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Memorie - Pitagora: dal governo dei saggi all’armonia del cosmo, dei numeri, della musica...

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    Memorie - Pitagora: dal governo dei saggi all’armonia del cosmo, dei numeri, della musica, delle forme scultoree

    - Fonte -
    di Anna Foti


    testa_filosofo
    La testa del filosofo -
    V secolo a.C. conservata
    nel Museo Nazionale
    della Magna Grecia di
    Reggio Calabria

    In ogni triangolo rettangolo il quadrato costruito sull'ipotenusa è sempre equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti. Il celebre teorema che tutti sui banchi di scuola abbiamo imparato deve la sua rigorosa dimostrazione scientifica (il suo enunciato era già noto ai Babilonesi ed era conosciuto in India ed in Cina) allo scienziato, politico e filosofo nato in Grecia, a Samo, e morto a Metoponto, oggi in Basilicata, tra il 570 ed il 495 a.C.: Pitagora.

    Contemporaneo del filosofo Eraclito e dello storico Erodoto, di lui, che non avrebbe lasciato nulla di scritto, si sa talmente poco, e attraverso testimonianze tarde, che la sua vita pare avvolta nel mistero e nella leggenda. Si pensava fosse figlio del dio Apollo anche per l’etimologia del suo nome (annunciatore di Pizio, ossia di Apollo). Allievo di Anassimandro e sposato con Teano, da cui pare abbia avuto tre figli, Pitagora viaggiò in Egitto e Babilonia. Trasferitosi a Kroton all’età di 40 anni, dopo aver combattuto per la libertà ed essersi sottratto alla tirannide di Policrate di Samo, da esule raggiunse la colonia greca di Kroton al tempo della sconfitta dei Locresi nella battaglia della Sagra, presso il fiume Torbido, a Marina di Gioiosa Jonica, al confine tra le città di Locri e Kaulon. Nella culla della Magna Grecia, nell’antica Crotone, fondò una scuola di pensiero, presidio di un intenso fermento politico e culturale.

    La sua visione, perpetuatasi sulle gambe dei successori della scuola pitagorica fondata a Crotone e che segnarono anche la storia reggina tra il VI ed il V secolo a.C. al tempo di Anassila, si poneva come rivoluzionaria, fondata su un sistema aristocratico in cui i migliori (i saggi) governavano e forte era la spinta verso una Magna Grecia unitaria, caratterizzata dalla moneta fiduciaria. Un politico, Pitagora, che segnò il suo tempo nonostante le bizzarrie e le contraddizioni.
    Tale figura poliedrica, senza la quale oggi la matematica, la musica, la storia antica della Magna Grecia non sarebbero quelle che sono, solo lontano dalla patria, la Grecia, ed in terra di Magna Grecia riuscì ad esprimersi. Pitagora ed i pitagorici reggini sono stati al centro dell’incontro promosso presso il planetario provinciale di Reggio Calabria, intitolato proprio a Pythagoras di Reggio. A disquisire sulla figura di Pitagora e dei reggini della sua scuola, Daniele Castrizio, docente di Numismatica presso l’Università di Messina.

    La celebre testa del Filosofo, ciò che sopravvive di una scultura bronzea risalente alla seconda metà del V secolo a. C., ritrovata nel 1969 in un relitto in mare davanti alla spiaggia di Porticello, presso Cannitello, frazione a nord di Villa San Giovanni (RC), conservata nel Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria adesso in esposizione presso il Museo di Castel Sant’Angelo a Roma fino a novembre, potrebbe essere un probabile ritratto di Pitagora. Realizzato dal massimo rappresentante, con Clearco ed il precursore Learco, della scuola della Scultura reggina sviluppatasi nell’antica Rhegion sulla scia dei Pitagorici, lo scultore potrebbe essere colui che porta il nome del capostipite, Pythagoras da Reggio. E’ lo stesso professore Castrizio a ricordare che vi sono altri due frammenti della straordinaria statua bronzea (la mano che regge la lira e un frammento del mantello secondo la ricostruzione più plausibile) conservati anche a Reggio e che hanno consentito, unitamente all’inconfondibile capo con il segno del turbante sulla fronte ed alla barba incolta, di ricondurre a Pitagora.

