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Castelsilano

Provincia di Crotone

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  1. Isabel
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    Castelsilano

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    Castelsilano (fino al 1950 Casino) è un comune di 1.273 abitanti della provincia di Crotone.

    Storia

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    Castelsilano chiamato originariamente Castrum Casini, e successivamente Casino, poiché sul borgo si ergeva un castello fatto costruire nel 1685 da Scipione Rota, principe di Acherentia, attrattovi dalla salubrità del clima e dall’amenità del luogo. Attorno al castello del Principe, vennero edificati casolari per ospitare contadini e pastori al suo servizio. La data di nascita ufficiale del paese risale agli inizi del 1700, anche se come detto già negli ultimi anni del 1600 vi era stato edificato il castello con alcuni casolari. Casino fù casale dell’antica Acherenthia (Cerenzia vecchia), infatti il bollo di bronzo che si conserva nel Municipio di Cerenzia indica testualmente: “Città di Acherenthia col suo casale di Casino”. In seguito sotto il dominio dei borboni del Regno di Napoli, Casino venne considerata una Università del governo di San Giovanni in Fiore, e con decreto del 4 Maggio 1811, istitutivo dei comuni, Casino venne staccato definitivamente da Cerenzia ed innalzato al grado di Comune. Il Decreto, con il quale si istituiva Casino (Castelsilano) a Comune, risale al 14 agosto 1811, firmato da Gioacchino Murat. In seguito, nel 1816, Casino venne trasferito dalla provincia di Cosenza in quella di Catanzaro. Il 20 marzo 1950 con decreto del Presidente della Repubblica, il nome di Casino venne tramutato in Castelsilano. Le origini di Castelsilano sono recenti. Nella seconda metà del XVII secolo, per volere della dinastia feudale dei Rota, futuri principi di Cerenzia e signori di quelle terre, venne costruito, nel sito dove oggi si trova il centro abitato, un castello da adibire a casino di montagna per le loro lunghe battute di caccia.Attratti dalla salubrità del clima e dall’amenità del luogo, i feudatari permisero in seguito la costruzione, intorno al maniero, di alcuni casolari (le abitazioni dei contadini e dei pastori al loro servizio). Da qui ebbe origine il borgo di Castrum Casini, successivamente chiamato Casino. Secondo alcune fonti, tra le quali il Valente, il feudatario responsabile della costruzione di tale borgo sarebbe tale Scipione Rota, ma il suo nome non compare nella ricostruzione della successione feudale di Cerenzia proposta dal Pellicano Castagna. Fu casale di Cerenzia (come si legge in un bollo bronzeo conservato nel comune di Cerenzia) e ne seguì le vicende feudali fino al 1806. Per il nuovo ordinamento amministrativo introdotto dai Francesi, in data 19 gennaio 1807 Casino diventò università del governo di San Giovanni in Fiore. Nove anni più tardi, con l’istituzione delle Provincie di Catanzaro e Reggio Calabria, Casino fu annessola territorio catanzarese e compreso nel circondario di Umbriatico. Con un decreto del presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il 20 marzo 1950 il piccolo centro assunse il nome di Castelsilano e nel 1992 fu trasferito nella provincia di Crotone.
    • Durante gli eventi successivi alla strage di Ustica si verificò un episodio che si presume legato ad esso: la caduta di un MiG-23 dell'aviazione libica, che attirò l'attenzione di tantissimi giornalisti, curiosi, poliziotti e agenti segreti

