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Orani

Provincia di Nuoro

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    Orani

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    Orani (Orane in sardo) è un comune italiano di 3.044 abitanti della provincia di Nuoro che si trova a 540 m s.l.m..

    Storia

    - Fonte -

    Quella del nostro paese è una storia molto antica. Numerose testimonianze di vario genere sono arrivate ai nostri giorni riguardo ai fasti del suo passato ed al ruolo di primaria importanza svolto da Orani nel corso dei secoli. E questa storia sembrano sussurrare le mura antiche delle numerose chiese oranesi, gli antichi palazzi di nobili famiglie (oggi perfettamente restaurati) e la vastezza del suo territorio. Ma alcuni particolari di questa storia sono oggi conosciuti anche grazie agli studi che alcuni esperti hanno dedicato a questo argomento, che per nostra fortuna hanno accettato di collaborare con noi. Con molto piacere pubblichiamo dunque gli articoli di Giulio Chironi (che ripercorre l'evoluzione dell'abitato e una breve storia delle famiglie nobili oranesi), e del Prof. Dr. Pedro Moreno Meyerhoff (dell'Università di Lleida, in Spagna), che ha compiuto una approfondita ricerca negli archivi storici spagnoli ricostruendo tutta la cronologia del Marchesato di Orani (partendo dalla antica Signoria del XIV Secolo) e portandoci a conoscenza dell'esistenza, ancora oggi, del titolo di Marchesa di Orani appartenente a Doña Maria Del Rosario Cayetana Fitz James-Stuart y Silva, XVII ed attuale Marchesa di Orani, appunto. Nelle pagine dedicate al Marchesato troverete inoltre un ricco estratto degli atti del Convegno tenutosi lo scorso mese di Giugno, che ha riscosso un ampio successo di pubblico e di studiosi.

    [Testo a cura di Giulio Chironi]

