera in Calabria ed ebbero i primi fermenti di insurrezione nel 1847 con i moti di Reggio subito soffocati. Tutto cio' non impedì a molti patrioti cosentini di organizzarsi per rafforzare il nascente movimento rivoluzionario che ebbe il suo culmine nel 1848. In questi moti rivoluzionari preminente fu la partecipazione della famiglia Mauro, in particolare: Giuseppe Mauro, Pasquale Mauro, Ettore Mauro Mangone fu anche paese di briganti. Tra i tanti ricordiamo Achille Mauro un sarto che fu capobanda. Un Pasquale Mauro che partecipo in Basilicata a diversi rapimenti e a ricatti nei confronti di ricchi proprietari terrieri. Partecipo' al Rapimento di Giovanni Mauro di Mangone nel 1870. Ma il brigante che lascio' il segno nella storia d'Italia fu Paolo Serravalle. Nato a Mangone nel 1816, figlio di Giuseppe di professione bracciante, ebbe l'iniziazione al brigantaggio nel settembre del 1843, durante la festa di Santa Liberata che si svolgeva a Santo Stefano , da poco diventato paese autonomo, Dopo anni di carcere a Rossano riuscì ad evadere giunse nel salernitano, poi in provincia di Brindisi ed infine in Basilicata dove la sua fama aumento' a dismisura in Basilicata. Le sue azioni servirono ai notabili del tempo per rendere politica ogni questione che di politica aveva ben poco. Nel 1863 il 20 agosto, trovo la morte nella terra lucana nelle vicinanze di Potenza. Un altro personaggio illustre mangonese fu Antonio Serravalle, illustre letterato e giurista dell'illustre famiglia Serravalle della quale se ne fa cenno nella Platea del 1695.

    Tradizioni

    La storia di Mangone non e' solo la storia di nobili famiglie, ma e' anche la storia di grandi lavoratori: e' la storia di famosi Vanghieri, di Mietitori.i quali erano molto ricercati perché facevano in un giorno il lavoro che altri avrebbero fatto in tre giorni. Infatti i mietitori erano spesso chiamati a prestare il loro lavoro a Crotone, mentre i vanghieri parteciparono a molte opere di bonifica spingendosi fino in Puglia ed in Sicilia. Essi erano chiamati Gammittari. Sin dal 1860 furono proprio i cosiddetti vanghieri che diedero inizio al fenomeno migratorio. A Mangone oltre all’agricoltura era molto praticato l’allevamento del Baco da Seta, con conseguente presenza di un notevole numero di filatrici e la concia delle pelli.

