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Acri

Provincia di Cosenza

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  1. Isabel
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    Acri

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    - Fonte - Fonte - Fonte -

    «Bella la patria mia coi i suoi vigneti, col suo vecchio Castello e suoi torrenti; limpide son le sue fontane, e i venti sospirano di amor per gli uliveti. Di monti coronata e di querceti, sfido l'ira dei nembi e dei potenti; culla di forti, di impavidi ed ardenti di martiri, di santi e di poeti». V.Julia

    Acri (Eakr o Eakri in dialetto locale) è un comune italiano di 21.135 abitanti della provincia di Cosenza in Calabria. La città è situata a 720 m s.l.m. ai piedi della Sila e della montagna della Noce, il suo territorio si estende per oltre 20.000 ettari.

    Geografia

    Il clima prevede inverni rigidi, durante i quali possono verificarsi precipitazioni nevose ed estati calde. Si ritrovano boschi di castagno, foreste di pino silvestre, pino mugo, pino nero calabro, ginestra italica, malva selvatica, e di erica, e di acacia.

    Storia


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    Panorama
    Recenti ritrovamenti archeologici permettono di far risalire l'origine dei primi insediamenti urbani nel territorio di Acri all'Età del Bronzo, o quantomeno all'epoca precedente la colonizzazione ellenica del Meridione. Controverso è, tuttavia, se Acri sia identificabile con le più tarde, antiche città greche di Acheruntia o di Pandosia. Edificata su colli impervi, in prossimità del confine orientale dell'altipiano della Sila, Acri, al pari di molte località montane italiane, ha lungamente sofferto delle cattive comunicazioni con i principali centri delle zone di pianura. Questa condizione di millenario isolamento, interrottasi definitivamente soltanto con l'avvento del trasporto su rotaia prima, poi dell'automobile, ha relegato Acri in un ruolo di secondo piano nella vita politica ed amministrativa della regione circostante, malgrado il numero elevato di abitanti e la ricchezza ed ampiezza del territorio silano, ricco di legname e di risorse minerarie. Per tale ragione, la storiografia ha trattato di Acri solo marginalmente ed in rare occasioni. La principale di esse è rappresentata dalle guerre dinastiche, di successione, dalle congiure e rivolte,che insanguinarono il Regno di Napoli per oltre un secolo, dalla fine del trecento agli inizi del cinquecento, e segnarono la fine della sua autonomia ed indipendenza politica col passaggio dalla dinastia angioina a quella aragonese, e, successivamente, a quella asburgica. Con riferimento a tale, travagliato periodo, Acri viene menzionata dal celebre storico ed umanista Giovanni Pontano nella sua opera in sei libri, scritta in latino, "De Bello Neapolitano", che narra della guerra combattuta tra il 1458 ed il 1465 tra re Ferrante I, della dinastia aragonese, ed alcuni potenti feudatari che gli si erano ribellati, fautori del partito angioino. Pontano narra dell'assedio di Acri, avvenuto tra il 1461 ed il 1462, da parte delle truppe aragonesi comandate da Tommaso (Maso) Barrese. Questi, dopo aver occupato facilmente la vicina città di Bisignano, scarsamente difendibile per via della sua posizione prossima alla pianura della Valle del Crati, si era diretto alla volta di Acri, nella cui rocca, eretta sulla sommità del ripido colle di Padia, si era rifugiato il capitano angioino Battista Grimaldi. Prima della diffusione dell'uso delle artiglierie, un castello come quello di Acri costituiva, per milizie e bande scarsamente dotate di macchine ossidionali, composte da un'alta aliquota di cavalleria e da un numero limitato di fanti, un ostacolo difficilmente superabile se non a prezzo di un assedio molto lungo, essenzialmente basato sul blocco e la successiva presa per inedia e sfinimento degli avversari. Pontano racconta, tuttavia, come Barrese sia riuscito ad avere la meglio sui difensori in tempi brevissimi, grazie alla conoscenza dei luoghi da parte di un fuoriuscito, tal Milano o Melano, che guidò gli aragonesi, nottetempo, a sopraffare un posto di guardia tenuto da un certo Gatto, comandante di una "centuria" degli assediati. Alla cruenta lotta nel buio, nel corso della quale Grimaldi ed i suoi si diedero alla fuga, abbandonando i cittadini acresi al massacro, fece seguito il supplizio di Niccolò di Chiancioffo o Ciancioffo, notabile locale, che il Barrese fece segare in due.

