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Tutte le chiese di San Giovanni in Fiore

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    Tutte le chiese di San Giovanni in Fiore


    Abbazia Florense

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    - Fonte -

    L'Abbazia Florense è fra i più grandi edifici religiosi della Calabria, grazie all'imponenza dell'intero complesso badiale, ed è considerato, insieme al Santuario di San Francesco di Paola, il più importante edificio religioso della Provincia di Cosenza. Fa parte dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, ed è per cronologia, il primo edificio ed insediamento, realizzato a San Giovanni in Fiore, decretandone così, la nascita della città.

    Le origini dell’Ordine Florense

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    L'abbazia e il centro storico di San Giovanni in Fiore


    Le origini dell’Abbazia Florense, racchiudono una storia ricca di avvenimenti e coincidenze, situazioni tali che hanno portato solo in seguito ad un lungo viaggio, alla realizzazione del complesso monastico. La principale delle cause, è sicuramente la ricerca di una nuova ”fonte di spiritualità” da parte del fondatore del monastero, Gioacchino da Fiore. Il futuro abate, viaggiò da giovane, per alcune Abbazie, venendo a contatto con vari ordini monastici, tra cui quello cistercense. Da giovane, infatti, fu prima accolto presso l’Abbazia di Santa Maria della Sambucina nei pressi di Celico, ed in seguito soggiornò nel monastero di Corazzo, divenendone priore e poi abate. Recatosi nel 1183, presso l’Abbazia di Casamari nel Lazio, con l’intento di far accorpare il cenobio di Corazzo nell’Ordine Cistercense, Gioacchino affinò la propria spiritualità, scorgendo un bisogno di meditazione fin’ora mai capitatogli. Fu così che insieme ad un compagno decise, fra la Pasqua del 1186 e il febbraio del 1188 di salire sulla Sila alla ricerca di un luogo per abitare. Si fermarono dapprima presso la località di Pietra Lata, ma il luogo non ispirò completamente l’abate, che decise di ampliare il cammino e risalire ancora per un po’, i monti della Sila. Superato il fiume Lese, i due giunsero presso una radura sul versante orientale della Sila, presso un’immensa foresta di boschi, e con a valle il fiume Arvo. La località si presentò perfetta per Gioacchino, che decise di stabilirvisi, ed ivi, edificare il monastero, dedicandolo a San Giovanni Evangelista.

    Il protocenobio di Jure Vetere

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    Gli scavi archeologici di Iure vetere che hanno riportato alla luce il vecchio protocenobio


    Nella località di “Iure Vetere” Gioacchino, fondò quella che sarà la sua prima Abbazia. Cominciata nel 1189 e terminata nel 1198, l’Abbazia di “Iure Vetere”era ubicata in un luogo perfetto secondo Gioacchino, ove regnasse la pace e la tranquillità, e dove si potesse rigenerare la spiritualità perduta. Assieme al monastero vennero realizzate anche delle dipendenze ad utilizzo dei monaci alla quale vennero affidate terre per la coltivazione e il pascolo. La realizzazione del nuovo monastero non fu semplice, soprattutto “perché si dovettero combattere le controversie con i monaci Brasiliani del vicino Monastero dei Tre Fanciulli, in quanto quest’ultimi si servivano delle terre donate all’abate, per farvi pascolare i loro greggi”. Nel 1214 un vasto incendio devastò il protocenobio di Iure Vetere, e tutti i suoi edifici contigui. Le terribili condizioni climatiche del luogo incisero molto sulla scelta dei monaci florensi che decisero di abbandonare per sempre il vecchio protocenobio. Il sito della prima fondazione florense venne ritrovato nel 2001, attraverso una campagna archeologica diretta dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria e condotta dal gruppo di ricerche dell'IBAM di Potenza.

    Il nuovo Archicenobio

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    Abbazia Florense - Centro Studi Gioachimiti e Museo Demologico


    Dopo l’incendio di “Iure Vetere”, i monaci florensi vennero aiutati subito da alcuni loro benefattori, tra i quali il conte Stefano di Crotone,che trovò loro una prima sistemazione nelle sue proprietà presso Cerenzia. I monaci cominciarono subito a porsi il problema se restaurare il vecchio monastero e restare sul luogo scelto da Gioacchino o fondarne uno nuovo. La seconda scelta era quella di gran lunga privilegiata dai monaci e dall’abate Matteo, avallata dal fatto che Iure Vetere era una zona ove vivere era difficile, sferzata quasi tutto l’anno da un vento gelido e da un clima rigido, e dove gli inverni la temperatura scende costantemente sotto lo zero. Anche se a malincuore, si decise di cambiare luogo sulla quale erigere la nuova Abbazia. Al nuovo progetto venne incontro l’imperatrice Costanza di Aragona, che donò all’ordine gioachimita altri beni demaniali, per ripagare i monaci dei danni subiti con l’incendio, ed invocò l’aiuto di feudatari ed ecclesiastici affinché si potesse sopperire ai bisogni chiesti dagli stessi monaci. Le donazioni arrivarono, da più parti, ed i monaci poterono finalmente, dedicarsi all’impiego per la costruzione della nuova chiesa. La prima scelta da attuare era quella del luogo sulla quale erigere il nuovo monastero. Papa Innocenzo III, conscio del clima della Sila e delle difficoltà di viverci, consigliò ai monaci di discendere l’altipiano alla ricerca di aree più miti. I monaci comunque, non vollero abbandonare le foreste silane, decidendo così, solo di discendere di qualche centinaio di metri dal luogo di Iure Vetere. Fu così che nel 1215 venne scelto un costone roccioso con a fondo valle il fiume Neto, vicino alla confluenza con il fiume Arvo. Il luogo apparve subito più ameno del precedente, con possibilità maggiori di potere realizzare il monastero e potervi vivere serenamente. Il clima era di fatto più mite, e a valle del costone fino a giungere presso il fiume vi erano vallate adatte sia al pascolo che alla coltivazione. Nel dare continuità al primo messaggio gioachimita, l’abate Matteo e i monaci florensi decisero di nominare la località scelta Fiore o “Fiore Nuovo”.

    « Ci vollero circa quattordici anni per portare a compimento l’opera. L’esecuzione, ideata dall’architetto e vescovo Luca Campano, già autore del Duomo di Cosenza, fu particolarmente faticosa e comportò grandi sacrifici per la comunità monastica, costretta a vivere in fredde e umide baracche di legno ai piedi del gigantesco cantiere »
    (R. Napoletano, San Giovanni monastica e civica. Storia documentata del capoluogo silano, vol.1( Dalle origini al 1215), parte I, L’abate Gioacchino: le fonti, Laurenziana, Napoli, 1978)

    Negli anni 2007-2008 l'ala est ed il chiostro sono stati oggetto di ricerche e scavi archeologici diretti della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria.

    L’abbazia alle origini - I primi secoli

    Intorno al 1230 l’Abbazia Florense venne terminata. Fu essenzialmente un'opera che subito apparve imponente, in un luogo quasi sperduto e difficile come quello silano. Costituiva una caso perlomeno unico per ciò che riguarda l’architettura religiosa di quel periodo. Nel corso del tempo infatti, ha subito numerosi rimaneggiamento e modifiche, spesso seguendo le tendenze architettoniche dei vari periodi, ma perdendo in questo modo l’originaria struttura architettonica. La prima impronta architettonica che si nota dell’Abbazia Florense, e certamente di marca Romanica. L’impianto del complesso badiale, è di forma quadrata, con al centro un grande chiostro ad archi ogivali. La pianta del monastero è invece a croce latina, con l’abside di forma rettangolare orientato verso oriente.

    Dallo stile Romanico a quello Barocco

    Fra gli ultimi stili architettonici della quale abbiamo testimonianza, prima dell’ultimo restauro del 1989, vi è lo stile Barocco. L’aver apportato questo importante, e per sotto certi punti d’aspetto, poderoso cambiamento all’interno dell’Abbazia, vi è la forte concentrazione ed applicazione che tale stile architettonico ha avuto sull’intero patrimonio religione di San Giovanni in Fiore. Dal 1600 in poi, praticamente tutti gli edifici di culto posti nell’abitato cittadino, hanno subito interventi che ne hanno cambiato e rivoluzionato gli interni. Lo stile Barocco è stato lo stile più attuato, anche perché in quel periodo l’intera collettività silana, viveva un momento di profuso sviluppo economico. Lo stile barocco è poi passato indenne negli ultimi secoli, giungendo a noi così come praticamente lo si presentava più di quattro secoli fa.