    Personaggi storici

    • Marco Berardi. Nativo di Mangone. Di certo ancor oggi la sua figura si alimenta di leggenda e verita'. Personaggio molto amato dai mangonesi che gli hanno dedicato una strada. Combatte' l'Inquisizione e gli Spagnoli. Si rivolto' all'inquisizione durante la repressione armata dei Valdesi. Coinvolto in questa guerra di religione, fu imprigionato nelle carceri di Cosenza dove fu condannato ad essere torturato e poi bruciato vivo sulla piazza di Cosenza. Evase insieme ad alcuni accoliti e a Pietro Cicala rifugiandosi in Sila. In questo Altopiano formo un vero e proprio esercito, tanto che i suoi lo soprannominarono Re Marcone. A capo di un esercito di 1500 uomini combatte' le milizie di Filippo II mando'. Noto e' lo scontro avvenuto alle rive del fiume Neto. Le milizie spagnole, malgrado l'esperienza nel combattimento, ebbero sempre la peggio con la rabbia e la ferocia degli uomini di Marco Berardi. Nel 1563 progetto' di conquistare Crotone e, arrivato fin sotto le mura della citta', il Vicere' gli speda contro Fabrizio Pignatelli, marchese di Cerchiara a capo di 600 uomini di cavalleria, 3080 di fanteria. Il Berardi fu avversario ostico tanto che la Chiesa ed il Vicere' intrapresero vie diverse da quelle dello scontro armato. La Santa Inquisizione promise il perdono per chi lo tradisse, il governo spagnolo grosse taglie per chi lo uccidesse. Quest'ultima via fu quella giusta! Marco fu abbandonato da tutti tranne Giuditta, la sua compagna. Furono trovati morti dopo diversi mesi in una grotta nell'altopiano silano. Enzo Grano trascrittore,sceneggiatore e saggista, mangonese di nascita ma residente a Napoli,nel suo recente libro "Un rivoluzionario chiamato re",evoca le gesta del rivoltoso calabrese che ribellandosi ai soprusi dei piu' forti ipotizzo' la nascita di una Repubblica Popolare avallata poi dalle proposte contenute nell'opera "Citta del sole" del frate domenicano ed anch'egli calabrese, Tommaso Campanella.
    • Valerio Mangone discendente dalla famiglia Maurogona che per rivendicare l'origine della sua stirpe dalla Mauritania si fece chiamare Mauro, fu uomo di lettere molto ammirato anche dall'Imperatore Carlo V che, nel 1539, durante la sua permanenza a Cosenza di ritorno dal suo viaggio vittorioso in Tunisia, lo ricopri' pubblicamente di lodi . Fu eletto Commensale e poi Mastrogiurato al Sedile di Cosenza(1554-1555).
    • Francesco Mauro letterato, nacque nel 1590. Edotto latinista e grecista. Eccelso medico. Sposo' la causa di Tommaso Campanella di cui era intimo amico come lo era di Sertorio Quattromani. La Biblioteca Vaticana conserva la corrispondenza che Sertorio Quattromani aveva con Francesco Mauro.
    • Lucio Vitale. Di lui possediamo un carme in lode a Giovanna Castriota. Nel 1596, sotto il governo Olivares, fu notificato il I progetto di vendita dei Casali di Cosenza. Il riscatto di 40.000 ducati evito la feudalita' dei Casali. Nel 1631 il secondo progetto di vendita. Dovettero uscire dalle tasche dei casalesi 50.000 ducati per evitare di essere venduti.
    • Frate Macario Gambini da Mangone. Nato nel 1701, fin dalla tenera eta' si dette allo studio della teologia. Fu frate francescano dell'Ordine dei Minori. Ricopri' diverse cariche, dapprima come Grande Predicatore, poi come Lettore. Nel 1740 fu eletto Padre Provinciale nel Convento di Orsomarso. Nel 1742 rinuncio al suo provincialato per dedicarsi a scrivere la vita del Beato Angelo di Acri. Scrisse molte altre opere. Nel 1755 venne eletto nuovamente Padre Provinciale e questa volta, porto' a termine il suo mandato.
    • Giuseppe Mauro di professione avvocato che esercitava brillantemente a Napoli. Partecipo' ai moti del '33. accusato per reati politici fu costretto ad emigrare prima in Francia e poi a Ginevra dove incontro' Elia Brenza, emissario mazziniano. Nel '48 dall'estero, incitava i liberali moderati a non "scambiare la liberta per la licenza". Fu eletto nel ballottaggio del 2 maggio del 1848 come deputato del Governo Provvisorio di Cosenza.
    • Pasquale Mauro. Fratello di Giuseppe, Capitano della Guardia Nazionale di Cosenza. Per le sue idee liberali pati' mille tormenti. Dapprima ricercato nella casa di Mangone da dove riusci' a sfuggire grazie ad un tunnel segreto che dall'abitazione collegava una sua proprieta' di campagna. Costretto dai Borboni alla latitanza per molto tempo, fu tradito dallo stalliere. Fu imprigionato nelle carceri di Cosenza, dove si ammalo di una malattia polmonare. Le sue condizioni peggiorarono sempre di piu con il passare del tempo. La suocera Anna Bavosi in Combet intervenne direttamente chiedendo pieta al Re per il genero e fu concesso domicilio forzato a Scalea. Neanche questa soluzione risulto ottimale . Si trasferirono a Napoli dove l'8 settembre del 1855 trovo la morte.
    • Ettore Mauro. Fu sottoposto a processi. Uno lo ebbe per i moti avvenuti nel 1837. Secondo l'accusa aveva partecipato ad una riunione contro il Governo, avvenuta a Piano Lago. Non avendo pero la magistratura raggiunta la prova di fatto fu scarcerato. Nel maggio del '59 nuovo processo per lo stesso insieme ai suoi fratelli Camillo, Ettore e Giuseppe. La motivazione fu "Cospirazione ad oggetto di distruggere o cambiare il Governo, nonche' cospirazione contro la Sacra persona del Re. Avvenuta nella fine del 1856, e principii del 1857". Anche qui non si ebbero prove sufficienti per poter imprigionare i Mauro
    • Antonio Serravalle. Nacque a Mangone il 28 luglio del 1802 da Francesco e Mauro Giuseppina. Studio nel Collegio di Cosenza dove Gioacchino Murat gli concesse una piazza franca. Nel 1820 per la sua ostilita' verso i Borboni, la sua famiglia subi' feroci persecuzioni. Mandato a Catanzaro, fu dapprima Patrocinatore, poi esercito la professione di avvocato. Fu presidente dell'Accademia di Scienza e Lettere, membro del Consiglio Generale della Provincia Ultreriore II e della Societa' Economica. Nel 1868 fu chiamato dagli eremiti di Laurignano per la disputa legale che prevedeva la fuoriuscita dai territori sacri di questi ultimi. La vittoria fu cosi' gloriosa che il Cavaliere Giuseppe Rossi dedico un'Elegia di ringraziamento. Nel 1876 il Ministro della Pubblica Istruzione Bonghi propose a Sua Maesta' il Re la nomina del Serravalle a Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia, ricevuta il 22 febbraio dello stesso anno. Mori' il 24 gennaio del 1893, lasciando alla Biblioteca Comunale circa 15.000 volumi da lui con paziente cura raccolti e anche una ricca collezione di autori antichi e moderni. Diede alla stampa molti dei suoi scritti: Scritti d'occasione, La notte del 7 ottobre del 1877, Memorie della Magistratura del Foro di Catanzaro 1809 ai nostri tempi, Orazioni per gli eredi di Nicola Mira belli, Apotemi e cronache forensi, Reminescenze pel il tempo a venire, Addizioni e reminescenze. In tutte queste opere descrive tutta la sua vita.