    Personaggi legati a Castelsilano
    • Il brigante galantuomo “malucore” o “bonucore” - Lo chiamavano “Malucore” i ricchi ed i notabili del nostro paese, mentre i poveri contadini, “i tamarri” lo chiamavano “bonucore”, perché il brigante li aiutava e li difendeva dai soprusi dei padroni. E molto spesso i padroni, i signorotti pagavano amaramente le loro malefatte ai danni della povera gente! Una volta, un ricco possidente di Castelsilano, proprietario di una grossa mandria di pecore e di vacche, scontò amaramente i soprusi contro la povera gente. I vaccari ed i pecorai che servivano i possidenti, erano costretti a dormire negli affumicati pagliai (capanne di frasche a forma di cono) sopra un pagliericcio (un sacco di paglia), avendo come unico vantaggio, quello di scaldarsi i piedi accanto al fuoco; tuttavia, durante la transumanza i poveri vaccari e pecorai erano sottoposti a indicibili fatiche. Due o tre volte l’anno, essi potevano fare ritorno alle loro misere case per portare in famiglia “l’annata” (poche lire, qualche pezzo di formaggio, della lana, alcune ricotte e del grano). Solo in quell’occasione potevano fare all’amore con la propria donna, che provvedeva per quella occasione, a mettere “u spruvieri”, un apparato di lana, appeso al soffitto, che, oltre a riparare dal freddo, aveva come scopo principale quello di nascondere il letto dallo sguardo dei figli, dal momento che la famiglia possedeva un solo vano, di solito un seminterrato “catuoju”. Si racconta che, una sera d’ottobre, un anziano vaccaro, ritornò al pagliaio infreddolito e febbricitante, e accostandosi al focolare con il suo pagliericcio, vi si buttò sopra, coprendosi con un vecchio mantello; durante la notte la febbre aumentò e comparvero dolori atroci. Allo spuntare dell’alba, l’anziano vaccaro, stremato dalle forze, pregò il capo mandria “caporale” di dispensarlo dal lavoro. Il caporale, per tutta risposta, rifiutò la richiesta del vaccaro, mandandolo al pascolo. Durante il giorno la febbre continuò a divorarlo, tanto da non riuscire a mangiare il tozzo di pane di segale che aveva portato con sé. Anticipando il ritorno al pagliaio, attirò contro di sé le ire del caporale, che, appena lo vede arrivare, gli tirò alcune sferzate con la cinghia di cuoio, la cui fibbia di ferro gli ferì l’orecchio. Il povero vaccaro, accasciatosi al suolo, con il volto tra le mani cercò di fermare l’emorragia, piangendo dal dolore. La febbre continuò a tormentare il povero uomo per tutta la notte; il mattino seguente, il caporale, vista la sua incapacità di condurre la mandria al pascolo, afferratolo per un braccio, lo mandò via. Intrapreso un sentiero sconosciuto, il vaccaro si trascinò il più lontano possibile da quel luogo e venne trovato a sera tarda dalla banda del brigante “bonucore”, il quale lo ospitò nella sua grotta, facendolo riposare, nonostante tutto la febbre aumentò ed egli dopo due giorni morì. Il brigante “bonocore” , pieno di rabbia e di compassione, il giorno successivo si recò con la sua banda dal caporale, il quale era intento alla lavorazione del formaggio, e il recipiente del latte “caccavu” era ancora caldo. Il caporale, appena vide “malucore”, tutto premuroso gli offrì del formaggio, ma il brigante con tono serioso si rivolse a questi chiedendo del povero vaccaro ammalato, con chiara aria di sfida. Il caporale rispose che era partito per Casino, ma il brigante gli disse che non aveva detto la verità perché lui stesso lo aveva trovato morente. Il caporale negò tutto, ma il brigante propose di ascoltare lo sguattero Luiciuzzu, infatti un vecchio proverbio recita: “Si vò sapire e cose d’ù pagliaru, addimmanna ‘ù quatraru”. Lo sguattero, davanti al caporale confermò tutto e fu rassicurato dalla protezione del brigante, poiché d’ora in avanti non avrebbe più subito le angherie del caporale. Il caporale, che aveva ormai capito le intenzioni del brigante, cominciò a tremare, e rivolgendosi al brigante lo implorò di risparmiargli la vita. Ma le sue implorazioni servirono a poco; l’indomani il caporale venne trovato nel recipiente “caccavu” morto stecchito. L’azione punitiva del brigante non si fermò al caporale, poiché anche il padrone, alcuni giorni dopo, venne trovato con un occhio nero, la faccia gonfia e un braccio rotto, ma non fu ucciso perché al brigante serviva di più vivo. Dopo alcuni giorni, il padrone ricevette la visita del parroco del paese, il quale, gli chiese cinquemila ducati per la dote della figlia del vaccaro, e gli consigliò di assumere il fidanzato della ragazza al posto del defunto caporale.