    Una storia scritta di Orani non esiste nonostante Orani fosse per secoli, dal Cinquecento all'inizio dell'Ottocento, centro del Marchesato omonimo e godesse nel passato fama di antiche glorie e di una trascorsa grandezza. L'antichità dell'insediamento umano è attestata non solo nel suo territorio comunale, ma nel suo stesso insediamento urbano attuale, visto che monete imperiali romane, conservate oggi nel Museo Archeologico di Nuoro, sono state ritrovate a Santu Sistos e negli scavi del rione di Sa 'e Mastio. Dove si trovava "Su Nuracheddu" sono stati scoperti numerosi reperti nuragici e posteriori, segno di una continuità di vita per lo meno dai Nuragici ad oggi. Tutto attorno al paese la presenza nuragica è notevole: Sa Monza (Buccheddu Pàstinu), Oddocaccaro, Losore, Sa Contra 'e Turre, Sa 'Untana 'e Sos Malavidos, pozzo sacro distrutto con la dinamite per ricerche minerarie, ma documentato già dallo Spano e citato da Lilliu nella prima edizione della "Civiltà dei sardi".Complessivamente risultano presenti nel territorio comunale ben sei rovine di villaggi nuragici e ventuno rovine di nuraghi isolati. Numerose sono anche le costruzioni di carattere religioso distribuite sia sul territorio che all'interno dell'odierno abitato. Oltre alle otto chiese presenti all'interno dell'abitato infatti contiamo nel territorio ben dodici luoghi di culto e sepoltura, otto chiese campestri e tre ruderi di antiche chiese. La storia del marchesato di Orani è sicuramente ricostruibile da quando fu istituito con decreto reale e ceduto in feudo ai Carroz dopo la vittoria da parte di questi nella battaglia di Macomer del 1478. La curatoria di Dore (alla quale apparteneva Orani) e quella di Bitti furono infatti riunite e affidate, con la carica di Vicerè a Pietro II Maza de Licana, marito di Beatrice, figlia di Nicolò Carroz morto nel 1479. Si definisce in questo modo la dimensione territoriale del marchesato di Orani che caratterizzerà la storia del paese fino alla metà del secolo scorso e più precisamente fino al 1843. Questa data segna infatti la fine del marchesato di Orani perché tra Marzo e Aprile di quell'anno il duca di Hygraz, il suo ultimo Marchese, riuscì a cederlo al fisco del Regno di Sardegna, chiudendo un periodo storico che ha riservato ad Orani un ruolo da protagonista nella storia feudale della Barbagia e della Sardegna. La storia del marchesato non è comunque la storia di Orani ed in questo senso le ricerche sono difficili a causa della distruzione avvenuta nel secondo dopoguerra della documentazione depositata nell'ex convento e nella caserma dei carabinieri, già palazzo della famiglia dei Nieddu, nobili, magistrati e notai. Su alcuni aspetti interessanti di Orani sono uscite recentemente alcune opere come quelle riguardanti il convento dei Frati Minori e il santuario del Monte di Gonare, ma manca ancora una visione d'insieme della storia del paese. Il territorio attuale di Orani è il risultato del notevole sincretismo che è avvenuto in tutta la Sardegna, con la scomparsa di numerosi centri abitati e il loro aggregamento ai più grossi. Ancora oggi si distinguono diversi "Sartos", salti, che dovevano appartenere a comunità autonome come "Sartu 'e Nurdole", "Sartu 'e Oddini", "Sartu 'e Liscoi" e "Sartu 'e Orane". A Nurdole, secondo l'Angius, si trovavano due paesi distinti: Santu Sarvadore e Viddas de Tale. A Santu Sarvadore si notano ancora rovine di antiche abitazioni, vi spicca un betilo ancora in situ e una fontana in muratura è stata sepolta una quindicina di anni fa a seguito di lavori agricoli. Poco distanti dai resti dell'abitato un nuraghe anonimo e le domus de janas, "Sas Concas de Nurdole". Viddas de Tale era posto più in alto, sotto il nuraghe Nurdole. Questo nuraghe, oggetto prima delle cure dei tombaroli, scavato poi dalla sovrintendenza di Sassari e Nuoro sotto la guida dell'archeologa Maria Ausilia Fadda, si è rivelato uno dei nuraghi più straordinari e in qualche modo sconvolgenti per la storia sarda per la presenza di un pozzo sacro nella camera a sinistra del trilobato e per la quantità incredibile dei bronzi ritrovati al suo interno. Oddini era invece un paese autonomo sicuramente nel trecento, quando i suoi rappresentanti firmarono a Orani la pace tra Eleonora d'Arborea e la corona d'Aragona, e doveva avere più abitanti di Ottana ed Oniferi perché aveva più rappresentanti di loro. Il centro era probabilmente attorno alle chiese di Santu Jorgi, Sant'Elias e Santu Predu, ma c'erano insediamenti umani a Goraè, attorno al nuraghe, a Sa Turre (resti ancora visibili), mentre il villaggio di Ilani, di fronte al nuraghe Athethu, era già censito come villaggio scomparso in epoca giudicale. A Oddini appartenevano Sos Vanzos, centro termale già in epoca romana, come attestato dallo Spano nel terzo volume della sua traduzione dell'Itinerario dell'Isola di Sardegna di Lamarmora. Per quanto riguarda Liscoi si può affermare che attorno all'omonima chiesa c'era sicuramente un centro abitato in epoca antichissima. Resti evidenti sono in Preda Iscritta e in Logula (da non confondere con l'omonima località in territorio di Sarule, dove Lamarmora incontrò la sua prima tomba di giganti, s'altare 'e Logula). Anche l'Angius parla di insediamenti in regione Sadula, o Badde 'e Roma, dove si trova il nuraghe sa Pala Umbrosa e le Domus de Janas di Nidu 'e Corvu. A Orani propriamente detto dovevano appartenere sicuramente i territori di Dore, dal quale prende nome la Curatoria che comprendeva Orani, Sarule, Oniferi, Orotelli e Ottana. Dell'importanza di Orani è testimonianza certa il numero delle chiese presenti nell'abitato. Attualmente se ne contano ben otto anche se di una nona (Santu Sistos) abbiamo testimonianza diretta dai testi dell'Angius che ne aveva visitato i ruderi nella seconda metà dell'Ottocento. La storia di Orani è anche la storia di alcune sue nobili famiglie come gli Angioi e i Siotto. Gli Angioi sono la famiglia oranese di nobiltà più antica. Dal casato degli Angioi proveniva Don Giovanni Maria, l'alternos della rivoluzione sarda, figlio di Don Pietro, oranese. Un fuoriuscito corso, Semidei, sposato ad Orani con una Angioi, era cugino della madre di Napoleone Buonaparte e può avere avuto notevole influenza sulla simpatia dell'Angioi per la rivoluzione francese. Gli Angioi compaiono come notai, come sindaci, come donatori, ancora in atti dell'Ottocento. A questo illustre casato apparteneva la splendida figura di Marianna Bussalay, poetessa sensibile, combattente sardista, antifascista della prima ora, corrispondente di Emilio Lussu fuoriuscito, centro e simbolo della resistenza oranese.