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    Il chiostro dell’abbazia. In alto si può notare la cappella settecentesca demolita negli anni ‘50

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    Abbazia in stile barocco in una foto degli anni '30 - Si possono notare i pesanti stucchi, con sul fondo i 4 rosoni


    Dal 1990 ai giorni nostri

    L’ingresso

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    L’ingresso dell’abbazia con sullo sfondo l’altare

    L'ingresso dell'Abbazia è mutato nella sua quasi millenaria vita. Dell'ingresso originale rimane solo il portone mentre è andato perduto il nartece e la facciata è stata più volte mutata d'aspetto.

    La Facciata

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    Abbazia innevata - Febbraio 2008

    La facciata dell'abbazia si presenta oggi molto semplice e snella, con la cuspide che forma una capanna. Non ci sono decorazioni imponenti, tranne il portone. Lavorato è, invece, il foro sopra il portone che presenta un anello interno ed uno esterno più sporgente in pietra lavorata.

    Il Portone

    Il portone è stato realizzato in pietra calcarea finemente lavorata e costituisce l'unico tratto distintivo adornato di tutta la facciata. Il portone florense
    « lievemente strombato con stipiti a gradini convergenti, è racchiuso all'interno di un ideale solido geometrico a forma di parallelepipedo regolare, che sporge di poco rispetto al piano verticale del tratto di muro basso della facciata »
    ( pasquale Lopetrone, La Chiesa Abbaziale Florense di San Giovanni in Fiore 2002)

    L'ingresso è più elevato del piano della navata, infatti bisogna scendere alcuni gradini per accedervi. Le decorazioni poste sul portone presentano dei fregi di foglie dentellate al cui sopra si trova una fascia classica che separa il portone dal la parte più alta. la parte superiore è composta da una serie di archi ogivali che formano di fatto, quattro cornici. Lavorati sono anche i capitelli e le colonne ai lati dell'ingresso. Il portone dell'ingresso è di legno ed è recente, sostituito nel restauro del 1989. Termina in alto con l'intersezione degli archi, e cerca comunque di riprendere la semplicità del portone precedente al restauro.

    Il Nartece

    L'ingresso principale del monastero, ha ospitato in passato anche il nartece. Oggi purtroppo gli unici segni rimasti del porticato coperto sono appena visibili, e tali segni li possiamo notare solo attraverso delle sporgenze dalla muratura sul lato destro del portone eda una fila ben delineata al di sopra dello stesso portone, dalla quale partiva la copertura. Il nartece abbaziale era probabilmente formato da un porticato costituito da tre arcate per lato. Con molta probabilità, anche il nartece fu andato distrutto da un incendio, come visibile ancora oggi dall'annerimento della facciata dell'abbazia, che ne rimaneggiò completamente la copertura, mentre le mura restanti furono successivamente smontate e recuperate per essere riutilizzate nella costruzione delle imponenti sovrastrutture barocche del 1700.

    L’abside

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    L'abside e il campanile dell'abbazia


    L’abside è forse l’elemento di maggiore pregio di tutta l’abbazia. Si rifà all’architettura tardo romanica del periodo e presenta una finestra circolare esalobata, al centro di un triangolo ai cui vertici vi sono tre piccole finestre circolari quadrilobate. Sotto questi quattro elementi circolari vi si trovano tre ampie monofore, che nella dimensione del complesso disegno, non superano i lati delle piccole finestre circolari. Secondo alcuni studiosi, il disegno dell’abside si rifà ad alcune chiese francesi di stile romanico. Certamente c’è da affermare che gli elementi utilizzati appartengono chiaramente al periodo romanico, così come c’è da affermare, che questo abside è molto simile alla famosa Abbazia di Casamari, abbazia sita nel Lazio, costruita nello stesso periodo dell’Abbazia Florense. Altri studiosi sostengono che la disposizione delle finestre circolari seguirebbero l’espressione e il pensiero gioachimita della santa trinità, ma tale accostamento è privo di elementi significativi, e pertanto non viene ne citato ne rappresentato nelle Tavole del Liber Figurarum.

    Il Campanile

    Il Campanile, posto a lato dell’abside nella parte più elevata del tetto della stessa, ha forma di parallelepipedo regolare. Presenta una sommità più lavorata, con 4 archi a tutto sesto realizzati lungo i lati della parte più elevata del campanile, mentre il tetto, regolare, funge da grande capitello. Nel campanile sono presenti 4 campane.

    Interno

    L'interno modificato con l’ultimo restauro del 1989 si presenta oggi in stile romanico a pietra nuda, come lo era originariamente. Sulle pareti dell’interno non sono presenti sculture, fregi, decorazioni, dipinti, statue, guglie, e qualsiasi altra forma decorativa, affinché

    « …non vi fosse nulla che ostentasse superbia, vanità o potesse corrompere la povertà, custode di virtù »
    (Secondo la ligia “Regola Florense”)

    Dalla pianta a croce, si possono notare una grande navata centrale e due navatelle laterali, ottenendo in questo modo, tre luoghi separati ed individuali. Le navate laterali si collegano alla navata laterale da ingressi posti nei pressi dell’altare.

    La navata centrale

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    La navata centrale dell’Abbazia


    La navata centrale dà subito l’impressione dell’imponenza dell’abbazia. Dalla soglia del portale si scendono alcuni gradini rilevando che la soglia del pavimento si trova sotto di 90 cm. Il pavimento, restaurato negli anni ’80 con molta probabilità non era come lo si trova oggi allo stato attuale. Molto probabilmente era vario, con soglie differenti che delimitavano differenti ambienti nella stessa navate. Le pareti alte e verticali, rendono immediatamente l’ampiezza e la profondità dell’edificio. Le pareti, ritornate allo stato attuale dopo il grandioso restauro degli anni ’80, si presentano spoglie, quasi stanche, rimaneggiate in molte parti a causa del continuo rinnovamento e cambiamento di stili che l’abbazia ha avuto nei secoli. In alto sono presenti 4 monofore per lato. Queste sono state riaperte dopo che vennero chiuse e sostituite dalle finestre barocche più grandi, a forma di rettangolo con gli angoli smussati. Le finestre barocche vennero chiuse nell’ultimo restauro per perché non conformi con l’aspetto originario dell’edificio. Ai lati delle pareti vi sono 4 porte. Tre di queste sono murate e un tempo collegavano la navata centrale a locali non più esistenti o per lo meno completamente diversi da come si presenta oggi il complesso badiale. Solo una porta è ancora oggi “attiva”, la prima porta a sinistra dopo l’ingresso, che collega la navata centrale alla navatella laterale. In fondo alla navata centrale si staglia imperioso l’altare in stile barocco, e ben è visibile l’abside in fondo, con le caratteristiche finestre circolari. Sopra l’altare in prossimità dell’abside è possibile scorgere dalla navata centrale i matronei.

    La navatella laterale

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    Foto di inizio secolo scorso, nella quale si può scorgere la navatella diroccata


    La navatella laterale, dalla quale si può accedere sia da una porta laterale che si affaccia sulla piazzetta antistante il portale dell’abbazia, e sia da una porticina che la collega alla navate centrale, è stata rimaneggiata e modificata più volte nel corso dei secoli. In alcune foto dell’epoca appare diroccata con alberi e piante nel proprio interno, segno di una profonda incuria. Dopo l’ultimo restauro, è stata riaperta al pubblico ed oggi ospita la mostra permante delle tavole del “Liber Figurarum”, le opere artistiche di Gioacchino da Fiore, che racchiudono il pensiero e l’immaginario gioachimita.

    L’altare

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    L’altare dell’Abbazia e la statua di San Giovanni Battista


    L’ altare in stile Barocco, è un’opera del maestro di arte lignea, Giovanbattista Altomare, maestro di Rogliano. Realizzato nel periodo del barocchi mento dell’abbazia, l’altare è datato 1740, data incisa dal maestro sull’opera realizzata. L’altare, che poggia su una base rialzata, presente elementi riccamente decorati, intagli preziosi nel legno che sono stati poi dorati dal maestro. I maggiori elementi utilizzati sono la foglia dorata e teste di putti. È un vivido esempio di arte barocca che partendo dalla basso, con la mensa eucaristica posta sui gradini, presenta una base a forma di parallelepipedo imponente con al centro il tabernacolo, mentre salendo fino in cima, lo stile rigoglioso delle foglie, racchiude la nicchia contenente la statua del patrono della città, ossia San Giovanni Battista.

