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Tutte le chiese di Saracena

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    Tutte le chiese di Saracena


    Chiesa di S. Maria delle Armi

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    Un “Instrumento” dei Conti di Puglia risalente al 1063 elenca le “Chiese, i monasteri, le tenute e castelli, ecc. “ della Abbazia di Banzi (in provincia di Potenza), ed in tale elenco si parla di “Saracena di Calabria”. Tra le Chiese e casali dipendenti dalla desta Abbazia riguardanti Saracena si annoverano: S. Maria in Armis, SS. Brancaccio e Giovanni, S. Maria e Stefano in Montano, S. Nicola de Campana, Casale S. Maria di Carratello. Nella Bolla di Papa Pasquale II del 22 maggio 1103 fra le pertinenze del Monastero Bantino si parla “in oppido Saraceno S. Mariae, quae dicitur de Carratello cum aliis ecclesiis et pertinentiis”. Sono queste le prime date che parlano della Chiesa delle Armi e ce la presentano come dipendenza dell’Abbazia di Banzi. Fino al 1812 era Parrocchia a se stante. Da quella data fu annessa alla Parrocchia di S. Maria del Gamio. Dal 1885 al 1893 ad opera del parroco D. Alessandro Mastromarchi la Chiesa subì un intervento di restauro con ampliamento. L’interno è composto da una grande navata e da due più piccole e corte. L’abside è rivolta al sorgere del sole. Nella navata centrale, quasi di fronte l’ingresso, vi è conservato un affresco raffigurante una Madonna con il Bambino risalente al XIII secolo e di pittore ignoto. All’ingresso, nella loggetta, si trova una graziosa scultura in pietra del XIV° secolo che rappresenta un giovane guerriero che prega. Il quartiere dove sorge la chiesa delle Armi è il più antico del paese e ne trae origini e nome “Rione delle Armi”. Da Piazza XX Settembre si prosegue fino a raggiungere Piazza Matteotti. Nelle adiacenze di quest’ultima vi è Via Fiorentini che conduce al rione Armi ove è ubicata l’omonima Chiesa.


    Edited by Simona s - 5/10/2013, 16:34
     
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    Chiesa di San Leone

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    chiesasanleone

    Venne edificata sui resti di una chiesa a croce greca iscritta in un quadrato e quindi di culto bizantino (XI secolo). Non si conosce con esattezza l’epoca della sua costruzione. La chiesa, originariamente dedicata a Santa Caterina d’Alessandria, fu consacrata a San Leone nel XIII secolo dal Vescovo Guglielmo di Bisignano. La sua tipologia è ascrivibile al periodo romanico maturo ed al primo gotico calabrese. Di questo periodo rimane il campanile a pianta esagonale con trifore romaniche. Nel XVI secolo, durante il dominio dei Sanseverino, venne arricchita di manufatti e le porte esterne furono ornate di portali in pietra grigia. L’ultimo decisivo restauro si ebbe nel XVII secolo. L’interno, rimaneggiato, è in stile barocco e diviso in tre navate con sei grossi pilastri su cui poggiano le arcate che scandiscono le quattro campate. Sulla volta della navata centrale vi sono gli affreschi che raffigurano quattro episodi del Vecchio Testamento, quali il Sacrificio di Abramo, Giuditta e Oloferne, il Buon Pastore e l'Incoronazione della Vergine Maria. Al suo interno, ospita, oltre a dodici altari, varie opere d’arte di notevole valore artistico; in particolare, si può ammirare la statua in marmo della Beata Vergine di stile manierista e il prospetto del Ciborio di tipo rinascimentale. Quest’ultimo, realizzato nel 1522 da uno scultore toscano, è costituito da una lastra in marmo incisa in bassorilievo al cui centro è posta una porticina metallica sulla quale v’è raffigurato San Giacomo di Altopasso. Ai lati del portello si riconoscono due angeli in preghiera appoggiati sulle colonnine laterali intagliate a motivi floreali. L’ingresso principale, ornato ai lati in pietra giallastra, immette il visitatore nel vasto ambiente di tipo barocco. Il portale, realizzato da un’artista locale nel XVI° secolo,è modellato alla maniera rinascimentale ed i disegni ad intagli, eseguiti sulla superficie, raffigurano angeli e candelabri. I pilastri, che terminano con capitelli corinzi, alla base riportano i simboli distintivi dei feudatari dell’epoca. Subito dopo l’ingresso, sul lato sinistro, v’è il Fonte Battesimale, realizzato nel XVI° secolo, formato per metà di pietra e per metà di legno. La base, interamente di pietra, è costituita da un leone accovacciato sulla cui schiena è posta una colonnina bombata ed istoriata con viluppi di foglie che sorregge una vasca circolare. Tra le zampe del leone si nota lo stemma della chiesa, formato da una mitra episcopale, con su scritto “S. Leo 1592”. La parte superiore, in legno del XVII° secolo, termina con una cuspide sulla quale sono poste, a tutto rilievo, due statuette che raffigurano il sacramento del battesimo.

