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Tutte le chiese di Mesoraca

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  1. Isabel
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    Tutte le chiese di Mesoraca



    Convento dei Cappuccini

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    Dove oggi è ubicato il cimitero comunale (sulla destra del fiume Reazio, in un piccolo colle lungo la ss 109) sorgeva un tempo il Convento dei Cappuccini, i cui frati si dedicavano con solerzia all’assistenza degli infermi e dei malati. Il Convento venne costruito nella seconda metà del 1500 ad opera del Duca di Mesoraca Giovambattista Spinelli e di sua moglie Caterina Pignanelli e fu abitato dai frati Cappuccini a partire dal 25 giugno 1574. La struttura del convento ospitava una chiesa, una sacrestia, un chiostro ed un giardino; vi si accedeva tramite un portone, che annunciava un androne. La chiesa era ad una sola navata con alcune cappelle laterali; nel chiostro si aprivano tre stanze terrane, il refettorio, una porta che dava nel giardino ed una scala che conduceva alle celle dei frati. Dopo alterne vicende, il convento venne soppresso definitivamente nel 1863 e consegnato al Comune di Mesoraca, che utilizzò lo spazio del giardino per costruirvi il cimitero.

    Edited by Isabel - 3/11/2014, 20:40
     
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  2. Isabel
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    Chiesa della Candelora

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    La chiesa parrocchiale della Candelora, intitolata ai Santi Nicola e Giovanni Battista, si apre su una piccola piazzetta nei pressi del fiume Vergari, tra i palazzi Cappa e Marescalco. Fino alla fine del Settecento si trovava sotto il titolo di Santa Maria della Purificazione ed era una cappella della adiacente chiesa matrice di San Niccolò. Agli inizi del Settecento venne fondato nella chiesa il Pio Monte dei Morti, che possedeva un castagneto in località Umbri e metà della "gabella" (denominata Trogliani), affittata per trenta ducati l'anno. Dopo il sisma del 1783, i sacerdoti abbandonarono la già diruta chiesa matrice di San Niccolò, e così la Purificazione , incorporando anche la parrocchia di San Giovanni Battista (il cui ultimo parroco era stato don Domenico Brizzi), venne intitolata ai santi Niccolò e Giovanni Battista.

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    Portale - Foto di attento


    La facciata, molto sobria, riprende la ripartizione dell'interno in tre navate e presenta tre artistici portali in pietra sormontati da altrettante piccole finestre. La parte centrale più alta è divisa in due ordini. A separare l'ordine inferiore da quello superiore è un cornicione su cui sono collocati due vasi uniti da un festone di fiori. Sulla sinistra si erge l'antico campanile con il caratteristico tetto a cuspide.L'interno è a tre navate con archi a tutto sesto. La volta della navata centrale, che prende luce da sei ampie finestre, è affrescata con dipinti che rappresentano San Giovanni Battista e la Madonna con la Trinità. Sulla parete di fondo dell'abside e delle due navate laterali si trovano le tele della Purificazione di Maria Vergine, di San Giovanni Battista e di San Francesco di Paola, quest'ultima attribuita a Mattia Preti. Nella navata sinistra si possono ammirare due statue lignee di pregevole fattura: San Nicola, opera dello scultore padovano Alberto Cappabianca, e Santa Lucia scolpita dall'artista veneziano Giovan Maria Bordin nel 1887. Nella navata destra, in una nicchia sopra un altare, è posta la statua di San Francesco di Paola. Nel 1997, durante alcuni lavori di restauro promossi dal parroco Don Gianni Cotroneo, alcuni archi e pilastri della chiesa sono stati liberati dagli intonaci e dagli stucchi barocchi eseguiti negli anni cinquanta, ed è così ricomparsa l'antica struttura architettonica del Seicento.

