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Belluno

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    Belluno

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    - Info -

    Belluno (ascolta[?·info]) (IPA: /belˈluno/, Belùn in veneto bellunese, Belum in ladino) è un comune italiano di 35.993 abitanti, capoluogo della provincia omonima in Veneto.

    Fondata come municipium romano nel I secolo a.C., è attualmente il comune più abitato della provincia e il settimo e più settentrionale tra i capoluoghi di provincia del Veneto. La città è situata alla confluenza del torrente Ardo e del fiume Piave, posizione difensiva strategica per la quale è stata protagonista nelle due guerre mondiali.
    L'area più settentrionale del territorio comunale fa parte sia del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi (dal 1988) sia del patrimonio dell'umanità delle Dolomiti dichiarato dall'UNESCO nel 2009. Belluno inoltre è stata insignita del titolo di città alpina dell'anno 1999.

    Geografia fisica

    La parte antica della città di Belluno sorge su uno sperone di roccia in prossimità della confluenza del torrente Ardo con il fiume Piave. A nord si stagliano verso il cielo l'imponente gruppo dolomitico della Schiara (2565 s.l.m) con la caratteristica Gusela del Vescovà, il monte Serva (2133 s.l.m) e il monte Talvena, mentre a sud le prealpi separano il Bellunese dalla pianura veneta. Sempre a sud, nella zona del Castionese, si erge il Nevegal (pronuncia: Nevegàl) sul quale sono situati impianti di risalita e piste da sci.

    Clima

    Belluno è indicata come la città capoluogo di provincia più fredda d'Italia nelle temperature medie invernali. Anche la temperatura media annua è spesso la più bassa fra quelle dei capoluoghi di provincia italiani. Nel 1998, ad esempio, essa fu di 9,8 °C, mentre la media mensile di gennaio fu di circa 0 °C. Nel torrido 2003 la temperatura media annua non raggiunse i 10,0º. Assai consistente è la piovosità: su Belluno cadono annualmente circa 1400–1500 mm di precipitazioni (1355 mm nel 2005), concentrate nei mesi da aprile a novembre, che possono anche raggiungere i 2000 mm, mentre l'inverno è siccitoso con cielo sereno. Il clima della città complessivamente è perciò piuttosto freddo e caratterizzato da precipitazioni piovose e nevose.

    Le origini del nome

    L'ipotesi più accreditata è che il toponimo abbia origini celtiche: si riconoscono infatti una radice *bel- con il significato di "brillante" e dunum "centro fortificato"; Belluno è dunque la "città splendente".

    Storia

    Il periodo pre-romano

    Le primissime popolazioni passate per i luoghi bellunesi furono quelle pre-indoeuropee prima del 3000 a.C, e lasciarono la loro firma su molte località e nomi comuni del Bellunese. Nel territorio bellunese i Paleoveneti giunsero dalla pianura padana seguendo la valle del Piave.
    I primi insediamenti umani individuati nel territorio di Belluno risalgono alla prima metà del I millennio a.C.: presso gli attuali quartieri di Fisterre e Cavarzano sono stati rinvenuti dei reperti che dimostrano la presenza paleoveneta sulla superficie comunale.
    La cultura paleoveneta del bellunese, fiorente nel V secolo a.C., si caratterizzava per delle peculiarità linguistiche rispetto a quella della pianura veneto-friulana, e i reperti ritrovati attestano un'area culturale collegabile con un influsso celtico e aperta verso la valle dell'Isonzo. Un esempio dell'influenza celtica è il ritrovamento, sempre a Cavarzano, di una fibula con sfinge, che non è riscontrabile con la cultura paleoveneta della pianura. Molti dei reperti paleoveneti di Belluno sono conservati nel Museo civico di Belluno.

    La dominazione romana

    Durante i successivi secoli, la presenza celtica si rafforzò nel territorio, fino a quando i Romani non ricacciarono a Nord queste popolazioni, iniziando la loro penetrazione nel mondo alpino. Non ci sono dati precisi sulla fondazione della città, ma pare che essa sia stata fondata tra il 220 e il 200 a.C., quindi precedentemente alla conquista romana, la quale iniziò nel triveneto nel 181 a.C. con la fondazione di Aquileia. La conquista fu graduale e pacifica: ciò si spiega con la natura anti-celtica dell'avanzata romana e con il fatto che la popolazione di Belluno era quasi prevalentemente venetica. Altri elementi che indicano l'amicizia delle popolazioni bellunesi con i Romani sono gli schieramenti a favore della città eterna nel 225 a.C. nella lotta contro i Galli e successivamente durante la seconda guerra punica contro Annibale.
    Gli iniziali contatti con il mondo Romano furono però quasi sempre commerciali, infatti a Belluno si potevano trovare parecchio ferro e rame, e solo durante il I secolo a.C. Belluno entrò a far parte stabilmente della Repubblica romana dal punto di vista giuridico e politico. In un periodo non ben definito compreso tra la morte di Cesare e l'impero nel periodo di Augusto, circa tra il 40 a.C. e il 10 d.C., Bellunum (nome romano della città) divenne municipium romano facente parte della Regio X Venetia et Histria. Il municipium di Belluno venne assegnato alla tribù Papiria, una delle 35 tribù nelle quali, nei comizi tributi, veniva suddiviso il popolo che poteva fregiarsi della cittadinanza romana.
    La città era retta dai quattorviri juri dicendo (supremi magistrati), dai quattorviri aedilicia potestate e dal Consiglio degli Anziani. Esisteva anche un sindacato dei dendrofori, cioè degli zattieri: già al tempo dei Romani le zattere in abete scendevano lungo il Piave fino al Po e al porto di Ravenna trasportando il larice o alcuni minerali o pietre da costruzione. Questa attività si sviluppò già nella prima età imperiale, come testimoniano alcune iscrizioni rinvenute a Belluno.
    Riguardo all'urbanistica romana, il Castrum romano corrisponde alla parte più antica della città, situata su un terrazzo fluviale digradante verso sud, tra l'alveo dell'Ardo e quello del Piave, col foro sito in piazza delle Erbe. La coincidenza dell'attuale centro storico con il Castrum romano non permette la conoscenza della primitiva struttura urbana, che tuttavia rimase invariata fino al X secolo. La città era circondata dalle mura, ma di queste ci rimangono poche testimonianze: si sono conservati solo alcuni tratti lungo la via Dino Buzzati sul lato ovest, mentre sorte migliore è toccata alle porte di ingresso al centro abitato. A sud si può trovare porta Rugo, da dove passava la via che portava al porto fluviale di Borgo Piave, mentre a nord si è conservata porta Dojona, che prende il nome dal torrione che si trova lì vicino, chiamato Dojon. Inoltre l'attuale porta Dante era, al tempo dei Romani, un piccolo uscio di servizio chiamato Ussolo.
    All'esterno delle mura si trovavano gli insediamenti di Fisterre e Cavarzano: il nome di quest'ultimo deriva dal fondo Capertianum, di proprietà della gens Capertia, sul quale si trovava l'insediamento cavarzanese. Con la creazione dei fondi da parte dei Romani, operazione chiamata centuriazione (cioè la suddivisione agraria del territorio in parcelle quadrangolari), l'aspetto del paesaggio bellunese si trasformò radicalmente: vennero create nuove colture, realizzate bonifiche, canalizzazioni, disboscamenti e create nuove strade di accesso ai fond
    Alcune iscrizioni indicano che Bellunum ebbe sempre una certa autonomia dall'autorità romana, fin quando il municipium non decadde come importanza, venendo assoggettato alla centralizzata autorità imperiale; la città seguì le sorti dell'Impero fino al crollo di quest'ultimo e alle invasioni barbariche. Restano comunque alcuni importanti reperti storici del periodo romano: cippi funerari, il più famoso dei quali è quello di Flavio Ostilio (conservato nel palazzo Crepadona), alcuni tratti di acquedotti (ad esempio a Fisterre) ed alcune monete ed iscrizioni monumentali di un periodo per lo più ascrivibile ai secoli secondo e terzo.