    Il coro ligneo

    Dietro l’altare sta’ il coro ligneo, opera di autore sconosciuto. Il coro è intagliato in legno di noce, finemente lavorato. Il coro era utilizzato un tempo dai religiosi che risiedevano nel monastero e che in questa parte dell’edificio si dedicavano ai canti religiosi.

    Sala esposizioni delle tavole del Liber Figurarum

    Posta presso la navatella laterale dell’Abbazia Florense, il cui accesso è sito di fianco il portale dell’abbazia, questa esposizione permanente raccoglie le litografie delle Tavole del Liber Figurarum, opera figurativa di Gioacchino da Fiore, considerata la più bella ed importante raccolta di teologia figurale e simbolica del Medio Evo. Le tavole figurative, oggetto ancora oggi di studi da parte di enti, fondazioni ed università, e che per il loro simbolismo sono considerate gioielli d'arte di inestimabile valore, queste riproducono, attraverso l’arte del disegno, tutto il pensiero gioachimita, pensiero studiato in tutto il mondo dalle più importanti università. La sala esposizioni, è gestita dal Centro Studi Gioachimiti.


    Edited by Simona s - 12/10/2013, 12:04
     
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    Chiesa dell'Annunziata

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    - Fonte -

    La Chiesa dell'Annunziata è una piccola chiesa di San Giovanni in Fiore realizzata nel 1653.

    Storia

    La chiesa deve la propria nascita grazie alla “Confraternita dell’Annunziata”, confraternita composta da muratori, scalpellini e carpentieri. Edificio dalla modestissime dimensione ma di grande pregio storico,poiché in passato era contigua alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie di (San Giovanni in Fiore), creando un complesso monumentale di due chiese differenti per dimensioni fra di loro, simili però nel contesto architettonico. È rimasta aperta fino agli anni '70, e dopo di allora è rimasta quasi sempre chiusa, tranne in occasione del recente restauro del coro ligneo (mai esposto), e in occasione di una importante Fiera provinciale.

    Arte e architettura


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    La facciata e il portale

    Attaccata un tempo alla Chiesa Madre di Santa Maria delle Grazie, la piccola Chiesa dell'Annunziata fu costruita e modificata seguendo gli stessi stili architettonici di quest'ultima. Non ci sono precise notizie sul perché sia stata eretta realizzando parte dell'abside e fissandolo con il campanile della Chiesa Madre. Probabilmente vi era una passaggio comunicante fra le due chiese, che in questo modo apparivano come un complesso monumentale rilevante. Intorno al 1930 fu abbattuta la parete che collegava le due chiese in modo da poter creare un secondo accesso alla piazza antistante la Chiesa Madre. La facciata ripropone il tema seguito per la Chiesa Madre. Il portale è ad arco a tutto sesto, con colonne semplici, realizzato con pietra del luogo. Al di sopra del portale vi è una ampia finestra ad arco ribassato.L'interno è barocco, di modeste dimensioni e con una pavimentazione risalente alla metà del 1800. Vi è un coro ligneo barocco, realizzato nel 1760, intagliato e decorato da artigiani calabresi, e recentemente restaurato. Vi era in passato un'altra opera di rilievo, un gruppo ligneo raffigurante l'annunciazione a Maria Vergine,ma nel 1970, fu trasferito nella vicina Chiesa Madre. Anche il campanile richiama lo stile architettonico della Chiesa Madre, ed è considerato uno dei migliori esempi meglio conservate, degli artigiani scalpellini del luogo.

    I restauri e la chiusura

    La chiesetta ha avuto da sempre la sua storia concatenata con la Chiesa Madre, e il muro che collegava le due chiese ne era l'emblema più evidente. Non si può parlare della Chiesa dell'Annunziata tralasciando la storia della Chiesa Madre. La chiesetta ha subito profondi interventi che ne hanno cambiato l'aspetto, anche se la pianta originaria e il campanile sono rimasti praticamente esenti da tali interventi. Nel 1930 la demolizione del muro che la collegava con la Chiesa Madre è stato il più importante. La facciata e il campanile vennero restaurati ngli anni ‘70 in concomitanza con i lavori di restauro per gli stessi elementi della Chiesa Madre, mentre sono rimansti immutati gli interni barocchi. Dopo il restauro fu chiusa al pubblico. Aperta negli ultimi anni solo per asportare e far restaurare il coro ligneo barocco da un'equipe di restauratori dell'Università di Pisa, la chiesa anche dopo il restauro del coro ligneo continua a rimanere chiusa e non è programmata una sua imminente riapertura al pubblico. La chiesa si raggiunge percorrendo le scale che dalla piazza antistante la Chiesa Madre di Santa Maria delle Grazie porta all'Abbazia Florense.


    Edited by Simona s - 12/10/2013, 12:05
     
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    Chiesa del Carmelo

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    - Fonte -

    La Chiesa del Carmelo (o del Carmine) è una delle più recenti chiese edificate a San Giovanni in Fiore. Le origini dei lavori, risalgono infatti alla fine del 1800.

    Storia

    Venne edificata, molto probabilmente, sotto stretta necessità della popolazione del quartiere della Costa, divenuto nel 1880, uno dei più popolosi. Comunemente viene chiamata ’’’chiesa della Costa’, sottolineando il marcato legame fra il quartiere e l'edificio religioso.

    Arte e architettura

    Di semplice disegno costruttivo, la chiesa presenta una facciata classica in stile barocco, con un ad arco a tutto sesto sormontato da una bifora di colenne semplici. Ai lati della bifora si trovano due nicchie contenenti due statue raffiguranti la Madonna, di medi dimensioni. L'interno presenta un'unica navata, e per accedere al coro posto su un soppalco in legno adagiato sopra l'ingresso, si deve percorrere una piccola scala a chiocciola realizzata agli inizi del 1900. All'interno si conservano poche ma significative opere d'arte, tra cui alcuni dipinti del Tancredi raffiguranti San Luca, Santa Maria Goretti e San Tommaso, risalenti sempre al 1900. Conserva anche alcune opere del 1770, quali un confessionale e un pulpito di legno, esportate da altre chiese cittadine e portate nella Chiesa del Carmelo, in occasione della sua apertura.


    Edited by Simona s - 12/10/2013, 12:06
     
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    Chiesa dell'Ecce Homo

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    - Fonte -

    La Chiesa dell'Ecce Homo è una chiesetta di San Giovanni in Fiore, costruita nell'allora frazione di Palla Palla, oggi quartiere della cittadina. La chiesa risale agli inizi del 1700.

    Storia

    La piccola chiesa venne edificata nel 1700 quando la frazione di “Palla Palla” cominciò a crescere e popolarsi. Si ritenne pertanto necessario la realizzazione di una cappella per soddisfare il bisogno dei fedeli. La chiesa venne pertanto realizzata lungo la strada che da San Giovanni in Fiore porta a Savelli.

    Arte e architettura

    La Chiesetta è dotata di una copertura lignea a semibotte. Interessante è il portale in pietra arenaria, mentre al suo interno conserva un pregevole busto ligneo, opera del maestro locale Antonio Biafora, che raffigura l'Ecce Homo. Il busto è collocato sopra un piccolo altare in pietra locale. La chiesetta ha subito nel corso dell'ultimo secolo alcuni interventi di restauro. Il primo, nell'immediato dopoguerra, ha consolidato la struttura e modificato il portale. Il secondo intervento, più consistente, ha previsto l'ampliamento della chiesa, con l'allungamento dell'unica navatella, la disposizione del portale, spostato dove prima vi era l'altare, e la creazione di un nuovo altare. Inoltre sul lato sinistro della chiesetta è stato realizzato un piccolo campanile. La necessità dei lavori di ampliamento e soprattutto, invertire l'ingresso, fu necessitato dal fatto che la chiesetta dava le “spalle” alla strada principale, realizzata antecedente l'edificio religioso. Nell'ultima domenica del mese di maggio, vi si celebra la festa dell'Ecce Homo, che dura tre giorni e richiama in presso la chiesetta numerosi fedeli provenienti da ipaesi del circondario.


