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Area archeologica di Punta Alice

Comune di Cirò Marina

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  1. Isabel
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    Area archeologica di Punta Alice a Cirò Marina

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    - Fonte -

    Sul promontorio di Punta Alice, località in agro del comune di Cirò Marina, sono stati rinvenuti nel 1924 i resti di un grande tempio dorico dedicato ad Apollo Aleo, dall'eroe tessalo Filottete, che secondo leggenda, ivi consacrò le sue frecce ad Eracle dopo la vittoriosa guerra di Troia. Gli scavi di Punta Alice si concentrano dunque sul Tempio di Apollo, intorno al quale ruotava l'intera area sacra, quasi certamente di origine precoloniale. Distante poco più di 20 km da Crotone, l'area archeologica di Punta Alice potrebbe rappresentare un'area sacra precoloniale, inglobata dai greci in epoca arcaica e dedicata ad Apollo Aleo. L'area archeologica di Punta Alice dunque è interessata dal santuario dedicato ad Apollo Aleo dall'eroe tessalo Filottete, che qui consacrò le frecce donategli da Eracle. In origine il tempio del VI secolo a.C. era costituito da una cella (naos) fortemente allungata, lunga 27 metri e larga quasi 8. La cella era completamente aperta sul lato orientale e divisa in due navate da un colonnato, di cui restano le basi lapidee. La struttura, rimase in uso fino alla fine del IV secolo a.C. momento in cui si pone la trasformazione, ad opera dei Bretti, del tempio in un periptero dorico di maggiori dimensioni (46x19), completamente in pietra, circondato da otto colonne sui lati brevi e diciannove su quelli lunghi. La prima cella arcaica fu inglobata nel nuovo edificio, mentre il colonnato fu raddoppiato sul lato orientale. Tra i materiali rinvenuti nell'area archeologica di Punta Alice emergono, in gran parte offerte votive del periodo arcaico al Tempio di Apollo, le parti marmoree dell'Acrolito di Apollo, anch'esse di epoca arcaica, testa, piedi e mano sinistra, esposte al Museo Archeologico di Reggio Calabria. Alla fase brettia del santuario, fine IV secolo a.C. risalgono i frammenti di terrecotte architettoniche, capitelli dorici, rocchi di colonne e frammenti di architravi, questi conservati invece nel vicino Museo Archeologico di Crotone. L'area archeologica è interessata anche dal rinvenimento, sempre in prossimità del Tempio di Apollo, di alcuni ampi edifici riferibili anch'essi al periodo brettio, non indagati completamente e che si suppone possano rifarsi a strutture dedicate ad accogliere i pellegrini, come avveniva per il vicino e ben più famoso Santuario di Hera Lacinia, in prossimità di Crotone.

    Tempio di Apollo Aleo

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    Durante gli scavi del 1924 l'archeologo Paolo Orsi, individuò in località Punta Alice del comune di Cirò Marina, l'antico tempio arcaico dedicato ad Apollo Aleo, indicando nell'attuale territorio di Cirò Superiore, l'ubicazione dell'antica città di Krimisa. Che in località Punta Alice fosse già presente un'area di culto non ancora strutturata, almeno a partire dalla fine del VII secolo a.C. sembra confermato da una serie di manufatti tipici quali l'idoletto schematico in argento, il kouros dedalico e la statuina fittile di tipo locrese, rinvenute in loco.Soltanto dopo la metà del VI secolo a.C. si monumentalizza l'area sacra di Punta Alice con la costruzione del tempio dedicato ad Apollo Aleo. Nella sua fase più antica, fine del VI secolo a.C. il tempio dedicato ad Apollo Aleo era costituito da una cella (naos) fortemente allungata (27x7,90 metri), orientata in senso est-ovest, completamente aperta sul lato orientale e divisa in due navate da un colonnato di cui restano le basi lapidee. Tutte le colonne, esterne ed interne, si suppone fossero in legno. La cella era conclusa ad ovest da un ambiente quadrangolare (adyton) chiuso da un muro divisorio ed articolato da quattro pilastri. Questo spazio conteneva la statua di culto del dio Apollo. La struttura era formata da un basso zoccolo costituito da due filari di blocchi di calcare, su cui poggiavano i muri in mattoni crudi. Il tempio di Punta Alice dedicato ad Apollo Aleo, rimase in uso fino alla fine del IV secolo a.C. momento in cui, dopo la conquista di Krimisa da parte delle popolazioni brettie, l'edificio venne trasformato in un periptero dorico di maggiori dimensioni, lungo 46 metri e largo 19. Il nuovo edificio brettio completamente in pietra, fu circondato da otto colonne sui lati brevi e diciannove su quelli lunghi. La cella arcaica fu inglobata nel nuovo edificio, mentre il colonnato fu raddoppiato solo sul lato orientale. La seconda fase del Tempio di Apollo Aleo documenta invece gli ultimi interessanti sviluppi dell'architettura dorica templare in Occidente, costituendo l'unico edificio periptero postclassico noto. L'area sacra di Punta Alice rimase fino al IV secolo a.C. in orbita crotoniate, come del resto la città di Krimisa. Con la decadenza delle colonie magnogreche le popolazioni brettie occuparono gran parte dei luoghi di culto appartenuti ai coloni greci. Dagli scavi effettuati nell'area del Tempio di Apollo Aleo sono state rinvenute le parti in marmo della statua del dio Apollo ed il relativo acrolito, oggi esposto al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.