    Il Medioevo

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    Stampa antica di Belluno di Tommaso Salmon (1750)
    con al centro l'antico palazzo detto La Caminada
    (distrutto dagli Austriaci)
    Dopo la decadenza di Roma, anche Belluno visse le vicende delle invasioni barbariche che cambiarono il volto della città. Essa subì molte invasioni, in ordine dai Visigoti, dai Vandali, dagli Eruli, dagli Unni e dagli Ostrogoti di Teodorico. Successivamente Belluno passò sotto il dominio bizantino: durante il loro governo venne continuato il progetto iniziato da Teodorico, infatti le costruzioni di nuove difese fortificate non si arrestò. Queste servivano principalmente per la difesa contro i Longobardi, ma questi ultimi riuscirono lo stesso a prendere la città nel 568, giungendo dal Friuli. I Longobardi fortificarono ulteriormente la città di Belluno, consapevoli che la sua posizione poteva essere strategica sia contro gli attacchi bizantini dal mare che contro quelli dei Franchi da nord-ovest.
    Nel frattempo, nel 548, durante le guerre gotiche, era stato eretto un primo edificio sacro, probabilmente paleocristiano, dall'allora vescovo di Belluno Felice, e questo venne intitolato a san Martino di Tours.
    Sempre durante la dominazione longobarda, Belluno divenne una sede di Sculdascio (circoscrizione amministrativa longobarda): per questo venne edificato sul lato nord, in una posizione avanzata rispetto alle mura Romane, un primo rudimentale castello, il castello della Motta. Questo ero uno dei nomi che i longobardi davano ai loro castelli, mentre un altro era Dongione. Da questo secondo nome deriva il termine che indicava i tenutari della antistante porta Dojona e del castello, i Doglioni, mentre dal nome del castello Motta derivava l'antico denominazione della piazzetta dove si trovava l'ingresso del castello, piazza della Motta, l'attuale piazza Mazzini.
    Secondo alcuni storici, durante questo periodo la città sembrò ritrovare un certo equilibrio: questa era stata romanizzata e convertita al cattolicesimo, e questi due elementi favorirono tra gli altri una facile convivenza e compenetrazione tra i bellunesi e i longobardi. La lunga permanenza longobarda è testimoniata negli elementi di toponomastica, nella lingua e nei reperti archeologici.

    « Sembra certo che Belluno, con le contermini città del Friuli, abbia a lungo resistito all'invasione dei Franchi, a fianco dei duchi Longobardi, prima di accettare la sovranità di Carlo Magno. »
    (Bartolomeo Zanenga, La storia di Belluno)

    I Franchi, per indebolire i Ducati troppo forti e troppo estesi, divisero il territorio in contee e marche e si appoggiarono ai vescovi più che ai nobili troppo potenti. Così avvenne che il primo Vescovo-conte investito di potere sui possedimenti bellunesi fu un certo Aimone nell'882. In questo periodo Belluno si fortificò ancora, e così si delineò la città medievale con il castello, la cinta muraria, le porte e i torrioni, tutto questo grazie all'affermarsi dei governi aristocratici dei Vescovi-conti. Di questo periodo restano pochi reperti archeologici, che sono in gran parte rappresentati dal torrione Dojon e dalle rovine del castello Castiglione in piazza Castello, mentre si sono conservate parecchi scritti e stampe dell'epoca, che ci aiutano a ricostruire la storia della città.
    Nel frattempo erano stati riorganizzati gli spazi interni della città: la piazza del Duomo ora aveva la cattedrale e il palazzo dei Vescovi; la piazza del Mercato divenne il centro medievale degli affari; si stabilirono i quartieri attorno alle case dei nobili e il sistema viario che si reggeva sull'asse di via Mezzaterra che percorreva (e percorre) tutta la città da nord a sud.
    All'incirca un secolo dopo con un vescovo bellicoso, Giovanni II, la città si fornì di una nuova cinta muraria e allargò i suoi domini anche su territori della pianura veneto-friulana. Con queste premesse, Belluno divenne realtà comunale agli inizi del milleduecento con l'istituzione della figura del Podestà. Sempre in questo periodo gli storici della letteratura fanno risalire il primo documento poetico del Ritmo bellunese, un nuovo volgare.
    Si tratta di una canzone militare del 1196, creata per una delle ricorrenti guerre contro Treviso, di cui si ha una recente trascrizione di Gianbattista Pellegrini:

    « De Castel d'Ard av li nost bona part. I lo getàtut intro lo flum d'Ard. Sex cavaler de Tarvis li pui fer. Con sé dusé li nostre cavaler. »
    (Gianbattista Pellegrini, La storia di Belluno)

    Nel periodo successivo Belluno subì continue invasioni da parte delle città contermini o da parte di potenze straniere, come Ezzelino III da Romano, gli Scaligeri, i Visconti e i Da Carrara, cosicché nella città si ebbe un periodo di forte instabilità politica, che finì quando Belluno non si concesse spontaneamente alla Repubblica di Venezia nel 1404.

    Il dominio veneziano

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    Vista notturna su Belluno
    Belluno si diede al dominio della Repubblica di Venezia in modo spontaneo nel 1404 a causa del vuoto politico venutosi a creare in tutta la provincia e l'impossibilità per le città bellunesi di creare un'autonomia politica che tenesse conto di tutte le esigenze interne e di politica estera. Inizio così la pace più lunga e duratura di sempre, interrotta in sole due occasioni, tra il 1411 e il 1420, quando venne dominata dalle truppe di Sigismondo, venuto in Italia per una campagna contro la Repubblica di Venezia, e tra il 1509 e il 1511, quando l'imperatore Massimiliano I d'Asburgo assediò la città durante la Lega di Cambrai. Il fatto che Belluno si fosse spontaneamente donata a Venezia comportò il mantenimento delle strutture politiche già esistenti, poiché la città della Serenissima non poteva arrogarsi dei diritti, come se avesse imposto con la forza la propria superiorità. La città mantenne così la sua amministrazione locale, che vedeva primeggiare il Consiglio dei nobili: Venezia allora seguì una politica pragmatica che vedeva l'appoggio appunto della nobiltà, così da garantirsi la fedeltà dei sudditi e del governo locale. I lagunari comunque non rinunciarono al controllo, svolto attraverso i funzionari presenti in città. In questo modo rettori e vicari veneziani, che riuscivano ad infiltrarsi in ogni controversia, appoggiando di volta in volta la parte più opportuna, il contenuto politico locale venne gradualmente svuotato di significato e Venezia riuscì ad imporre il potere della Serenissima e del Consiglio dei nobili.
    L'autonomia politica da Venezia ebbe però un doppio effetto, infatti la capitale non attuò delle politiche di sviluppo a Belluno, ma prestò attenzioni solo per l'invidiabile posizione difensiva che aveva sul Nord. Altra attenzione che Venezia pose su Belluno fu quella rivolta ai beni originari: legnami e materiali che garantirono a Venezia l'attività navale con bassi costi e prodotti manifatturieri a basso prezzo. Ottenne in cambio la fedeltà assoluta dei bellunesi che guardavano Venezia come intermediario capace di tutelarli e di guardare ai suoi diritti.