    Edited by Simona s - 12/10/2013, 12:07
     
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    Convento dei Cappuccini

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    - Fonte -

    Il Convento dei Padri Cappuccini è una chiesa della città di San Giovanni in Fiore, fra le principali del centro- silano, ed è il terzo edificio religioso edificato per ordine cronologico, dopo l'Abbazia Florense e la Chiesa Madre. La data degli inizio lavori per la sua realizzazione risale al 1636, mentre il convento venne ultimato intorno al 1648-1649. Il convento è altresì uno dei principali conventi dell’ordine francescano della Provincia di Cosenza e della Regione Calabria, pur essendo l’ultimo dei conventi francescani realizzati nella provincia monastica di Cosenza.

    Storia

    La realizzazione


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    Cartolina del 1966

    La storia dei Cappuccini e il loro arrivo nella terra di San Giovanni in Fiore, risale al 1500. Nel casale florense, infatti, la famiglia francescana vi aveva da tempo una casetta che utilizzava come ospizio, dimora d'appoggio per le lunghe attraversate che i frati intendevano fare risalendo i monti della Sila, sia dal lato occidentale di Cosenza che da quello orientale di Crotone e del marchesato crotonese. L'ospizio era utilizzato anche per i frati che praticavano la pastorizia, e che secondo pratica della transumanza, passavano il periodo estivo sui monti silani. L'apertura di un convento in quel periodo, non era nei programmi della provincia monastica di Cosenza, sia in quanto la realizzazione di altri conventi erano stati programmati nelle città di Amantea, Strongoli, Piane Crati e Castiglione Cosentino e necessitavano di ultimazione dei lavori e completamento delle strutture principali, sia perché la struttura esistente dell'ospizio, riusciva a soddisfare le esigenze dei frati silani. Nel 1614, Francesco Maria di Majo, notaio cosentino di ricca famiglia, fece dono alla provincia monastica, di un pezzo di terra posto su un colle che dominava l'allora piccolo centro urbano di San Giovanni in Fiore e il complesso monastico florense. Per i motivi già citati, i lavori di realizzazione del convento non iniziarono immediatamente, ma ci vollero ben 25 anni prima che la provincia monastica decidesse l'inizio dei lavori. Nel 1636 si iniziò alla deforestazione dell'area e allo sbancamento del colle, e dopo 3 anni, cominciarono i lavori di edificazione del convento, che verrà ultimato tra il 1648 e il 1649.

    Le soppressioni e l'ultima riapertura

    Il convento non ebbe vita facile nel corso dei suoi anni. Subì infatti, una serie di soppressioni la prima delle quali nel 1811 in base ad alcune disposizioni legislative murattiane. Occupato dai monaci elemosinieri, subì un ulteriore soppressione nel 1866 e accorpato al comune di San Giovanni in Fiore. Passò in mano a D. Saveria Lopez che lo tennè in custodia cercando nel frattempo di farvi ritornare i frati Cappuccini, cosa che avvenne solo mezzo secolo dopo, ed esattamente nel 1923. All'ultima ripresa delle attività pastorali dei frati, come segno di riconoscenza il comune concesse al convento l'orto circostante.

    Architettura


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    Navata Centrale

    La prima edificazione prevedeva una pianta a forma di quadrilatero, uno stile architettonico comune a tutti i conventi dei Cappuccini in Calabria. Al centro di questo quadrilatero vi è il chiostro con pozzo per l'acqua, mentre la chiesa, allora realizzata ad unica navata, sorse in direzione est-ovest, con la facciata rivolta ad oriente. L'ingresso principale del convento è posto sulla sinistra della navata, con un lungo corridoio perimetrale coperto per evitare le intemperie invernali. Vi è un altro ingresso posteriore, che si raggiunge attraversando l' “orto” del convento. Il corridoio alla quale si accede dall'ingresso del convento, dà accesso ai locali della sagrestia posti dietro l'altare, mentre per accedere al convento, realizzato a due piani, si deve salire una scala interna (un tempo in legno) posta sul lato occidentale basso, del chiostro. L'attuale sagrestia, che prima era posta negli odierni uffici del convento, un tempo era utilizzata come coro, luogo di canto dei frati, prima che questo venne spostato e realizzato sopra il portale centrale della chiesa attuale. Il piano terra ospitava i locali della foresteria, dei laboratori, della legnaia, i ripostigli e le dispense, la cantina, e il refettorio con annessa cucina. La sala mensa, oggi saletta multifunzione, ospita una grande tela de “L'ultima cena”, opera di metà secolo scorso. Il piano superiore è cinto da un loggiato realizzato con arcate edificate sul chiostro del piano inferiore, ed ospita i locali del dormitorio e delle celle dei frati. Dal secondo piano si accede al nuovo coro realizzato nel primo decennio del secolo scorso, dai maestri falegnami probabilmente della famiglia degli “ottavi”. Al secondo piano vi è una sala adibita a cappella per i frati malati che non potevano assistere direttamente alla messa, altre sale per uso comune, e una ricca biblioteca ove intraprendere ed approfondire gli studi di teologia, storia, filosofia, greco e latino.

    La navata centrale


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    Navata laterale

    La navata centrale ospita un altare ligneo in stile barocco riccamente decorato, con presenza di numerosi intagli e motivi floreali, opera probabilmente di maesti ebanisti roglianesi. Il ciborio intarsiato è un'opera che si fa risalire a frate Felice Maria da San Giovanni in Fiore. Sulla parete ai lati dell'altare sono presenti due piccole nicchie contenenti due piccole statue raffiguranti Santa Veronica Giuliani e la Beata Maria Maddalena Martinengo. Al centro dell'altare vi è una grande tela raffigurante la "Vergine in gloria tra i cieli", ossia Santa Maria delle Grazie, opera del 1797 dell'artista calabrese Cristoforo Santanna, che ha affrescato anche la volta della navata centrale con una raffigurazione della "Madonna con il Bambino Gesù".

    La navata laterale

    La navata laterale ospita anch'essa un altare ligneo in stile barocco, finemente lavorato, risalente al '700. L'altare con colore in legno naturale, risale con molta probabilità agli stessi artisti roglianesi autori dell'altare della navata centrale, è presenta decorazioni floreali, mentre al proprio interno custodisce la statua di Sant'Antonio anch'essa lignea risalente alla stessa epoca dell'altare. Sul lato destro della navata vi è un grande dipinto olio su tela raffigurante il Beato Angelo d'Acri, opera di un certo F. Fontana del 1925, mentre su un rosone della volta si può ammirare un affresco con Sant'Antonio, opera di Francesco Giordano del 1761.

    L'”orto”


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    L'orto e il giardino

    Il convento sorse al centro di una grande area (un ettaro circa), che doveva essere utilizzata ad orto per la produzione delle derrate alimentari ad uso e consumo del convento. Il lato nord dell'area, fu spianato e reso pianeggiante, mentre il lato meridionale, scosceso, fu interessato da lavori di terrazzamento. L'area, era attraversata dall'acquedotto badiale (acquaro), opera dei monaci florensi di ben 400 anni prima, e grazie ad una serie di diramazioni, fu possibile utilizzare l'acquedotto per scopi idrici e per i servizi igienici, mentre per l'acqua potabile si fece riferimento al pozzo creato al centro del chiostro. L'orto era attraversato da un sentiero che collegava il convento ad una strada pubblica, probabilmente la sielica, la prima strada pubblica realizzata in paese. Alla coltivazione dell'orto provvedevano solo i frati più esperti, mentre i chierici avevano solo il compito di aiutanti.