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    Quartiere Picitti-Santa Croce
    Dobbiamo, forse, proprio a questo esempio di particolare crudeltà, se il grande storico delle guerre napoletane si sia soffermato sull'assedio di Acri, episodio, tutto sommato, minore, tra quelli che hanno caratterizzato le lotte civili quattrocentesche nel Regno di Napoli. È, peraltro, utile ricordare che il fratello di Maso Barrese, Giovanni, appena pochi mesi prima del supplizio inferto a Chiancioffo, era stato altrettanto crudelmente ucciso dai fautori del partito angioino sulla piazza della cattedrale di Cosenza. L'esecuzione di Chiancioffo avvenne, quindi, per ritorsione, secondo lo schema di vendette e rappresaglie tipico delle guerre civili. Dopo l'esecuzione di Chiancioffo e la cacciata degli angioini, Acri passò sotto il controllo del partito aragonese, localmente capeggiato dai fratelli Carlo, Troiano, Placido e Sebastiano Salvidio, esponenti di una famiglia acrese di rilievo. Costoro, a seguito dell'invasione del Regno di Napoli da parte di Carlo VIII (come si evince dai privilegi loro concessi da re Federico d'Aragona, nel 1497) si erano posti al seguito di Consalvo di Cordova, capitano generale dell'esercito aragonese. Dopo avere per qualche tempo presidiato Cerchiara e Casal Nuovo, i Salvidio, all'avanzare dei francesi, si chiusero nella rocca di Acri. L'assedio avvenne nel 1496 e fu di breve durata, perché le truppe di Carlo VIII disponevano di artiglieria. Catturati, Carlo e Troiano vennero gettati in prigione, donde uscirono solo al ritirarsi delle truppe francesi, di lì a qualche mese. Sebastiano e Placido furono uccisi. Stando al cronachista locale, Raffaele Capalbo, che scrive dell'episodio ai primi del XX secolo con una prosa confusa e priva di riferimenti precisi, i loro corpi, smembrati, sarebbero stati posti a marcire nel letame. Dopo questo episodio, Acri ripiomba nell'oblio da parte della storiografia maggiore. La città diede i natali al Beato Angelo d'Acri, al quale è intitolata la Basilica che si erge nell'antico rione dei Cappuccini, dall'ordine dei frati che abitano nel contiguo convento. Fu la patria dello scrittore Vincenzo Padula, conosciuto come il "prete rosso", uomo di cultura e autore di opere in vernacolo e in italiano, e fu il luogo da cui partì Gianbattista Falcone, eroe scomparso nella battaglia di Sapri; fu la patria dei fratelli Sprovieri: Vincenzo, patriota ed eroe garibaldino, con il grado di colonnello, fu poi senatore del regno, prese parte ai moti del 1847-48 e seguì Garibaldi nel 1862, fu comandante in Trentino del 6° Reggimento Volontari; Francesco fu deputato, senatore a vita e giurista dal 1819-1874. Fra i vari personaggi illustri della città, spicca Vincenzo Julia Acri (1838-1894), poeta, filosofo e letterato: si ispirò a Ferdinando Balsamo (suo zio), di educazione religiosa e iniziato agli studi di giurisprudenza. Vincenzo, di idee liberali, fu sospettato di cospirazione antiborbonica, fu amico di Giovan Battista Falcone, e fece parte del "Vernacolo Di Acri" nel 1808. Fu la patria del "Venerabile" Monsignor Francesco Maria Greco (1857-1931) e della "Serva di Dio" Suor Maria Teresa De Vincenti (1872-1936), fondatori dell'ordine religioso Suore Piccole Operaie dei Sacri cuori di Gesù e Maria e dello scrittore, critico letterario,attore, Vincenzo Talarico I palazzi nobiliari più importanti sono tre: Palazzo Dodaro della prima metà del 1800 in via S. Pietro; Palazzo Sprovieri, della seconda metà del 1700 in via V. Sprovieri; Palazzo Feraudo, della prima metà del 1800 in via Baffi.