    Edited by Isabel - 3/11/2014, 20:41
     
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  3. Isabel
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    Chiesa dell'Annunziata

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    La chiesa dell’Annunziata La chiesa matrice dell’Annunziata, retta da molti anni da don Francesco Cavarretta, sorge nella parte alta del centro storico, nel rione omonimo vicino all’antico Castello. La Chiesa, intitolata ai santi Pietro e Paolo Apostoli, nella forma attuale, risale molto probabilmente agli inizi del XVIII secolo, quando vennero aggiunte le due navate laterali. Con la soppressione della parrocchia di San Nicola, l'Annunziata diventò chiesa matrice e nel 1797 con bolla dell'arcivescovo di Santa Severina Pierfedele Grisolia di Mormanno, venne eretta nella chiesa una comuneria di dodici cappellani elevata a 16 nel 1830 con bolla del nuovo vescovo Mons. Fra Ludovico Del Gallo. La chiesa venne gravemente danneggiata dal terremoto dell'8 marzo 1832. Per ricostruire la volta della navata centrale furono necessarie 12.000 canne comprate a Belcastro, 300 tomoli di gesso, 50 tomoli di marmo ed altro materiale per un totale di 130 ducati. I lavori vennero fatti eseguire dal parroco don Nicola Grisolia. Agli inizi del Novecento, dopo il terremoto del 1905, l'arciprete don Domenico Valente eliminò le cappelle di fondo delle navate laterali creandovi a sinistra la sagrestia e a destra una sala per i giovani. Abolì anche la cappella della Madonna delle Salette che la signora Olimpia Pollizzi aveva fatto costruire nella navata centrale dopo l'apparizione della Beata Vergine Maria ai pastorelli Melanie Calvat e Maximin Giraud avvenuta a La Salette il 19 settembre 1846. Lo stesso Valente nel 1916 venne autorizzato dal padre Provinciale Cappuccino fra Giovanni da Cropani al trasferimento nell'Annunziata di tutti gli arredi sacri e le opere di grande valore artistico del soppresso convento dei Cappuccini.

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    La facciata in stile romanico, che come quella della Purificazione riprende la ripartizione in tre navate dell'interno, è abbellita da tre portali in pietra arenaria a tutto sesto e due rosoni.Il portale centrale è sormontato da una nicchia nella quale è posta una Madonna con Bambino che gli esperti attribuiscono ad Antonello Gagini. Quattro paraste doriche sottolineano lo slancio verticale della zona centrale. L'interno, a pianta basilicale, è a tre navate suddivise da sei grossi pilastri. Nella volta della navata centrale decorata con rifiniture floreali e con fasce che partono dalle lesene composite, troviamo tre affreschi che rappresentano San Giuseppe, l'Annunciazione e i Santi Pietro e Paolo. I primi due furono commissionati da don Giuseppe Bova (1858) e da Isabella Londino (1838). Le navate laterali della chiesa sono arredate con pregevoli opere d'arte lignee provenienti, come abbiamo detto, dal convento dei Cappuccini, tra cui due altari intagliati con colonne tortili e una cornice con decorazione di foglie di acanto. Tra le sculture vanno menzionate ancora una statua di Sant'Antonio, due statue dell'Addolorata, Gesù Risorto e un bellissimo Crocifisso proveniente, anche questo, dal convento dei Cappuccini. Un quadro raffigurante la Madonna degli Angeli, che veniva accolto in uno dei due altari lignei, venne trafugato da ignoti negli anni 60. La zona absidale è di forma rettangolare e presenta, oltre al Crocifisso di cui abbiamo già parlato, un affresco raffigurante l'Annunciazione. La parete destra dell'abside è occupata da un grande affresco raffigurante l'Ultima Cena, mentre su quella sinistra troviamo un dipinto delle stesse dimensioni del precedente che rappresenta la Pentecoste. Sotto quest'ultimo affresco una piccola porta conduce nella sacrestia dove si può ammirare la statua della Madonna delle Salette. Tutte le opere della volta e della zona absidale sono state restaurate nel 1996 dai pittori locali Pietro Longo e Domenico Pasquale.

