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Maratea

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  1. Isabel
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    Maratea

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    - Info -

    « Forse in Italia non c'è paesaggio e panorama più superbi. Immaginate decine e decine di chilometri di scogliera frastagliata di grotte, faraglioni, strapiombi e morbide spiagge davanti al più spettacoloso dei mari, ora spalancato e aperto, ora chiuso in rade piccole come darsene. La separa da una catena dolomitica, tutta rocce color carnicino, punteggiata di villaggi semiabbandonati, di castelli diruti e antiche torri saracene, un declivio boscoso rotto da fiumiciattoli e torrenti e sepolto sotto le fronde dei lecci e dei castagni. »
    (Indro Montanelli)

    Maratea (Marathia in dialetto marateota, pronuncia /mara'tìa/) è un comune di 5.207 abitanti della provincia di Potenza. È l'unico comune della Basilicata ad affacciarsi sul Mar Tirreno. Per i suoi pittoreschi paesaggi costieri e montani, e per le peculiarità artistiche e storiche, Maratea è una delle principali mete turistiche della regione, tanto da venire spesso soprannominata la perla del Tirreno. Il 10 dicembre 1990 il presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha insignito il comune di Maratea con il titolo onorifico di "Città", titolo che la cittadina già vantava dal 1531 per decreto di Carlo V d'Asburgo.

    Geografia fisica

    Unico comune della provincia ad affacciarsi sul mare, si estende per circa 32 km sul Mar Tirreno. La sua costa, incastonata in una singolare posizione geografica ed ambientale, è variegata di insenature e grotte, scogli e secche. Numerose e caratteristiche le spiagge costiere, di fronte ad una delle quali emerge l'isola di Santo Janni. Degni di attenzione sono i fondali e le 131 grotte marine e terrestri, delle quali alcune hanno restituito fossili e reperti preistorici. Su tutte spicca la Grotta di Marina con stalattiti e stalagmiti. In più, le montagne dell'entroterra, arrivando con i loro costoni direttamente sul mare, creano un forte contrasto visivo di mare e monti, che dà vita a pittoreschi panorami e scorci visivi.


    Geologia e morfologia

    La storia della geologia del territorio di Maratea è iniziata durante l'Anisico e il Miocene inferiore. Esso evidenzia diverse zone, che si sono succedute attraverso episodi di metamorfismo durante l'Appiano; i cui depositi terrigeni più antichi si presentano fortemente tettonizzati. Questa conformazione si è originata tra il Langhiano ed il Tortoniano e ha interessato i depositi accostandoli, sovrapponendoli ed elevandoli sino alla formazione della dorsale carbonatica che caratterizza l'area. I depositi presso la costa sono formati da calcilutiti, calcareniti grigie e brune con marne, e calcari conglomeratici. La dorsale è allungata in direzione appenninica, da nord-ovest a sud-est, delimitata verso il mare e verso l'interno da versanti ripidi che dalla costa si innalzano sino a raggiungere i 1505 metri con il monte Coccovello.

    Orografia

    La gran parte del territorio di Maratea è costituito da montagne e colline, essendo l'unica zona pianeggiante quella dove sorge la frazione Castrocucco, in prossimità della foce del fiume Noce. I rilievi montuosi della zona nord, compresa tra Fiumicello-Santavenere e Acquafredda, presenta episodi orografici plastici e di alto livello paesaggistico, con i versanti montuosi che calano direttamente sul mare. I rilievi sono costituiti per lo più da calcari dolomitici, e le pareti rocciose presentano caratteristiche variazione cromatiche, passando dal verde boschivo al rosso della nuda roccia calcarea.

    I principali monti di questo sistema sono:
    • Monte Coccovello: alto 1505 m, è il rilievo più alto del territorio. Il monte poggia su una vallata con il monte Cerrita, detta I Pozzi, di paesaggio tipicamente montano. Il monte allunga un versante verso il mare, con delle punte dette monte Spina e Serra del Tuono, che sovrastano Acquafredda.
    • Monte Cerrita: alto 1083 m, detto anche Cerreta o Angiuleddi, è un grande rilievo che distende un fianco lungo tutta la vallata del torrente Fiumicello. Il versante meridionale del monte è spoglio di vegetazione, che si riduce a gariga, mentre quello settentrionale ospita qualche piccolo bosco.

    La parte centrale del territorio, compresa tra la frazione Fiumicello-Santavenere e il Porto e su cui insistono i rioni della valle di Maratea, è caratterizzata da un sistema montuoso a forma di Y, anch'essi costituiti da formazioni di calcare dolomitico.