    Il governo austriaco

    Il dominio di Venezia terminò nel 1797, quando con il Trattato di Campoformio Napoleone Bonaparte cedette il Veneto all'Austria, con un mercantaggio non gradito dalla popolazione. Successivamente la città venne ripresa dai francesi, poi nuovamente ceduta all'Austria. Belluno infine tornò nel Regno d'Italia Napoleonico nel 1805, e vi rimase fino al 1815. In questi pochi anni venne creato il Dipartimento della Piave e venne introdotto l'ordinamento francese con una nuova suddivisione territoriale che disegnò i confini dell'attuale provincia, esclusi i territori ladini. Nel 1816 Belluno ritornò nell'Impero austro-ungarico, quando venne eletto il Primo Regio Consigliere in nome di Francesco I. L'amministrazione austriaca fu più attenta nei confronti della città di quella veneziana, infatti mantenne per quanto possibile il carattere socio-amministrativo di Belluno, favorendo il decentramento.
    Vennero promossi i lavori pubblici, in special modo le grandi vie di comunicazione della provincia e con la Pianura veneto-friulana. Costruzioni degne di essere menzionate sono il Palazzo Cappellari e il Palazzo Rosso (1836), attuale sede del municipio. Altri lavori realizzati furono la costruzione di una grande fontana nel Campitello, che venne elevato al livello di piazza, chiamandola Piazza del Papa. Inoltre la città ottenne nel 1816 il titolo di Città regia.
    Nel frattempo era incominciato un costante aumento demografico, tale da dare via al fenomeno dell'emigrazione, iniziato alla fine del XIX secolo e conclusosi solo con il boom economico italiano degli anni cinquanta. La principale meta di emigrazione era l'Austria, dove era richiesta manodopera per la costruzione di nuove ferrovie.
    Sempre a livello di opere pubbliche, si ebbero delle importanti trasformazioni urbanistiche: vennero abbattute le mura della città e interrato il fossato, così che divenne più semplice il collegamento della città con la zona nord del Campitello. Quest'ultimo divenne il nuovo centro gravitazionale della città, anche se i servizi rimasero in piazza del Duomo. Inoltre vennero costruiti vari ponti sul Piave e sull'Ardo.
    Il dominio austriaco durò cinquanta anni, a parte la breve parentesi del 1848, quando Belluno si dichiarò Libero Municipio nella risorta Repubblica Veneta, momento insurrezionale chiusosi nel 1849 con la resa di Venezia. Nel 1866 Belluno, con tutto il Regno Lombardo-Veneto, entrò a far parte del Regno d'Italia unificato dal Piemonte.

    « Essi fecero la scelta italiana, perché sentivano di appartenere alla nazione italiana e perché compresero presto che la provincia bellunese, agli occhi dell'Impero, non aveva grande valore politico, economico e militare, quindi non era meritevole di piani di sviluppo. I Bellunesi si sentirono emarginati. »
    (Gigetto De Bortoli, Belluno: storia, architettura, arte, p.22)

    Il governo italiano

    Con l'annessione al Regno d'Italia, si diffuse il sistema amministrativo centralizzato, meno efficiente del sistema imposto dagli Austriaci. La borghesia cittadina, entusiasta per l'annessione ma politicamente sprovveduta dopo secoli di domini stranieri, non seppe portare avanti una chiara linea nella conduzione agraria. Non vi fu pertanto alcun aumento produttivo e le condizioni dei contadini rimasero miserevoli. L'intera provincia, compresa Belluno, iniziò a decadere dal lato economico-sociale, e restò sempre più isolata rispetto al resto della regione, tanto che il fenomeno dell'emigrazione dalla città aumentò considerevolmente, non più verso l'Austria ma verso i paesi europei più sviluppati e le Americhe, in special modo il Brasile. Fu una emigrazione fatta di grandi sacrifici e di grandi dolori: gli emigranti si affidavano a individui loschi e senza scrupoli, che il più delle volte li riducevano in semischiavitù. L'emigrazione ebbe gravi effetti anche su Belluno: le risorse umane già istruite e preparate vennero meno e così fu difficile un avvio e un mantenimento di un certo grado di vita.


    Panorama

    La città venne colpita anche da un disastroso terremoto il 29 giugno 1873 alle 4:29 del mattino. L'intensità era compresa tra il nono e il decimo grado della Scala Mercalli, e gli effetti del sisma furono pari a 6.3 gradi della Scala Richter. Dei 2010 edifici del comune, 23 crollarono (tra i quali 4 chiese) e 178 furono demoliti successivamente; inoltre ben 403 edifici furono ristrutturati e la restante totalità degli edifici fu riparata. Morirono 4 persone e i feriti furono 7, mentre 157 famiglie (per un totale di 771 persone) rimasero senzatetto.
    Nel frattempo in città vennero costruiti alcuni edifici pubblici, come le scuole elementari e la stazione di Belluno (1886), oltre ad alcune strade e ponti (un ulteriore ponte sul Piave è del 1884) e un distretto militare (1909). Tuttavia la popolazione fu costretta a continuare ad arrangiarsi, cercando di valorizzare l'agricoltura, sperimentando il cooperativismo, fondando società operaie ed assicurative e trovando qualche suo rappresentante in Parlamento. Alcuni esempi furono l'Asilo Cairoli, che accoglieva figli di operai, o l'attività di don Antonio Sperti, che raccoglieva orfani dalle strade avviandoli allo studio e al lavoro nella sua officina.

    Prima guerra mondiale

    A causa del rientro a Belluno di circa seimila emigranti espulsi dai paesi che erano già in guerra, la situazione sociale della città divenne critica. Il forte rincaro degli alimentari aggravò il malcontento popolare e i mancati finanziamenti da parte del governo di Roma per delle opere pubbliche che avrebbero impiegato parte della popolazione provocarono uno sciopero generale contro la fame e la disoccupazione indetto il 5 marzo 1915. Durante lo sciopero vi furono dei tafferugli, repressi da oltre 4000 uomini in armi.
    Il 24 maggio 1915 iniziò anche per l'Italia la prima guerra mondiale, che fu lo sfondo della città di Belluno per tre anni e mezzo. Inizialmente la città funse da centro della retrovia sul fronte italiano, e il Comitato di assistenza civile si impegnò nei sussidi a famiglie bisognose e soldati e curò il ricovero ed il mantenimento di minori, vedove, povere o ammalati. Ogni aiuto venne però incentrato sulla sola città, mentre le campagne vennero abbandonate a se stesse. La carità cittadina procurò scarpe e indumenti invernali per i soldati, mentre la raccolta popolare del soldino si premurava di raccogliere soldi per le truppe, a fianco alle sottoscrizioni mensili. La sfortuna colpì poi il territorio comunale: nell'agosto del 1917 un uragano si abbatté sulle campagne, distruggendo le colture e provocando come diretta conseguenza la carestia nel successivo inverno.
    Il 1º settembre 1917 si svolse un duello aereo nel cielo di Belluno, dove morì, sotto gli occhi dell'atterrita e commossa popolazione, Arturo Dell'Oro, al quale venne successivamente dedicato l'aeroporto di Belluno. Pur di abbattere l'aereo nemico, Arturo si lanciò con il suo velivolo contro quello avversario, precipitando poi sulle rocce della Palazza, dove venne recuperato i giorni successivi e poi seppellito nel cimitero di Prade.
    Il 24 ottobre 1917, giorno della disfatta di Caporetto, aprì il cosiddetto an de la fan (anno della fame) a Belluno. Più di 5000 cittadini e parte della giunta fuggirono dalla città, che fu interessata nei giorni successivi dal passaggio delle truppe italiane in rotta, che fecero saltare il viadotto ferroviario sull'Ardo e il ponte sul Piave. Il 10 novembre entrarono in città le truppe austriache che, lacere e affamate, saccheggiarono la città. Perfino la copertura di rame dell'angelo sul campanile del Duomo venne asportata, creando un danno ancora attuale alla statua, cioè delle infiltrazioni di acqua.
    Il nuovo governo cittadino austriaco assegnò ad ogni cittadino una carta di legittimazione per il riconoscimento personale. La chiusura di scuole e società culturali, oltre che l'accanimento dei soldati contro biblioteche e quadri, cercava di nascondere il passato per combattere l'idea di nazione italiana. Migliaia di contadini dovettero lavorare per gli invasori nei campi, ma a questa imposizione il popolo rispose mangiando di notte le patate coltivate. I comitati cittadini, i parroci, i maestri si adoperarono per la comunità, anche se al nuovo vescovo Giosuè Cattarossi venne impedita la visita pastorale. All'inizio di dicembre si insediò in città il comandante di distretto Karl von Kantz: egli si comportò in modo equilibrato, senza infierire sulla popolazione, che apprezzò il suo comando. In città vennero collocati dei servizi logistici degli invasori, come l'armeria o gli edifici per ospitare le truppe della retroguardia.
    Il 1º febbraio 1918 l'imperatore d'Austria Carlo I si recò a Belluno per galvanizzare le truppe, ma trovo la città semideserta e sotto coprifuoco. Dopo la vittoria italiana nella battaglia del Piave del 23 maggio, gli invasori fuggirono dalla città la notte del 30 ottobre, a circa un anno di distanza dal loro insediamento. Il giorno successivo il generale Giuseppe Vaccari liberò la città.
    Il bilancio per Belluno fu pesante: nell'intero arco della guerra 3228 persone morirono di fame e 1574 morirono di malattie, in particolare l'influenza spagnola. Enorme fu infine la ricchezza pubblica e privata che andò distrutta o perduta.