    Edited by Isabel - 3/11/2014, 20:41
     
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  4. Isabel
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    Chiesa di San Michele Arcangelo

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    La parrocchia di S. Michele Arcangelo comprende tutti gli abitanti di Filippa, la frazione di Mesoraca posta più a nord ovest del paese e costruita in seguito al terremoto del 1832. Poco distante dalla Piazza Matteotti, salendo lungo via Ecce Homo, sorge la Chiesa omonima, voluta con tenace determinazione dall’attuale parroco Padre Reginaldo Tonin, sacerdote veneto che da 42 anni dedica la sua vita ai parrocchiani di Filippa. La chiesa, in stile moderno, ha subito nel tempo una serie continua di interventi, portati avanti da Padre Tonin con il decisivo contributo della popolazione di Filippa. Inaugurata nel 1958, la Chiesa (dedicata all’Arcangelo Gabriele, raffigurato in una statua a destra dell’altare maggiore) è dotata di tre altari in marmo, provenienti da Chiampo (Vi), il paese natio del parroco; alle pareti sono raffigurate le 13 tappe della Via Crucis, in quadretti lignei di pregevole fattura. Dietro l’altare maggiore, fa bella mostra un mosaico luminoso, raffigurante Gesù in croce consolato dalla Madonna e da S. Giovanni. La Chiesa è adornata anche da 7 statue, scolpite a mano su legno pregiato, uscite dallo Studio Laboratorio dello scultore Giuseppe Stuflesser di Ortisei (Bz): S. Michele Arcangelo, raffigurato mentre domina con la lancia l’emissario di Satana, schiacciato sotto i piedi; S. Giuseppe, Santa Lucia, Gesù fanciullo, il Crocifisso, Madonna di Fatima e Gesù Bambino. Si tratta di opere pervenute tra il 1962 ed il 1984. Annessa alla Chiesa vi è la nuova sagrestia, costruita nel 1977 e ricavata dai locali adiacenti all’edificio, che hanno permesso al parroco di allestire anche una Sala teatro, un salone incontri ed una Sala dedicata alla convegnistica, dove sono esposti alcuni interessanti reperti archeologici, raccolti da Padre Tonin nel territorio circostante. La Chiesa è annunciata da un piazzale pavimentato nel 1988, dal quale si erge maestoso il campanile, benedetto ed inaugurato il 7 settembre 1997. Progettato dall’Ing. Ferruccio Zecchin e realizzato dalla Ditta Fuoco Antonio nel 1993, il Campanile raggiunge un’altezza di 20m, al culmine della quale sono poste le splendide campane, uscite dalla fonderia Allanconi di Cremona con il peso complessivo di 25 quintali. Le sei campane formano un concerto in Fa maggiore, così composto: “Cuore Immacolato di Maria” FA, “S. Michele Arcangelo” SOL, “S. Raffaele emigrante” LA, “S. Martino” Sib, “S. Francesco” DO, “S. Giuseppe” RE.

    Edited by Isabel - 3/11/2014, 20:42
     
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    Chiesa Monumentale del Ritiro

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    La Chiesa del Ritiro La Chiesa del Ritiro, ubicata nella parte bassa del paese nel cuore del rione Campo, è senza dubbio l’esempio più valido ed attualmente unico dello stile tardobarocco in Calabria. Dichiarato oggi monumento di interesse nazionale, il Ritiro (come viene comunemente denominata la chiesa) è stato edificato grazie all’opera ed alla tenacia di Padre Matteo Lamanna, religioso mesorachese, che con l’aiuto dei suoi fedeli riuscì ad iniziare i lavori della chiesa nel 1761 per poi terminarli nel 1772. Tuttavia, la vicenda di questa splendida testimonianza artistica ebbe inizio già nel 1739, quando il prete mesorachese ottenne i permessi dalle Autorità Ecclesiastiche e dal Re Carlo di edificare una cappella per il culto cattolico a Mesoraca, evento che si realizzò nel 1742, allorché venne aperta ai fedeli una chiesa attigua a quella di S. Pietro Apostolo, con la denominazione di SS. Vergine dei Sette Dolori. La speranza di costruire a Mesoraca una cattedrale, dove sacerdoti potevano dedicarsi alla preghiera ed all’evangelizzazione di un cospicuo numero di cittadini, pervase tutta la vita di Don Matteo Lamanna, che nel 1752 ottenne con Real Beneplacido di ampliare l’angusta cappella, di cui oggi rimane solo il portale, poiché i locali furono demoliti per essere destinati ad edilizia scolastica. La costruzione della Chiesa del Ritiro terminò nel 1771, ma venne aperta al pubblico il 2 agosto dell’anno seguente, perché si aspettò l’arrivo da Napoli della statua della Madonna che l’artista Pasquale Bruselle aveva scolpito su ordine di Don Matteo Lamanna.