    I rilievi di questo sistema sono:
    • Monte Crivo: alto 1277 m, si distingue per la sua struttura con tre punte, con quella centrale caratterizzata dalla presenza di una croce votiva in ferro battuto. Ai piedi del monte si apre una faglia che con un fenomeno di sackung crea una lenta e costante frana fa scivolare, nel corso dei secoli, la valle sottostante verso il mare.
    • Monte San Biagio: alto 623 m, è il prolungamento sul mare del sistema montuoso del monte Crivo, con la sua caratteristica conformazione allungata verso il mare è l'episodio montuoso più rilevante del territorio di Maratea. Sebbene non altissimo, la sua posizione, al centro del territorio, rende la sua cima un notevole punto panoramico sulla costa e sull'entroterra. Anticamente detto monte Minerva, sulla sua cima ospita le rovine dell'antica Maratea detta «Castello», la grande statua del Redentore e la basilica del santo da cui prende il nome.
    • Serra Capeddera: alta 1067 m, sovrasta il settentrione della frazione Brefaro.
    • Serra Pollino: alta 1099 m, sulla cima ospita il santuario della Madonna di Trecchina.
    • Monte Maiorino: alto 1003 m, si trova a est di Brefaro. Ha dei versanti molto boscosi.

    La parte più meridionale del territorio, sulla cui costiera si trovano i villaggi di Marina e Castrocucco e nell'entroterra Massa e Brefaro, apre grandi vallate attraversate da torrenti alluvionali. Le formazioni montuose, di grande valore paesaggistico, costituiscono tre piani di visione: la costa rocciosa, con al largo le isolette della Matrella e di Santo Janni, la zona costiera quasi pianeggiante, caratterizzata da un verde boschivo e le pareti rocciose perpendicolari alla costa.

    Solo due gli episodi montuosi notevoli:
    • Monte Rotonda: alto 852 m, si trova tra Massa e Brefaro. La cima del monte ospita un piccolo bosco.
    • Serra di Castrocucco: alta 743 m, ha una caratteristica forma a piramide. Sul lato nord, che ospita per lo più gariga e una solitaria pineta, si posa l'abitato di Marina. Il lato ovest, più boscoso, posa sul mare due promontori: uno ospita un bosco di cedri, l'altro la Torre Caina. Il versante sud ospita, su un costone roccioso, il Castello di Castrocucco. La parte settentrionale del monte si prolunga in piccole vette, che separano la costa di Marina da Massa.

    Idrografia

    Nel territorio di Maratea scorre un solo fiume, il Noce, che sfocia nei pressi della frazione Castrocucco. Molti i torrenti che scorrono tra i monti del territorio, ma solamente quello detto Fiumicello, che sfocia in mare presso l'omonima frazione, non ha carattere stagionale e alluvionale. I più lunghi corsi d'acqua sono di questo tipo sono il canale di Montescuro, che scorre alle falde del Coccovello, e quello del Carròso, che nasce presso Brefaro e sfocia nel Noce. Il reticolo idrografico della zona a nord del monte San Biagio è scarsamente sviluppato in superficie, ma ben presente nel sottosuolo, che nella valle di Maratea dà origine a numerose sorgenti, tra le quali si ricordano quella di Sorgimpiàno, di San Basile, e di Cavalero. La zona a sud presenta invece un più evidente reticolo superficiale, con numerosi torrenti alluvionali che scorrono in profondi valloni verso il mare o verso il Noce.

    Flora e Fauna

    « È un paese meraviglioso... magnifico... non c'è nessun altro luogo che io conosca che sia valido in me come questo che vedi. I colori soprattutto, sono colori primordiali »
    (Cesare Pavese e Bianca Garufi, Fuoco Grande)

    La flora spontanea del territorio di Maratea è tipica macchia mediterranea. A nord della costa, presso la frazione Acquafredda, si incontra una folta pineta, anche se recentemente decimata da un incendio. La tipica vegetazione è costituita prevalentemente da lecci; come presso la frazione Marina, dove si trova il bosco de Ilicini, formato da caratteristici lecci in miniatura resi nani dalla salsedine; insieme a esemplari di fillirea, lentisco, cisti, mirto, carrubo, corbezzolo, carpinella e siliquastro. Sui monti si trovano macchie di arbusti sparsi, accompagnati da carrubi, fichi d'India, ulivi, e viti. I versanti dei monti in parte riparati dall'eccessiva illuminazione del Sole ospitano anche boschi fitti, come tra i due nuclei di Maratea, dove si sviluppa un carpineto. In più, a Marina, si trova un endemismo floristico degno di nota: la presenza, sulle rocce di Punta Caina, di una stazione puntiforme (l'unica presente in Basilicata) di Primula di Palinuro (Primula palinuri), un raro e protetto endemismo delle coste tirreniche, il cui fragile areale si presenta estremamente ridotto e puntiforme. Per quanto riguarda la fauna, sull'isola di Santo Janni si registra un altro endemismo, di tipo zoologico, unico: il cosiddetto Drago di Santo Janni, una lucertola bruno-azzurra, che vive confinata sugli anfratti rocciosi dell'isolotto, sottoposta a specifiche tutele. Nel resto del territorio, oltre alle specie comuni, si possono trovare simpatici cuccioli di cinghiali nei boschi e il grande falco pellegrino che svetta nel cielo sopra la costa.