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    L’altare maggiore, situato nella navata principale dietro la balaustra di marmo policromo, è di stile barocco. Sulla costruzione, nella nicchia, si trova la statua di marmo bianco della Vergine Maria risalente al XVI° secolo. La conca dell’abside è abbellita con affreschi raffiguranti il regno e la beatitudine celeste. A sinistra, sul coro, si può ammirare un dipinto ad affresco del protettore in procinto di entrare nel fuoco assieme al mago Eliodoro, dal quale ne sarebbe uscito miracolosamente illeso. Nella navata destra, in prossimità della porta secondaria, è collocato l’altare di Santa Maria degli Angeli risalente alla fine del XVII° secolo . La costruzione, data alla chiesa da alcuni nobili locali, originariamente venne dedicata a Sant’Anna e fu restaurata nel 1960. Attualmente accoglie la statua di Santa Maria degli Angeli, una scultura di marmo bianco della Madonna col bambino. La vergine avvolta in fitti panneggiamenti risale al XVII° secolo ed è di manifattura napoletana realizzata in stile barocco. L’opera, donata da una benestante del luogo al convento dei cappuccini, fu trasferita, in seguito alla soppressione dei conventi operata dai militare francesi, nella chiesa di San Leone.


    Edited by Simona s - 5/10/2013, 16:35
     
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    Chiesa di Santa Maria del Gamio

    C.SantaMaria

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    Chiusa in un intrico di vicoletti e scalinate, dove si affacciano i più antichi palazzi della nobiltà cittadina quali quelli delle famiglie Spinelli, con le sue notevoli decorazioni rinascimentali, dei Forestieri e dei Mastromarchi, si eleva l’antica Chiesa parrocchiale dedicata alla Vergine Maria sotto il titolo del Gamio - dal greco = nozze - riferentesi senza dubbio a quelle di Cana, che erano raffigurate anche in un dipinto, che dominava l’Altare Maggiore poi andato disperso. Come chiaramente si deduce dal titolo, la sua costruzione affonda lontano nel tempo le sue origini quando queste contrade erano abitate o, quantomeno, influenzate da Bizantini, al cui rito la Chiesa appartenne, sembra, fino al 1568, e alle cui maestranze si dovrebbero riferire quelle figure di Santi con iscrizioni in greco che, secondo antiche cronache, erano affrescati sulla facciata, distrutta nel secolo scorso quando tra il 1870 e il 1874, su disegni di un certo Giuseppe Ruffo di Catanzaro, l’edificio venne allungato nella pianta con la creazione di una nuova facciata in stile neo-palladiano. Anche il Campanile venne rifatto totalmente a partire dal 1882 e ricoperto con una cuspide decorata da mattonelle disposte a squame di pesce verdi e gialle di chiare reminiscenze campane.

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    Foto di Francesca Russo
    Si accede alla Chiesa da una delle due porte laterali decorata da antichi battenti lavorati nel 1612 da Giovanni Labollita e ci si immette subito nella navata centrale che, sebbene non ampia, mostra una certa solennità dominata come appare dal sontuoso soffitto a cassettoni lignei intagliati e iniziati ad indorare dall’artigiano Jacono Lanfusa nel 1618 e proseguiti nell’indoratura da Gio:Vincenzo de Untiis nel 1628. La decorazione pittorica con serti di fresche rose si deve invece a Genesio Galtieri di Mormanno e all’anno 1787. Sulla porta maggiore è sistemato un buon organo (purtroppo non funzionante) comprato verso il 1650 con più tarde decorazioni pittoriche affidate nel 1753 ad un non meglio conosciuto Felice Spina. La navata sinistra si apre con l’altare dell’antica confraternita di S. Leonardo, in legno intagliato, dipinto e dorato, datato 1662, che racchiude al centro una tela del Santo dipinta da Giocondo Bissanti sullo scadere del secolo scorso, in sostituzione di una più antica rappresentazione su tavola documentata in carte del ricchissimo archivio della Chiesa. La mensa di questo altare come quelle di tutti gli altri sono in marmo e si devono all’opera del sacerdote D. Alessandro Mastromarchi (1883-1893). Sulla volta in riquadri decorati da stucchi si susseguono dei dipinti raffiguranti fatti dell’Antico Testamento ( recentemente restaurati) dovuti a pittori diversi tra i quali Nicola de Qliva ed il saracenaro Francesco Viola attivi tra la seconda metà del ‘700 e i primi del secolo seguente. Nell’ordine sono raffigurati il Roveto ardente, Il serpente di bronzo, la Consegna delle Tavole, Tobia e l’Angelo. Seguono l’altare dedicato al Cuore Divino di Gesù, databile alla fine del secolo scorso, e quello di S. Stefano Protomartire, già appartenente alla famiglia Clemente prima e a quella Mazziotti dopo, con tela rappresentante il Martirio del Santo, datata nel 1794 e completamente ridipinta dal Bissanti, pittore e fotografo napoletano, al quale si commissionò alla fine dell’Ottocento e con una certa leggerezza il restauro o il rinnovo totale di quasi tutti i dipinti della Chiesa.