    Tra le due guerre

    Con la fine della prima guerra mondiale la provincia di Belluno guadagnò alcuni comuni ladini, ma perse la sua importanza strategica che veniva ricoperta dal Trentino. A Belluno si evidenziava un clima di forti tensioni sociali dovute al crollo del commercio successivo alla guerra, a una forte inflazione e ai lentissimi risarcimenti dei danni di guerra. Nacquero così due nuovi partiti politici a Belluno, quello socialista, vicino agli operai, e quello popolare più sensibile alle masse contadine. Nelle elezioni del 1919 il PSI portò a Roma tutti e tre i suoi candidati bellunesi: gli avvocati Luigi Basso e Oberdan Vigna e l'operaio Giusto Santin. Nel marzo 1920 nacque a Belluno la Camera del Lavoro, il cui segretario fu l'emigrante Fortunato Viel. Tra il 23 e il 26 giugno dello stesso anno uno sciopero al grido di "casa, lavoro e pane" paralizzò l'intera provincia, aumentando il consenso al partito socialista e causando quattro morti a Santa Giustina. Il cambiamento definitivo avvenne quando nell'ottobre del 1920 i socialisti vinsero in ben 24 comuni della provincia.
    Anche nelle politiche del 1921 fu confermata la superiorità socialista (15.045 voti) davanti ai popolari (13.890 voti), ma fu evidenziata con quasi 10.000 preferenze la forza del blocco fascista, abile a sfruttare il malcontento per la situazione economica. Il 14 gennaio 1922 i fascisti tennero a Belluno il primo comizio provinciale, fronteggiarono lo sciopero del 1º maggio e costrinsero i ferrovieri a riprendere il loro lavoro a luglio. Comunque non mancarono episodi contro di loro: il 23 aprile 1923 5 fascisti furono aggrediti a Cavarzano.
    Nel frattempo il partito socialista si indebolì per le conseguenze del congresso di Livorno, e fu costretto nel 1922 ad introdurre una tassa-famiglia antidisoccupazione. Il 24 settembre 1922 si tenne l'ultimo consiglio comunale democratico, dopo di che i fascisti si impadronirono di Palazzo Rosso. Dopo la marcia su Roma la situazione precipitò: il 29 ottobre dello stesso anno i fascisti armati presidiavano Belluno, e il 30 il sindaco Vincenzo Lante si dimise. La città fu guidata da commissari prefettizi fino al 1927.
    Alla fine del 1923 non esistevano ormai più il Psi, sindacati e i radicaldemocratici, e gli ultimi sussulti di questi partiti avvennero con l'assassinio di Giacomo Matteotti, ma furono repressi con la forza. Dopo una fugace apparizione a Belluno nel giugno 1923, fu assegnata la cittadinanza onoraria di Belluno a Benito Mussolini il 24 maggio 1924. Tra il 1921 e il 1936 l'emigrazione ridusse i bellunesi di oltre 1500 unità. Il regime considerò la provincia zona difensiva, quindi non la dotò di infrastrutture ma si limitò a favorire la pianificazione integrata tra montagna e pianura. Il fabbisogno di abitazioni costrinse il governo della città a far costruire il nuovo Quartier Cadore con 200 alloggi e 600 locali, mentre furono costruiti o completati alcuni edifici pubblici, tra i quali l'edificio delle Poste, una delle opere più significative del Novecento in città.
    Il 24 settembre 1938 Mussolini giunse a Belluno in treno, inaugurando la tratta Venezia-Belluno via Vittorio Veneto. In questa occasione, riferendosi alle sanzioni di Ginevra contro l'Italia, il Duce pronunciò la celebre frase: « Circolavano allora delle alternative assolutamente ridicole: burro o cannoni? Noi abbiamo scelto che cosa?
    (La folla) Cannoni! »

    (Benito Mussolini, 24 settembre 1938)
    Solo nell'ottobre 1942 nacque a Belluno un comitato antifascista, che trovò terreno fertile tra quelli che durante il ventennio dissentirono dal regime dopo l'8 settembre 1943.

    Seconda guerra mondiale

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    Vista della città di Belluno su una stampa antica del 1750
    (si può notare ancora il castello)
    L'8 giugno 1940 fu riaperto al culto la cattedrale di Belluno, mentre il 10 giugno l'Italia entrò nella seconda guerra mondiale, ma questo evento era ormai largamente annunciato e il popolo era stato illuso che si sarebbe concluso in breve tempo. Nel marzo 1942 vi fu la precettazione civile di tutti i cittadini tra i 18 e i 55 anni; sempre nel 1942, verso la fine dell'annata, avvenne la ritirata dall'Unione Sovietica, la quale aprì gli occhi a molte famiglie sullo sconsiderato bellicismo fascista.
    Il 19 luglio 1943 si tenne nella località di San Fermo a Belluno il tredicesimo incontro tra Benito Mussolini e Adolf Hitler, nella villa Gaggia. Nell'incontro, definito controverso, il duce non osò interrompere l'alleanza con la Germania e, visti gli insuccessi in Africa e in Sicilia, invocò l'aiuto militare da un alleato furioso per le disfatte italiane. Il 25 luglio 1943 la caduta del fascismo fu accolta -come scrisse il questore cittadino- con indubbi segni di giubilo come una liberazione.
    Dall'8 settembre (data dell'armistizio) al 13 settembre 1943 Belluno fu occupata da 80 Alpenjaeger, che non incontrarono alcun ostacolo. In seguito la città fu annessa al Terzo Reich, nell'Alpenvorland, ritrovandosi sotto la diretta giurisdizione tedesca con a capo il tirolese Franz Hofer. Alla fine del 1944 la città subì diversi bombardamenti, che interessarono soprattutto la stazione ferroviaria. Nel frattempo sulle montagne attorno al capoluogo si organizzava la resistenza partigiana, che ottenne come riconoscimento al tributo di sangue e di eroismo la Medaglia d'oro al valor militare nel 1947. A sostenere la lotta partigiana furono sia il clero che la popolazione che offrì viveri, ospitalità ed informazioni ai combattenti. Nell'inverno 1943-1944 i partigiani si prepararono all'azione, sperando nell'arrivo degli Alleati. Alcuni di questi si paracadutarono nel settembre del 1944: tra di loro fu molto caro ai bellunesi il maggiore Harold William Tillman, che conquistò anche delle cime himalayane nella sua vita. Il 15 giugno 1944 ben 73 partigiani furono liberati dal carcere di Baldenich in un'operazione condotta da Mariano Mandolesi. Si ebbero episodi altamente dolorosi per la Resistenza, come quello del 14 settembre 1944, del 1º maggio 1945, che costò la vita a 17 civili inermi a Fiammoi, quello del 10 marzo 1945, quando 10 partigiani furono impiccati agli alberi in località Bosco delle Castagne, e quello del 17 marzo 1945, quando 4 partigiani furono impiccati ad altrettanti lampioni di piazza Campitello (poi ribattezzata, in ricordo di questo evento, piazza dei Martiri); la sera della stessa giornata il vescovo Girolamo Bartolomeo Bortignon, incurante dei pericoli, si recò in piazza per baciare e benedire le salme dei partigiani.
    Il 26 aprile 1945 fu ordinata la mobilitazione generale partigiana, che portò all'aumentare della dotazione di armi e alla liberazione di vari detenuti politici. Il 2 maggio la città poté considerarsi sicura, con la consegna dei prigionieri nazisti agli Alleati, avvenuta in piazza Duomo.