    Storia - Origini del Nome

    Diverse sono le interpretazioni date dagli storici all'origine e al significato del toponimo Marathìa, antico nome che ancora oggi è conservato nel dialetto. Molti di questi hanno concordato che il nome è di chiara derivazione greca, e oggi è quasi universalmente accettata la tesi di Giacomo Racioppi, che vuole il nome derivante dalla parola greca marathus ("finocchio selvatico") e quindi col significato di «terra del finocchio selvatico». Altra tesi, che ha riscosso per un certo periodo un discreto seguito, è quella che il nome sia invece il composto del latino màris e del greco théa, cioè «dea del mare» o «spettacolo del mare», a seconda del significato attribuibile alla seconda parola.

    Preistoria

    Le prime frequentazioni umane attestate sul territorio di Maratea risalgono al Paleolitico Medio, epoca a cui sono stati datati gli insediamenti delle grotte costiere presso la spiaggia della località Fiumicello, dove sono stati rinvenuti strumenti di industria litica e resti di fauna pleistocenica. Altri insediamenti sono attestati in alcune grotte sul litorale costiero compreso tra la frazione Acquafredda e Sapri, e anche in grotte costiere presso Marina di Maratea. Nell'epoca eneolitica il promontorio detto Capo la Timpa, posto a ridosso dell'odierno porto turistico, diventa uno scalo di scambio, coinvolto in traffici con le isole Eolie (che distano da Maratea solo 137 km), come attestato dal ritrovamento di ossidiana nella zona delle frazioni Massa e Brefaro.

    Età Antica

    A partire dal XV-XIV secolo a.C., il promontorio detto Capo la Timpa ospita un insediamento indigeno entro capanne, costruite con un pavimento a battuto steso con ciottoli decorativi e focolare centrale. Questo villaggio, la cui conformazione rientra nei parametri della cosiddetta «cultura appenninica», sopravvive grazie alle relazioni commerciali instauratesi in seguito alle prime navigazione micenee in Italia. Il resto del territorio ospita piccoli insediamenti sparsi. All'avvento della colonizzazione greca, la vita del villaggio su Capo la Timpa si interrompe; per riprendere nel VI secolo a.C. in seguito alla cosiddetta «colonizzazione indigena della costa» operata da popoli di cultura enotria. La vocazione commerciale del villaggio spinge i traffici dalle colonie magno-greche alla Siritide, fino alla Grecia stessa. Si suppone che il villaggio fosse fortificato, ma gli scavi archeologici non hanno confermato inequivocabilmente il dato, così come non hanno ancora svelato l'ubicazione della necropoli corrispondente al sito.

    Età Romana

    Dopo la conquista romana della Lucania, avvenuta tra il III e il II secolo a.C., il promotorio Capo la Timpa viene abbandonato per sempre. È ancora da chiarire il conseguente contesto topografico e modello di insediamento successivo, ma la ricerca storica e archeologica lascia presumere l'esistenza di un vicus nella zona di Fiumicello-Santavenere, dove nel 1840 furono osservati ruderi di età romana tra cui quelli di un tempio dedicato a Venere che la tradizione popolare vuole all'origine del toponimo, o di una area politico-religiosa sul monte San Biagio, anticamente detto monte Minerva in quanto sito designato dalla tradizione di un tempio dedicato alla dea della sapienza, dove sono stati ritrovati reperti di epoca romana. Il territorio ospita poi altri piccoli nuclei, a cui si affiancano le grandi villae marittimae patrizie della classe agiata romana. È infatti stata ritrovata una villa romana, con annessa pescheria, nella località Secca di Castrocucco, la cui cronologia si estende dal I secolo a.C. al IV secolo d.C.; a cui si accompagna una distante necropoli usata fino all'inizio del Medioevo. Anche in questo periodo continuano i commerci, avendo come scalo l'Isola di Santo Janni, su cui sono state ritrovate strutture per la produzione di garum e nei cui fondali ospita il più grande giacimento di ancore del Mediterraneo, ripescate ed esposte nella mostra perenne di Palazzo De Lieto. Queste testimoniano traffici che si spingono fino alla Spagna e all'Africa.