    Luoghi di interesse
    • Torre aragonese
    • Chiesa di Sant'Andrea Apostolo (Orani)
    • Chiesa di Nostra Signora d'Itria
    • Campusantu Vezzu

    Personalità legate a Orani
    • Costantino Nivola, artista
    • Mario Delitala, Pittore
    • Marianna Bussalai, scrittrice e militante PSd'Az
    • Piero Borrotzu, eroe della Resistenza
    • Salvatore Niffoi, scrittore
    • Daniela Murru, poetessa e scrittrice.


    Edited by Simona s - 15/7/2013, 11:42
     
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    Ruderi della chiesa di Sant'Andrea e la sua torre campanaria - Campusantu Vezzu

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    Su Campusantu Vezzu è il sito, ubicato poco fuori dal centro di Orani, dove sorgono i ruderi della chiesa di Sant'Andrea e la sua torre campanaria, detta Torre aragonese. Il nome campusantu vezzu o vetzu (cimitero vecchio, in italiano), si deve al fatto che la chiesa in rovina venne utilizzata come cimitero nel corso del XIX secolo.

    Descrizione

    - Fonte -
    di Giacomino Zirottu


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    L'antica parrocchiale di S. Andrea, risalente al XVI secolo, è uno splendido esempio di costruzione catalano-aragonese. Le prime testimonianze storiche riferibili a questa chiesa si ritrovano in un documento ecclesiastico del 1539 ed è molto probabile che il tempio, i cui resti osserviamo oggi alla periferia est dell'abitato, sia stato costruito sui resti di una chiesa sorta in periodo bizantino con un impianto a croce greca. In questi documenti, che si riferiscono ad una visita pastorale effettuata ad Orani dal vescovo di Alghero Mons. Durante dei Duranti, abbiamo una ricostruzione, anche se piuttosto scarna, di quelle che erano le condizioni della parrocchiale in quel periodo. Durante le visite pastorali infatti il vescovo era solito recarsi personalmente in tutte le chiese site all'interno di una villa per verificarne lo stato, il grado di manutenzione dell'edificio, in particolare delle singole cappelle, la consistenza degli arredi e degli ornamenti e ordinare, ove fossero necessarie, le dovute migliorie. Dalla relazione della visita del maggio 1539 emerge che la chiesa, la cui costruzione era iniziata presumibilmente non molti anni prima, non era ancora completa in quanto mancava anche la torre campanaria (eretta nella seconda metà del secolo XVI), pur avendo un altare maggiore e tre cappelle: della Trinità, di Nostra Signora del Rosario e delle Raccomandate. Dalla descrizione della qualità degli ornamenti e data l'importanza ed il conseguente prestigio che Orani rivestiva nella Sardegna del tempo, vogliamo pensare che la chiesa di S. Andrea, già da quella visita del 1539, apparisse di grande bellezza. La seconda visita pastorale documentata risale al 1543 ed il vescovo Pietro Vaguer, arrivato ad Orani il 2 aprile, trova nuove cappelle e nuovi altari rispetto alla visita di quattro anni prima. Da ciò si deduce che in quel periodo i lavori di costruzione della chiesa (la cosiddetta "fabbrica") erano ancora in corso. La costruzione della chiesa si inseriva in un progetto più ampio di sviluppo della devozione religiosa che la chiesa cattolica sostenne nel periodo della Controriforma ed il canonicato di Orani, data l'importanza ed il peso che aveva nel contesto storico-religioso della Sardegna dell'epoca, ebbe notevoli benefici da questa positiva atmosfera. Specchio fedele di questo fermento religioso è un dato relativo ai primi anni del Settecento che attesta la presenza ad Orani di ben 26 chiese, di cui 17 nel centro abitato e 9 rurali, numeri certamente difficili da riscontrare in altre realtà simili, non solo in Sardegna, ma anche a livello nazionale. Le numerose risorse finanziarie messe a disposizione dagli oranesi per migliorare la dotazione delle loro chiese trovano corrispondenza nella relazione della visita pastorale di Mons. Niccolò Cannavera nella primavera del 1608, che è la fonte senza dubbio più importante per la conoscenza della consistenza e dello stato delle chiese in questione. Per quanto riguarda la chiesa parrocchiale di S. Andrea abbiamo una fotografia esatta non solo degli altari e delle cappelle esistenti, ma anche della consistenza degli arredi sacri e di tutti gli "ius patronatus" esistenti.