    L'ampliamento e gli ultimi restauri

    Con la riapertura, il convento subì una progressiva ma vigorosa crescita numerica dei frati. Tale crescita costrinse ad effettuare numerose e continui interventi edilizi su tutta la struttura, per migliorare sia lo stato del vecchio edificio, sia con lo scopo di ampliare il complesso monastico, poiché le strutture esistenti si presentavano completamente inadeguate alle esigenze della oramai numerosa comunità francescana. Nel 1960 si cominiò a discutere dell'amodernamento della struttura convittuale e dell'ampliamento del convento. La commissione edilizia-economica provinciale decise di effettuare interventi consistenti sul convento di San Giovanni in Fiore, in quanto la struttura si presentava "quasi decadente" con necessità di restauri immediati. Nel frattempo si optò per un progetto complessivo che prevedeva anche l'ampliamento della struttura attraverso il prolungamento dell'ala meridionale dalle parti del sagrato. La nuova struttura venne ultimata tra il 1973 e il 1974, una struttura moderna che modificò l'assetto complessivo del convento. La nuova ala infatti, poteva ospitare le nuove celle per i frati con nuovi e moderni servizi igienici. Ciò permise di poter metter mano alla vecchia struttura, con risultati che però, compromisero l'originale struttura. Vennero infatti eseguite alcune opere di demolizione di un muro che non si ritenne portante, ma nel prosieguo dei lavori, la demolizione portò al crollo di una consistente parte della muratura interna, con il rischio anche per alcuni oparai che finirono sotto le macerie, fortunatamente senza subire conseguenze. Il crollo modificò sostanzialmente il progetto iniziale, facendo optare per un completo rifacimento dell'interno della struttura, utilizzando incautamente materiali estranei all'originale muratura, e sopraelevando ed alterando in maniera consistente il chiostro. Nel 1989 avviene l'ultima consistente ristrutturazione del complesso conventuale, attraverso l'utilizzo dei fondi previsti dal Piano del Sottoprogramma dei Beni Culturali - triennio 1989-1991. Gli interventi furono concentrati nella rimozione di alcune coperture di tutta la struttura, del cambio di porte ed infissi, ma l'intervento più importante venne effettuato sulla chiesa, che venne stonacata, riportando alla luce le vecchie murature in pietra perimetrali.

    Altre opere e preziosi

    La chiesa conserva 14 quadretti dipinti olio su tela, raffiguranti la via crucis, opera firmata dall'artistaFrancesco Giordano da Policastro e risalente al 1745. Nella sagrestia vi si trova un armadio del 1762 finemente lavorato ed ancora in utilizzo da parte dei frati, opera di intagliatori esporti del luogo. Sempre in sagrestia si trova un crocifisso in legno risalente ad epoca di dominazione spagnola, fatta restaurare di recente ed esposta in occasione della Pasqua. Il convento nel 1742 ospito per alcuni giorni un "capitolo provinciale" al quale partecipò anche il Beato Angelo d'Acri, che nell'occasione portò in processione un crocifisso che piantò in una roccia di granito nelle vicinanze. La croce oggi si trova eretta su una collona, nel sagrato dal convento. Una statua dell'Immacolata è custodita all'interno della chiesa, statua realizzata alla fine del '600.


    Edited by Simona s - 12/10/2013, 12:35
     
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    Chiesa di San Francesco di Paola

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    - Fonte -

    La Chiesa di San Francesco di Paola (o del Crocefisso) è una chiesa di San Giovanni in Fiore, costruita nel 1714.

    Storia

    Eretta nella zona più bassa della città, superando così il record minimo di altitudine che è sempre appartenuto all’Abbazia Florense, la chiesa del Crocefisso è stata in seguito dedicata a San Francesco di Paola, patrono della Calabria. L'edificio è raggiungibile percorrendo la strada che dal paese porta alla confluenza fra i fiumi Neto e Arvo, nei pressi della località chiamata Iunture.

    Arte e architettura

    La chiesa è ad una sola navata. Anni dopo la sua costruzione fu aggiunta una cappella che mutò il piano originario del progetto. Di semplice fattura presenta una facciata piuttosto sobria.Il portale è poco lavorato, sormontato da un arco a tutto sesto, con colonne quadra lisce e capitelli semplici. In alto due piccoli fregi completano il portale. Più ricercato il punto luce, che presenta caratteri simili ma più marcati rispetto al portale. Di grande fattura è il pulpito in legno che si trova sulla parete sinistra della navata, mentre i grandissimo pregio è l’altare in legno di stile barocco, intarsiato e lavorato finemente, e decorato in maniera sfarzosa, con colonne a torciglione e capitelli corinzi, lavori eseguiti da i grandi ebanisti cosentini. La chiesa è stata restaurata nel 1976 dalla quale sono stati asportate alcuni opere e trasferite nella parrocchia madre di Santa Lucia, mentre altre opere minori sono andate perdute. Un ultimo piccolo restauro è stato applicato nella metà dell’ultimo decennio, comportando un semplice restauro della facciata principale.


    Edited by Simona s - 12/10/2013, 12:36
     
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    Chiesa di Santa Maria delle Grazie

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    - Fonte -

    La Chiesa di Santa Maria delle Grazie è una delle più importanti chiese della città di San Giovanni in Fiore, essendo il secondo edificio religioso per dimensioni, nonché il secondo edificio di culto realizzato nella cittadina florense. La sua importanza è riconosciuta anche dall'esser la Chiesa Madre della città, affacciandosi, inoltre sulla antica piazza cittadina intitolata all'abate Gioacchino da Fiore

    Storia


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    Cartolina anni '40

    La storia della Chiesa è correlata ed intrecciata alla storia della città. La sua fondazione si fa risalire al periodo della nascita della città civica di San Giovanni in Fiore, quando all'allora abate Salvatore Rota, venne concesso la costituzione di una "fondazione universitaria" (città) nei territori della Sila abbadiale. La nascita della chiesa è fatta risalire a qualche anno prima dell'istituzione civica, quando l'abate iniziò l'opera di realizzazione della chiesa poiché ritenuto necessario, anche in conseguenza del degrado in cui stava versando l'Abbazia in quel periodo. Salvatore Rota, inoltre, fece coincidere la costruzione della Chiesa con il primo intervento urbanistico della nuova città. È infatti di quel periodo la realizzazione del primo asse “stradale” sterrato (sielica), che partendo dall'Abbazia, sproseguiva salendo verso il costone ove ora si trova l'attuale rione "Curtigliu", aprendosi poi in uno spiazzo centrale, divenuto poi l'attuale Piazza Abate Gioacchino, ed trasformando così l'area dove realizzare il nuovo edificio religioso.

    La storia della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, è suddivisibile in tre periodi architettonici diversi:
    • il primo risale alla data della sua costruzione (intorno al 1530), quando la chiesa venne edificata in ridotte dimensione; la primordiale chiesa era ad un'unica navata. Coincide in questo periodo la perimetrazione dell'area che sarebbe diventata in seguito la piazza antistante, utilizzata, però, in quel periodo a mo' di orto;
    • il secondo periodo, risalente a metà '600 circa, coincide con il primo ampliamento della chiesa, che oltre alla navata centrale, presentava una navatella laterale posta sul lato sud; la chiesa era però, ancora di ridotte dimensioni, tant'è che si ritenne necessario il suo abbattimento e il completo rifacimento, con un edificio molto più grande ed ospitale, per poter accontentare la richiesta della popolazione, in un periodo di forte aumento demografico della città;
    • il terzo periodo è quello Barocco, e dunque, quello della completa demolizione e ricostruzione della Chiesa nelle forma attuali a tre navate, realizzazione che fu intrapresa dall'abate commendatario Giacomo Filomarino, e terminata nel 1770

    Architettura


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    Altare
    La Chiesa attuale è a tre navate, con tre ingressi posti sulla facciata principale, mentre un quarto ingresso è sito in fondo la navata destra, dando accesso al vicolo laterale che porta a via Florens. Il portale principale è in stile barocco con elementi del rinascimento, in pietra arenaria sormontato da un arco a tutto sesto. È decorato ai lati delle colonne, con teste di leone, puttini e araldi. Gli altri due ingressi, utilizzati un tempo, in occasione di messe o feste particolari e di nicchia da svolgere nelle navate laterali, sono sormontate da due finestre uguali e parallele, che hannlo funzione tipicamente decorativa, donando un aspetto più ricco alla facciata. Anche gli ingressi laterali presentano portali in pietra arenaria di forma rettangolare. L'interno, come abbiamo già detto è a tre navate, e si presenta in stile barocco, barocco tipico calabrese-napoletano, con stili ed elementi architettonici presenti anche in altre chiese della Regione. Le navate sono divise da colonne sormontate da capitelli e decorazioni, colonnati formati da tre archi a tutto sesto. Ogni navata laterale presenta tre piccoli altari, la cui area ha un soffitto a forma di piccola volta a padiglione. Sopra ogni altare vi è un ampio finestrone semicircolare per l'illuminazione delle navate. Il pavimento è in marmo, materiale utilizzato per la maggior parte delle decorazioni artistiche della chiesa. Pur non avendo una vera e propria cupola visibile anche dall'esterno, al proprio interno la chiesa presenta un sottotetto cupolare posto sopra l'altare centrale. La cupola, a sua volta, è formata da varie cornici le quale avrebbero dovuto ospitare affreschi o dipinti, ma che si presentano vacanti. La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, presenta numerose opere d'arte, molte delle quali donate alla chiesa dalle famiglie nobili del tempo, in particolare, dalla famiglia Benincasa. Nonostante sia ricca di elementi, dopo il completo rifacimenteo del 1770, l'edificio avrebbe dovuto ospitare molte più opere, tele e soprattutto pale d'altare o lignea, di quelle attualmente presenti. Vi sono infatti numerose cornici barocche presenti fra le mura della chiesa, che avrebbero dovuto contenere le eventuali opere realizzate, ma purtroppo molte di queste risultano attualmente vacanti. Una delle tante ragioni alla quale si fa risalire il mancato completamento artistico della chiesa, sarebbero i rapporti non idilliaci fra la classe politica e nobiliare del luogo e quella ecclesiastica, contrasti riaffiorati nel periodo che va fra la fine del 1700 e gli inizi dell'800.