    Gastronomia

    La gastronomia di Mangone e' legata alla civilta' contadina. Fra le piu' particolari specialita' della gastronomia locale sono da ricordare, come primi piatti:
    • "U STRANGUGLIAPREVITE" (Gnocchi di patate) sicuramente una specialita' molto conosciuta che ogni anno nel mese di agosto viene riproposto con la Sagra,con un'affluenza di pubblico assai notevole.
    • Un' altro piatto molto famoso e' "LAGANI E CICIARI" ( Tagliatelle e ceci);
    • "TAGLIARINI E SURACHE"(Tagliatelle sottili e Fagioli) , questi sono molto gustosi anche con Piselli,
    "NGNUCCULI MBRODU"(Pasta si semola di grano duro grattugiata con brodo di gallina).

    I piu' conosciuti di secondi piatti sono:
    • "U SPEZZATINU" ( Pezzetti di carne mista al sugo con abbondante peperoncino),
    • "PURPETTE CU LA VERZA" ( Polpette di pane grattugiato e carne di maiale coperto da una foglia di Verza),
    • "PURPETTE E MILUNCIANE", piatto che si consumava in occasione della festa della Santa Patrona la Madonna dell'Arco(polpette con la polpa di melanzane),
    • "PATATE E PIPELLI MPACCHIUSE" (Patate della Sila e peperoni nostrani fritti con olio di oliva a fuoco lento),
    • "PIMMADORI VIRDI E PIPARELLI FRUSCENTI" (Pomodori verdi, peperoncino molto piccante fritti in olio di oliva),
    • "FRITTATA E PATATE VULLUTE" (Patate bollite schiacciate e fritte).

    Nel periodo invernale era usanza fare le provviste specialmente di carne insaccata di maiale, come le famosissime:
    • "SUPPRESSATE", "SAZIZZE", "BOCCIE", "VRASCIOLE" (involtini di maiale con con aglio e grasso, fritte e conservate nel grasso stesso o nell'olio),
    • "E FRITTULE E FRISULI" (cotiche di maiale cotti insieme alle ossa e grasso a fuoco lento almeno per 12 ore).
    • Un'altra specialita e' il "PANE CASAROLU" (Pane casereccio ancora oggi in produzione molto conosciuto ).

