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1915 - 1918: tutta l’Italia in trincea. 20 mila i soldati calabresi che non fecero ritorno

Storia

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  1. Isabel
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    Memorie. 1915 - 1918: tutta l’Italia in trincea. 20 mila i soldati calabresi che non fecero più ritorno

    brigata_catanzaro

    20 mila delle 650 mila vittime italiane complessive erano calabresi. Un tributo altissimo di vite umane rispetto alle altre regioni d’Italia con 11% di giovani mai tornati a casa

    di Anna Foti - 4 novembre, festa delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale, la più antica festa nazionale istituita nel 1919 e che solo negli ultimi decenni ha ricevuto nuovo impulso. Festa dell’Unità Nazionale e, nel 1918, il giorno della fine della Prima Guerra Mondiale per l’Italia (la Guerra finì 1’11 novembre con la firma della Germania). Un conflitto sanguinoso e cruento in cui si sacrificarono anche molti calabresi. Un sacrificio tutt’altro che inferiore a quello del resto dell’Italia e che le pagine della Grande Storia spesso non ricordano.Un conflitto scoppiato a seguito dell'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando il 28 giugno 1914 a Sarajevo in Bosnia, coinvolgendo non solo Austria a Serbia, ma anche le maggiori potenze mondiali: Impero germanico, Impero austro-ungarico, Impero ottomano e Regno di Bulgaria, da una parte, e le potenze Alleate (Francia, Regno Unito, Impero russo, Serbia e poi anche Italia e Stati Uniti) dall’altra. Un conflitto che mutò la geografia dell’Europa con la caduta degli imperi Austro-ungarico, Ottomano e Russo.

    20 mila delle 650 mila vittime italiane complessive erano calabresi. Un tributo altissimo di vite umane rispetto alle altre regioni d’Italia con 11% di giovani mai tornati a casa. Un contributo ancora una volta ignorato dalla Grande Storia che con riferimento alla Prima Guerra Mondiale consumatasi tra il 1915 ed il 1918, e di cui lo scorso 4 novembre ricorreva l’anniversario dell’Armistizio di Villa Giusti siglato tra l’impero Austro-Ungarico e l’Italia schieratasi tra gli Stati Alleati, del Sud Italia ha stigmatizzato soltanto la renitenza alla leva e la diserzione, non il coraggio e non il valore dei suoi soldati. Eppure oltre 20 mila sono state le vittime con il 78% dei giovani che sono stati chiamati alle armi e dunque non esentati o dispensati. Una tra le percentuali più alte a fronte del solo 44% della Liguria dove molti meno giovani sarebbero andati in trincea a combattere.Il 48,7% dei chiamati alle armi appartenevano all’Italia settentrionale, al centro il 23,2%; al sud il 17,4% ed alle isole il 10,7%. Prima la Lombardia su scala nazionale ed ultima la Basilicata. Prima al Sud la Sicilia. Drammatiche sono le percentuali dei mancati ritorni soprattutto al Sud, in Basilicata (21%), in Sardegna (13%) ed in Calabria (11%).E’ stata definita la Quarta Guerra di Indipendenza perché ad essa si deve il compimento del disegno risorgimentale di Unificazione dell’Italia. Non vi fu borgata o città nello stivale che non contribuì alla Prima Guerra Mondiale: tutti gli italiani, di tutte le regioni, si trovarono in trincea per combattere per il loro Paese.Ma fu una carneficina per un intera generazione. Oltre 70 milioni di uomini mobilitati in tutto il mondo (60 milioni solo in Europa), oltre 9 milioni le vittime in trincea e circa 7 milioni di vittime civili, anche di carestia e malattie.

    650 mila giovani italiani, il 13% dei chiamati, non hanno fatto ritorno a casa, un sacrificio senza precedenti anche per i milioni di feriti, mutilati ed invalidi. 500 mila morti in combattimento, 50 mila per ferite riportate o malattie contratte e 100 mila in stato di prigionia. L’80% del totale dei caduti in guerra furono fanti, seguiti da bersaglieri, alpini e granatieri. La Fanteria infatti rappresentò l’Arma con il maggior numero di componenti per i compiti strategici dalla stessa assolti nei lunghi periodi in trincea come gli assalti cruentissimi alla baionetta contro le postazioni nemiche. Nel primo gruppo di 25 Brigate create nel 1915 – e che fino al 1918 sarebbero diventate 40 – vi era anche la Brigata ‘Catanzaro’ costituita dal 141° Reggimento di Fanteria, formatosi dal deposito del 48° reggimento di Catanzaro marina, e dal 142° Reggimento, formatosi dal deposito del 19° reggimento di Monteleone (attuale Vibo Valentia).

    Una brigata che segnò molte pagine della storia della Grande Guerra tra cui quella che lo stesso generale Luigi Cadorna stigmatizzò come un brillante contrattacco delle valorose fanterie del 141°reggimento (brigata Catanzaro) in località monte Mosciagh, sull’altopiano di Asiago, il 27 maggio 1916. In Calabria furono presenti anche reparti di esercito permanente come il 19° reggimento fanteria "Brescia" a Cosenza, il 20° "Brescia" a Reggio ed il 48° "Ferrara" a Catanzaro. Poi ancora altre milizie mobili si formarono dal deposito di Catanzaro (96° reggimento "Udine", 221° "Jonio"), dal deposito di Cosenza (142° "Catanzaro" e 243° "Cosenza"), dal deposito di Reggio (246° reggimento "Siracusa").

    Numeri e nomi, ma soprattutto storie e vite di tanti calabresi che nel Risorgimento, come in questa Grande Guerra, morirono per poi essere dimenticati e per una Libertà che ancora deve essere difesa nei campi di battaglia di ogni dove, che ancora oggi costa sangue, anche se le trincee non ci sono più.


    Edited by Simona s - 2/8/2013, 11:59
     
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    Guarda caso sempre il Sud ci rimette!
     
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