    Dal dopoguerra al Duemila

    Il 25 aprile 1947 fu assegnata a Belluno la Medaglia d'oro al valor militare per l'eroica resistenza partigiana che si sviluppò sulle montagne nei dintorni della città e portò alla liberazione di quest'ultima. Riguardo agli sport invernali, nel 1953, in località Nevegal, si aprì un nuovo impianto sciistico, mentre nel 1956 Cortina d'Ampezzo ospitò i VII Giochi olimpici invernali: fu proprio il 27 gennaio di quell'anno che il presidente della repubblica Giovanni Gronchi visitò Belluno.
    Nel 1960 si iniziò la costruzione del nuovo Ospedale San Martino, il quale fu concluso a fasi alterne tra il 1967 e il 1988. Il 9 ottobre 1963 il disastro del Vajont distrusse Longarone e alcuni paesi limitrofi uccidendo quasi 2000 persone; l'ondata d'acqua riversatasi nel Piave causò gravi danni anche a Belluno, dove fu necessario un piano di ricostruzione del quartiere di Borgo Piave. Il 4 novembre 1966 un'alluvione colpì la città di Belluno e tutta la sua provincia, causando 24 morti, oltre a 15 000 alluvionati, 150 case e 17 ponti distrutti. La città si ritrovò con Borgo Piave allagata, gli acquedotti fuori uso così come i collegamenti ferroviari e telefonici.
    Il 26 agosto 1978 Albino Luciani, originario di Canale d'Agordo, patriarca di Venezia e già sacerdote a Belluno, fu eletto papa con il nome di Giovanni Paolo I: il suo fu un pontificato brevissimo, poiché morì appena 33 giorni dopo la sua elezione. Nel 1979 l'onorevole Gianfranco Orsini presentò una proposta di legge per attribuire competenze autonome alla provincia di Belluno nell'ambito della Regione Veneto; la proposta fu rifiutata più volte. Nello stesso anno la Pallavolo Belluno raggiunse la Serie A. Nel 1985 il Nevegal e Belluno ospitarono le Universiadi della neve, per i quali la città si dotò di alcune infrastrutture come la piscina comunale e il palaghiaccio (ora Spes Arena) in località Lambioi.
    Il 12 luglio 1993 fu istituito il Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi, che comprende i monti che si trovano sul confine settentrionale del comune. Nel 1998 fu inaugurato il parcheggio di Lambioi, il quale si dotò di scale mobili che arrivano direttamente in piazza Duomo. Nel 1999 Belluno venne scelta, da una giuria internazionale, come Città alpina dell'anno per il suo impegno nel mettere in atto la Convenzione delle Alpi.
    Tra il 15 settembre 2007 e il 6 gennaio 2008 palazzo Crepadona ospitò la mostra Tiziano: l'ultimo atto, nella quale furono esposte numerose opere dell'artista cadorino Tiziano Vecellio. La mostra ebbe una risonanza internazionale, come dimostrano le 124.333 presenze registrate[10].
    Nel 2009 le Dolomiti, compreso il monte Schiara che chiude a nord il territorio comunale, sono state inserite nel patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO. Sempre nello stesso anno, tra il 28 marzo e il 12 luglio, si è tenuta una mostra in onore di Andrea Brustolon, scultore e intagliatore bellunese, definito nel 1847 da Honoré de Balzac il Michelangelo del legno: le presenze totali furono di 26.461 visitatori.

    Monumenti e luoghi d'interesse

    Architetture religiose

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    Belluno vista dal col
    Visentin a ridosso
    dell'alpe del Nevegal

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    Palazzo dei Rettori

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    Le torri del Palazzo
    dei Rettori
    e dell'Auditorium
    in piazza Duomo

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    Il liston di Piazza dei Martiri

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    Scorcio su Piazza
    del Duomo col
    Monte Serva

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    Piazza dei Martiri
    innevata con la
    chiesa di San Rocco
    in primo piano

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    La facciata
    della cattedrale