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    Edited by terryborry - 28/6/2012, 20:12
     
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  2. Isabel
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    Da visitare

    - Info -


    Chiesa Madonna dell'Arco

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    Ogni anno, la seconda domenica di settembre, a Mangone si celebra la festa della santa protettrice: la Madonna dell'Arco. La devozione dei Mangonesi alla Madonna dell'Arco, risale a piu' di mezzo millennio fa.

    Tutto cio' e' attestato dall'iscrizione in lingua latina che si legge sul portale del Santuario: "Fanum hoc quod 1520 anno Sacelli nomen meruit et 1670 meliorem recepit frugem hoc infrascripto anno fuit per admodum Rev. dum D. Franciscum Laureati absolutum 1792".

    Trad. "Questo tempietto che l'anno 1520 merito' il nome di chiesetta e nel 1670 fu ampliato, nel 1792 fu portato a termine dal Reverendo Don Francesco Laureati".

    Che l'attuale santuario di Mangone sia stato costruito ed ampliato in tre periodi diversi, e' dimostrato chiaramente dalla muratura. Non abbiamo fonti cui attingere per dire quale era il primitivo tempietto, possiamo pero' dire che nel 1520, quando merito' il titolo di chiesetta, fu ingrandito quanto misura l'attuale Presbiterio (o coro): una finestra di tufo lavorato, che si trova sopra l'arco del presbiterio stesso e nascosta dal tetto, dimostra quanto asseriamo. Nel 1670 la chiesetta fu ingrandita ancora e precisamente sino a circa un metro al di qua del pulpito, per chi entra in chiesa. Cio' fu osservato, quando nel 1936/37 furono eseguiti i primi lavori di restauro al Santuario e si trovo' il muro costruito per il successivo ampliamento. Nel 1792, fu portato allo stato attuale. Oggi, il Santuario si sviluppa su una sola navata e, adiacente sul lato destro, un arco in tufo offre l'accesso in una piccola cappella contenente un altarino in cemento e stucco bianco. Artisticamente, l'edificio presenta evidenti caratteristiche barocche, anche se la facciata anteriore ha subito negli anni varie modifiche: dalle foto piu' antiche in nostro possesso, si vedono chiaramente delle decorazioni ( in una fase piu' antica); delle piastrelle di ceramica (in una fase piu' recente). Il campanile un tempo a cupola, oggi e' costituito da quattro facce triangolari, al vertice delle quali si erge ancora il vecchio crocefisso in ferro. L'altare Maggiore presenta una soluzione particolare: dall'analisi effettuata dal dott. Giorgio Leone (noto critico d'arte della Sovrintendentenza alle belle arti di Cosenza), si ricava che risulta essere un incrocio tra l'altare a fastigio e quello a parete. Costruito interamente in legno dorato, presenta delle sfumature di verde nelle scanalature delle colonne e nelle basi. Il fastigio(parte superiore dell'altare) decorato a motivazione floreale barocche a tutto intaglio racchiude il famoso "quadro divino". Il tutto terminato da cimasa (parte superiore che serve da finimento) a pieno intaglio e forse da porre (decorazioni), e' sovrastato da una tela raffigurante Gesu', con cornice intagliata, posta tra due putti dorati. La scola cantorum (o coro) anch'essa interamente in legno, riprende le decorazioni dell'altare. Fino a pochi anni fa, quattro splendide cornici in legno dorato, con fregi e decorazioni in stile barocco simili al fastigio contornavano altrettanti dipinti che si trovavano a destra e a sinistra dell'altare, oggi non presenti perché trafugate. Gli artigiani costruttori, sicuramente Roglianesi, appartennero forse alla bottega di N. Altomare questo si deduce dal fatto che vi sono delle spiccate somiglianze, e nella struttura, e nelle caratteristiche architettoniche, con l'altare della chiesa di San Giorgio a Rogliano. Il soffitto della navata centrale interamente in cemento e' decorato con un dipinto su tela raffigurante un episodio dell'Antico testamento. Il soffitto della cappella dell'altare maggiore e' decorato con un'immagine anch'essa rappresentante una scena dell'antico testamento. La navata centrale ha le pareti decorate con immagini rappresentanti i quattro evangelisti. Tutti i dipinti ad eccezione di quelli dell'altare, risalgono al 1953 e sono opera di un artista cosentino di nome Tancredi. Un arco nella parte destra della navata maggiore apre l'accesso ad una nicchia che fino a poco tempo fa ha contenuto un altare ligneo dedicato a San Francesco di Paola, sul soffitto e' rappresentata la traversata dello stretto di Messina sul Mantello da parte di San Francesco. L'antico Tabernacolo ligneo, usurato dal tempo e da continue infiltrazioni di acqua piovana e' stato sostituito nel 1993 da un altro in struttura lignea con interno dorato e facciata anteriore in argento e oro raffigurante l'ultima cena, donato alla chiesa da Mauro Ungaro Albina per grazia ricevuta. Alla destra dell'Altare Maggiore si apre l'accesso alla Sagrestia: una sala a pianta quadrata con soffitto decorato a motivazione floreale, faceva da cornice ad un dipinto sacro ( oggi perduto). All'interno del Santuario si possono osservare le statue provenienti dalla chiesa di San Giovanni Evangelista raffiguranti l'Assunta e L'Immacolata e Santa Lucia quest'ultima ricoperta interamente da argento dorato.