    Ecco l'elenco completo degli altari e delle cappelle:
    • Altare Maggiore di S. Andrea Apostolo
    • Cappella della Concezione (ius patronatus della fam. Angioy)
    • Cappella di Nostra Signora della Rosa (ius patronatus della fam. Satta)
    • Altare dei Santi Cosma e Damiano
    • Cappella di Nostra Signora delle Raccomandate
    • Altare di S. Agostino
    • Altare di S. Biagio
    • Altare di S. Antioco (ius patronatus delle fam. Pinna-Fadda e De Sogiu)
    • Cappella della Visitazione di Nostra Signora (ius patronatus della fam. Sanna)
    • Altare della Trinità (ius patronatus delle fam. Angioy e Carta).

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    Questo fu senza dubbio il momento di maggior splendore della parrocchiale di S. Andrea, protrattosi almeno fino agli ultimi decenni del 1700 quando per cause diverse, riconducibili probabilmente alla perdita di importanza nel contesto economico - religioso del paese, iniziò il periodo di declino. Dalla visita pastorale del 20 giugno 1807 apprendiamo, infatti, che viene disposta la costituzione di una pensione annua, da ricavare dai frutti decimali assegnati al seminario di Alghero, per restaurare la parrocchiale e per rinnovarne gli arredi, segno evidente che la chiesa di S.Andrea stava andando in rovina. Negli anni la situazione andò progressivamente peggiorando tanto che le cresime del 1815 furono amministrate nella chiesa del Rosario. Dalla relazione della visita del 1835 apprendiamo invece che la chiesa è ormai diroccata e che funge da parrocchia la chiesa di S. Croce, mentre per un certo periodo, ed almeno fino al 1884, continuò a funzionare l'annesso cimitero. Dalla visita pastorale di quell'anno ad opera di Mons. Eliseo Giordano si apprende che egli visitò sia la chiesa delle Anime, vicino al nuovo Camposanto, che il camposanto situato all'interno della vecchia parrocchiale diroccata di S. Andrea che ancora oggi, infatti è chiamato "campusantu vezzu" (vecchio cimitero). Completamente abbandonata a se stessa per lunghi anni, l'area della vecchia parrocchiale è stata oggetto solo di recente di un deciso intervento di recupero che ha interessato la torre campanaria che è ora completamente ristrutturata. Sarebbe auspicabile a questo punto anche un deciso intervento sulla struttura perimetrale della chiesa affinché venga salvato un pezzo così importante della storia della nostra comunità.



    Chiesa Nostra Signora d'Itria

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    La facciata con il graffito di Nivola - Foto di Angelo Mereu

    - Fonte -


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    Altare
    Il culto per la Madonna d'Itria (''Odighitria'', che indica la via) risale all'età bizantina ma l'intitolazione non è documentata in Sardegna prima del penultimo decennio del XVII secolo. In precedenza la chiesa oranese era dedicata a San Giuliano. L'aula mononavata è voltata a botte, con nicchie laterali in cui sono collocate statue lignee. L'arco absidale è a sesto acuto. Il presbiterio leggermente sopraelevato è delimitato da una balaustra marmorea e accoglie l'altare in marmo bianco con inserti rosa. Nella nicchia centrale si trova la statua della Madonna d'Itria secondo la tipica iconografia che la rappresenta con il bambino in braccio e ai lati i due pellegrini inginocchiati. L'opera, di notevole fattura, conserva ancora la decorazione originale a ''estofado'' ed è databile alla seconda metà del Seicento. La volta a crociera è affrescata con figure di angeli e cherubini, datati alla fine del Seicento furono forse eseguiti dal capostipite degli Are. Recenti restauri hanno messo in evidenza nuovi dipinti murali, sia sulle pareti del presbiterio e delle cappelle, sia sulle arcate della navata in cui appaiono raffigurate scene di vita evangelica, probabilmente più antichi di quelli conosciuti.Nella facciata, sormontata da timpano curvilineo, si trovano al centro un piccolo rosone e in asse il portale. Sulla sua superficie Costantino Nivola eseguì nel 1958 una decorazione a graffito.



