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Memorie - La Calabria del Paleolitico

La grotta del Romito e la collina di Archi a Reggio

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  1. Isabel
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    Memorie - La Calabria del Paleolitico: la grotta del Romito e la collina di Archi a Reggio


    grottaromito

    di Anna Foti (Foto di Paolo Caminiti) - La Calabria abitata da 20 mila anni. A suffragio di questa affermazione le scoperte degli ultimi decenni che testimoniano la vita dell’uomo primitivo nella nostra regione e gettano luce sulla Preistoria scritta in Calabria.Vi sono tracce di vita che risalgono all’età geologica del Pleistocene (da 2 milioni e 500 mila anni fa fino a 10 mila anni fa) nel suo volgere al termine ossia nell’era del Paleolitico (dal greco παλαιός palaios, "antico", e λίθος lithos, "pietra", ossia età "della pietra antica"), periodo in cui si sviluppò la prima tecnologia umana con l’uso della pietra, l’industria litica, il controllo del fuoco (Paleolitico Inferiore), le armi da lancio e l’addomesticazione del cane (Paleolitico Superiore) e che si concluse con l’introduzione dell’agricoltura. Quindi il passaggio al Mesolitico oppure, nelle zone in cui si verificò un precoce avvento del Neolitico, di Epipaleolitico. Tra queste scoperte primeggia il sito risalente al Paleolitico Superiore in cui è possibile ammirare, grazie all’intervento dell'Istituto Italiano di Archeologia Sperimentale in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Calabria ed il comune di Papasidero in provincia di Cosenza, la grotta del Romito, in località Nuppolara, una delle più importanti testimonianze preistoriche italiane a livello europeo scoperta nel 1961.

    All'interno della grotta si trovano tracce di antiche sepolture che risalgono ad oltre 10 mila anni fa ed alcune incisioni rupestri, tra le quali quella di maggiore rilievo rappresentata da un graffito lungo circa 1,20 metri, inclinato di 45°, e raffigurante due bovidi (Bos primigenius) incisi su un masso di circa 2,30 metri di lunghezza.Una sua riproduzione rientra nel patrimonio del Museo Nazionale di Reggio Calabria. Altri reperti sono invece esposti al Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria. Si tratta di un disegno di eque proporzioni ed eseguito con tratto sicuro. Ve ne è anche un altro di circa 3,50 metri di lunghezza, anch’esso inciso ma che non è stato ancora interpretato. Vi sono anche delle riproduzioni di sepoltura datate circa 10 mila anni a.C. , contenenti ciascuno una coppia di individui disposti secondo un rituale ben definito.

    Altra testimonianza preziosa è, infatti, costituita dai resti di tre coppie di scheletri.Una rinvenuta nella grotta e due nel riparo più interno alla roccia. La prima è conservata presso il Museo Nazionale di Reggio Calabria, la seconda presso il Museo Fiorentino di Preistoria, insieme a circa trecento schegge litiche rinvenute nello stesso sito, e la terza è ancora oggetto di studio da parte dell’Istituto di Preistoria di Firenze.Presente inoltre uno strato di epoca Neolitica con grosse quantità di ossidiana, possibile testimonianza riconducibile alle origini della grotta, probabilmente antica base intermedia per il commercio dell'ossidiana tra Tirreno e Ionio. Della stessa epoca sarebbero alcuni cocci di ceramica. La centralità nel panorama europeo del sito di Papasidero risiede anche nell’abbondanza di reperti di era paleolitica rinvenuti ed esposti in un antiquarium.Reperti che coprono l’ampio arco temporale che va da 23 mila anni e 10 anni fa e che hanno consentito di riscontrare la vita e le abitudini, in questo angolo di Calabria settentrionale, dell’homo Sapiens comparso sulla Terra per la prima volta 200 mila anni fa, dunque in piena era Paleolitica. In particolare l’uomo vissuto nella Grotta del Romito apparteneva ai Cromagnoidi. L'uomo di Cro-Magnon (alta statura, braccia corte, orbite abbassate e rettangolari e grande cranio) è una antica forma che si ascrive alle popolazioni umane moderne (Homo sapiens) identificata in quattro scheletri provenienti dal riparo sottoroccia di Cro-Magnon, presso Les Eyzies-de-Tayac-Sireuil in Dordogna in Francia e da sette scheletri raccolti nelle Grotte dei Balzi Rossi in Liguria, comune di Ventimiglia in provincia di Imperia. Ebbene, mentre non si hanno tracce in Calabria dell’homo Erectus, vissuto poco meno di due milioni di anni fa, emigrato dall’Africa nel Vecchio Continente e poi estintosi, l’homo Sapiens abitò in Calabria in questa grotta nel cosentino, profonda circa 20 metri e che si addentra fino a 34 metri in un cunicolo stretto e riparato, lasciando significative testimonianze come strumenti litici e ossei, graffiti.

    “La consistenza e la continuità della serie stratigrafica, la rilevanza dei reperti, la presenza di un alto numero di inumazioni e dei due massi con incisioni fanno di questo sito archeologico calabrese uno dei giacimenti guida per la conoscenza delle culture preistoriche dell’Italia meridionale nell’ultima parte del Paleolitico”, ha dichiarato lo scorso anno (cinquantenario della scoperta avvenuta nel 1961) il professore Fabio Martini del dipartimento di Paleontologia dell’Università di Firenze, alla guida della campagna di scavi nella Grotta del Romito. Scavi che, si è appreso nei mesi scorsi, avrebbe portato ad acquisire inedite notizie su un periodo compreso tra i 10 e gli 8 mila anni fa, ricadente nel periodo Mesolitico fino ad oggi inesplorato in Calabria.

    Qualche testimonianza del Paleolitico Medio, periodo compreso tra i 200 000 e i 40 000 anni fa, in Calabria narra anche della vita della specie Homo neanderthalensis, comunemente detto uomo di Neandertal, in tedesco Neandertaler molto affine all'Homo Sapiens, antesignano dell’Uomo moderno. Di esso tuttavia vi sono poche tracce e tra queste primeggia la scoperta avvenuta nel 1970, ad opera dell’appassionato di Paleontologia, fiumano ma messinese di adozione, Adolfo Berdar, nel territorio del comune di Reggio Calabria in località Archi. Qui tra sabbie e ghiaie fluviali della serie stratigrafica che costituisce la collina di San Francesco d'Archi, Adolfo Berdar rinvenne una mandibola attribuita a un bambino neandertaliano di cinque-sei anni di età, attualmente conservata presso l'Istituto Italiano di Paleontologia Umana di Roma. Trovati anche resti animali di elefante antico, Rhinoceros mercki, ippopotamo, bue primigenio, megacero e cervo elafo e tra i resti di uccelli,quelli dell'alca impenne. Il reperto fossile umano ha da subito manifestato affinità con la mandibola neandertaliana di bambino rinvenuta nel corso delle ricerche di Dorothy Garrod (1925-26) a Devil's Tower (Gibilterra), associata all’industria musteriana, ossia l’industria litica plasmata dall’Uomo di Neanderthal, dunque al Paleolitico Medio che prende il nome dal sito di Le Moustier, un riparo in roccia nella regione francese della Dordogna.

    Dedicato a Benedetta, Miriam, Paolo, Sonia e Stefania che hanno condiviso con me questo viaggio nell’antico passato della nostra terra.

    Edited by Simona s - 2/8/2013, 12:12
     
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0 replies since 17/1/2013, 08:25   86 views
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