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    • Il campanile di
    Filippo Juvarra
    Basilica cattedrale di San Martino: edificata sul luogo ove sorgeva un'antichissima chiesa paleocristiana, si hanno successive testimonianze di un edificio religioso costruito nell'850 ed intitolato a San Martino. L'attuale costruzione è la realizzazione di un progetto del 1517 di Tullio Lombardo, mentre il vicino campanile è di un periodo successivo: infatti il suo progetto, di Filippo Juvarra, venne realizzato tra il 1732 e il 1743, mentre la cupola si completò solo nel 1756.
    • Chiesa di Santa Maria delle Grazie: più comunemente nota con il nome di Battistero, questa chiesa si trova a pochi passi dalla Cattedrale. La funzione di Battistero venne assunta nel 1555 prima svolte nella chiesa di San Giovanni Battista, ed inoltre ereditò le funzioni e gli arredi della trecentesca chiesa di Sant'Andrea, dove era venerata l'immagine della madonna. L'attuale riedificazione è del 1896, mentre la chiesa ha subito un restauro nel 1970. L'edificio inoltre presenta due campanili laterali che sostituirono nel 1896 quello centrale, abbattuto perché molto danneggiato dopo il terremoto del 1873.
    • Chiesa di San Pietro: la data di inizio dei lavori risale al 1282, e questi durarono per più di quaranta anni, terminando solo nel 1326. Una prima ristrutturazione avvenne nel 1465, quando il Consiglio cittadino stanziò 500 lire per questo lavoro, mentre subì una totale demolizione negli anni trenta del XVIII secolo. Solo un ventennio più tardi venne ricostruita su un progetto del 1709 di Ludovico Pagani. L'attuale configurazione invece risale al 1882, in seguito ai danni provocati dal terremoto del 1873. Della costruzione originale conserva la sola cappella gotica ora inglobata nel Seminario Gregoriano attiguo. All'interno ospita opere di Sebastiano Ricci, dello Schiavone e di Andrea Brustolon.
    • Seminario Gregoriano: ancora attualmente attivo, fu tra il XII secolo e il 1806 uno dei più significativi luoghi di culto e di centro culturale per la popolazione bellunese. Ancora oggi è un'importante centro storico.
    • Ex Chiesa di Santa Maria dei Battuti: d'impostazione gotica, fu edificata intorno al 1330, e nel corso del secolo fu abbellita con vari dipinti ed affreschi. Nel 1415 venne completata la torre campanaria, mentre il presbiterio fu finito solo nel 1429. Durante il XIX secolo la chiesa fu ceduta al demanio e il portale gotico venne tolto dalla chiesa e collocato altrove. Attualmente della facciata resta solo il rosone centrale in pietra.
    • Chiesa di San Rocco: di aspetto rinascimentale in pietra bianca di Castellavazzo, fu costruita nel 1530 in onore del Santo patrono e guaritore degli appestati. Aperta al pubblico nel 1561, subì un restauro nella seconda metà dell'ottocento. All'esterno si notano due affreschi datati 1564, mentre all'interno sono da segnalare il tabernacolo dell'altare maggiore e il dipinto Assunzione di Cesare Vecellio.
    • Chiesa di Santo Stefano: dopo la delibera concessa nel 1463 per la sua costruzione, i suoi lavori partirono dal 1468, sull'antica chiesa di Santa Maria delle Grazie. I suoi lavori terminarono nel 1485, mentre nel 1480 era stato rinvenuto il sarcofago di Flavio Ostilio. La facciata principale, semplice e grezza, è fatta con pietra in vista, mentre il portone in bronzo è opera dello scultore Dante Moro. L'interno della chiesa, a tre navate, è suddiviso da alte arcate ogivali che sostengono volte a crociera. All'interno si possono trovare opere, tra gli altri, di Andrea Brustolon e della scuola di Tiziano Vecellio.
    • Ex Convento dei Serviti: adiacente alla Chiesa di Santo Stefano, il convento presenta un elegante chiostro iniziato nel 1462, in stile gotico, di forma quadrata, con una serie di arcate ogivali con colonne in pietra. L'edificio ospita attualmente l'Intendenza di finanza.
    • Chiesa di San Biagio: il luogo di culto più antico di tutta Belluno, è dedicata a San Biagio, medico che visse in Armenia tra il terzo e il quarto secolo.
    • Ex Collegio dei Gesuiti: il complesso venne eretto a partire dal 1704 su un progetto originale dell'architetto Andrea Pozzo con l'annessa chiesa, ridisegnata in forme più lineari nel 1714 dall'austriaco Matthias Gremsel. Nel 1773, con la soppressione dei Gesuiti, il complesso fu trasformato in scuola pubblica, ma venne requisito dai francesi nel 1797. Fu sede dell'Istituto Militare di Educazione Inferiore asburgico tra il 1854 e il 1862, mentre vi risiedette il Distretto Militare provinciale fino al 1995.
    • Chiesa di Santa Maria di Loreto: venne costruita tra il 1612 e il 1641 sul disegno del cappuccino Andrea da Venezia, a completamento dell'annesso convento delle Monache clarisse. La chiesa subì una risistemazione nel 1952 da parte di Alberto Alpago Novello, ma questi lavori conferiscono all'interno una certa disomogeneità stilistica. All'interno si trovano opere di Andrea Brustolon, Francesco Frigimelica il Vecchio e Antonio Lazzarini
    • Chiesa di San Nicolò in Borgo Piave: eretta nel 1361 su ordine di Nicolò Cursore. Durante il 1547, come testimonia Doglioni, la chiesa venne modificata dal rettore Domenico Faletro, quindi ora non ci resta nulla dell'originaria costruzione, che sicuramente non aveva grandi dimensioni.
    • Chiesa di San Giuseppe in Borgo Prà: eretta nel 1797, fu frequentata da personaggi illustri quali papa Gregorio XVI e Albino Luciani, futuro papa Giovanni Paolo I.
    • Chiesa della Beata Vergine della Salute: si trova nel porticato del palazzo Monte di Pietà; dotata di un piccolo ingresso, si nota sul fondo l'altare rialzato ed inquadrato tra due porte.
    • Significative sono anche la Chiesa di San Martino, con pale e segni di affreschi del seicento, nella frazione di Sopracroda, e la cinquecentesca Chiesa di San Micel dedicata al santo.