    Medioevo

    Le invasioni barbariche successive alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente e le prime incursioni saracene spingono la popolazione presente sul territorio a rifugiarsi sulla cima del monte San Biagio, dove nasce l'antica Marathìa (nome che fa la prima apparizione in documento del 1079). Questa cittadella, inespugnabile e al sicuro da ogni attacco, riceve le reliquie di San Biagio di Sebaste nell'anno 732, trasportate secondo la tradizione su una nave da parte di uomini armeni. Nell'850 Maratea entra a far parte del Gastaldato di Laino, per poi passare, forse nel 1077, nei domini Normanni. Nell'epoca paleo-cristiana, Maratea ospita numerosi eremiti e asceti che conducono vita contemplativa nelle grotte e sui monti del territorio. Nel 1098 la cittadina viene smembrata dalla diocesi di Policastro e assegnata a quella di Cassano Ionico. Durante il regno di Federico II di Svevia, la suddivisione in Giustizierati toglie Maratea alla Basilicata e la pone, forse per errore, in Calabria. La collocazione territoriale risulta poi corretta nei documenti redatti dalla successiva dominazione angioina. Nel 1278 la cittadina fortificata di Maratea conta circa 1.000 abitanti ed è annoverata tra le principali fortezze della Basilicata nei documenti del provisor castrorum Guiard d'Argeneuil. Nel 1284 Maratea viene coinvolta nella guerra dei Vespri. Rimasta presto l'unica roccaforte angioina della Basilicata, il 26 ottobre dello stesso anno vi viene mandato un capitano in seguito alla conquista di Scalea, da cui partono numerosi attacchi degli aragonesi. Ma Maratea resiste senza mai cedere la piazza ai nemici fino alla fine del conflitto. Nel 1324 la parrocchia del Santuario di San Biagio è l'arcipretura del territorio. Ma quello sulla cima del monte San Biagio non è più l'unico centro del territorio: durante i secoli se n'è sviluppato un altro, alle pendici dello stesso che lo rende invisibile dal mare e al sicuro dagli attacchi Saraceni. Questa nuova Maratea viene soppranominata con il nome di Borgo, per distinguerla dall'antica che, poiché fortificata, sarà detta Castello.


    Quattrocento

    La tradizione non fu mai sottoposta al potere di un feudatario, fa parte delle terre alle dipendenze dirette della corona. Alla città vengono anche riconosciuti numerosi privilegi, il più antico documento noto in tal senso è un diploma datato 20 luglio 1404, in cui re Ladislao I assegna dei privilegi che saranno confermati da Giovanna II d'Angiò il 2 settembre 1414. Nel frattempo il Borgo, cresciuto con la popolazione del Castello, nel 1434 viene elevato a parrocchia assestante da quella di San Biagio. Nel 1440 il Castello viene messo sotto assedio da parte del conte Sanseverino di Lauria, alleato degli Aragonesi che ambivano al trono di Napoli. Ma la fortezza resiste all'attacco, e oltre alla vittoria ottiene il risarcimento dei danni provocati da parte del conte. Anche dopo l'avvento del dominio spagnolo nel Regno di Napoli, i privilegi di Maratea sono confermati dal re Ferdinando I d'Aragona con un documento datato 20 settembre 1444. Nel 1495 alcuni soldati angioini al servizio di Carlo VIII di Francia tentano di saccheggiare Maratea, mettendo di nuovo sotto assedio il Castello. Ma anche stavolta la popolazione ha la meglio, grazie, secondo tradizione, all'aiuto miracoloso di San Biagio che si dice abbia svegliato a schiaffi le sentinelle addormentate. Con un nuovo privilegio, datato 22 novembre 1496, il re Federico I di Napoli concede l'esenzione da dogane e dazi in ogni parte del regno ai marinai di Maratea per i loro commerci.

    Cinquecento e Seicento

    Dopo che nel 1506 il re Ferdinando III aveva dichiarato Maratea «feudo della regia corona», le carenti finanze del Regno di Napoli impongono la vendita delle terre demaniali ai feudatari. Nel 1530 la città viene quindi venduta al conte di Policastro Ettore Pirro Carafa, che però versa alla corona solo 3.000 dei 10.000 ducati accordati. I marateoti ne approfittano quindi per ricomprare la città e i suoi privilegi dal conte per 6.000 ducati. L'imperatore Carlo V d'Asburgo, dopo aver approvato questa risoluzione il 9 marzo 1531, concede a Maratea il titolo di «città regia», e per questo ringraziato dai marateoti con l'aggiunta dell'aquila bicipite, stemma familiare dell'imperatore, allo stemma comunale. Nel frattempo, la crescita esponenziale di Maratea Borgo rispetto a Maratea Castello porta alla formazione di un complesso sistema amministrativo sul territorio: nella prima metà del secolo, attraverso la Statua Universitatis, si sancisce la divisione di poteri tra le due popolazioni di Maratea: agli abitanti del Borgo, ossia la Maratea inferiore, spettano i 5/6 delle risorse fiscali, mentre a quelli del Castello, ossia Maratea superiore, prendono il restante 1/6. Per difendere la costiera del Regno di Napoli dai Saraceni, il viceré Pedro da Toledo ordina la costruzione di oltre trecento torri anti-corsare, di cui sei, costruite tra il 1566 e il 1595, sono dislocate sul litorale di Maratea. Il 21 maggio 1626 il Borgo viene attaccato da una banda di centosessanta banditi, che mettono in assedio le abitazioni delle famiglie più facoltose di Maratea. Dopo tre ore di battaglia urbana, in cui i banditi provocano la morte del cittadino Diego Mari, ucciso a colpi di pugnale, i malviventi vengono messi in fuga dai colpi di cannone che vengono lanciati dal Castello.