    Navata centrale e coro


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    Il Coro

    La navata centrale, che accoglie i banchi per la celebrazione eucaristica, termina nell'altare centrale dietro al quale è posta la nicchia contenente la statua della Madonna delle Grazie. L'altare maggiore in marmo rosa, è dedicato alla “Vergine Santissima delle Grazie”, decorato con inserti in marmo policromi, realizzazione fatta risalire ad artisti veneziani. L'altare è poi arredato ai lati da un coro ligneo a sedici stalli, tutto in noce, con elementi di grifoni, mentre la nicchia contenente la statua, è una vetrina con cornice barocca, tutto opera di artisti napoletani. Lo spazio dell'altare, come gli altari delle cappelle laterali, sarebbero opere, oltre che di maestri veneziani, in parte anche di maestri scalpellini dell'antica scuola di Mormanno. Tutta la chiesa, infatti, accoglie elementi stilistici ed architettonici presenti nei centri urbani del basso Pollino, ed in particolare del territorio di Mormanno. Lo stesso stile infatti architettonico, lo si trova anche nelle chiese della cittadina di Morano Calabro. Al Coro, posto sopra l'ingresso, vi si accede da una scalinata sita a sinistra vicino l'ingresso. Il coro, ospitante l'organo, è illuminato dal grande finestrone al centro della facciata principale. Questo finestrone, fatto realizzare durante l'ultimo restauro della chiesa (anni '80), raffigura perfettamente la statua della Madonna delle Grazie posta dietro l'altare. La navata centrale ha un sottotetto a forma di volta a botte, con cornice barocca, anch'essa vacante, e che avrebbe dovuto ospitare una grande pala lignea, mentre l'illuminazione della stessa è garantita da sei finestroni posti in alto, tre a destra e altrettanti a sinistra.

    Navata sinistra

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    La navata sinistra che termina nella Cappella dedicata alla “Madonna di Fatima”, presenta tre piccoli altari, utilizzati dai sacerdoti ed abati del tempo, per celebrazioni particolari, specie di nicchia per le nobili famiglie del paese. Ogni altare ha una propira area, ed un tetto a volta a padiglione.

    I tre altari si presentano così:
    • il primo altare è sormontato dalla nicchia contenente la statua in legno di gesù morto e risorto;
    • il secondo altare è sormontato da una pala lignea raffigurante la Madonna con il bambino e Santi;
    • il terzo altare è anch'esso sormontato da una pala lignea raffigurante La Madonna, gesù bambino e San Giuseppe;

    Gli altari, per il resto, sono tutti di scarso valore artistico e architettonico, presentando semplici mantature in marmo bianco, poco decorate ed ornate. Le nicchie contenenti le statue o le pale lignee, invece, hanno decorazioni artistiche in barocco, con elementi di foglie. Altre opere di rilievo nella navata sinistra, sono crocifisso in legno del 1800, e un busto ligneo del '700, opera di artigiani locali.

    Navata destra

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    La navata di destra che termina nella Cappella del "Santissimo Sacramento", come la precedente, presenta tre piccoli altari di scarso valore storico – artistico, e alcune opere. Come per l'altra navata laterale, anche in questa ogni altare ha una propira area, ed un tetto a volta a padiglione.

    Gli altari:
    • il primo altare venne convertito in sepolcro alla fine del 1800, conservando le spoglie della Beata Isabella Pizzi, monaca sangiovannese in odore di santità, morta il 23 febbraio 1873; sopra l'altare vi è posta la prima delle tre pale lignee esposte nella chiesa, raffigurante "L'adorazione Magi";
    • il secondo altare è sormontato dalla nicchia contenente la statua in legno dell'"Immacolata";
    • il terzo altare è sormontato dalla nicchia contenente la statua di "San Giuseppe";

    La statua di San Giuseppe, come per'altro quella del Gesù risorto, si fa risalire ad un artista appartenente agli “Ottavi”, famiglia di ebanisti del luogo che ben hanno operato tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900 in tutta la provincia. Un'altra opera di rilievo, sempre realizzata dagli "Ottavi", è il “Gesù morto”, opera risalente ai primi anni del secolo scorso.

    Sagrestia e pale lignee

    Alla sagrestia si accede da una porta posta in fondo a sinistra della navata sinistra. La sagrestia è di pregevole fattura, completamente rivestita da una stagliatura lignea scolpita, con elementi intagliati nel legno, in stile barocco, tutto opera dell'artista Domenico Pasquale Maso. La sagrestia contiene anche una delle opere pittoriche principali di tutta la città. Sul soffitto infatti, vi si trova una tela di metà '800, raffigurante il battesimo dell'Abate Gioacchino da Fiore, ad opera di San Giovanni Battista, opera conosciuta anche con la nomea de ”L'apparizione di San Giovanni Battista a Gioacchino da Fiore”. Nella tela è raffigurata anche l'Abbazia Florense, in uno stato diverso da quello attuale. L'opera si fa risalire ad un autore anonimo della provincia cosentina.
    Le pale lignee, invece, provengono tutte dall'abbazia florense, opere commissionati dai vari abati succedutesi durante la gestione dell'abbazia florense. Sono opere risalenti al 1700, da pittori provinciali, molto attivi in quel periodo in tutta la cittadina silana.

    Cappella della Madonna di Fatima

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    Cappella votiva dedicata alla Madonna di Fatima contenente la replica della statua. Vi si trovano posto altri reliquari di pregevole fattura, paramenti sacri e dipinti. La cappella, presenta un tetto decorato in stile veneziano, mentre le pareti sono in marmo rosa. Al centro è posto un altare, sempre in marmo rosa con intarsi policromi, opera di artigiani del '700. La Cappella è in fase di restauro e contiene numerose altre statue nonché altri dipinti oggetti di restauro.

    Cappella del Santissimo Sacramento

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    Questa cappella, è anche conosciuta come la “cappella di San Francesco Saverio”, la cui statua è posta sopra l'altare. Lo stesso altare, riprende lo stile degli altri altari della Chiesa, con elementi in marmo rosa ed intagli in marmo policromi. Le decorazioni artistiche, le tele e le statue della cappella, sono opere donate dalla famiglia Benincasa, il cui blasone orna la cappella. La cappella presenta tele, poste ai lati dell'altare, e lungo le mura perimetrali, oltre a due nicchie contenenti altre due statue di santi.

    Altre opere e preziosi

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    La chiesa custodisce numerosi paramenti sacri, alcuni citati. Oltre alle statue e alle tele, vi sono calici in argento, ostensori, sempre in argento argenteria varia di periodo seicento – settecentesco, antifonari pergamentacei decorati da frate Gioacchino Buongiovanni risalenti al 1776. Prezioso è il fonte battesimale scolpito in pietra granitica del 1720, così come il battistero barocco scolpito in legno di noce, e il pulpito sempre in legno di noce, del 1794. Presenti anche alcuni mitra, in pregevole tessuto cotone-seta e delle pianete in raso, tutti finemente decorati. La maggior parte di queste reliquie provengono dall'Abbazia Florense, donazioni fatte dai vari abati succedutisi. La gran quantità di tali reliquie, di tele e di statue, sono oggetto a vaglio per una possibile realizzazione di un “Museo di arte sacra" da ospitare in una stanza dell'Abbazia Florense, o per lo meno di una collocazione nel museo cittadino, attraverso una apposito settore ad essi dedicato.