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    La Chiesa del Ritiro, opera di A. Scoto da S. Severina, oggi ricomprende sia la struttura barocca intitolata alla Madonna Assunta in Cielo che il convento fondato da Padre Matteo Lamanna. Sin dalla sua fondazione essa è stata culla spirituale per i sacerdoti e culla di cultura per l’istruzione anche della popolazione. Nel 1815 venne, infatti, inaugurato un collegio di Seconda Classe, dove venivano insegnate la scienza ed il rito cattolico ai ragazzi ed alle ragazze del territorio; inoltre, i sacerdoti del Ritiro si prodigavano nell’opera di evangelizzazione, predicando in tutti i paesi della Calabria. La Scuola, denominata “Dei padri Pii Operai” era divisa in due classi: Inferiore e Superiore. In entrambe veniva insegnata la storia romana, la matematica, la filosofia e letteratura latina, con diversi programmi a seconda della classe. Oltre che culla spirituale e culturale, il Ritiro era anche luogo di penitenza, dove i condannati per reati politici scontavano le pene praticando attività spirituali. L'edificio si trova al di sotto del piano stradale di circa tre metri e vi si accede attraverso due gradinate, una delle quali fiancheggia l'edificio della Pia Casa. La facciata, in blocchi squadrati di pietra arenaria proveniente da una cava situata sulla sinistra del torrente Reazio, riprende lo schema tipico di molte chiese italiane di fine Cinquecento con la divisione in due ordini sovrapposti. Nell'ordine inferiore si apre il portale con arco abbassato, in quello superiore una grande finestra ottagonale.

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    La parte inferiore termina con un cornicione aggettante da cui ripartono quattro lesene di stile ionico, che vanno a sorreggere un fastigio con al centro un'edicoletta contenente la statua della Madonna Assunta. Completano il fastigio le statue di San Pietro e Paolo e due cuspidi poste alle estremità. Venne costruita tra il 1799 ed il 1801 dal maestro muratore Andrea Pignanelli, come si legge nell'epigrafe posta sopra il portale d'ingresso. L'interno - in stile barocco - per quanto riguarda le decorazioni, presenta una pianta a croce latina con navata, transetto, abside e cupola all'incrocio dei bracci. Un arco di trionfo, con in chiave un fastigio con le iniziali di Maria Assunta, separa la navata dal resto della chiesa. Ai lati della navata si aprono sei cappelle con sontuosi altari di marmo policromo sui quali, inquadrate entro cornici di stucco, sono collocate tele con episodi della vita della Vergine: Madonna con Bambino e Santi (1° a destra); la Pietà (2° a destra), l'Immacolata Concezione con i Santi Filippo Neri e Ignazio di Loyola (3° a destra); la Pentecoste (1° a sinistra); Purificazione della Vergine (2° a sinistra); Madonna del Carmelo e Santi (3° a sinistra). Nei bracci del transetto troviamo altri due bellissimi altari in marmo con tele di San Giuseppe (a destra) e dell'Assunta (a sinistra). Nelle altre pareti del transetto e nel catino absidale vengono celebrati alcuni momenti della passione e morte di Cristo, mentre al centro dell'abside abbiamo una Madonna con bambino e, nella volta, Gesù Buon Pastore.

