Semplicemente Passioni forum

Memorie - Stromboli, isola del fuoco e terra di storia, leggenda e memoria

Storia

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Isabel
        Mi piace   Non mi piace
     
    .

    User deleted



    © Impostazione sotto Copyright dell'Isabel Forum - Telenovelas Italiane

    Memorie - Stromboli, isola del fuoco e terra di storia, leggenda e memoria

    - Fonte -
    di Anna Foti

    "Quando aperti gli occhi, poté abbracciare in tutta la sua vastità la rovina recata alla creatura prediletta, Dio scaraventò con un gesto di collera il Maligno nei profondi abissi del cielo"
    [scriveva così il saggista palmese Leonida Repaci in "Calabria grande e amara"].

    Ed infatti una storia, nel solco della leggenda, lega la tradizione del monaco divenuto Santo, originario di Enna, molto attivo in Calabria e che scelse come luogo di meditazione il monte Aulinas di Palmi, Elia, con il suggestivo vulcano di Stromboli, isola dell'arcipelago delle Eolie insistente nel comune di Lipari, in provincia di Messina. L’"Isola di fuoco", raccontata nel corto di Vittorio De Seta premiato al festival di Cannes nel 1955, set cinematografico per "Stromboli terra di Dio" di Roberto Rossellini nel 1949, punto di approdo nel romanzo "Viaggio al centro della terra" di Jules Verne, deve il suo nome Stromboli al greco antico che richiama la sua forma rotonda ed è frutto di molteplici contaminazioni lessicali dialettali siciliane. Specchio del mare e viva scintilla di fuoco, l'isola si ispira ed ispira suggestioni e fascino. Ha la forza di ritrovare in sè la terra, l'acqua, l'aria ed il fuoco, i quattro elementi della vita.

    Terra di emigranti ma anche approdo per viaggiatori e scrittori, l'isola è prezioso scrigno di storia, anche recente e drammatica come quella del genocidio armeno, di cui proprio il 24 aprile (1915) si celebra l'anniversario in memoria delle vittime. Tra Roma e Stromboli, infatti, visse il poeta e letterato tedesco, unico ad aver documentato con le foto il massacro di un popolo per mano turca, Armin Wegner, durante il suo esilio in Italia negli anni Quaranta. A Stromboli, sul soffitto della stanza della torre dove leggeva e scriveva, Armin Wegner incise parole che, soprattutto oggi, sembrano invocare i posteri con l’invito a custodire e proseguire, nel solco della sua testimonianza, nella ricerca di quella verità e di quella giustizia, ad oggi ancora non prive di ombre:” ci è stato affidato un compito, ma non ci è stato dato di completarlo”.

    Vicini al centenario (nel 2015) del massacro consumatosi durante la Prima Guerra Mondiale nel 1915, è infatti ancora necessario parlare di quella pagina di Storia rispetto alla quale la Turchia ha ancora un atteggiamento negazionista e che ha mietuto 1 milione e mezzo di vittime (questo è il numero massimo delle vittime ipotizzato, non essendoci unitarietà sulle cifre).

    Un atteggiamento ancora delegittimante dell’identità del popolo Armeno e della sua storia rende ancora più necessaria la diffusione di documenti e testimonianze su quello che avvenne, sulla scia di quanto coraggiosamente fatto nel primo Dopoguerra da colui che nel 1968 fu chiamato ‘Giusto’ dall’Ordine di San Gregorio di Yerevan.

    La prima, ed ancora oggi dirompente testimonianza della deportazione ed al massacro degli Armeni, ancora impunito e senza responsabili, si deve infatti all’intellettuale tedesco, infermiere volontario nella Prima guerra Mondiale, Armin Wegner (Wuppertal, Westfalia 1886, Roma 1978), al suo reportage fotografico di cui scrisse nelle sue lettere e che poi audacemente consegnò al mondo che ignorava, e che avrebbe continuato ad ignorare ancora troppo a lungo, le crudeltà che si consumavano in Anatolia. Avrebbe continuato a denunciare quello che aveva visto in tutte le sedi e in ogni momento, fino alla morte che lo colse all’età di 92 anni a Roma, dopo una vita segnata da persecuzioni ma libera nel pensiero. E’celebre la lettera scritta al furher e la «Lettera aperta al Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson» del febbraio del 1919, con cui perorò la causa dell’Indipendenza Armena come della libertà dei popolo perseguitati.

    Armin Wegner, disobbediente civile, venne arrestato dalla Germania su ordine del comando turco, torturato ed esiliato per quegli scatti di verità scomode e per questo necessarie. Sarebbe giunto in Italia nel 1936, con permanenze a Vietri, Potenza, Positano, Stromboli e poi, dal 1956, a Roma da dove le sue ceneri, nel 1978, sono state trasportate nella capitale dell’Armenia, a Yerevan, e tumulate con una cerimonia nel Muro della Memoria, monumento del genocidio Armeno.

