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Memorie - A Rossano, sulle orme degli antichi copisti, la scoperta del Codex Purpureus Rossanensis

Storia

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    Memorie - A Rossano, sulle orme degli antichi copisti, la scoperta del Codice Purpureo venuto da lontano. Uno dei sette codici miniati orientali esistenti nel mondo

    - Fonte -
    di Anna Foti

    - Fonte foto -


    codicepurpureorossano
    Uno dei sette codici miniati orientali
    esistenti nel mondo, “probabilmente il
    più antico e meglio conservato
    documento librario e biblico della
    cristianità”

    E’ giunto dall’Oriente greco, il documento librario probabilmente più prezioso della Calabria. Risalente, secondo la tesi più accreditata, al VI secolo d.C., il Codice Purpureo Rossanese o Rossanense, Codex Purpureus Rossanensis (Gregory-Aland: Σ o 042) è un antico evangeliario greco miniato, l’unico dei due codici purpurei o manoscritti onciali greci rinvenuti a Rossano ad essere rimasto in Calabria. L’altro, il Codex Purpureus Beratinus (Gregory-Aland: Φ o 043) sempre del VI secolo d.C., contenente una copia dei vangeli secondo Matteo e secondo Marco, è attualmente conservato presso l’archivio nazionale di Tirana, in Albania.

    Vi sono altri due codici purpurei, il Codex Petropolitanus Purpureus (Gregory-Aland: N o 022; Soden: ε 019), ancora del VI secolo d.C., contenente i quattro vangeli canonici, ritrovato a Mosca e conservato presso la Biblioteca Nazionale Russa, ed infine il Codex Sinopensis (Gregory-Aland: O o 023; Soden: ε 21) anch’esso datato al VI secolo e contenente il Vangelo secondo Matteo, conservato presso in Francia presso la Bibliothèque nationale de France.

    Ritrovato nel Capitolo della Cattedrale di Maria Santissima Achiropita di Rossano nel 1789 dagli studiosi tedeschi Oskar von Gebhardt ed Adolf von Harnack, fu segnalato per la prima volta nel 1846 dal giornalista Cesare Malpica ed oggi è candidato fra i beni eccellenti del patrimonio artistico mondiale dell’Unesco. Il Codice Purpureo di Rossano è costituito da 188 fogli, sopravvissuti ai 400 originari, di pergamena purpurea, cioè di membrana trattata con colore violaceo più o meno forte secondo la predisposizione delle diverse parti della membrana ad assorbire la tintura, e rappresenta uno dei 200 codici biblici scritti in onciale, un’antica scrittura biblica in lettera maiuscola; gli altri codici biblici conosciuti sono in scrittura corsiva.

    I suoi 188 fogli sono scritti su due colonne di 20 righe ciascuna e rispecchiano proprio la tradizione greca e siriana. I testi sono evangelici, dopo il titolo e le tre righe iniziali in caratteri aurei, sono scritti in lettere argentee tutte onciali. Miniature ed illustrazioni impreziosiscono il manoscritto che si presenta fortemente iconografico e testimonianza di una peculiare contaminazione tra arte Greca ed arte Bizantina.

    Le 14 peculiari miniature di epoca tardo romana sono eseguite con colori vivaci e così collocate nel manoscritto: 1-La risurrezione di Lazzaro;2-L’entrata di Cristo a Gerusalemme; 3-La cacciata dei mercanti dal Tempio; 4-Le vergini sagge e le vergini stolte; 5-L’ultima Cena e la lavanda dei piedi; 6-La distribuzione del Pane;7-La distribuzione del Vino; 8-Cristo nel Gethsemani; 9-Frontespizio delle tabelle dei canoni con i busti degli evangelisti; 10-Parte della lettera di Eusobio a Carpiano entro una cornice aurea ;11-La guarigione del cieco muto; 12-La parabola del Samaritano pietoso; 13-Cristo innanzi a Pilato; 14-Giuda restituisce il denaro; 15-Gli ebrei scelgono tra Cristo e Barabba; 16-Marco in atto di scrivere il proprio Vangelo,a Lui dettato dalla Sapienza Divina.
    La vivacità della pittura nulla dice circa l’antichità del manoscritto. La stessa rappresentazione di Cristo propone un uomo barbato, diverso quindi dal Cristo-Emmanuel imberbe e ricciuto, tipico dei primi secoli del Cristianesimo e precedente alla Sindone e che poi fece adeguare e conformare gli artisti di Costantinopoli al vero volto di Gesù. Altre illustrazioni raccontano della vita e della predicazione di Gesù. Questo manoscritto, inoltre, contiene una delle più antiche rappresentazioni di Ponzio Pilato, raffigurato come un giudice canuto, assiso sulla sella curulis prima di ricevere il Cristo e pronunciare la sentenza della condanna a morte nei suoi confronti.