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    Vista panoramica


    Partendo da sinistra troviamo: Gesù nell'orto degli ulivi con Pietro Giacomo e Giovanni, opera del pittore Vitaliano Albi; Gesù alla colonna; l'Ecce Homo; Gesù sotto la croce; Gesù Crocifisso con a fianco l'Addolorata; la Deposizione. Quasi tutti i dipinti della chiesa, puntigliosamente prescritti dal fondatore, sono riferiti alla vita della Vergine. Il ciclo si chiude con la Sacra Famiglia e la Madonna Pastora nella volta del transetto, l'Assunzione della Madonna nella volta della navata, opera che Pasquale Griffo di Borgia dipinse nel 1834, e con l'incoronazione della Vergine nella bellissima cupola, opera di un artista francese. Nei pennacchi della cupola sono raffigurati i quattro Evangelisti. Sopra la cantoria sorretta da due colonne con capitelli zoomorfi, si trova un altro affresco raffigurante il Transito della Madonna. L'altare maggiore è collocato tra il coro e il presbiterio; misura metri 6,50 in larghezza e 2,88 in altezza fino alla cima del tabernacolo. Si tratta di una bellissima opera dell'artista napoletano Agostino Foderaro in marmi policromi ed applicazioni in bronzo con tre ripiani per fiori e candelabri, e con al centro un bellissimo ciborio d'argento sormontato da un baldacchino in marmo. Tra le opere in marmo si ricorda anche la balaustra che delimita la zona presbiteriale.

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    Ai lati due bellissimi putti in marmo bianco sembrano sorreggere il fastigio. Tra la terza cappella di destra e il transetto, appoggiato su un pilastro, si colloca il pulpito in noce con baldacchino, opera dell'artista Emanuele Grimaldi di Catanzaro. Dello stesso autore sono anche il coro inferiore della zona absidale e quello superiore della cantoria, dove si ammira un organo di scuola napoletana di fine Settecento. Nel braccio destro del transetto si trovano due porte: la prima concede l'accesso alla cripta dove è seppellito il fondatore della chiesa, mentre la seconda conduce in sacrestia, costituita da un grande vano rettangolare dove si fronteggiano due grandissimi armadi in noce che occupano tutte le pareti lunghe del locale e in cui vengono conservati i bellissimi arredi sacri comprati a Napoli nel 1768 da don Raimondo De Novellis, delfino di don Matteo, e alcune antichissime statue tra cui San Gerardo, l'Addolorata e il Cuore Gesù. Al centro, sopra un bellissimo leggìo, protetta da una capsula di vetro, fa bella mostra di sé una graziosa statuina della Madonna delle Salette con i pastorelli Melanie Calvat e Maximin Giraud, opera donata al Ritiro dalla famiglia De Grazia nella seconda metà dell'Ottocento. Nel braccio sinistro un'altra porta conduce nel campanile, nella cui cella troviamo una piccola campana della vecchia chiesa di San Pietro Apostolo e le campane del Ritiro fuse nel 1770 dall'artista Antonio Elia di Agnone e rifuse da Alessandro e Pasquale Marinelli sempre di Agnone nel 1893 a cura di Paolo Comberiati e Francesco Catanzaro Rettore. Nonostante il Centro storico abbia conservato la sua primordiale bellezza, l’economia e lo scorrere frenetico della società mesorachese hanno dirottato altrove il centro vitale del paese. Oggi, infatti, chiunque arriva a Mesoraca si ritrova immerso in un agglomerato urbano che ruota intorno alla villetta Comunale, al rione Petrarizzo ed alla strada Nazionale, denominata un tempo Via Nova. In questo settore scorre la vita del paese, poiché è qui che si sono concentrati gli esercizi commerciali, la filiale della Banca Popolare di Crotone, buona parte delle Scuole cittadine e, da ultimo, il Palazzo Comunale. La Villetta, adiacente al palazzo Comunale, è ubicata al centro della via XX Settembre, dove fino al 1982 era funzionante un mercato coperto ed un giardino pubblico di straordinaria bellezza.