    • Giuseppe Maria Ammirati - Nato il 12 maggio del 1842 "Peppe Maria" (era,conosciuto con questo nome) fu definito il brigante-galantuomo. Si racconta, infatti, che nel 1894, mentre sorvegliava gli uliveti, incontrò alcuni uomini che lo accusarono di avere dato alle fiamme le immense colture di ulivi in località Misudera. Peppe Maria si proclamò innocente, ma quando due degli accusatori affermarono di averlo visto con i propri occhi, lui sparò e li uccise. Dopo il delitto scappò rifugiandosi nei boschi della Sila ma, stanco, decise di costituirsi. Rimase in carcere per vent'anni e, una volta libero, il barone Barracco gli concesse un piccolo appezzamento di terreno al bivio di Castelsilano sul quale Peppe Maria costruì una baracca con "cozze" (resti di tavole di legno). Morì nel 1920.
    • Vincenzo Andali - Pittore, nacque nel 1827. Realizzò il quadro "La Sacra Famiglia" attualmente custodito nella chiesetta della Madonna della Campagna.
    • Giuseppe Cosentino - Maresciallo delle Fiamme Gialle. Nel 1959, mentre comandava il distaccamento di Sant'Anna di Valdieri, ebbe la medaglia di Cavaliere della Repubblica Federale Tedesca, conferitagli dal primo cancelliere Konrad Aderiauer, per avere salvato sei sottufficiali dell'aeronautica militare. Il 20 giugno del 1987 fu promosso sottotenente.
    • Giuseppe Dima - Medico, nacque nel 1901. Prestò servizio come ufficiale sanitario nei comuni di Caccuri, Casino e Cerenzia. In quest'ultimo paese, dove fu medico condotto fino al 1970, trascorse la mag¬gior parte della sua vita. Ha pubblicato diversi testi di medicina, tra cui uno studio sulla malaria. È stato insignito della medaglia d'oro "Opera Nazionale Maternità e Infanzia" per aver diretto uno dei consultori Onmi. Morì nel 1985.
    • Alfonso Maria Torquato Ferrari - Illustre storico, fu giornalista del "Giornale d'Italia". Fu tra gli intellettuali che, negli anni '50 del Novecento, proposero il cambio di nome del paese da Casino a Castelsilano. Nacque i110 settembre del 1897 e morì i124 aprile del 1980.
    • Ernesto Iaconis - Giornalista di fama internazionale. Morì a Roma negli anni Quaranta del Novecento.
    • Filippo Pugliano - Tenente, nacque 1'8 novembre del 1912. Durante la seconda guerra mondiale partecipò ai conflitti in Africa. Nel 1939, infatti, partì prima per Addis Abeba e poi per Gimma, dove fu assegnato alla direzione Affari Economici e Finanziari. Promosso segretario di governo, fu poi chiamato a coprire l'incarico di "residente di Gurafarda" (zona dell'Etiopia al confine con il Sudan). Dopo lo scoppio delle ostilità e la sconfitta delle truppe italiane, Pugliano marciò nella foresta per ventuno giorni raggiungendo, insieme a un battaglione coloniale, la città di Bonga (sede del commissariato del Caffa e Ghemira). Da qui si trasferi nuovamente a Gimma dove fu catturato dalle truppe inglesi e rinchiuso per cinque anni in un campo di concentramento in Kenya. Tre anni dopo fu liberato. Morì il 6 dicembre del 1946 mentre con altri cinqe compagni cercava di raggiungere i familiari. L’autocarro su cui si trovava, infatti, precipitò da un burrone all’altezza di Ponte Neto.
    • Francesco Scalise - Medico condotto del paese per oltre quarant’anni e ufficiale sanitario. Fu insignito del titolo di Grande Ufficiale della Repubblica. Nacque il 20 febbraio del 1925 e morì il 10 febbraio del 2003.


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    Tutti i castelli



    Edited by Isabel - 4/11/2014, 18:21
     
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