    « in mezzo di Essi si diresse il Cannone, che si sparò per la seconda volta; ed oh portento! La palla del Cannone, diede in un grosso sasso, e lo stesso nel frangersi, ne infranse degli altri; e si venne a formare come una mitraglia, di tanta violenza, che fece de' Banditi un gran macello; de' quali i superstiti sempreppiù fuggendo, siccome camin facevano, così si andavano spogliando di ogni senso di Umanità. Sulle prime scannarono que' loro compagni, che non si fidavano di proseguire la marcia, perché feriti. Indi da tale barbarie, accaniti tra di loro, ne' luoghi più deserti, e cavernosi si trucidarono vicendevolmente. »
    (Carmine Iannini, Di S. Biase e di Maratea. Discorso Istorico. Libri II., Napoli, Istituto Grafico Italiano, 1985.)

    Durante la rovinosa fuga, i quattro banditi sopravvissuti ai colpi del Castello rapiscono tre cittadini, che però vengono rilasciati incolumi dopo pochi giorni.



    Settecento

    Il XVIII secolo è un'epoca molto fortunata per Maratea. Trovandosi a capo di uno dei quattro Ripartimenti regionali all'inizio della dominazione borbonica, nel 1734 viene aperto il primo vero ospedale, a opera del benefattore Giovanni De Lieto. Sebbene la sede del Terzo Ripartimento venga spostata nel 1736 nella vicina Lauria, la continua crescita economica di Maratea la porta a diventare uno dei paesi più agiati della Basilicata. Dopo la fioritura di nuovi piccoli villaggi sul territorio, come Massa, Acquafredda, Cersuta e Porto, resa possibile anche dal trattato della Porta Ottomana del 1740, la cittadina commercia ed esporta vari generi in ogni parte del regno.

    Il viaggiatore Lorenzo Giustiniani, sulla fine del secolo, descrive le attività produttive di Maratea nel suo Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli, edito nel 1802:

    « Gli abitanti ascendono al numero di circa 3800 addetti all'agricoltura, alla pastorizia, facendosi de' buoni formaggi, ed hanno ancora l'industria de' bachi da seta, e di fare calze di cotone, e di filo, che vendono ad altri paesi della provincia. Le donne son molto dedite alla fatica si' della campagna; che a quella del trasporto di varj generi. In Napoli quelli, che hanno le botteghe di formaggio per lo più sono di Maratea, come anche i pizzicagnoli. »
    (Lorenzo Giustiniani, Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli, Napoli 1802.)


    Riguardo alle produzioni e ai commerci, Giustiniani specifica:

    « Il territorio di questa città non è molto fertile, perché assai petroso, nulla di meno fa del buon vino, specialmente in alcuni luoghi, ed ogni altra produzione ancora per forza d'industria. È abbondante di acqua, e vi sono molti molini, gualchiere, che recano del guadagno a quella popolazione. Il massimo prodotto è quello dell'olio. Il detto territorio abbonda di mortelle, le quali ridotte in polvere vendono altrove per la concia de' cuoj. Gli ortaggi vi si coltivano con successo e similmente gli agrumi, e i fichi d'India, che ne' mesi estivi serve per alimento della povera gente, come anche le carrube. Vi è la caccia di lepri, volpi, lupi, e di più specie di pennuti, e il mare dà abbondante pesca. »
    (Lorenzo Giustiniani, Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli, Napoli 1802.)

    Ma la ricchezza di Maratea sta principalmente nel suo porto, o meglio dagli approdi sparsi sulla costa, che diviene il naturale sbocco dei traffici della cittadina e delle zone circostanti. Il viaggiatore Giuseppe Alfano scrive infatti di Maratea:

    « Ella è molto ricca, e frequentata per cagione del traffico, giacché avendo un piccol Porto commodo per legni minuti nel mar Tirreno, da cui è un miglio lontana fa sì che la Basilicata in buona parte da quivi incamina le sue merci per Napoli, onde molti i quei Cittadini, applicando alla Negoziazione sono divenuti assai ricchi. »
    (Giuseppe Maria Alfano, Istorica descrizione del Regno di Napoli, Napoli, 1797.)

    Dopo una dura protesta della popolazione, nel 1792, per il controllo dell'amministrazione locale, nel 1799 Maratea viene coinvolta nei moti che portarono alla costituzione della Repubblica Napoletana. L'11 febbraio dello stesso anno i cittadini Biase Ginnari, Pietro Maria Aloise e Gaetano Siciliani recingono a colpi d'ascia l'albero della libertà innalzato dai repubblicani capeggiati da don Giuseppe d'Alitti, Gennaro Rascio, Angelo d'Albi e il frate Giambattista Basile. Durante il breve governo repubblicano, il comune, ancora diviso in Moratice sopra e Moratice sotto, rientrò nell'ordinamento amministrativo del dipartimento del Crati e, a livello più strettamente locale, del cantone di Lauria.