    l Brigantaggio in Acri - L'incursione della banda Jaccapitta

    - Fonte -

    Nel 1806 Acri dovette subire l'incursione di una selvaggia orda di briganti che, intenzionati a dirigersi verso la vicina Bisignano, si fermarono in città. Si trattava di un gruppo forte di ben tremila uomini che, al seguito di Jacapitta, erano discesi con l'intenzione di distruggere la città di Bisignano, provenendo perlopiù dalle selve cosentine e dai casali intorno Cosenza. Depredata Acri, e macchiatisi di terribili atti di crudeltà, si diressero verso la loro meta. Ma giunti nei pressi di S.Domenico di Bisignano, si ritrovarono fra due fuochi: le forze del Bagnanich e quelle del Benincasa, appoggiate da tutta la popolazione, comprese alcune donne spinte dall'esempio di donna Rachele Benincasa che si schierò al fianco del fratrello Giuseppe. Si ritirarono così verso i monti acresi. Il Misasi così descrisse nel Giornale d'Italia il 3 ottobre 1909: «Così la nobile città di Bisignano si coprì di gloria, così come quando scese nei piedi del Crati ed arrestare col suo valore la furia dell'esercito dei Saraceni», rifacendosi a una sollevazione in armi (secoli X-XI) dei bisignanensi e degli acresi grazie ai cui eserciti - scrive sempre il Misasi - «i quali si sollevarono in armi contro i Saraceni, facendo argine alla loro invasione, questi non avrebbero proceduto oltre alla conquista dell'Italia!». Gli esuli acresi Vincenzo Astorino, Luigi Sprovieri, Filiberto Parvolo, che con le loro famiglie avevano trovato riparo ed ospitalità in Bisignano, sotto la scorta armata del distaccamento di Bisignano, partirono alla volta di Cosenza per informare le autorità dei luttuosi eventi nella loro disgraziata terra. Il 30 agosto parti il generale Verdier al comando di un distaccamento di 1500 uomini, a cui si affiancò la guarnigione di Bisignano. Il generale Verdier decretò l'assedio e la distruzione della città, il cannoneggiamento iniziò dal monte di Serravuda, verso i quartieri di Padia e di San Pietro, ma la catastrofe fu scongiurata grazie al provvidenziale intervento del comandante Giacomo Berlingieri e di altri acresi che, al seguito del generale Verdier, militavano nelle armate napoleoniche. Alcuni briganti, confusi nella enorme folla degli acresi, furono individuati, catturati e giustiziati per impiccagione dal Generale Verdier nella piazza antistante la chiesa di San Domenico in Acri. I briganti Tommaso Padula, Domenico Ofrias e Jaccapitta nascostisi nelle campagne circostanti, furono scovati e giustiziati dalla compagnia di Bisignano, nel luogo chiamato "Largo dell'Olmo". Il Padula e l'Ofrias furono squartati e spaccati a metà, quindi caricati su due asini e portati ad Acri i lombi dove i briganti avevano saccheggiato e barbaramente ucciso molti cittadini. Ad Acri, in catene, fece il suo ingresso Jacapitta, il feroce brutale e sanguinario brigante che aveva crudelmente infierito contro i corpi martoriati delle vittime di Acri, macchiandosi perfino di efferati atti di cannibalismo... Legato e trascinato nella piazza,(oggi piazza Monumento,dedicata a Gianbattista Falcone) fu posto in mezzo a quattro roghi. Il Jaccapitta, imprecando e bestemmiando, saltava dall'uno all'altro rogo, tentando di sottrarsi al supplizio, mentre gli astanti lo colpivano alle gambe con delle scoppiettate. Stremato, alla fine, con un grido selvaggio s'accasciò tra le fiamme che lo ridussero in cenere. (Capalbo. Memorie Storiche di Acri - Rosario Curia, Bisignano). La banda di Re Coremme Nell'agosto dello stesso anno, scendendo dalle montagne di Acri, tentò di impossessarsi di Bisignano il capo brigante Antonio Santoro detto Re Coremme. Era un contadino analfabeta, ma scaltro ed estremamente coraggioso. Cessata la resistenza borbonica in Calabria, aveva organizzato una formidabile banda con la quale intendeva continuare, a modo suo, la guerra ai francesi, in nome del re legittimo Ferdinando di Borbone che da Palermo lo aveva nominato tenente colonnello. Il Santoro, come primo atto della campagna militare, occupò Longobucco, il suo paese natale, e ne fece la sua roccaforte, autoproclamandosi Re Coremme. Assaltata Acri durante la notte e piegati gli amministratori alla sua volontà, si mosse da questa nuova base per seminare morte e terrore e sbaragliare i suoi nemici "i rivoluzionari antiborbonici", fiancheggiatori dei francesi. Per conquistarsi lo sbocco al mare, progettò la presa di Rossano e Corigliano, all'epoca, insieme ad Acri, le città più popolose del cosentino. Nel suo tentativo fu colto di sorpresa dalle truppe del generale Verdier che riuscirono a disperderne la banda. Il Santoro, ormai in precipitosa fuga, perduto ogni contatto col grosso dei suoi uomini, si imbatté, nei pressi di Pagliaspito, dalla squadra civica di Santa Sofia d'Epiro comandata da Giorgio Ferriolo. Era il 13 agosto 1806 e Santoro fu catturato, insieme al suo piccolo stato maggiore, composto dal fratello e da alcuni uomini fidati. Rinchiuso in una celletta isolata, il Santoro riuscì ad evadere, raggiungendo nottetempo Acri. Intanto, quello stesso giorno, il fratello ed altri quattro briganti, rimasti in carcere, per evitare altre evasioni, furono condotti sotto buona scorta a Bisignano dove furono giustiziati. La notizia dell'esecuzione scatenò la rabbia estrema del Santoro che si decise ad infliggere la sua feroce vendetta ai paesi di Santa Sofia D'Epiro e Bisignano. Riorganizzata la sua banda, il 18 agosto si risolse a marciare su Santa Sofia, seminando morte e distruzione. Vittima illustre del suo sterminio fu il Vescovo Francesco Bugliari rettore del collegio Italo-Albanese.