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    L’Evangelario approdato a Rossano è costituito da parte del Nuovo Testamento, collezione dei libri biblici che ebbe origine proprio in Asia Minore costituita dai Quattro Vangeli (Evangelio), dagli Atti, dalle Epistole e dall’Apocalisse. L’ordine dei Vangeli, corrispondente a quello prevalente nei manoscritti greci e siriaci, è il seguente: Matteo, Marco, Luca, Giovanni.

    Il Vangelo di Matteo precede quello di Marco il quale è però mutilo recando solo fino al quattordicesimo versetto del sedicesimo e ultimo capitolo e parte della Lettera di Eusebio a Carpiano.

    Si ritiene che anche gli altri due Vangeli fossero contenuti in questo codice in origine, come anche il frontespizio del Vangelo di Matteo, il frontespizio generale, parte della Lettera a Carpiano e diversi fogli del Vangelo di Marco, e che questi non siano sopravvissuti all’incendio in seguito al quale, tra il 1600 e il 1700, fu rilegato in pelle scura e modernamente numerato in pagine. Altri restauri furono operati in tempi successivi ma gli effetti devastanti del suddetto incendio e dell’umidità, specie sulle miniature, non risultarono mai totalmente sanati.

    L’antico manoscritto si presenta, in linea di massima, privo di abbreviature, accenti, segni di interpunzione, tranne il punto, ed è caratterizzato da una scrittura regolare tranne qualche passo in onciale più piccolo e ogivale per le scene miniate, nelle note marginali, nell’Epistola a Carpiano e nell’indice del Vangelo di Matteo.

    Tali codici, realizzati a partire dal 300 d.C. su pergamena color rosso porpora, rappresentano una preziosa traccia dell’attività di scrittura come espressione della cultura del tempo e come strumento di conservazione della stessa. In particolare il codice, il termine deriva dal latino caudex (tronco, o più genericamente legno come le tavolette su cui si cominciò a scrivere), inteso come manoscritto anteriore alla stampa, fu così chiamato, dai Romani, per la sua forma particolare e propria del libro.

    Nell’antica Roma i primi codici furono preparati dagli schiavi. Nel terzo secolo, invece, si ebbe notizia di religiosi che trascrivevano libri. Le prime officine libraie furono impiantate presso conventi, abbazie e monasteri in specifici locali detti scriptoria ed i testi scritti, o meglio copiati, erano lezionari, evangeliari, innari, utili alle pratiche liturgiche quotidiane, alcuni anonimi, altri con data, luogo di trascrizione e firma del copista. Inoltre l’utilizzo del calamo (strumento scrittorio in canna appuntita) in sostituzione della penna d’uccello, permise trascrizioni sempre più eleganti, con l’introduzione di miniature e decorazioni sempre più accurate. L’illustrazione era già in uso dai Romani; la miniatura, invece fece la sua apparizione nel quinto secolo e fino all’ottavo secolo si sviluppò subendo, l’influenza dell’arte bizantina.

    Ebbene la Calabria, come anche la Sicilia, molti centri della provincia di Reggio Calabria (Bova, San Lorenzo, San Procopio, Gerace, Oppido), Catanzaro (Badolato) e Rossano in provincia di Cosenza furono fiorenti centri di scrittura in lingua Greca. Molti dei testi Italo - Greci furono trascritti in Calabria e molti di essi, pur essendo sopravvissuti ai domini ed alle devastazioni successive, nel tempo furono trafugati, venduti ed oggi sono esposti nelle più prestigiose biblioteche d’Italia ed Europa.

    Dunque Rossano fu fiorente centro di scrittura ma ad oggi nel suo patrimonio, come di quello dell’intera regione, tra i libri più preziosi c’è il Codice Purpureo Rossanese o Rossanense, “Codex Purpureus Rossanensis”, presentato al mondo dai due studiosi tedeschi Oskar von Gebhardt ed Adolf von Harnack che lo illustrarono con una serie di riproduzioni grafiche delle sue miniature e lo pubblicarono un anno dopo la sua scoperta, nel 1880. Molti e numerosi furono gli studi condotti successivamente sulla possibile origine e sulle probabili influenze che ne caratterizzarono l’opera di scrittura e di decorazione.

    Le varie caratteristiche di questo manoscritto consentono di collocarlo verso la fine del VI secolo d.C., se non addirittura alle soglie del VII secolo. L’uso degli stessi caratteri onciali ogivali delle annotazioni che accompagnano le miniature si sarebbe diffusa solo agli inizi del VII secolo e le miniature avrebbero fatto la loro prima apparizione nel V secolo per poi acquisire eleganza e prestigio attraverso l’influenza dell’arte bizantina.

    Le miniature di questo antico manoscritto rinvenuto in Calabria, si pregiano altresì di influenze dell’arte greca rivelate dalla cura dei personaggi e dal gusto per l’allegoria. Caratteristiche comuni a preziosi manoscritti oggi custoditi in Europa come la Genesi di Vienna, il Frammento del Sinopense (Parigi, Biblioteca Nazionale) e l’Evangeliario siriaco del monaco Tabula (Firenze, Biblioteca Laurenziana) scritto e miniato nel 586 in Mesopotamia, gli Evangeliari irlandesi di Durrow e di Iona riconducibili ai monasteri di Dublino (Trinity College), risalenti ai secoli VI e VII e particolarmente ricchi di decorazioni.

