Semplicemente Passioni forum

La repubblica rossa di Caulonia, un sogno comunista in terra calabra

Storia

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Isabel
        Mi piace   Non mi piace
     
    .

    User deleted


    La repubblica rossa di Caulonia, un sogno comunista in terra calabra

    uull3Qv

    di Damiano Praticò – Ci fu un tempo, verso la fine della seconda guerra mondiale, in cui l’Occhio della Storia si fermò, per qualche giorno, imperterrito sulla Calabria. Su un suo Comune in particolare: Caulonia.

    Il sindaco del paese, comunista, era all’epoca Pasquale Cavallaro. Chi era costui? Compagno di scuola di Corrado Alvaro, “’U Prufessuri”, in quanto maestro elementare di origine contadina, volontario decorato nella prima guerra mondiale e poi disertore sullo stesso campo, aveva una grande esperienza politica maturata fin dai tempi della marcia su Roma. L’instaurarsi del fascismo lo aveva visto, fin da subito, tra i suoi oppositori più tenaci. Venne mandato, per questo, in confino tra il 1933 ed il 1937, dopo essere stato ripetutamente picchiato dalle squadracce e privato del proprio lavoro. Nel 1942, comunque, in piena guerra, riattivò il filo rosso di attività politica del PCI in Calabria, cosa che gli fece guadagnare enorme stima e valore agli occhi dei suoi conterranei.

    Nel 1944, il Prefetto di Reggio Calabria lo nominò, quasi in modo plebiscitario, Sindaco di Caulonia. Iniziava ufficialmente, allora, la sua carriera politica: osteggiato dai notabili locali, Cavallaro avviò una politica di riforme davvero innovatrice. Iniziarono a Caulonia le perquisizioni per scovare armi e grano sottratto dagli agrari ai contadini; il perito istruttore del Comune, su richiesta di Cavallaro stesso, dovette condurre una ricerca approfondita sullo stato delle terre demaniali, così da comprendere quali fossero quelle usurpate ai contadini da parte dei padroni. L’inchiesta portò ad un risultato sorprendente: il 75% dei terreni demaniali era stato usurpato ai contadini dalle grandi aristocrazie terriere locali. La tensione cresceva: i contadini volevano la riscossa, gli ex fascisti – difesi dai carabinieri – punzecchiavano gli animi focosi di un popolo trepidante. Cavallaro, nel contempo, organizzò sul territorio un traffico di armi che avrebbero dovuto essere destinate, attraverso i canali del PCI, ai partigiani del Nord Italia, dopo aver intercettato una parte delle spedizioni militari anglo-americane. L’obiettivo era uno solo: armare Caulonia in vista di un’insurrezione filosovietica a guerra finita. In una parola, la rivoluzione. Cavallaro, però, in un incontro con Togliatti – il solo mai avuto insieme al leader nazionale del PCI – fu momentaneamente bloccato. La vita italiana al socialismo, pensata dal genovese, non passava attraverso l’uso delle armi.

    Cavallaro attese.

    Gli indugi politici furono polverizzati dalla mano invisibile della Storia. Il 6 marzo 1945, più di un mese e mezzo prima della Liberazione, fu la data prevista dal Comune di Caulonia per la redistribuzione delle terre a favore dei contadini. La sera del giorno prima, tuttavia, i Carabinieri arrestarono con un pretesto il figlio di Cavallaro, Ercole. Era una provocazione magistralmente orchestrata attraverso un tempismo quasi “svizzero”. Il sindaco comunista ruppe gli indugi. Il 6 mattina, quasi diecimila volontari, armati di pistole, fucili e mitra sottratti agli Alleati, si radunarono a Caulonia; tra di essi, c’è da dire, non mancarono elementi legati alla ‘ndrangheta, paradossalmente schierati dalla parte dei contadini. Sulla scia della Repubblica partigiana di Alba – raccontata in seguito da Beppe Fenoglio nel suo capolavoro “Il partigiano Johnny” – e di altre esperienze partigiane al Nord, Cavallaro proclamò, il giorno stesso, la nascita della Repubblica di Caulonia. La bandiera rossa con falce e martello venne issata sulla cupola della Chiesa cittadina.

    Nacque un piccolo soviet in terra calabra: gli ex fascisti, quasi tutti latifondisti, furono sottoposti al giudizio di un neonato Tribunale del Popolo. Le punizioni erano esemplari: tra le tante – anche atroci -, baciare la scarpa di un contadino. La stessa sera, Ercole fu liberato tra i festeggiamenti generali. L’insurrezione rossa raggiunse, in quel momento, la sua acme.