    Numerosi sono i luoghi di culto presenti nella città:


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    Santuario del Beato Angelo

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    Chiesa San Francesco di Paola

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    Chiesa Madonna del Rinfresco

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    Palazzo Sanseverino Falcone

    • Chiesa della Madonna del Rinfresco, edificata dal parroco Giacomo De Piris nel 1521.
    • Chiesa e convento di San Francesco di Paola.
    • Basilica del Beato Angelo d'Acri.
    • Chiesa di Santa Chiara.
    • Chiesa dell'Annunziata, la cui prima citazione storica è ad opera del vescovo Ruffino nel 1269, peculiare il campanile su tre piani in pietra bianca. Al suo interno si ritrovano affreschi di Raffaele d'Alvisio,nella chiesa antica ora trasformata in sacrestia, fu scoperto recentemente un affresco di stile bizantino-gotico raffigurante la deposizione di Gesù Cristo sul Golgota di artista ignoto, in basso diciture in gotico antico in parte mutilita.
    • Chiesa e convento dei Padri Cappuccini del 1590 grazie a don Antonio Le Pera, contava fra le altre cose 18 celle, il refettorio,il laboratorio e la foresteria, si ritrovano all'interno del chiostro opere di un artista sconosciuto dei primi del 1700,nei pressi dell'altare vi è una statua, la Madonna dei Bisogniconsegnata al popolo di Acri dal Beato Angelo da Acri.
    • Chiesa di San Nicola Ante Castillum (San Nicola di Mjra) Ricostruita nei primi del Quattrocento, probabilmente edificata intorno al X-XI secolo. Tale epoca è stata valutata osservando l'arco a sesto acuto di tufo, dove, in forma molto simile, è presente anche nella Cattolica di Stilo di Rossano. Nella platea del Vescovo Ruffino viene menzionata la riapertura al culto dopo il terribile terremoto del 1080-1081, e la consacrazione di cinque preti di rito greco.
    • Chiesa di Santa Maria Maggiore, elencata nella platea duecentesca del vescovo Ruffino da Bisignano del 1269 vi si ammira sia lo stile romanico che barocco, la volta un tempo dipinto per via di un incendio (del 1780) è andata perduta, ma venne poi ricostruita. Durante i lavori del 2004 e successivamente in quelli del 2007 si fecero numerose scoperte sull'edificio,che datano con certezza la chiesa al periodo protocristiano.
    • Chiesa di Santa Caterina, dedicata originalmente a Sant'Agostino, venne probabilmente costruita intorno al 1500. Distrutta in parte dal terremoto del 1638, grazie all'opera di Giuseppe Leopodo Sanseverino, principe di Acri e Bisignano venne restaurata. Si ritrovano una tela di Cristoforo Santanna (1767), una tela del trionfo della croce di artista ignoto del XII secolo, un olio su tela del XVI secolo, ed una tela di Santa Caterina del XVII secolo.
    • Chiesa di San Nicola da Belvederein antico titolata (San Nicola del Campo) di antico rito greco, situata nell'antico quartiere Casalicchio (da piccolo casale) è presente nella platea del vescovo Ruffino da Bisignano, con descrizione della sua riapertura al culto, dopo il terribile terremoto del 1080, di tale chiesa si racconta per la prima volta nel 1070 in occasione del regalo che la Regina Giovanna d'Angiò fece al conte Simone Cofone di Acri e di Padia. Sull'edificio si trova un piccolo campanile costruito in mattoni e pavimento colorato e un bassorilievo che raffigura San Nicola che impugna una grande chiave sul portone d'ingresso.