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    Dell’antico complesso rimane oggi solo il monumento ai caduti, opera in marmo raffigurante l’angelo della Giustizia e della Libertà, statua posta su un blocco dove sono segnati i nomi dei caduti mesorachesi durante le ultime Grandi Guerre del secolo. La villetta ha, di fatto, spodestato Piazza De Grazia quale meta di ritrovo per i cittadini mesorachesi, grazie, appunto, alla maggiore centralità più funzionale allo sviluppo commerciale e sociale intrapreso dal paese dalla seconda metà degli anni ‘80. Il ponte del fiume Vergari costituisce lo spartitraffico di questo centralissimo settore, dove ormai abbondano boutique, esercizi pubblici e altre attività commerciali. Salendo verso la frazione Filippa, l’agglomerato urbano si sviluppa lungo la strada Nazionale, che attraversa i rioni Vignicella e S. Lucia fino al bivio per Marcedusa, dove inizia un altro settore nevralgico del paese, concentrato intorno alle Scuole Elementari, Materne ed al Liceo Linguistico, sito in via S. Paolo. Dal bivio sale via A. Moro, la strada più trafficata di Filippa che negli ultimi anni ha ridotto ad uno spazio quasi deserto il centro storico della frazione, individuato da sempre in Piazza Matteotti. Nella Parte alta della frazione è ubicata la Chiesa di S. Michele Arcangelo, costruita e ancora oggi curata dal primo parroco della frazione, Padre Reginaldo Tonin. Altri edifici sono sorti lungo la ss 109, in direzione Petronà, soprattutto in una zona denominata Franco, dove le abitazioni private si contrappongono agli orti ed ai fondi concentrati in località Ijurieddu (fiorello). L’espansione edilizia ha, purtroppo, interessato anche la zona antistante il Convento del SS. Ecce Homo, nei pressi del quale sono state edificate le case popolari, ancora oggi disabitate. Contrapposta alla periferia della zona Franco, si trova ad est la contrada Campizzi, altra zona importante di Mesoraca, dove sorgono attività imprenditoriali, esercizi commerciali e molti fabbricati di edilizia residenziale. In prossimità dello svincolo per la strada provinciale che porta al villaggio Fratta, è situato il complesso sportivo Comunale, costituito da un campo di calcio con annesso campetto da tennis e da un parco giochi per bambini immerso nel verde.

    Edited by Isabel - 3/11/2014, 20:43
     
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    Santuario Madonna di Setteporte

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    Costruita nel 1662, la Chiesa di Setteporte rappresenta uno dei luoghi sacri più cari alla tradizione popolare. La Madonna di Setteporte viene venerata unicamente a Rocca di Neto e la sua festa da sempre è celebrata nella prima domenica di maggio. Il dipinto che la raffigura risale alla seconda metà del 1400, e porta la data di restauro del 1809. La tela nel suo insieme rispecchia molto lo stile cinque o seicentesco. I festosi movimenti degli angeli fanno ricordare gli angeli raffigurati nell’Immacolata del Murillo, mentre la dolcezza della Vergine ricorda la soavità e profili del Dolci. Le fattezze del dipinto ed il periodo storico in cui è stato concepito, ci fanno risalire a quella schiera di pittori anonimi appartenenti alla Rinascenza. Questo quadro, sebbene non possa essere definito una tela capolavoro, riesce ad attrarre l’occhio dell’osservatore grazie al dolce volto della Madonna ed alla spigliata naturalezza degli angeli, che nell’insieme danno al quadro una bellezza non comune. Nel 1902 l’Arciprete Mancini commissionò la statua della Madonna di Setteporte. La statua è una scultura in legno eseguita, ad imitazione del quadro, dallo scultore Gennaro Cerrone di Napoli che la consegnò ai rocchitani personalmente. "Sette porte" sta ad indicare le sette grazie che la Madonna concesse alla popolazione, implorante perché abbattuta dall’esasperazione e dalle angustie della vita. In quel lontano 1460 nel feudo di Rocca di Neto regnava l’affanno e la disperazione a causa della feroce rappresaglia scatenata dal principe di Rossano Marino di Marzano, che si era visto togliere il feudo di Rocca di Neto. I sette privilegi di carattere politico-economico furono concessi da Ferdinando d’Aragona ma attribuiti dalla credenza popolare alla Madonna di Setteporte. Nel 1844 la Chiesa di Setteporte fu testimone di un grande avvenimento storico, i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera provenienti da Corfù, sbarcarono presso la foce del Neto e nel dirigersi verso la Sila passarono davanti al nostro Santuario.