    Assedio francese

    Nell'agosto del 1806 l'esercito francese inizia l'invasione del Regno di Napoli. Dopo l'insurrezione calabrese, la vicina cittadina di Lauria, ribellatasi ai francesi, viene messa a ferro e a fuoco. Nominato governatore di Maratea, Alessandro Mandarini, riceve ordine da re Ferdinando IV di Borbone di organizzare una resistenza contro l'avanzata dei francesi. Dopo aver riunito 600 irregolari armati, rimane a difesa del Castello, e per diversi giorni riesce a resistere all'assedio condotto da parte del generale Jean Maximilien Lamarque, al comando di 4500 uomini. Costretto infine ad accettare una onorevole capitolazione, Mandarini il 10 dicembre consegna la fortezza, capendo che in caso di sconfitta le truppe napoleoniche avrebbero distrutto l'intera città e fatto strage della popolazione. I francesi, accettate le condizioni di Mandarini di non nuocere alla popolazione, demoliscono parte delle mura e i torrioni del Castello, per evitare nuove insurrezioni. Questo evento accelera la spopolazione dell'antico nucleo di Maratea, la cui municipalità viene soppressa nel 1808, per essere accorpata a quella di Maratea inferiore, dopo quasi trecento anni di doppia municipalità sul territorio.

    Ottocento

    Anche nella prima parte del XIX secolo, e dopo la Restaurazione, perdura la condizione di discreto benessere della cittadina, che è per breve periodo a capo di un circondario regionale. Maratea produce ed esporta lino, cotone e lana, usata per fare calze e tele; conta ancora diversi mulini, e può vantare ottimi calderai che lavorano il rame spingendosi nel resto d'Italia e in Europa. Apertasi la stagione delle vendite carbonare, si consuma il 19 luglio 1820 quella organizzata dal cittadino Nicola Ginnari, capo della vendita carbonara locale, in cui alla presenza della parroco Giuseppe D’Alitti, si giura fedeltà alla Costituzione Nazionale. Maratea rimane però estranea ai successivi moti rivoluzionari del Cilento, sebbene sia costretta ad assistere alla ingiustificata fucilazione del frate cappuccino Carlo Da Celle, giustiziato di fronte al suo convento dalla milizia borbonica il 12 agosto 1828, perché sospettato di essere un cospiratore. Moltissimi sono i cittadini di Maratea iscritti nei registri del «rei di stato» per i moti rivoluzionari del 1848, ma i liberali marateoti vedono naufragare le loro aspirazioni sulla spiaggia di Acquafredda, dove il 4 luglio dello stesso anno il patriota Costabile Carducci viene catturato da alcuni sicari borbonici. La notte seguente Carducci viene portato in catene sui monti sopra la frazione e lì assassinato a tradimento con un colpo di pistola in testa. Nel terremoto del 16 dicembre 1857 la città conta una sola vittima, mentre sono danneggiate molte abitazioni e la Chiesa Madre di Santa Maria Maggiore. Nel 1860 anche a Maratea si costituisce un comitato insurrezionale per l'azione lucana per l'unità d'Italia; organizzato, tra gli altri, dal cittadino Raffaele Ginnari. Il 3 settembre dello stesso anno Garibaldi attraversa in barca la costa della cittadina, diretto a Sapri, dopo aver sostato, ospite dei baroni Labanchi, nel Palazzo Baronale alla Secca di Castroucco. Nella battaglia del Volturno perde la vita il cittadino marateota Carlo Mazzei. Al contrario del resto della regione, Maratea non viene mai coinvolta nel fenomeno del brigantaggio. Nella cittadina non è ricordata alcuna rivolta, probabilmente a causa dell'adozione di un moderno sistema di distribuzione delle terre, frammentario e completamente privo di latifondi. Nei primi anni del Regno d'Italia l'economia di Maratea è molto diversa dal resto della Basilicata, che per lo più vive nella miseria. La cittadina sopravvive dignitosamente, e anzi può vantare una Società Operaia di Mutuo Soccorso, fondata il 21 agosto 1881, nonché pochi ma significati commerci marittimi. Il 30 luglio 1894 per la prima volta il treno attraversa il territorio di Maratea.