    Chiesa NostraSignora del Rosario

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    - Fonte -



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    Volta affrescata

    La chiesa del Rosario è menzionata, insieme all'omonima confraternita, per la prima volta nel 1684. Fu edificata probabilmente nel corso del Seicento quando si diffuse ampiamente il culto mariano anche in Sardegna. La chiesa, mononavata è coperta, come il presbiterio, con una volta a botte rinforzata da archi traversi. Le cappelle laterali furono aperte tra i contrafforti dei fianchi, un piccolo pulpito marmoreo è addossato all'ultimo pilastro a destra dell'altare. La zona presbiteriale è inquadrata da un arco a tutto sesto e delimitata da una balaustra. Nell'altare in marmo bianco, colonne tortili nere incorniciano le nicchie dove si trovano la statua lignea seicentesca della Madonna del Rosario e due santi francescani. L'elemento artistico più importante della chiesa è costituito dagli affreschi che arrichiscono l'interno, attribuite ai pittori Pietro Antonio e Gregorio Are e risalenti alla metà del Settecento. I dipinti rappresentano le nozze di Cana, i Santi Caterina da Siena e Paolo Eremita, la battaglia di Lepanto e la Predica di San Domenico. La famiglia degli Are esprime con costanza una sua idea dell'arte vicina alle convenzioni linguistiche auliche e al tempo stesso legata alla domanda d'informazione dei ceti popolari. Da qui il gustoso e non incolto sincretismo tra le figurazioni di sapore arcaico e la necessità di immagini legate alla buona regola del disegno. La facciata, spartita in due ordini da una cornice orizzontale, adotta lo schema catalano-aragonese a terminale piatto con merli che affiancano il campanile a vela, in asse con un oculo modanato e con il portale d'impronta tardo rinascimentale. Sul campanile a canna quadra svetta una cuspide piramidale che richiama quella dell'antica parrocchiale.



    Chiesa San Giovanni Battista

    - Fonte -


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    La chiesa di San Giovanni Battista fu edificata in sostituzione di un'altra più antica annessa al convento dei Frati Francescani Minori, giunti ad Orani nel 1610. La sua costruzione, inziata verso la fine del '600, fu completata nei primi anni del '700.Nel 1866, dopo la soppressione e l'incameramento degli Ordini Religiosi, il convento divenne proprietà del comune e fu adibito a svariati usi: casa comunale, scuola elementare, pretura e carcere mandamentale. La chiesa di San G. Battista, anch'essa di proprietà comunale, fu concessa in uso alla comunità parocchiale e dal 1870 al 1930, durante la costruzione della nuova parrocchia di Sant'Andrea, svolse la funzione di chiesa madre. La chiesa rispecchia l'architettura tipica delle chiese francescane: presenta un unica navata centrale con altare maggiore e tre cappelle laterali per parte comunicanti tra loro. L'esterno dell'edificio presenta un pronao, sul quale si aprono gli accessi alla chiesa e al comune (ex convento) e un campanile tozzo ma inserito armoniosamente nel complesso. Sopra il pronao si trova il coro, dove sono conservati un coro ligneo e un antico e pregevole organo datato al 1732 recentemente restaurati.



    Parrocchia Sant' Andrea Apostolo

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    - Fonte -

    Abbandonata sin dall'inizio dell'Ottocento l'antica parrocchiale di Sant'Andrea Apostolo, della quale rimangono i ruderi e il campanile di forme gotico-catalane, venne avviata la costruzione della nuova chiesa. La mancanza di fondi rallentò notevolmente l'inizio dei lavori e soltanto nel 1867 il cantiere venne affidato all'architetto nuorese Giacomo Galfrè; un grave contenzioso tra l'impresa e il Comune determinò una lunga interruzione, tanto che l'edificio fu terminato solo nel 1930. La chiesa di Sant'Andrea è una delle più tarde realizzazioni di forme neoclassiche in Sardegna con un orientamento prevalentemente palladiano.L'architettura monumentale presenta un pronao tetrastilo timpanato aggettante, retto da colonne tuscaniche. L'interno è ampio e luminoso, caratterizzato da una pianta a croce greca; all'incrocio dei bracci è impostata la cupola emisferica con terminazione a lanternino. Una trabeazione aggettante e modanata percorre il perimetro dell'edificio; sulle pareti lesene e semicolonne ioniche scandiscono le superfici. All'interno sono custodite importanti opere d'arte: la pala d'altare realizzata da Mario Delitala; il pulpito seicentesco in marmo intarsiato, proveniente dall'antica parrocchiale; il pulpito ligneo che apparteneva alla chiesa del Rosario e un prezioso retablo datato alla fine del XVI sec.


    Edited by Simona s - 26/7/2013, 10:39
     
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