    Immagini
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    Interno anni '60

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    Interno attuale

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    Statua di San Giuseppe

    450px-Statua_dell%27immacolata
    Statua dell'immacolata

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    Busto ligneo dell'Ecce Homo

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    La cupola posta sopra'altare


    Edited by Simona s - 12/10/2013, 12:38
     
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    Chiesa di Santa Maria della Sanità

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    - Fonte -

    La Chiesa della Madonna della Sanità è una delle più importanti e storiche chiese della città di San Giovanni in Fiore (CS), costruita nel più antico rione popolare, il rione "Cona"

    Origine del nome

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    Chiesa della Cona foto anni '50


    La Chiesa sorge lungo uno dei primi tracciati viari realizzati nella cittadina florense. La strada, un tempo una mulattiera, metteva in comunicazione la zona silana con l'area della "Val di Neto", avendo una direzione sud - est, una stra di rilevante importanza per gli attraversamenti del bestiame in periodo di transumanza. Nella seconda metà del '500, sulla strada fu costruita una cappella dedicata alla Madonna della Sanità. La cappella custodiva un'immagine, un'icona, che era venerata dagli abitanti della zona. Dal nome "icona", deriverebbe il successivo toponimo Cona, nome poi dato sia alla Chiesa che venne edificata il secolo dopo, che all'intero quartiere.

    Storia

    Edificata lungo un pendio molto scosceso, che dal quartiere scende fino al Ponte della Cona, attraversando il fiume Neto, la sua costruzione si fa risalire al 1678. Prima dell'erezione della chiesa, e successivamente della cappella, il luogo era un punto di ristoro per tutti i viaggiatori ed allevatori, soprattutto per coloro che da San Giovanni in Fiore avevano intenzione di raggiungere i comuni di Cerenzia, Santa Severina e Scandale, fino a Crotone, essendo la strada l'unica via d'accesso che dalla Sila giungeva alla costa ionica. Lo stato attuale della chiesa deriva da una completa ristrutturazione ed ampliamento avvenuto verso la fine del 1700, nel periodo del fulcro del barocco in Calabria. Può essere considerata la "sorella minore" della Chiesa Madre, poiché molte sono le somiglianze stilistiche ed architettoniche che accomunano le due chiese.

    Architettura

    La chiesa è di piccole dimensioni. La facciata è semplice, spoglia, priva di qualsiasi richiamo architettonico. Il portale in pietra arenaria, è sormontato da un arco a tutto sesto caratterizzato da un impianto classicheggiante sulla quale vi è un'incisione in latino:

    "Hic sanitas animae et corporis 1781"
    (Qui la salute dell'anima e del corpo)


    Il portale, del 1781, richiama lo stile barocco napoletano che poi verrà ripreso all'interno dell'edificio. All'interno la struttura è a tre navate, con la centrale ampia ed alta, mentre quelle laterali sono di modeste dimensioni. Le navate laterali sono divise da quella centrale da un colonnato a tre archi a tutto sesto, mentre sopra l'ingresso vi è posto il coro della chiesa. Esternamente la chiesa, non è libera da fabbricati, anzi, appare cinta sia a sinistra che a destra da alcuni corpi fabbrica che in passato hanno svolto varie funzioni, quali un dormitorio, divenuto poi un educandato. Un altro corpo fabbrica che esternamente si congiunge con l'area absidale, dietro la chiesa, raggiungibile attraversando un vaglio che porta all'interno di una piccola corte, è la canonica, la casa del sagrestano, mentre un altro edificio ad esso attinente, avrebbe dovuto svolgere il ruolo di dimora del parroco. È accertato comunque, che uno di questi edifici abbia svolto funzione di ostello per pellegrini, e che successivamente fu il primo ginnasio del paese. Tutti questi ultimi elementi farebbero presupporre l'idea di un complesso monastico, al cui centro vi era la chiesa, e ai lati edifici che un tempo svolgevano altre funzioni, come servizi sociali attinenti alla chiesa.

    L'educandato

    Il corpo attiguo alla chiesa, come già detto, fu utilizzato dapprima come dormitorio per gli “attoppati”, e successivamente come educandato. Per poter essere annesso ai servigi della chiesa e alla comunità stessa, fu chiesto nel 1795 all'allora re di Napoli Ferdinando IV, di poter essere istituto n educandato comunale, da utilizzare per l'istruzione dei giovani del paese e di tutti i paesi limitrofi, visto che su tutta l'area silana, non v'era istituita neanche una scuola, mentre il tasso di analfabetismo era elevatissimo. Il re approvò il progetto. Per affrontare le prime spese vennero messi a disposizione un edificio e un pezzo di terra limitrofo la chiesa, proprio per realizzarvi l'istituto di istruzione. La scuola, però ebbe vita breve, poiché non si riuscì a mantenere in piedi tutti i servizi e le rispettive spese, nonostante vennero messi a disposizione terre, beni materiali (come boschi) e persino i beni del Monastero.Da quel che si evince pare dunque che inizialmente la chiesa fosse in parte libera da un lato, e non cinta in maniera perimetrale come appare oggi.

    Le Tre Navate

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    L'incoronazione di Maria


    La navata centrale è piuttosto ampia ed alta. Ha un sotto tetto a forma di volta a botte, il cui interno è presente una grande cornice barocca che ospita una grande tela raffigurante "L'incoronazione di Maria", opera del noto Cristoforo Santanna, pittore calabrese, di Rende, che dipinse in molte chiese della città e anche in altri edifici religiosi della regione. Oltre alla grande tela sul soffitto della navata centrale sono presenti altre otto tele di dimensioni minori, sempre attribuite allo stesso Santanna, alcune delle quali, purtroppo si presentano in cattivo stato, con avanzato degrado del dipinto. La navata laterale destra, presenta tre piccoli altari di scarso valore artistico-storico. Sul primo altare vi è però, un dipinto di notevole valore artistico, raffigurante il “Sacro cuore di Gesù”, risalente al 1755 opera di autore ignoto.

    Affreschi e dipinti

    La chiesa è fra le più ricche di arte fra tutte le chiese della cittadina florense. Questa peculiarità ne fa un unicum nel quadro generale dell'arte sacra degli edifici religiosi cittadini, che pur conservando opere come dipinti, statue, reliquari sacri e pale lignee in notevole quantità, si presentano piuttosto scarne di affreschi. A differenza della Chiesa Madre, infatti, abbiamo il soffitto completamente affrescato, mentre altre importanti tele ornano le navate laterali. Solo la piccola cupola del sottotetto posta sopra l'altare centrale non è adornata, e proprio come la Chiesa Madre, anch'essa probabilmente avrebbe dovuto ospitare affreschi o tele lungo tutto il suo perimetro.

    Tela della Madonna della Sanità

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    Tela Madonna della Sanità


    La tela più preziosa è certamente quella che raffigura la “Madonna della Sanità con il bambino”, opera dell'artista Giovambattista Campitelli del 1615. La tela risale ad una data precedente l'edificazione della chiesa, e ciò farebbe supporre che questa sia stata, almeno per un periodo di tempo, l' ”icona” (o la sostituta di un'altra icona) che poi ha dato la nomea a tutto il rione e che per un periodo di tempo è stata all'interno della cappella prima che questa venisse demolita per far posto all'attuale chiesa. La tela ora è custodita in sagrestia.

    Altre opere e preziosi

    Fra le opere più importanti conservate in chiese, vi è un pulpito in legno, comunemente chiamato "Pulpito di Don Giovanni". L'opera, commissionata dall'allora parroco Don Giovanni Salatino, fu realizzata dal maestro locale Rosario Biafora, in arte "Ottavio", appartenente alla famiglia di ebanisti locali degli “Ottavi”, che produsse notevoli opere in legno di inizio secolo scorso. Oltre al pulpito, Rosario Biafora realizzò anche un confessionale in legno di noce. Entrambe le opere risalgono 1922. Da citare anche un funzionante e pregevole organo a mano del 1700, conservato in cantoria, utilizzato solo in occasioni speciali e durante le festività della Madonna della Sanità. Vi sono inoltre alcuni reliquari e paramenti sacri custoditi in sagrestia, e la preziosa statua raffigurante la “Madonna della Sanità”, con in braccio il bambino, un angelo protettore ed un infermo in ginocchio che invoca grazia.

    Curiosità

    Uno dei corpi fabbrica che affianca la chiesa, è stato anche utilizzato in maniera temporanea, come carcere del paese, il primo ad essere istituito, prima che ne venisse edificato uno nuovo.