    Architetture civili

    Palazzi

    • Palazzo dei Rettori: edificio realizzato a varie riprese partendo dal 1409 fino al 1536, non si è ancora sicuri sul nome dell'architetto, che potrebbe essere o il veneziano Giovanni Candi o il fiorentino Lorenzo Ghiberti. Inoltre tra il 1536 e il 1547 venne innalzata la Torre dell'Orologio, su progetto del fiesolano Valerio da San Vittore. Fu sede per quasi quattrocento anni dei rettori di Belluno, attualmente ospita la prefettura.
    • Palazzo Rosso: edificio costruito nel 1833 dall'architetto feltrino Giuseppe Segusini, in stile neogotico, nell'area ove sorgeva l'antica sede comunale, la Caminada, riutilizzando anche il materiale ottenuto dalla demolizione di quest'ultima. Ivi si trova la sede del comune di Belluno.
    • Palazzo dei Vescovi-Conti: il primitivo palazzo venne edificato nel 1190, ma di questo non restano che i possenti muri nell'atrio di ingresso. Un richiamo alla struttura originale è la torre del lato nord, rifatta nel 1940 e conforme il più possibile alla forma originaria, mentre l'attuale edificio è del 1690 e venne ristrutturato nel XIX e nel XX secolo. Ospita l'Auditorium.
    • Palazzo Crepadona: palazzo nobiliare cinquecentesco, fatto costruire da Niccolò Crepadoni il quale unì insieme una serie di edifici precedenti, di cui l'altana conserva forse l'impianto di una delle antiche torri, che sopravanzavano le mura cittadine. Dal 1981 si trova al pianterreno il sarcofago di Tullio Ostilio. L'edificio ospita mostre, anche di livello internazionale, ed è sede della biblioteca e del centro culturale comunali.
    • Palazzo dei Giuristi: sede del Museo civico di Belluno, è stato eretto nel 1664 dal Collegio dei Giuristi. In stile rinascimentale, conserva numerosi reperti della storia di Belluno. Scelto come sede nel 1873, aperto al pubblico nel 1876.
    • Palazzo di Monte di Pietà: iniziata la sua costruzione nel 1501, sotto la spinta della predicazione di Elia da Brescia, venne completata nel 1531. All'epoca divenne il simbolo delle contestazioni contro il governo della città, anche se il Comune aveva stanziato una grossa somma di denaro per la costruzione. Conserva il portone originale rinforzato e una parte della decorazione.
    • Palazzo Costantini: si trova in Piazza delle Erbe, fu eretto dalla famiglia Costantini nel 1550 circa, sopra la "loggia di Foro", luogo aperto a pubbliche riunioni costruito nel 1347 e ristrutturato nel 1471. Riguardo al palazzo spiccano il bel Leone di San Marco e le trifore centrali al primo e secondo piano. Interessante il portico formato da quattro archi, due rinascimentali e due gotici, sotto i quali si nota un elegante balaustra in colonnine bianche.
    • Palazzo Batti Vinanti: edificio impreziosito da due trifore che scandiscono il ritmo ascendente del gotico veneziano. La facciata ha una composizione asimmetrica, infatti la trifora del secondo piano è più stretta rispetto a quella del primo, dove si trova anche un piccolo poggiolo, sulla sinistra delle trifore si trovano due monofore trilobate.
    • Palazzo Piloni: fatto costruire nel 1550 dalla famiglia Piloni, l'edificio è impostato su un largo portale in pietra, sormontato da un largo poggiolo in pietra e ferro, che delimita la facciata del piano terra costituita da bugne in pietra. Nella sala dell'ingresso centrale ci sono alcuni affreschi, rappresentanti le quattro stagioni, attribuibili a Cesare Vecellio.
    • Palazzo Regozza Longana: palazzo seicentesco che si apre su via Mezzaterra, presenta una facciata disposta su tre piani principali, in ciascuno dei quali ci sono tre trifore ad arco a tutto sesto centinato e definito da un architrave, di netta impronta seicentesca[17]. Si nota infine al primo piano un poggiolo a forma di pulpito con ringhiere in ferro battuto in stile rinascimentale.
    • Palazzo Reviviscar: del primitivo palazzo, andato distrutto in un incendio del 1933, non resta che la facciata, mentre il resto della costruzione era del 1400, e successivamente ampliato e abbellito alla fine dello stesso secolo. Il nome venne dat dalla famiglia Persico che possedeva il palazzo, successivamente alla morte dei due figli prematuramente, infatti reviviscar significava nel dialetto di allora "rinascere". Ai lati si alzano due altane ricordo delle torrette medievali; ora è sede dell'Associazione Industriali della Provincia.
    • Palazzo Doglioni: il palazzo conserva ancora tutto il suo splendore cinquecentesco: gli archi sono sostenuti da colonne rinascimentali, con i capitelli a volute ioniche. Il primo piano ha porte e finestre disposti a quadrifora, e i capitelli sono anche questi rinascimentali. Il secondo piano, nella sua semplicità, si rifà addirittura all'architettura del 1400. Il palazzo è ora sede della Banca Cattolica.
    • Palazzo Sammartini: palazzo di epoca cinquecentesca, sono state recuperate con un recente restauro le bifore e la loggia sul cortile interno. La facciata, di un caratteristico colore rosso, poggia su alti archi, mentre le slanciate serie di finestre e balconi aumentano la verticalità del palazzo, di tipico stile lagunare.
    • Palazzo Nosadani: una delle più antiche fabbriche della città, si erge sopra quattro colonne con dei bei capitelli a voluta ionica. Anche se è stato notevolmente rimaneggiato, lascia ancora intravedere la struttura a trittico del XIV secolo.
    • Ex Ospedale dei Battuti: già prima del 1360 si trovava su questo luogo un ospizio per poveri e viandanti, che è stato sostituito dal palazzo attuale costruito intorno al 1520, che divenne al tempo stesso ospedale e luogo di accoglienza per i forestieri. Mantenne questa funzione fino al 1793, quando l'ospedale venne trasferito in via Loreto.
    • Palazzo Grini: costruito durante il XVI secolo, si trova all'incrocio tra vicolo San Pietro e via San Pietro. Da notare la "Porta dei morti", un uscio laterale all'edificio che serviva per l'uscita dei feretri, quasi a non contaminare l'ingresso principale.
    • Palazzo Minerva: si tratta di un palazzo neoclassico, costruito alla fine del settecento, su progetto dell'architetto Francesco Maria Preti. Nel sottoportico un tempo erano murate due lapidi, in onore di due pittori bellunesi.
    • Palazzo Fulcis (chiamato anche De Bertoldi): il progetto della facciata è di Valentino Alpago Novello del XVIII secolo e gli interni sono stati affrescati da Sebastiano Ricci, mentre il resto del palazzo è del secolo precedente.
    • Palazzo Fulcis-Marchetti-De Faveri: palazzo costruito nel XVI secolo. Alla base uno spazioso portico è formato da colonne di pietra bianca di Pinè e da grandi archi a tutto sesto. All'interno è presente una affresco seicentesco, attribuibile alla scuola di Sebastiano Ricci.
    • Palazzo Pagani Cesa: costruito nel corso del XVIII secolo, presenta una grande armonia architettonica, accostabile senza dubbio a quella del Palazzo dei Rettori in Piazza Duomo, a cui forse si ispira. Caratteristici poi i numerosi abbaini e molto armonioso l'effetto delle colonne e degli archi ribassati, perfettamente proporzionati all'altezza della costruzione che non è appunto elevata.
    • Palazzo Barcelloni Corte: fatto costruire durante il XVI secolo dalla famiglia di spadai Barcelloni Corte, nel 1929 divenne sede dell'Istituto Nazionale fascista per la Previdenza Sociale. Fu poi sede dell'Esattoria Consorziale della Cassa di Risparmio.
    • Palazzo Bembo: fatto erigere nel 1568 dal vescovo Giulio Contarini per ospitare il Seminario dei Chierici. Trasformato nel 1750 dal vescovo Bembo, mantenne la funzione di seminario fino al 1793, quando venne ceduto dal vescovo Alcaini perché l'edificio avesse funzione di ospedale. Successivamente l'edificio è stato ampliato a nord, in tre fasi successive, in quella che oggi è detta Ala Caffi.

    Ville
    • Villa Fulcis Montalban: edificio del XVII secolo in località Safforze, posseduto fino al 1855 dalla famiglia Fulcis, in seguito dalle famiglie Miari-Fulcis e Montalban prima di essere ceduto al comune, consiste in un grande parallelepipedo a tre piani e tetto a padiglione, molto sviluppato in larghezza, ma relativamente poco profondo.

    Ponti
    • Ponte della Vittoria: realizzato tra il 1923 e il 1926 su progetto dell'ingegnere Eugenio Miozzi, si tratta di un ponte a campata unica in cemento armato, mentre le decorazioni (curate dall'architetto Riccardo Alfarè) sono in calcestruzzo. Il ponte si trova in zona Borgo Piave dove il fiume Piave compie un tratto rettilineo tra due anse, ed è percorribile al traffico solo verso il centro cittadino e non in direzione opposta.
    • Ponte degli Alpini: realizzato durante gli anni sessanta ed aperto al traffico nel 1971, collega le due sponde del torrente Ardo. Con la sua costruzione è stato aperto il nuovo tratto della strada statale 50, che evita così il centro cittadino. Nel 2009 si sono conclusi i lavori di ristrutturazione del ponte.
    • Ponte Vecchio: ponte costruito durante la dominazione austriaca tra il 1837 e il 1841 su progetto dell'ingegnere Zilli. Venne rifatto una prima volta dopo che tre arcate erano cedute nel 1872, ma crollò nuovamente nel 1882, e il punto di costruzione venne abbandonato perché risultava difficile l'innesto con la sponda sinistra. Solo durante la prima Guerra Mondiale, con il governo austriaco in città, venne ricostruito in quel punto un ponte in legno, però poi distrutto nella ritirata degli stessi austriaci il 1º novembre 1918. Attualmente dell'antico ponte resta solo la prima arcata sulla sponda della città.
    • Ponte di Borgo Prà: prima via di passaggio sopra il torrente Ardo, viene citato dai documenti storici una prima volta nel 1378. La struttura in legno del ponte crollò nel 1503, nel 1505 e durante la sua ricostruzione, questa volta in pietra, nel 1507. Il restauro più solido avvenne nel 1852, mentre nel 1908, durante una ricostruzione per alzare il livello della strada, il torrente in piena portò via le impalcature e il cassone della roggia, affiancando la struttura sul lato sud. Nel 1960 fu demolita la roggia e con essa il canale che volgeva a sud.
    • Ponte Dolomiti: attraversa il Piave partendo dalla sponda sinistra del torrente Ardo, unisce Punta dell'Anta, sulla sponda destra del Piave, alla Strada Provinciale n. 1 della Sinistra Piave (Via Antonio Miari).
    • Ponte dell'Anta: attraversa l'Ardo vicino all'immissione del torrente nel Piave.
    Ponte Bailey: attraversa il Piave vicino al parcheggio di Lambioi ed è un ponte provvisorio, creato per poter attraversare il Piave dalla sponda destra a quella sinistra dal momento che il vicino Ponte della Vittoria è percorribile solo verso il centro storico e via Miari è a rischio frane.