    Nessuna riconciliazione è stata neppure solo pensata mentre il popolo Armeno (50- 70 mila, con comunità in molti paesi del mondo, 2500 in Italia), il cui genocidio fu ammesso a distanza di anni, oggi porta ancora la ferita inguaribile di oltre un milione di vittime, sul fronte armato come nelle campagne inermi, tra i notabili, gli intellettuali, i contadini, uomini, donne, bambini, anziani, indiscriminatamente.

    Il popolo Armeno sopravvissuto ricorda Armin Wegner e racconta, tramanda e chiama ciò che ha subito ‘medz yeghern’, il grande male. Un’azione repressiva finalizzata non solo ad estinguere un popolo ma anche a cancellarne la civiltà millenaria, la cultura dei luoghi, dei libri, della memoria (husher). Il popolo è stato decimato ma la sua cultura no.
    Più che mai per questo popolo presidio di lotta all’oblio e all’impunità furono la cultura ed i libri.

    A Stromboli è giunta l'eco di questo grido di verità e memoria, tra la Calabria e la Sicilia, dove l'azzurro del mare si sposa con il verde dei boschi, il rosso del fuoco e l'argento delle notti stellate.
    Ad un mare di distanza c’è Palmi, comune in provincia di Reggio Calabria sospeso tra la Costa Viola, l'Aspromonte e le Isole del vento e del fuoco al largo del Mediterraneo.
    Qui la memoria convive con la storia dei luoghi calabresi e la leggenda. Le insidie del diavolo e la reazione del monaco, capace di meditazione, ma non disposto ad essere distolto nell'atto di compierla. Sarebbe nato così l'unico cratere costantemente attivo in Europa. Stromboli, il vulcano in eruzione dell'arcipelago delle isole Eolie, avrebbe avuto origine da un calcio con cui Elia di Enna, il monaco ritiratosi in preghiera sul monte Aulinas a Palmi, avrebbe allontanato le tentazioni personificate buttandole giù dal monte, che oggi porta il suo nome, e vendendole trasformare nelle celebri pietre Nere della Costa viola. Il Diavolo avrebbe reagito a questo rifiuto, rigurgitando fuoco nel mare. Così sarebbe nata l'isola vulcanica di Stromboli.

    Secondo un'altra leggenda invece il diavolo stesso sarebbe stato cacciato via da Elia, scagliato con forza verso un sole accecante. E dopo questo volo, il demonio sarebbe giunto sull'isola di Stromboli e, ingurgitato nelle viscere della roccia, avrebbe da quel momento generato fiamme. Da allora, per alcuni circa 160 mila anni fa o forse prima 200 mila anni fa - quando il primo vulcano emerse per divenire oggi solo un condotto solidificato noto come Strombolicchio, dominato da un faro - Stromboli è l'isola costantemente accesa dell'arcipelago delle Eolie. Tra i complessi di Scari e del Vancori, il loro collasso e la ricostruzione del nuovo centro eruttivo Neostromboli e di altri secondari come "Il Timpone del Fuoco" presso l'antica Ginostra dei muli, e le lave di San Bartolo e di San Vincenzo, uno dei borghi più popolati di Stromboli, muove la sua nuova e più recente storia vulcanica. Tra i 10 mila e i 5 mila anni fa, infatti, il nuovo collasso della zona nordoccidentale diede vita ad profonda depressione nota come "Sciara del Fuoco". Al suo interno, il centro eruttivo più attivo, chiamato Pizzo sopra la Fossa e costituito da tre crateri allineati alla Sciara verso NE-SW. Loro sono i protagonisti dell'attività ordinaria del vulcano con esplosioni ad intermittenza e di durata breve. Pochi secondi di fiamme e lapilli, ogni 10-20 minuti.

    Dunque un deciso gesto di Elia, secoli dopo acclamato Santo per avere allontanato chi insinuava dubbi sull'esistenza di Dio, avrebbe generato il destino dell'isola. A memoria e a testimonianza di questo volo, la pietra del monte Sant'Elia di Palmi su cui ancora vi sarebbe traccia delle ginocchia, delle zampe e della coda di Belzebù, sorpreso alle spalle dall'asceta Elia prima di essere scalciato via. E attorno a queste tracce anche l'alone di una bruciatura, rimasto intatto per ricordare la dipartita di Belzebù dalla Calabria e il suo arrivo violento nelle viscere di Stromboli, oggi più che mai luogo in cui il fuoco crea e distrugge.

    Forte, ingovernabile, indipendente come ogni forza della natura. Un luogo in cui il vento tira ma il fuoco è più ostinato. Un luogo dove il fuoco è anche spettacolo, danza e sfida tra il Bene e il Male. Un luogo dove ad ardere è anche la memoria.

    img1096t
    Panorama dal Monte Sant'Elia - Palmi (RC)

    Rocc
    Particolare delle impronte delle unghie del diavolo lasciate sulla roccia mentre spiccava il volo



    Edited by Simona s - 2/8/2013, 13:50
     
    .
0 replies since 20/5/2013, 10:30   26 views
  Share  
.