    Il principale contributo della scuola Pitagorica (o Italica) reggina, non soltanto alla storia di Reggio ma alla storia antica dell’Italia quando ancora non era tale, è stato affidato al racconto, attraverso le singole personalità, del professore Castrizio. Un racconto scandito dall’opera dei legislatori quali Androdamo, Teeteto, Elicaone, Fitio, Aristocrate e Ipparco, al fermento dei filosofi Pitone, Licofrone, Ippone, Ippi, Aristide, Atosione, Opsimo, Euticle e Mnesibolo, alla poesia ed alla lirica di Toagene, Glauco, del grande Ibico, Cleomene, all’arte di Clearco e Pitagora da Reggio a cui si attribuiscono le statue dell’atleta Astilo e del corridore Imnesco, di Eutimo, Lentisco e Cratillo Mantineo, il bronzo raffigurante il toro che trasportava Europa, figlia di Agenore, la Testa di Perseo, conservata al British Museum di Londra e, molto probabilmente la statua dell'Auriga di Delfi, commissionata da Anassila.

    “Dal punto di vista intellettuale, Pitagora è uno degli uomini più notevoli che siano mai esistiti, sia per la sua sapienza sia per altri aspetti. La matematica, intendendo come tale le dimostrazioni e i ragionamenti deduttivi, comincia con Pitagora. Non conosco altro uomo che abbia avuto altrettanta influenza nella sfera del pensiero”, queste le parole con cui il filosofo gallese Bertrand Russel si espresse sul conto di Pitagora. Matematico appassionato, samio di patria e calabrese d’adozione, Pitagora svelò al mondo l’essenza dell’armonia musicale ed il fondamentale rapporto tra le note musicali ed i numeri. In molti credono che dovrebbe attribuirsi a lui l’invenzione della scala musicale, come era solito ritenersi nel Medioevo, epoca in cui si fece tesoro dei suoi studi sperimentali con la costruzione di un monocordo con il quale dimostrava la divisione dell’ottava. Gli scritti di Boezio e Proclo considerano Pitagora l'inventore della teoria musicale.

    Il musicista e filosofo contemporaneo Massimo Donà, in Filosofia della musica (Bompiani) scrive: « Si narra che il filosofo-mago-scienziato avesse scoperto per caso il fondo numerologico, matematico dell'armonia musicale. Passando davanti all'officina di un fabbro, egli sarebbe rimasto colpito dal modo in cui i martelli dell'artigiano, battendo il ferro sull'incudine, riuscivano a produrre echi in accordo tra loro. E soprattutto fu sorpreso della corrispondenza tra rapporti numerici semplici e consonanze sonore...».

    Numeri, note ed anche pianeti. Pitagora trascorse anche molto tempo con il naso all’insù, lasciando ai suoi ‘eredi astronomici’ Filolao di Crotone e Iceta di Siracusa, la concezione dell’Universo come un cosmo, ossia un insieme razionalmente ordinato in cui l’uomo si trova immerso, in cui i pianeti compiono movimenti armonici nel rispetto dei numeri e dei suoni attorno ad un immenso fuoco che illumina ed alimenta la vita intorno. Quello che poi si sarebbe chiamato Sole.
    A questa teoria inedita per quei tempo, si rifece Keplero per formulare le leggi che portano il suo nome e che sulla scia copernicana, dimostrano il movimento dei pianeti intorno al Sole. A lui si legano anche particolare abitudini alimentari quali il vegetarismo, il favismo (si dice fosse particolarmente diffuso a Kroton) ed una forte dimensione religiosa segnata dalla metempsicosi (trasmigrazione delle anime), uno dei pochi elementi certi della sua dottrina.

    Il mistero ancora avvolge la vita di Pitagora e la scuola che porta il suo nome. Tuttavia in tanti, ed a lungo, seguirono quelle orme con contributi che fecero grande anche e soprattutto la Rhegion antica.
     
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