    Tutto precipitò la mattina seguente. Durante una perquisizione, due volontari – Giuseppe Menno e Ilario Bava – s’imbatterono nel parroco Gennaro Amato, reo di avere da tempo, probabilmente, una relazione clandestina con la moglie di Bava. Quest’ultimo non esitò, durante un litigio, a fucilare il prete. La motivazione dell’assassinio, comunque, appare ancora oggi non del tutto chiara.

    La notizia percorse in poche ore l’intera Italia. Cavallaro intuì la gravità del fatto e convinse i due uomini a costituirsi alla polizia la mattina seguente. Il leader della Repubblica, dal canto suo, fu convinto dal segretario del PCI provinciale, Musolino, a porre fine alla rivolta. Il Prefetto di Reggio Calabria, Priolo, socialista, promise clemenza per gli insorti in cambio della consegna delle armi. Togliatti condannò i fatti di Caulonia.

    Serviva un capro espiatorio: Pasquale Cavallaro fu immolato dal PCI. Il 9 mattina, egli inviò un telegramma a Togliatti per comunicare che la rivolta era stata bloccata. Il partito, inoltre, lo convinse ad abbandonare la carica di sindaco ed a rifugiarsi per qualche tempo a Napoli. Sostanzialmente, venne consegnato ai carabinieri partenopei: il 13 aprile, infatti, i militi lo arrestarono. Poche ore dopo, un’imponente operazione condotta dai carabinieri in Calabria portò al fermo di 387 contadini ed al sequestro di gran parte dell’arsenale clandestino espropriato agli Alleati. Il rastrellamento era stato pianificato da tempo.

    Il processo contro gli accusati per l’insurrezione armata di Caulonia – il più grande processo politico del dopoguerra – si aprì il 23 giugno 1947 presso il Tribunale di Locri: 365 imputati. I giudici stabilirono che il reato di sollevazione armata, di cui erano accusati tutti, ricadesse nei crimini prescritti dall’amnistia togliattiana del 1946. Solo in tre furono condannati: Ilario Bava e Giuseppe Menno per essere stati gli esecutori materiali dell’omicidio del parroco Gennaro Amato; Pasquale Cavallaro, il sindaco comunista, per essere stato – secondo i magistrati – il mandante diretto dell’omicidio. La sentenza fu molto contraddittoria: essa, infatti, riformulò l’accusa di “insurrezione armata” in “associazione per delinquere” solo per Menno, Bava e Cavallaro, così da poter punire Cavallaro stesso in quanto mandante – di fatto, politico – di un delitto comune, reato non prescritto dall’amnistia di Togliatti. L’ex sindaco comunista fu condannato a otto anni di prigione. Oltre al danno, comunque, egli dovette sperimentare anche la beffa: colpevole di essere stato fino in fondo comunista - cioè organizzatore di una rete paramilitare clandestina al servizio della causa rivoluzionaria – in un momento storico in cui il PCI togliattiano decise irreversibilmente di scegliere la via del parlamentarismo, Cavallaro, uscito di prigione, fu ignorato dai vecchi compagni, ormai su posizioni del tutto differenti dalle sue. Era, secondo loro, una sorta di Trotsky italiano, colpevole di aizzare inutili sollevazioni popolari in parti del mondo diverse dall’unico paese in cui la rivoluzione poteva davvero funzionare: la Grande Madre Russia.

    Gli storici, in seguito, mentre si affrettarono ad elogiare le repubbliche partigiane del Nord in quanto simbolo della Resistenza rivoluzionaria opposta a quella riformista, bollarono invece la Repubblica rossa di Caulonia come una specie di “festa popolare contadina”, politicamente del tutto irrazionale, ingenua espressione di un mondo contadino antico ed immobile. In realtà, a capo di quella sollevazione armata, vi era un saggio leader di partito, imbevuto di una rigida disciplina politica, rivoluzionario vero dentro un campo di rivoluzionari fasulli. Un personaggio molto scomodo all’interno dell’universo comunista in età togliattiana.

    Eppure, si racconta che addirittura Stalin, durante i fatti di Caulonia, avesse detto: “Ci vorrebbe un Cavallaro in ogni città”…

    Edited by Isabel - 15/10/2014, 15:53
     
    .
0 replies since 10/11/2012, 10:12   38 views
  Share  
.