    Teatri
    • Teatro Comunale: costruito in stile neoclassico su disegno di Giuseppe Segusini tra il 1833 e il 1835, demolendo l'antico Fondaco delle biade, di misure molto minori. La facciata si ricollega ad altre opere che si trovano in Veneto e in Austria, mentre la scalinata di ingresso è caratterizzata da due leoni, rappresentanti la musica e la poesia. Gli interni del teatro vennero rifatti nel 1866, nel 1948 e un'ultima volta nel 1993.

    Architetture militari
    • Porta Dojona: prende il nome dal vicino torrione con cui costitutiva un complesso fortificato. L'arco interno venne innalzato nel 1289 da Vecello da Cusighe, mentre il raddoppio in stile rinascimentale è opera di Niccolò Tagliapietra nel 1553. La copertura di collegamento venne costruita nel 1609, mentre i battenti in legno si crede siano ancora quelli fatti costruire dopo l'assedio imperiale del 1509. La porta è stata recente oggetto di restauro.
    • Porta Rugo: accesso meridionale della città, vi passava la via di collegamento con l'antico porto fluviale di Borgo Piave. All'inizio del XIX secolo vennero abbattute alcune costruzioni difensive vicino alla porta, a noi rimane l'arco acuto interno duecentesco. Il progetto della facciata segue il progetto commissionato nel 1622 dal rettore Veneto Federico Corner realizzata in cotto e non in pietra. L'ultimo restauro avvenne nel 1902.
    • Porta Dante: fu inaugurata il 15 maggio 1865, nel sesto centenario dalla nascita del poeta. Essa sostituisce nel nome porta Renier, edificata con il rettore Renier nel 1669, il quale fece demolire la precedente medievale, detta d'Ussolo, usata come passaggio per i soldati.
    • Torrione: venne costruito probabilmente sulle rovine di un fortino romano, ma già nel cinquecento era nelle condizioni pressoché attuali. Dal camminato esterno dell'antico torrione si possono osservare la grandezza dell'opera difensiva e lo spessore delle vetuste mura. Attualmente l'accesso al torrione è interdetto al pubblico, in quanto di proprietà privata, e si teme per il suo futuro, visto il suo precario stato di conservazione.

    Altro

    Fontane storiche

    • Fontana di San Gioatà: si trova in Piazza Duomo. È sormontata dalla scultura di San Gioatà (co-patrono della città insieme al più celebre San Martino, le cui reliquie sarebbero state portate dall'Africa dal primo vescovo di Belluno, Teodoro). Dal punto di vista stilistico la fontana assomiglia a quella di Piazza Mercato (dedicata a San Lucano) ed è stata costruita, quasi contemporaneamente, nel 1411. Al centro della vasca è collocata una colonna sormontata da un capitello a forma di parallelepipedo. Sul lato ovest della fontana troviamo una data in stile gotico M CCCC LXJ; tale scritta è situata sulla pietra da cui escono le canne. Nella parte superiore del parallelepipedo, sempre sul lato ovest, si trova lo stemma di Belluno e le lettere C e B indicanti la città di Belluno. Sul lato sud troviamo un leone scolpito e lo stemma del rettore Benedetto Trevisan; a nord un altro stemma con le lettere C e B. Una delle canne da cui sgorga l'acqua è decorata, mentre le altre tre sono semplici.
    • Fontana di San Lucano: si trova in Piazza delle Erbe, ed è stata realizzata in una prima fase nel 1318 e risistemata successivamente nel 1410. Nel 1456 è avvenuta la rimozione dei basilischi, mentre tra il 1461 e il 1474 è avvenuta una completa ristrutturazione. La fontana è formata da un catino circolare suddiviso in dieci specchiature irregolari che poggia su un basamento di grandi lastre di pietra di Castellavazzo. Sulla cima della fontana si trova una copia ottocentesca della statua di San Lucano, mentre l'originale, del XV secolo e mutilata nel 1847 da un facchino, si conserva presso il Museo Civico di Belluno.
    • Fontana della Motta: si trova in via Andrea Brustolon, ed è stata realizzata nel 1561 da un autore sconosciuto. La fontana ha un bacino semicircolare addossato al muro, eccezionale per dimensioni e decorazioni rispetto alle fontane della stessa tipologia a Belluno. Lo spostamento dal luogo di origine avvenuto nel 1952 da piazza Mazzini all'attuale collocazione ne ha modificato l'immagine architettonica scenografica, ma non gli elementi strutturali e decorativi. Il vaso semicircolare è sormontato dal distributore a forma di arca e da un architrave sostenuto da una cariatide e da un talamone scolpiti in pietra. Due teste di gorgoni scolpite sostengono invece le canne dell'acqua.
    • Fontana di Sant'Elena: chiamata anche Fontana di Santa Maria dei Battuti, fu costruita nel 1554 presso la chiesa di San Pietro, ma poi spostata nel 1844 nell'attuale posizione, all'interno della piazzetta di Santa Maria dei Battuti. La fontana è sormontata da una copia novecentesca della statua di Sant'Elena, mentre l'originale si trova presso il Museo Civico. Sul dado da cui escono le spine per l'acqua sono incisi scudi e lettere, e sul lato Nord si riconosce lo stemma di Belluno.

    Monumenti
    • Monumento ai Caduti: si trova in piazzale Cesare Battisti, circondato da edifici del XIX secolo e del XX secolo. Questo monumento fu eretto nel 1895, con una statua di Piero Giacomini, scultore bellunese allievo di Luigi Ferrari.
    • Monumento a Calvi: il monumento intitolato a Pietro Fortunato Calvi, patriota italiano del XIX secolo, è stato eretto nel 1955 in piazzale Cesare Battisti, sotto gli alberi del giardino di destra.
    • Monumento del Bosco delle Castagne: il monumento è stato eretto sul colle dove dieci partigiani furono impiccati dai tedeschi, per rappresaglia, il 10 marzo 1945. Si trova nelle vicinanze di Belluno, in località Vezzano.

    Eventi
    • Sagra de i Fiŝciòt ("dei fischietti") è senza dubbio la più caratteristica fiera della città: si svolge due domeniche prima di Pasqua. La consuetudine (nata nel 1716) relativa alla festa, nata come religiosa, prevede una lunga processione con la statua della Madonna Addolorata che durante l'anno è custodita in una cappella laterale della chiesa di Santo Stefano. La festa prevede una fiera con numerosi stand gastronomici e di artigianato locale. Alla sera la città viene illuminata da una festa di fuochi pirotecnici.
    • Fiera di San Martino, patrono della città, si svolge a novembre e prevede, oltre alla già citata ex tempore internazionale di scultura su legno, un mercatino dell'antiquariato e di degustazione dei prodotti locali con le immancabili castagne accompagnate da vino novello (un motto bellunese legato a questa festa è infatti "San Martino castagne e vino").
    • Oltre le vette: metafore, uomini, luoghi della montagna, è una rassegna annuale che racchiude una serie di eventi sulla cultura della montagna. Della durata di due settimane, si svolge durante le prime due di ottobre, in varie sedi cittadine tra le quali il Teatro Comunale, Palazzo Crepadona e l' Auditorium.

    Personalità sportive legate a Belluno
    Gli alpinisti Roberto Sorgato ed Aldo De Toffol sono nati e cresciuti nella città capoluogo. Oscar De Pellegrin, Campione Paralimpico nel tiro con l'arco, è nato a Belluno e risiede nel quartiere bellunese di Sopracroda.

    Edited by PatriziaTeresa - 17/3/2015, 12:41
     
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