    • Castello di Acri
    • Palazzo Sanseverino-Falcone
    • Palazzo Julia
    • Palazzo De Simone-Julia
    • Palazzo Spezzano
    • Palazzo Padula
    • Palazzo Astorino Giannone
    • Palazzo Civitate




    Fiumi, sorgenti e fontane

    - Fonte -

    Il territorio è solcato da due fiumi maggiori: il Mucone e il Chalamo e quattro fiumi piu piccoli di una certa lunghezza: il Cieracò, il Duglia (fiume degli schiavi) affluente del Crati (km 51,59), il San Martino, il Coriglianeto che sbocca nel mare Ionio, nel 1400 chiamato( Lucifero), il Chàdamia, il Trionto, antico (Trantes o Taetris), il Galatrella (km 42,47) nel medioevo (Garlathio), ed molte altre fiumare minori. Il territorio di Acri è ricco di acque potabili, che non a caso veniva chiamato dai Romani Idrusia, e cioè "La città delle acque", caratterizzata da diverse fontane disseminate su tutto il territorio. Fra queste le più antiche sono la Fonte del Rinfresco e la Fonte di Pompio, oltre a due fontane antichissime del popoloso quartiere San Domenico, la fonte del Rinfresco è ubicata nei pressi dell'antico borgo della Judeica, si ritiene realizzata proprio dai Giudei, intorno all'anno 1000 dove nei pressi prima era situato l'antico quartiere ebraico; la seconda è soprannominata dal popolo "Gnesa", nella tradizione popolare si racconta che una bella fanciulla di nome Agnese, di cui si ammirava il suo bel di dietro, contrastante con quello della sorella Rosa, brutto e foruncoloso, spinta da tante lodi per il suo fondo schiena, volle specchiarsi, ma non avendo lo specchio, pensò di farlo nelle limpidissime acque della fontana, alzandosi le vesti,in realtà quelle erano acque lustrali ed erano sacre a Hermes Psicopompo. Le rimanenti due fontane sono poste a poca distanza l'una d'altra in un luogo che in antichità era una via importante di comunicazione, via Roma (antica via San Domenico) situata pressi del complesso conventuale della chiesa di San Domenico e del palazzo fortezza attuale sede della Comunità Montana Destra Crati, sulla dorsale destra e sinistra del fiume Chalamo, presenta una lapide marmorea del 1700 posta dai sindaci reggenti che ne dichiaravano le virtù curative per gli ammalati e gli animali e la realizzazione del nuovo ponte sul fiume Mucone, per permettere i carriaggi l'attraversamento, nei lunghi mesi invernali quando il fiume era impraticabile. Un'altra fonte è quella di Turritano, (luogho della torre) che sgorga dalla montagna di Serra di Buda. Un'altra fontana storica è quella detta "dell'Acqua nova" o dell'Annunziata, perché posta nelle vicinanze della chiesa dell'Annunciazione,questa fontana fu realizzata nel 1889. Tutto l'altopiano della Sila Greca era dal poeta e storico Norman Douglas definito un tempo "Il Granaio della Calabria"; oggi è in buona parte disseminato di boschi di conifere, e la brulla pianura è cosparsa da corsi d'acqua. Risalendo questa zona si raggiunge una vetta conosciuta con il nome di Scangiamoneta, ed ancora più in alto si può raggiungere quota 1.481 metri, giungendo così alla cima del monte Paleparto (in antico Palepatos), un luogo ideale di grande bellezza naturalistica che spazia su paesaggi montani e fra i più belli di Calabria, e forse ancora incontaminati in Italia.