    Acrolito di Apollo Aleo

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    Testa pertinente all’acrolito di Apollo, marmo (440-430a.C.)


    Rinvenuto nel 1929 durante la prima campagna di scavi nell'area archeologica di Punta Alice, col nome di Acrolito di Apollo Aleo si identifica la testa in marmo bianco della statua raffigurante il dio greco, qui protettore dei naviganti e dei mercanti di mare. Sul promontorio di Punta Alice gli abitanti dell'antica Krimisa avevano eretto un santuario dedicato ad Apollo Aleo. I primi scavi dell'area vennero condotti dall'archeologo Paolo Orsi che riportò alla luce le fondamenta del tempio, e di fianco altri oggetti antichi, tra cui antefisse in terracotta, monete d'argento e parti della statua in marmo bianco. L'Acrolito di Apollo Aleo si compone della testa quasi intatta, alta 41 centimetri e con le orbite degli occhi vuote, dei piedi, e della mano sinistra frammentata. La statua in marmo greco bianco, con alcune sfumature di azzurro doveva essere alta poco più di due metri, e rappresenta una delle poche rinvenute in tutta la Magna Grecia ad utilizzare la tecnica acrolitica. La tecnica acrolitica permetteva di rendere gli dei ellenici più vicini alla realtà quanto a fisionomia, attributi e abbigliamento. Infatti le parti scoperte del corpo, come la testa, le mani, i piedi e le braccia, venivano prodotte in marmo o in pietra, e completate con materiali di legno, ma anche gesso, stoppa, creta, muratura dipinta dalle altre parti del corpo che quindi fungevano da semplici congiunture. Spesso le statue così ottenute venivano ricoperte con abiti di stoffa, lamine metalliche o parrucche, per dare maggiore sembianze umane agli dei ellenici. In effetti l'acrolito di Apollo Aleo, sul cranio calvo, doveva portare una parrucca in bronzo laminato, forse coronata di alloro. Le cavità orbitali dovevano essere riempite in osso e pasta vitrea, oltre alla lamina bronzea utilizzata per rendere le ciglia. I piedi carnosi e larghi, tagliati sopra la caviglia, erano innestati mediante grossi perni rettangolari e presentano piccoli fori per sorreggere i sandali. Con ogni probabilità l'idolo raffigurava il dio Apollo, coperto da una lunga veste, seduto in atto di suonare la cetra. Oggi la testa marmorea dell'acrolito di Apollo Aleo è conservata presso la sala XXVI del Museo Archeologico di Reggio Calabria, insieme ad altri reperti rinvenuti nell'area di scavo di Punta Alice, molti altri invece sono conservati presso il più vicino Museo Archeologico di Crotone. Al museo si conservano i materiali che Paolo Orsi fece nel 1924 al tempio di Punta Alice: la testa e i piedi in marmo raffigurante Apollo (480 a.C.),una parrucca bronzea (480-460 a.C.) di un acrilico più antico, una statuetta in lamina d’oro di Apollo, con arco e pantera, vari bronzetti, corone d’alloro in argento e bronzo, un’iscrizione su una tegola in marmo e alcune antefisse a testa di Pan.