    Novecento

    All'inizio del XX secolo anche i cittadini di Maratea sono costretti a sostenersi grazie all'emigrazione. Principali mete per i marateoti sono il Venezuela, la Colombia, il Brasile e gli Stati Uniti d'America. Mantenuta con le rimesse degli esuli, nel 1902 Maratea si dota dell'acquedotto; poi, nel 1921, del primo impianto elettrico pubblico; e nel 1929 viene aperta al traffico la SS 18 che attraversa la costa. Durante la seconda guerra mondiale, la sera del 15 agosto 1943 Maratea viene bombardata da un aereo americano con 17 bombe. Queste colpiscono prevalentemente la valle, e non ci sono feriti. L'8 settembre dello stesso anno Maratea viene occupata dagli Alleati. Sebbene i primi tentativi di pubblicizzare la città come stazione balneare risalgano a prima delle guerre mondiali, le bellezze di Maratea acquistano grande visibilità su campo nazionale solo dopo il 1953, quando l'industriale Stefano Rivetti di Val Cervo installa uno stabilimento tessile e una azienda agricola, che riescono a frenare il flusso migratorio della popolazione. Rivetti costruisce poi un hotel di lusso che avvia l'attività turistica. In questo periodo si sviluppa anche il villaggio di Fiumicello-Santavenere, che si unisce a Marina, Brefaro e Castrocucco, formatisi nel secolo precedente. Nel 1962 viene costruito il porto turistico. Nel 1965 Rivetti dona alla popolazione di Maratea, con cui aveva un rapporto non sempre felice, una colossale statua del Cristo Redentore, scolpita dallo scultore Bruno Innocenti. Ma tra il 1967 e il 1973 le industrie di Rivetti vanno in bancarotta, e da allora l'economia di Maratea si imposta principalmente sul turismo. Dopo la lunga ascesa di Maratea nel panorama delle località turistiche italiane, il 21 marzo 1982 la città è colpita da un violento terremoto, che danneggia molte abitazioni e alcune chiese, poi restaurate, e il 12 gennaio 1987 il porto viene quasi completamente distrutto da una eccezionale mareggiata.

    Monumenti e luoghi d'interesse

    Per le sue numerose chiese, cappelle e monasteri, Maratea è detta anche la città delle 44 chiese. Costruite in epoche e stili diversi, molte di esse rappresentano un notevole patrimonio artistico-religioso.

    Queste sono:
    • Basilica Pontificia di San Biagio, santo patrono della città
    • Chiesa di Santa Maria Maggiore, chiesa parrocchiale del Borgo di Maratea
    • Chiesa di San Vito
    • Chiesa dell'Annunziata
    • Chiesa dell'Addolorata
    • Chiesa dell'Immacolata, nella cripta ospita l'antica chiesa di San Pietro
    • Chiesa di Sant'Anna
    • Chiesa del Rosario
    • Chiesa di Sant'Antonio
    • Chiesa di San Francesco di Paola
    • Eremo della Madonna degli Ulivi
    • Chiesa di Maria Santissima Immacolata, chiesa patronale della frazione Acquafredda
    • Chiesa della Madonna Addolorata, chiesa patronale della frazione Cersuta
    • Chiesa della Madonna del Porto Salvo, chiesa patronale della frazione Porto
    • Chiesa della Madonna del Carmine, chiesa patronale della frazione Massa

    Statua del Redentore
    Si trova sulla vetta più alta del monte San Biagio, sovrstante il centro storico di Maratea. È stata completata nel 1965, con un impasto di cemento misto a marmo di Carrara, da Bruno Innocenti, scultore fiorentino, su idea di Stefano Rivetti. Con i suoi 22 metri di altezza circa, è una delle sculture più alte al mondo, nonché il più famoso monumento di Maratea. Raffigura il Cristo Redentore, dopo la Resurrezione, in una iconografia molto distante da quella tradizionale. In più, un particolare effetto ottico fa sì che osservandola da lontano pare guardare il mare, mentre invece ha lo sguardo rivolto verso i monti della Lucania.


    Monumenti minori
    • Colonna di San Biagio
    • Obelisco dell'Addolorata
    • Croce Commemorativa

    Residenze nobiliari
    • Palazzo De Lieto
    • La «torre» di Palazzo Eredi Picòne
    • Villa Nitti ad Acquafredda
    • Palazzo Calderano
    • Palazzo Eredi Picone
    • Palazzo Marini-D'Armenia
    • Palazzo baronale Labanchi
    • Villa Nitti
    • Villa comunale Casimiro Gennari
    • Castello di Castrocucco

    Mura, torri e porte del Castello
    L'antica Maratea, posta sulla cima del monte San Biagio, è soprannominata dai marateoti Castello perché era un tempo fortificata con mura, bastioni e torri. Oggi questi elementi non sono più ben distinguibili nell'ammasso di rovine che costituisce il sito, ma sono ancora presenti resti di alcune di queste strutture, di cui fu ordinata la distruzione dopo l'assedio napoleonico del 1806. Purtroppo nulla rimane delle due porte d'accesso alla cittadina, mentre i tratti delle antiche mura ancora esistenti, in parte restaurati, non sono ancora stati valorizzati per fini turistici. Di fronte alla basilica di S. Biagio, sono presenti due torri diroccate, originariamente poste a guardia di una delle due porte. Un'altra struttura simile si può scorgere nella parte alta dell'antico nucleo urbano, mentre nei pressi dell'attuale asse viario si vede chiaramente il rudere di una torre quadrangolare con una grande feritoia sul lato esterno.