    L’Asia Minore, nel periodo tardo romano, fu infatti la culla di questa arte che poi a Bisanzio avrebbe maturato connotazioni proprie. L’arte bizantina infatti si ispirò, nel IV secolo d. C., alle ancora fiorenti tradizioni delle zone interne dell’Asia Minore per poi acquisire, nel VI secolo d.C. con Giustiniano, una definita fisionomia con formule stilistiche ed iconografiche che avrebbero influenzato ed arricchito l’arte europea fino al gotico. In particolare, proprio l’iconografia fu l’espressione più alta e peculiare dell’arte bizantina.

    Il valente contenuto iconografico del Codice Purpureo di Rossano, e degli altri codici citati, sono testimonianza di questo pregnante contenuto iconografico bizantino rappresentato dalle numerose illustrazioni e miniature. Elementi questi che consentono di riconoscere nel Codice Purpureo di Rossano inconfondibili tracce di sopravvivenza di un arte con caratteri ellenistici antichi classici attraversata da tratti innovativi di arte bizantina. Una compenetrazione di stili greco-romano e orientali, l’arte cristiana antica prestata al contenuto religioso propri della tradizione siriaca la cui produzione letteraria e artistica in lingua ha rivestito il ruolo fondamentale di mediatore nel contatto tra Oriente persiano e l’Occidente greco-latino, contribuendo in modo significativo alla diffusione della cultura greca e latina nel mondo arabo.
    Tutto ciò è altresì attestato dalla parentela stilistica tra l’Evangeliario ritrovato a Rossano e l’Evangeliario del monaco Rabula, con le miniature caratteristiche della cultura artistica di Antiochia (ricordiamo i due filoni siro-mesopotamico e siro-antiocheno di cultura siriaca con matrice ellenistica).

    Ma la contaminazione non è solo artistica e culturale. La stessa Calabria, in particolare l’antica Rhegion sul mare, è stata meta preferita in termini economici, in quanto crocevia strategico, per i commerci siro-palestinesi soprattutto di stoffe pregiate, oro, prodotti di alto prestigio, vini, spezie, profumi e unguenti provenienti da Antiochia. Tracce di tali scambi si riconoscono nelle anfore orientali, nel candelabro a sette braccia tipico della tradizione ebraica e in esemplari di solidi aurei, antica moneta internazionale di scambio, rinvenuti nella Sinagoga di S.Pasquale di Bova nel reggino e nell’area del Vivarium di Squillace nel catanzarese.

    Anche la Sicilia era mercato prediletto. Nella stessa area siro-palestinese vi sono imitazioni arabe di folleis siracusani che si credeva non avessero superato la circolazione Calabrese e Siciliana. Una contaminazione che spaziò fino alla dimensione colturale favorendo in Calabria l’introduzione di piante di frutto nuove e dell’allevamento del baco da seta, carpito dai siriani ai cinesi e che resero la Calabria una delle regioni più ricche dell’Europa di allora. Una contaminazione che si sviluppò su più livelli.

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    Ritenuto il documento librario più antico della Calabria, l’evangelario mutilo (188 fogli su 400 originari), decorato proprio secondo le più eleganti forme di arte Bizantina, si trova oggi presso l’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario di Roma per essere studiato, analizzato e forse restaurato. Al prezioso cimelio calabrese di epoca bizantina è stata dedicata lo scorso ottobre una giornata di studio proprio in concomitanza con l’inaugurazione solenne dell’Anno Accademico della Scuola di Alta Formazione per Restauratori, presso l’ICRCPAL (Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario) di Roma.
    Un’equipe di tecnici (restauratori, chimici, fisici, tecnologi, biologi e storici dell’arte) dell’ICRCPAL è al lavoro con tecniche collaudate moderne ma non invasive, per studiare per la prima volta in modo organico, la composizione, la struttura, i materiali, lo stato di conservazione del prezioso ed antico manoscritto. Una impedibile occasione per esplorarne ancor più la storia e per garantire la conoscenza delle eventuali questioni conservative in vista del nuovo progetto di tutela e restauro e del nuovo allestimento museale fortemente voluti dalla Soprintendenza BSAE della Calabria e subito condivisi dall’Arcidiocesi di Rossano - Cariati. Lo scopo dello studio è quindi quello di assicurare al Museo diocesano di Rossano Calabro una prossima fruizione controllata e sapiente del prezioso manoscritto che giunge da lontano e lontano nel tempo torna a proiettare tutti noi.

    Inesauribile la scoperta di un passato glorioso di questa terra che ha dato al mondo ed all’Europa sapienza, rivestendo un ruolo strategico nella diffusione della scrittura italo-greca, divenendo a sua volta, come nel caso del Codice Purpureo di Rossano, sponda fervida e sicura culla per i posteri.

    Edited by Isabel - 7/11/2014, 12:54
     
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