    Immagini
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    Navata centrale Chiesa di Santa Maria della Sanità

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    Pulpito del '900

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    Statua di Santa Maria delle Grazie

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    Affresco

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    Affresco sulla volta


    Edited by Simona s - 12/10/2013, 12:41
     
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  9. Isabel
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    Monastero dei Tre Fanciulli

    apatia

    - Fonte -

    Il Monastero dei Tre Fanciulli (Trium Pueroum in lat. nome completo “Santa Maria dei Tre Fanciulli”) nota soprattutto come chiesa dell' A-Patia, il nome della località nella quale è ubicata, è una piccola chiesa di campagna nel comune di San Giovanni in Fiore. Nonostante le ridotte dimensioni, l'edificio ha una lunga e articolata storia. Il nome del monastero risale all'antica tradizione che racconta come i monaci Basiliani vollero costruire il monastero sul luogo dove tre fanciulli, perduti nella boscaglia del luogo, si salvarono da un incendiò che scoppiò all'improvviso, grazie all'intervento della Madre di Dio. Lo stesso nome del luogo sulla quale sorge il monastero, "A-Patia", deriverebbe dal greco paios – paidea ovverro fanciullo. Ad oggi del complesso monastico, resta solo la chiesa, mentre i restanti edifici attigui al luogo di culto sono andati perduti.

    I Monaci Basiliani

    La storia del monastero è legata principalmente all'esodo dei monaci Basiliani che dall'oriente sono arrivati in Italia, ed in Calabria in particolare. In Calabria, infatti, questi monaci realizzarono un numero considerevole di fondazioni, sia come monasteri che come cenacoli (abitazioni per monaci), molti dei quali possono essere ancora ammirati. Il dominio dei Bizantini in Calabria, favorì lo sviluppo dell'ordine Basiliano, ma quando Roberto il Guiscardo mise fine a questo dominio, cessò anche lo sviluppo dei Basiliani.

    Storia

    Non si sa l'esatta data della fondazione del monastero, di certo di sa che esisteva prima del 1200. Questa data, però, probabilmente si fa riferire, a quello che è l'attuale edificio, che con molta probabilità, fu costruito su un edificio di culto, probabilmente un 'abbazia risalente a prima dell'anno 1000. La località "A-Patia", apparteneva in quel tempo alla diocesi di Cerenzia, i cui arcivescovi vedevano di buon grado l'arrivo di monaci fuori le mura, poiché intendevano sviluppare le terre vicine e dare aiuto ai contadini del luogo. Ai monaci Basiliani appena arrivati, vennero concesse le realizzazioni di tre monasteri. Il primo di questi, è appunto quello intitolato a Santa Maria dei tre Fanciulli, realizzato su una collina dalla quale si può ammirare la valle crotonese sottostante, attraversata dal fiume Neto.

    Vita dei monaci Basiliani

    I monaci Basiliani dei Tre Fanciulli si dedicarono inizialmente solo all'agricoltura, mentre solo successivamente cominciarono ad ampliare i loro orizzonti economici. Cominciarono ad allevare del bestiame che ben presto diventerà numerosissimo, aiutati dalla gente del luogo e da donazioni terriere che provenivano da fuori. Anche l'arcivescovo di Cerenzia contribuì alla donazione di terre, che favorivano lo sviluppo economico del monastero.

    La rivalità con l'Abbazia Florense

    Quando Enrico VI concesse a Gioacchino da Fiore e ai monaci florensi vaste terre della Sila e della pre-sila, molte di queste terre anche se lontane decine di chilometri, erano da anni sfruttate dai monaci basiliani, che le utilizzavano per il pascolo. La concessione di Enrico VI delimitava nuovi confini, relegando i monaci dei Tre Fanciulli in un territorio piuttosto limitato per quanto riguarda il loro numeroso allevamento. Convinti di essere stati depauperati, poiché possedevano da secoli quelle terre, fecero un ricorso scritto all'imperatrice Costanza, che però pretese di ottenere documenti scritti che attestassero ciò che i monaci stavano avanzando. Le ragioni avanzate dai monaci non furono ritenute idonee, e quando Enrico VI morì, l'imperatrice confermò la donazione che il marito aveva fatto ai monaci florensi. Per mitigare la situazione difficile che si stava creando, Gioacchino decise di riconoscere parte dei terreni ai confratelli basiliani. Quando però anche l'imperatrice Costanza cessò di vivere, i basiliani non persero tempo nel rivendicare con maggiore forza, i loro territori, inizialmente invadendo e danneggiando i campi dei florensi, ma poi agendo in maniera sempre più determinata, saccheggiando i fienili, il chiostro e le officine, ed infine commettendo vere e proprie violenze contro i confratelli florensi. Dopo continui e ricercati compromessi, tra cui la concessione da parte dei florensi di utilizzare molti territori in cambio di beni materiali, con lo sviluppo dell'ordine florense e il decadimento di quello basiliano, il monastero dei Tre Fanciulli, nel 1218 attraverso una bolla papale di Onorio III, venne aggregato definitivamente al monastero florense di San Giovanni in Fiore.

    Arte e architettura

    La chiesa prima del grande restauro

    Fino al secolo scorso, come molte chiese ed edifici importanti del circondario, questa chiesa viveva in uno stato di profondo degrado. Nel 1965 il parroco che fu designato a prenderla in gestione, grazie a forte pressioni costrinse il Genio Civile di Cosenza ad effettuarvi degli importanti lavori di restauro, per far ritornare l'edificio al culto. Tali lavori, però, eliminarono completamente importanti elementi originari, a scapito della ricerca di una maggiore funzionalità dell'edificio. L'antico edificio possedeva un grande chiostro con un ingresso ad arco a tutto sesto, oggi completamente scomparsi. Non si rilevano tracce neanche delle possenti mura che circondavano l'edificio, descritte da Giacinto Ippolito nel viaggio che intraprese nella località dell'A Patia nel 1925. Due vasti fabbricati sorgevano vicino alla chiesa, tutt'ora andati perduti.

    La chiesa oggi

    La chiesa presenta ancora oggi, molti elementi dello stile basiliano, come la modesta e semplice struttura e i conseguenti materiali utilizzati. Sono evidenti, però, anche elementi e influenze architettoniche romaniche. L'attuale chiesa sorge dove un tempo vi era l'antica abbazia dei “Trium Puerorum”.

    I lavori di restauro consistettero:
    • nel completo rifacimento della copertura a capriate;
    • della intonacatura di tutte le pareti;
    • della stabilizzazione delle pareti esterni;
    • del recupero e restauro dell'altare;
    • del recupero della tela raffigurante il Miracolo della Vergine;
    • dell'allargamento delle due monofore laterali;
    • del rifacimento della pavimentazione;
    • dell'apertura di un piccolo rosone sopra il portale di ingresso;
    • dell'abbattimento dell'arco e della semicupola che si trovavano sopra l'altare;
    • realizzazione di tre alte monofore sul muro dell'altare;
    • copertura di due botole che conducevano alle cripte poste sotto il monastero;

    La chiesa venne inoltre ammobiliata e adornata di un'acquasantiera, fu dotata di un piccolo e semplice campanile e riparata da un cornicione perimetrale. Dopo il 1965 e con ulteriori restauri del 1977, la chiesa venne completamente recuperata. L'unico elemento che non fu oggetto di restauro fu il muro perimetrale sinistro, notevolmente più grosso di quello destro, che sostenuto da contrafforti in muratura, rimane l'unico elemento originario dell'antico tempio basiliano.

    Gli antichi tesori

    Secondo gli studiosi, la chiesa possedeva molti beni, reliquari sacri e moltissime tele, che con molta probabilità, andarono ad arricchire le chiese del circondario. L'edificio attuale è ad unica navata, ben conservato, con il tetto a capriata romanica. All'interno della chiesa si può ammirare una grande tela del 1600, raffigurante il miracolo della vergine.

    Curiosità

    La chiesa nel corso della sua storia è stata rinominata in maniera diversa quali:
    • Santa Maria Nova
    • Santa Maria la Nova
    • Santa Maria della Paganella
    ma sempre mantenendo la denominazione originale di Santa Maria Trium Puerorum.
    Molti studiosi addebitano l'incendio che distrusse la prima fondazione florense di Iure Vetere ad un attacco ostile da parte dei monaci Basiliani nei confronti dei Florensi.


    Edited by Simona s - 12/10/2013, 12:42
     
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