    Torri Costiere
    • Torre dei Crivi
    • Torre di Acquafredda
    • Torre Apprezzami l'Asino
    • Torre Santavenere
    • Torre di Filocaio
    • Torre Caina

    Siti Archeologici
    Maratea ospita numerosi siti di interesse archeologico. Il promontorio detto Capo la Timpa è stato a lungo oggetto di ricerche archeologiche, che hanno riportato alla luce un insediamento indigeno in capanne che visse, a più riprese, dal XV secolo a.C. fino al III secolo a.C. I rinvenimenti del periodo romano si concentrano principalmente intorno all'isola di Santo Janni, dove è stato scoperto il più grande giacimento del Mediterraneo di ancore e anfore di questo periodo. Altro sito dello stesso periodo storico è quello presso la Secca di Castrocucco, dove è stata rinvenuta una villa marittima romama. Per la storia medioevale i protagonisti sono il sito del Castello e il Castello di Castrocucco, entrambi siti purtroppo non ancora oggetto di ricerche sistematiche. Degne di attenzione sono anche le sei torri costiere presenti sul territorio, di cui tre restaurate.

    Turismo
    Le bellezze artistiche e naturali e l'ampia varietà delle proposte culturali, le infrastrutture alberghiere, spesso con animazione, di cui è dotata, rendono Maratea una meta turistica attraente ed apprezzata. Se i primi tentativi di lanciare la città nel campo turistico risalgono ai primi del secolo, solo a partire dalla fine degli anni cinquanta del XX secolo, grazie all'opera di Stefano Rivetti di Val Cervo, Maratea è diventata una delle principali mete turistiche della Basilicata, sviluppando una grande considerazione nel panorama nazionale. In campo internazionale, il Sunday Times nel 2003 la indicò come una delle «dieci perle nascoste d'Europa»; mentre nel 2006 il Financial Times la definì più semplicemente «una gemma». L'attrattiva si concentra principalmente sulla balneazione, ma negli ultimi anni Maratea è stata capace di attrarre turisti anche grazie ai suoi luoghi di interesse artistico. Praticamente inesistente però è il turismo legato ai beni storici, di cui il territorio è molto ricco.


    Eventi

    Maratea ospita numerose manifestazioni culturali, che prendono luogo principalmente nella stagione estiva o nelle sue vicinanze. A partire dal 2011, l'insieme degli eventi estivi viene riassunto nel cartellone del «Maratea Scena», il festival di eventi più lungo d'Italia, coordinato da un direttore artistico nominato dal municipio. Gli eventi vertono per lo più nell'ambito culturale, come rassegne letterarie, musicali, teatrali e cinematografiche, ma vengono programmati anche seminari e convegni di studi e manifestazioni organizzate che mirano alla promozione e alla scoperta del patrimonio naturalistico della cittadina.

    In ordine di anzianità, le principali manifestazioni sono:
    • Marajazz: festival internazionale di musica jazz nato nel 1998 che prende luogo tra Maratea e Potenza. Tra i numerosi artisti internazionali, nel 2001 vide la partecipazione straordinaria di Pat Metheny.
    • Phonetica Jazz Festival: festival organizzato dal 2008 dall'Associazione Culturale Phonetica con la direzione artistica del musicista barese Aldo Bagnoni. Ricerca nel jazz contemporaneo, della multimedialità e della interdisciplinarietà, che ha ospitato concerti e produzioni originali con solisti di primo piano tra cui Michel Godard, Furio Di Castri, Achille Succi, Maria Pia De Vito, Andrea Centazzo, Cristina Zavalloni, Marco Sannini, Antonello Salis, Stefano Pastor, Boris Savoldelli.
    • Maratea International Film Festival: dal 2009 porta a Maratea importanti personalità del mondo del cinema e dello spettacolo in una tre giorni di rassegna cinematografica nazionale ed estera.
    • Maratea Outdoor Festival: dal 2010 offre dieci giorni di manifestazioni naturalistiche tese a far scoprire e valorizzare la natura del terriotorio di Maratea.


    Personalità legate a Maratea
    • Giovanni Battista Labanchi (1677-1749), vescovo della Chiesa cattolica.
    • Francesco Labanchi (1720-1770), ambasciatore e ammiraglio della marina del Regno di Napoli.
    • Onofrio Maria Ginnari (1730-1804), vescovo della Chiesa cattolica.
    • Alessandro Mandarini (1762-1820), colonnello e patriota del Regno di Napoli.
    • Raffaele Ginnari (1799-1865), partriota del movimento insurrezionale lucano.
    • Ferdinando Ginnari (1801-?), partriota del movimento insurrezionale lucano
    • Costabile Carducci (1804-1848), patriota risorgimentale.
    • Casimiro Gennari (1839-1914), cardinale della Chiesa cattolica.
    • Francesco Saverio Nitti (1868-1953), statista e meridionalista.
    • Angelo Brando (1878-1955), pittore.
    • Bruno Innocenti (1906-1986), scultore.
    • Stefano Rivetti (1914-1988), industriale.
    • Giorgio Bassani (1916-2000), scrittore.
    • Giuseppe Reale (1918-2010), intellettuale e politico.
    • Francesco Sisinni (1934), docente e politico.
    • Max Neuhaus (1939-2009), musicista.

    Edited by PatriziaTeresa - 18/6/2015, 19:25
     
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