    Ritrovamenti archeologici e Musei

    Nel Museo Civico Archeologico di Cirò Marina situato nell'ottocentesco Palazzo Porti e nel Castello Sabatini, sono esposti diversi reperti rinvenuti nell'area del santuario di Apollo Aleo: un capitello, elementi architettonici, una maschera di terracotta, un piedistallo, frammenti di una statua in bronzo, frammenti di una parrucca in bronzo, monete di bronzo, statuine, ecc. Nel Museo Archeologico Nazionale di Crotone vi è una sezione dove sono esposti i ritrovamenti dell santuario di Apollo Aleo a Cirò Punta Alice: alcuni capitelli dorici del tempio, un'antefissa a disco con Gorgone proveniente dall'acroterio, delle terrecotte votive; una matrice di antefissa, e frammenti di statuetta arcaica di un giovinetto in pietra calcarea. Non mancano didascalie che illustrano il sito e foto del famoso acrolito.

    Nel Museo Nazionale della Magna Grecia invece sono conservati i materiali più preziosi:
    • la stupenda testa, le mani e i piedi in marmo di una statua raffigurante Apollo: si tratta di un acrolito (cioè di una statua della quale sono realizzati in marmo solo la testa e gli arti, mentre il corpo era in legno o semplicemente un'impalcatura poi rivestita di tutto punto); la testa, che mostra influssi fidiaci, è realizzata in marmo bianco e presenta dei fori intorno alla fronte che mantenevano originariamente una parrucca in bronzo o una corona metallica. È datata al 440 a.C.
    • un piccolo Apollo in oro.

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    Parrucca in bronzo di una statua

    - Fonte -

    Lo scavo ha portato alla luce il celebre acrolito (statua con testa, mani e piedi in pietra, marmo o avorio e il resto in legno ricoperto da stoffe o lamine metalliche) di Apollo Aleo, realizzato da un artista greco tra 440 e 430 a.C., rinvenuta nel naos (cella) del tempio. L’opera rimane frammentaria e ci sono giunti solo la testa, i piedi e la mano sinistra, tutti elementi che rimandano all’acrolito. Il prodotto artistico dimostra l’arrivo, dopo la metà del V secolo a.C., in occidente della maniera fidiaca. L’occultamento di questo manufatto si fa risalire all’età ellenistica, a causa di un momento di instabilità e di possibile distruzione dell’Apollonion (santuario di Apollo). L’epiteto “Aleo” deriva dal greco alaios (errante, vagabondo) e dal verbo alàomai (girare, vagare, errare). Questi termini fanno pensare al lungo girovagare dell’eroe omerico Filottete, fondatore di Petelia e Krimisa, qui sepolto secondo il mito.

    Altri reperti riemersi dal secolare nascondiglio a cui furono destinati sono:
    • una calotta bronzea per una statua (forse un Apollo arciere). La decorazione fine della chioma presenta ciocche cinte da una corona d’alloro (simbolo del dio). Per lo stile “severo”, la parrucca è datata al periodo tra 470 e 460 a.C.
    • frammenti di epigrafi, scritte con caratteri greci ionici ma in lingua osca, ascrivibili al III secolo a.C. Questi documenti, scarsi ma rilevanti, mostrano sia la continuità d’uso del santuario anche dopo la parentesi greca sia l’importanza di questo luogo di culto per le genti brettie.

    Nell'area dove si presume si trovasse l'antica città di Krimisa operò per diverso tempo il celebre archeologo italiano Paolo Orsi, che vi fece diversi ritrovamenti nel corso degli scavi eseguiti fra il 1924 e il 1929.Seppure scarsi, i resti e i rinvenimenti riconducono inequivocabilmente quelli del santuario dedicato ad Apollo Aleo. Dell'edificio del tempio, era in stile dorico, è documentata:
    • una prima fase arcaica, seppure con evidenze molto scarse, risalente al VI secolo a.C.;
    • una seconda fase, testimoniata soprattutto da terrecotte architettoniche, datata dalla metà del V secolo a.C. fino a tutto il IV secolo a.C.

    Edited by Isabel - 3/11/2014, 15:38
     
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