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    Edited by Isabel - 3/11/2014, 20:45
     
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    Santuario e Convento del SS. Ecce Homo

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    - Fonte -

    Antiche tradizioni fanno risalire la fondazione del vecchio Cenobio al secolo IV , per opera dei Basiliani. Sembra accertato che nel 1419 ancora esistesse uno ospizio di Basiliani, il quale, per mezzo del B. Tommaso da Firenze, allora commissario generale in Calabria, e in virtù di una Bolla di Martino V passò ai Francescani. Questi, fabbricarono il Convento e la Chiesa, portati a compimento (come attesta il Wadding) nel 1429. L’ingresso del Convento è preceduto da un ampio piazzale costruito nel 1986. La facciata del tempio in marmo bianco travertino è ornata di quattro lesene a gettanti con capitelli in stile ionico e sovrastate da un frontone triangolare sotto cui si apre un ampio finestrone che dà luce alla navata. Una piccola scalinata precede un ampio portale in tufo, ornato da modanature e da fastigio. Da un altro portale sulla destra si accede nella Cappella di S. Francesco, costruita verso la fine degli anni sessanta. Il convento si trova a sinistra con la facciata animata da un portale molto antico, anch’esso in tufo con arco e stipiti decorati da una rifinitura floreale. Una torre sorretta da un contrafforte ed un campanile con la cella terminante a cuspide danno all’edificio l’aspetto di una fortificazione medievale.

    1) Noviziato - Nel 1580 venne scelto come luogo di noviziato e come tale, nel 1609 accolse il B. Umile da Bisignano (1582-1637).
    2) I Beati - Fin dall'epoca della fondazione questo Convento fiorì per uomini insigni per santità di vita. Sono degni di memoria: P. Pietro da Belcastro e P. Francesco da Cropani, nel sec. XV; P. Matteo da Mesoraca, di cui si conserva il corpo, e Fra Girolamo pure di Mesoraca, nel sec. XVI.
    3) Asilo di Mendicità - Il convenuto, venne soppresso la prima volta nel 1804, per la legge napoleonica, si riapriva il 22 settembre 1815, per decreto di Ferdinando IV.

    Per la legge del 6 luglio 1866 venne nuovamente soppresso. L'anno seguente veniva ceduto dal Demanio al municipio di Mesoraca per essere adibito a scopo un filantropico; e perciò nel 1875 vi si stabiliva legalmente un asilo di mendicità, affidato ai Frati, vigili custodi del Santuario e delle sue glorie.

    La Chiesa

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    Costruita, come si è detto, in stile barocco, nel 1429, fu portata allo stato attuale con successivi miglioramenti. L’interno della chiesa è ad una navata con copertura a volta e cinque cappelle laterali in ognuna delle quali è annicchiato un altare. Tutto il perimetro della navata sotto il cornicione è percorso da una fascia con decorazioni in oro, recante la scritta: “hoc in templo summe deus exoratus adveni et clementi bonitate precum vota suscipe largam benedictionem hic infunde augite” (o Dio implorato in questo tempio, vieni e accetta con clemente bontà i voti e le preghiere, qui sempre concedi un’ampia benedizione). Un’altra scritta campeggia nella zona del coro: “beata dei genitrix maria coeli cardines recludis” (o Beata Maria Madre di Dio, apri le porte del cielo).

    La Cappella

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    La cappella del SS. Ecce Homo si apre sulla destra della navata, nella zona prossima al presbitero; di forma ottagonale. Fu costruita in stile simile a quello della chiesa durante il sec. XVIII e decorata da Salvatore Giordano e dai fratelli Ranieri di Soriano Calabro. Il pavimento in marmo di Carrara è del 1914. Il centro della cupola è dominato dall’effigie dello Spirito Santo sotto forma di colomba ad ali tese, da cui partono dei fasci dorati che si irradiano fino alla trabeazione. Le pareti della cappella, in finto marmo, sono affrescate con scene tratte dall’ultimo periodo della vita di Gesù, eseguite nel 1865 da Pasquale Griffo. L’elemento dominante della cappella è l’altare, costruito nel 1934 sullo sfondo di un arco di trionfo a tutto sesto, con il paliotto ed i gradini lavorati a fogliame e fiori su fondo nero. Al centro dell’altare è situata la nicchia che contiene il busto ligneo del redentore, presentato da una scritta in oro che campeggia sulle pareti: “corona spinea ac purpurea ecce homo populo increpanti pilatus ostendit” (Pilato mostra al popolo tumultuante l’Ecce Homo con una corona di spine ed una veste di porpora).