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    A metà della navata si apre la Cappella di S. Innocenzo Martire con notevole altare in marmi policromi costruito nel 1772 da Marino Palmieri. Tale altare in origine ospitava la bella statua della Vergine, oggi posta sull’Altare Maggiore. Al suo posto venne collocata nel 1831 la statua lignea di S. Innocenzo, di bottega napoletana. Lo sportello del ciborio (ora nella sala del Museo) mostra dipinto un delicato Gesù Infante che risente, purtroppo, dei pesanti ritocchi del Bissanti. Interessanti sono i due confessionili che si devono all’arte dei Fusco. Oltrepassata la porta della sagrestia si incontra l’Altare della Madonna del Carmine ornata da stucchi elaborati nel 1791. Il dipinto al centro raffigura la Madonna del Carmine tra i Santi Giacomo e Carlo Borromeo, opera del solito Bissanti copiata da una stampa oleografica, anche questa in sostituzione di un dipinto più antico. La navata si chiude con il delicato Altare dell’Angelo Custode, che a Saracena gode di un certo culto. Complesso eseguito da Eugenio e Carlo Cerchiaro nei primi anni del ‘700, mentre la mensa in pietra opera del Ciampa, discepolo di Gesùmaria, risale al 1735. A fianco sulla mensola sinistra è collocata la statua lignea settecentesca di S Antonio da Padova (proveniente, come la statua di S. Vito che si trova nel succorpo, dal distrutto Convento dei Cappuccini) e su quella di destra la statua in cartapesta del Guacci di Lecce, raffigurante S. Rocco. Nello stipo a fianco ha trovato posto una interessante esposizione delle reliquie della Chiesa.


    Edited by Isabel - 10/10/2013, 19:24
     
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    Convento dei Cappuccini

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    La fondazione del convento dei cappuccini si fa risalire ai 23 giugno del 1588; questa data corrisponde presumibilmente, al giorno di presa di possesso del luogo sul quale fu edificato il complesso dei fabbricati. In quel tempo, il Vescovo di Cassano, Monsignore Carafa, prepose alla reale costruzione de convento il parere di una commissione di religiosi, i cui membri (il reverendo Luciano Scrugli, cappellano della chiesa di Santa Maria delle Armi, il padre provinciale Girolamo d’Acquaro d’Arena e altri padri Fabbricieri) stabilirono le basi per la sua edificazione. Il convento, col passar degli anni, acquisì particolare importanza per la sua ubicazione tale da farlo diventare luogo di Noviziato e di studi (in esso trascorse un anno, nel 1693, anche il Beato Angelo d’Acri). In seguito alla soppressione murattiana, la struttura venne abbandonata dai frati nel 1811 e ritornò ad essi dopo parecchi anni. Fu definitivamente chiusa per mancanza di frati, nel 1915. Durante la prima guerra mondiale venne utilizzato come luogo di prigionia per i soldati austriaci e tedeschi. Annessa al convento, delimitato da mura, venne edificata una chiesa ad aula che dal suo interno consentiva ai religiosi di accedere alle loro residenze, i cui numerosi ambienti semplici e di limitati dimensioni accoglievano pochissimi oggetti di arredamento nonché il suppellettile indispensabile. Al piano terra, il cortile interno è delimitato da un solo lato da un porticato ed è costruito su uno scavo artificiale di media grandezza praticato verticalmente il quale raccoglieva le acque piovane. Attualmente, il pozzo, che consentiva ai frati di approvvigionarsi d’acqua, e il chiostro si trovano in stato di abbandono come del resto l’intero complesso. Nella parte posteriore della struttura si può riconoscere un giardino che aveva lo scopo di garantire un’autonomia alimentare al convento, il quale successivamente venne utilizzato, fino agli inizi del secolo scorso (ma solo per pochi anni), come cimitero cittadino di cui ancora oggi vi è traccia, Verso il 1988 la Soprintendenza di Cosenza è intervenuta con un finanziamento per il consolidamento e la copertura della sola Chiesa e successivamente su interessamento di alcuni giovani, dopo una raccolta di offerte eseguita a Saracena, si è intervenuti sul tetto di una parte del Convento. Ben poca cosa! Il Convento, infatti, avrebbe bisogno di un notevole ed urgente finanziamento. Il convento dei cappuccini si trova ai piedi del paese e poco distante dall’abitato. E’ ubicato, contrariamente ad altri conventi, in un luogo non prospiciente al paese. La struttura è raggiungibile esclusivamente a piedi, attraversando, per chi parte dalla Piazza XX Settembre, l’intero centro storico sino alla Portanova (luogo dove era ubicata una delle porte del feudo) per poi proseguire per un centinaio di metri per una strada pavimentata con ciottoli. In alternativa, sempre a piedi, si può arrivare al convento percorrendo una stradina che parte dalla piazza principale(Piazza XX Settembre ed attraversa il rione San Pietro.


    Edited by Simona s - 5/10/2013, 16:36
     
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