    Economia

    Nel territorio di Acri si coltivano l'ulivo, il castagno, il noce, il ciliegio, il nocciolo, la vite e nella zona silana il melo, il pero, il susino, il ciliegio selvatico (amarello), il grano, il mais, la patata. Fiore all'occhiello del territorio e la produzione di salumi di ogni genere di cui Acri vanta un’esperienza millenaria. Fiorenti sono le attività artigianali, sono presenti sul territorio delle aziende industriali di media e piccole dimensioni. Dal medioevo fino ai primi del 1940 la città vantava una fiorente lavorazione del baco da seta, che fu poi abbandonata con l'avvento della seta sintetica e della seta cinese, che decretò la fine di molti opifici e setifici presenti sul territorio (attualmente è in fase sperimentale presso la Cooperativa Sociale Don Milani ad Acri insieme ad alcune scuole ad uso didattico formativo, in località Santo Zaccheria, la cultura del baco da seta, e l'impianto di una discreta quantità di alberi di Gelso necessari all'accrescimento del bozzolo). E' inoltre iniziato da qualche mese l'allevamento sperimentale del suino nero calabrese, presso il centro sperimentale E.S.A.C nell’ex struttura dell’ex salumificio cittadino, in contrada finocchio ad Acri.

    Personalità legate ad Acri
    • Beato Angelo d'Acri, prelato
    • Charles Atlas (Angelo Siciliano), bodybuilder italo-americano
    • Biagio Autieri, poeta
    • Alfonso Azzinnari, poeta
    • Gaetano Azzinnari giurista
    • Raffaele Capalbo, scrittore e letterato
    • Giovan Battista Falcone, patriota
    • Luigi Giannone, patriota
    • Francesco Maria Greco, fondatore della congregazione delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori
    • Biagio Grandinetti fondatore dell'ordine delle domenicane di Acri
    • Antonio Julia, poeta e scrittore
    • Vincenzo Julia, poeta, filosofo e letterato
    • Vincenzo Padula, presbitero, letterato e patriota
    • Giuseppe Pancaro, calciatore
    • Fabio Roselli, calciatore
    • Francesco Sprovieri, eroe garibaldino, deputato del Regno d'Italia e presidente del consiglio regionale
    • Vincenzo Sprovieri, eroe garibaldino
    • Vincenzo Talarico, scrittore, critico letterario e attore
    • Silvio Vigliaturo, pittore, scultore e maestro vetraio
    • Giuseppe Scaglione, architetto, docente universitario
    • Natale Fusaro, avvocato, criminologo, docente universitario


    Tutte le chiese

    Tutti i palazzi

    Tutti i castelli

    Tutte le torri



    Edited by Isabel - 15/11/2014, 14:33
     
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  2. AntonellaF73
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    Bella la Calabria!
     
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1 replies since 13/5/2011, 15:37   1127 views
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