    L’Altare Maggiore

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    Su di esso si venera la Madonna delle Grazie, statua di marmo risalente al 1504, opera insigne dello scultore siciliano Antonello Gagini, detto anche Gaggini o ancora Gagino, (Palermo, 1478 – Palermo, 1536). Da questa immagine la vergine nel 1610 confortava il suo servo Umile da Bisignano, rispondendo alla preghiera dell’umile Frate, con queste parole: “Non ti affliggere, oh mio figlio, perché sarà mia cura di renderti consolato”. Ne ricorda il fatto una tela dipinta nel 1877 in occasione della beatificazione del Servo di Dio. Ai lati dell’altare due piccoli Angeli vestiti, finemente scolpiti in marmo, portano la data del 1506.

    Opere d’arte

    • L’Altare Maggiore, come i due laterali e quello dell’ecce Homo, sono abbelliti da lavori in gesso imitanti l’intarsio, opera di pregio di Domenico Costa di Strongoli, del 1739.
    • La volta della Chiesa nel 1754-55 fu decorata con affreschi da Domenico Leto. Sulla volta, inoltre, si trova un dipinto restaurato recentemente dall’artista Armando Cistaro da Filippa di Mesoraca, che rappresenta i Santi Sette Martiri Calabresi disposti in cerchio mentre guardano estatici la divinità che appare possente tra le nubi.
    • Hanno valore artistico le sei tele della Cappella dell’Ecce Homo, le quali raffigurano i Misteri della Passione; esse risalgono al 1835 e sono di Pasquale Griffo.
    • Sui cinque altari della Chiesa si mostrano i quadri di Cristoforo Santanna di rende, che li dipingeva nel 1756; le due tele del Coro: S. Francesco e S. Pietro d’Alcantara, con S. Elisabetta nel retrosacrestia sono di Giovanni De Simone e risalgono al 1646.
    • Altri quadri si trovano nel Coro e nella Sacrestia, ritoccati, durante la soppressione dei Frati, da un certo “Beltrone”.
    • Il Pulpito è pregevole opera a rilievo della prima metà del sec. XVII; la Sagrestia porta la data del 1763; il Coro, la data del 1767.
    • Dello stesso anno del Coro sono i quattro Confessionali.

    Opere queste dovute al genio e alla pazienza di umili Frati artisti.


    Statua del SS Ecce Homo

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    La statua del SS:Ecce Homo è scolpita in legno, a mezzo busto, vero gioiello di arte e di fede: è l'espressione eloquente del Martire che patisce con rassegnazione ed anche con intima gioia, che rifulge soprattutto negli occhi, lavorati, secondo una graziosa leggenda, dalla mano degli Angeli. Raffigura il Cristo fustigato, incoronato di spine e legato che Pilato presenta ai Giudei, chiedendone la clemenza per acclamazione: “Ecce Homo”. Dice Ponzio Pilato: “Ecco l’uomo”. La leggenda vuole che la statua sia stata ricavata da un tronco di ulivo abbattuto da un tuono, e non è rara la convinzione popolare, secondo la quale gli occhi della statua non siano opera dell’uomo, bensì miracolo divino, pronto a soccorrere lo scultore ed a superarne le difficoltà. La prodigiosa Immagine fu scolpita attorno al 1630 ad opera di Fra Umile Pintorino nato Petralia Soprana (Pa) e morto a Palermo nel 1639 . Sulla statua hanno scritto diversi studiosi, P. Pacifico Zaccaro, scomparso recentemente a Cutro (Kr), scriveva che l'Ecce Homo è "ritratto nel momento in cui viene presentato alla folla, tutto ferito e sanguinante, con i polsi strettamente legati da una fune. L'espressione veristica della sofferenza del corpo martoriato dai flagelli è come concentrata nel volto che suscita profonda pietà. Gli occhi aperti e penetranti non esprimono ribellione o condanna, ma mitezza e perdono. Ti guardano e penetrano nell'intimo del cuore, ti tengono e ti soggiogano profondamente."

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    Esterno

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    Campanile

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    Chiostro

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    Interno

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    La Volta

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    Cupola

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    Il Coro

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    Decorazione Altare

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    Pulpito

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    Organo



    Edited by Isabel - 3/11/2014, 20:51
     
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