    Tra storia e leggenda

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    Molti furono i lavori di ampliamento a cui fu sottoposta la struttura originaria. Tali ampliamenti furono dovuti alla crescente devozione verso la Beata Vergine e grazie all'eco dei continui prodigi che si verificarono a Napoli e a Mangone. Legami con la comunita' Napoletana: origine della denominazione "Madonna dell'Arco" Il rapporto che lega la comunita' Mangonese a quella di Santa Anastasia presso Napoli e' molto stretto. Cio' e' dovuto alla presenza a Mangone di una nota famiglia nobiliare d'origine napoletana: i Marchesi Mangone i quali, probabilmente furono i primi ad introdurre il culto nel nostro paese. Infatti tali Marchesi furono colpiti da un miracolo a cui assistettero personalmente e che si verifico' nei pressi della citta' Partenopea. Siamo verso la fine del 1500 e la Madonna apparve ad una certa Eleonora incaricandola di provvedere al restauro di una piccola edicola contenente la sua immagine. La donna cerco' in tutti i modi di fare cio' che la Madonna le aveva chiesto ma non pote' fare molto a causa della poverta'. In realta' l'edicola era sorta intorno ad un pilastro facente parte dell'acquedotto Augusteo che dalle sorgenti del Serino riforniva d'acqua la citta' romana di Baia. Questa colossale opera idraulica, copriva il percorso pianeggiante della zona Vesuviana con un pontecanale lungo circa quattro chilometri. Sul pilastro sinistro che rasentava la strada Napoli - Somma un devoto pittore affresco' l'immagine della Madonna col Bambino Gesu'. Da quel Momento Quell'Arco venne da tutti chiamato "L'Arco Della Madonna" o meglio "Madonna Dell'Arco". Molti devoti Napoletani si recavano quotidianamente a pregare presso quell'arco , fra questi forse c'erano anche i Marchesi Mangone. Probabilmente, si trattava di una antica famiglia che esercitava dominio feudale sul borgo nel corso del '300. Si trova menzione documentaria nelle raccolte di decime ecclesiastiche di un certo "domino Roberto de Mangone" e di un signore denominato "Petrus de Mangone" i quali da Napoli si recavano nelle loro terre di Calabria, dove probabilmente trapiantarono il culto. Questa e' quella che si potrebbe definire la ricostruzione storica degli eventi, anche se i Mangonesi sostengono tutt'altro. Sono infatti pronti ad affermare a viva voce che il culto della Madonna venne portato a Napoli dai Mangonesi e non il contrario. Si dice che nel lontano 1500, una luce forte ed insistente catturo' la curiosita' di alcuni contadini, i quali non senza timore si recarono a controllare cosa fosse. La sorpresa fu grande quando in mezzo ad un mucchio di spine, rinvennero una pietra che in basso rilievo recava l'immagine della Madonna che teneva in grembo Gesu' e, intorno, uno splendido arco di luce. Carichi di fede, si recarono presso un noto artista affinche' riproducesse su tela l'immagine. Qualche tempo dopo, quando fecero ritorno dall'artista per verificare lo stato dell'opera il pittore li accolse dicendo: "Nu' d'e' pittura de la manu mia ch'e' de l'arcu Maria, nostra avocata….." I Mangonesi presero la Sacra Immagine e fecero ritorno a casa. Nel luogo del rinvenimento della pietra scolpita edificarono una piccola chiesetta, da quel giorno la devozione crebbe sempre di piu' e la Madonna con molti segni, sembrava restituire tali manifestazioni di fede. Infatti molti Miracoli sono ricordati con affetto ancora oggi dai Mangonesi di tutte le eta' che attestano la protezione della Madonna al suo fedele popolo.

    Primo Miracolo

    Il 4 ottobre 1870: data di un terribile terremoto che devasto' l'intero paese. Molti furono i morti, ma molte furono anche le persone che rimasero in vita. Il paese era completamente sommerso dalle macerie. Molte famiglie rimasero senza case e nelle strade, o quello che rimase di esse, non si sentiva altro che grida di dolore. La popolazione, all'unanimita', invoco' l'aiuto dalla Madonna, si recarono in chiesa a pregare ai suoi piedi. La disperazione, mista al desiderio di ricominciare, indusse la gente a portare in processione il "quadro Divino", ma l'unica strada accessibile era quella che passava per le terre di "mancaro". Ancora oggi nella notte tra il 3 e il 4 ottobre, si svolge quella processione. Vi partecipano i Mangonesi di tutte le eta', e molti emigranti ritornano nel paese natio per ricordare quel tragico episodio. Una solenne fiaccolata per le strade di "mancaro", ha lo scopo di rinnovare la richiesta di aiuto e protezione alla Santissima Vergine. Un canto popolare composto da un anonimo poeta mangonese viene recitato senza interruzione per tutto il percorso prevedendo la partecipazione di due cori contrapposti che recitano alternativamente le due strofe del canto. Riportiamo il testo in dialetto:
    Prima strofa: "proteggiti a nue devoti verginella ed avucati de flagelli e terremuti chissa patria sia salvata."
    Seconda strofa: "Chissa patria chi t'adura de la fame, guerra e pesta ne tramuti la tempesta. Sia sempre preservata nostra madre ed avocata."

    Secondo Miracolo affermato

    18 giugno 1899: la primavera del 1899 sembrava aver perduto il suo fascino e il suo sorriso. Le piogge erano cadute abbondanti e torrenziali, con evidente danno alle campagne. Il raccolto era compromesso, cosa grave per un popolo di contadini. Fu così che il 18 giugno, non si vide altra salvezza che nella invocazione alla Madonna. Ricordando che in circostanze simili la processione col "Quadro Divino" li aveva salvati, si avviarono al Santuario con devozione e speranza. Dalle autorita' municipali la processione venne impedita ed i convenuti furono allontanati dalle forze dell'ordine. Il sindaco di allora il sig. Grandinetti, per impedire che ci si recasse in chiesa fece sprangare la porta della chiesetta inchiodando delle travi di legno molto pesanti. Dopodiche' esclamo' la frase: "se sei la vera Madonna aprirai la porta ai tuoi fedeli." E tutti rientrarono nelle case non senza paura. Nel profondo della notte, mentre la tempesta infuriava, un fragoroso tuono spalanco' la porta del Santuario provocando gravi danni allo spiazzale adiacente, mentre all'interno tutto era in ordine Subito la notizia si diffuse in tutto il paese, il popolo accorse festante e l'immagine sacra della Madonna venne portata trionfalmente nelle strade del paese e per le campagne, anche perche', la pioggia incessante che cadeva da oltre un mese era finalmente cessata. La Madonna dell'Arco aveva ancora una volta esaudito le preghiere dei suoi devoti.

    Terzo miracolo affermato

    Durante l'ultimo conflitto mondiale, un giovane soldato mangonese (di cui ignoriamo le generalita'), fu sul punto di annegare fra le acque del Mediterraneo. In quel frangente, il suo pensiero si volse alla madre della terra che non poteva dargli aiuto e a quella del Cielo: la Madonna dell'Arco, che invoco' con la piu' ardente fede. In quell'istante stesso, si trovo' tra le mani una larga tavola di legno sulla quale si pose a cavalcioni restandovi fino a quando non fu salvato e soccorso. Questi e tanti altri sono i prodigi che la gente del luogo attribuisce alla Santissima Vergine dell'Aro. Forse pero' il piu' grande miracolo e' quello che i Manganesi di ogni parte del Mondo si ricordano di lei sempre. Ogni emigrante, tiene, infatti appesa nella sua casa, un'immagine della Madonna e a lei si rivolge con devozione ogni giorno invocando la protezione per se stesso e per la propria famiglia . La comunita' Mangonese in Canada, ha voluto fare di più. Nell'anno 1997, dietro sollecitazione di Francesco Galati, Emigrato da Mangone in giovanissima eta', ha commissionato ad un artista locale una statua della Madonna che fosse in tutto identica a quella della Madonna dell'Arco di Mangone. Hanno donato questa statua alla chiesetta di "Sante Marie Reine des coeurs" di Montreal e ogni anno, si raccolgono intorno a lei per pregarla e chiederle soccorso nelle date più significative per la comunita':
    - nel giorno della festa (che per ragioni climatiche si anticipa alla prima domenica di settembre).
    - 18 giugno data del miracolo.
    Hanno costituito un Comitato che ha il compito di gestire i proventi ricavati dalle loro riunioni: una parte viene utilizzato per l'organizzazione della festa vera e propria con tanto di processione per le strade del paese e serata musicale; un'altra parte viene destinata a scopi benefici. Ringraziamo per queste informazioni l'attuale presidente del comitato sig. Salvatore Martire.


    Chiesa San Giovanni Evangelista

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    La chiesa parrocchiale e' dedicata a San Giovanni Evangelista. L'edificio, eretto nella prima meta' del sec. XVII, risente dei numerosi interventi effettuati negli anni successivi, tuttavia, la facciata e' interessante per il bel portale al di sopra del quale si apre una finestra e un oculo. La torre campanaria e' quella originaria, quadrangolare, terminante con struttura a cuspide. L'interno e' un prototipo della maestria e abilita' degli intagliatori della vicina Rogliano. A parte le decorazioni barocche, e' tutto una festa di opere legno intagliato del sec. XVIII: il soffitto, il pergamo pensile con ricco postergale decorato a bassorilievi, l'altare. Quest'ultimo e' sovrastato da una tela di ignoto del sec. XIX raffigurante la Madonna del Carmine con San Giovanni Evangelista e altri santi. Al di sopra, tela di fine 700 su cui e' effigiata la Deposizione. Oltre ad un battistero litico, e' interessante un trittico di figure sacre dipinte ad olio su pannelli dell'ancona lignea dell'altare maggiore inquadrato in fastose cornici intagliate e dorate settecentesche, raffiguranti: Cristo deposto, San Cipriano, San Giovanni l'Evangelista.


    Palazzo Mauro

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    Il Palazzo Mauro e' situato in via Garibaldi, e' una struttura molto imponente nella cui parte inferiore, adibita a stalle e magazzini, e' stato scoperto un cunicolo che conduceva nei pressi della Chiesa della Madonna dell'Arco, che serviva ai suoi abitanti per fuggire in caso di attacchi di briganti. Nell'antica via Capo Casale, e' possibile ammirare un altro palazzo della famiglia Mauro con le stesse caratteristiche.

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    Chiesa San Pio

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    Chiesa Santa Maria (ruderi)

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    Fontana 4 Ottobre

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    Fontana Du Turchiu

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    Monumento Ai Mangonesi nel Mondo

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    Piazza Polarizzante

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    Struttura Centro Congressi

     
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