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Area archeologica di Taureana

Frazione di Taureana di Palmi

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    Area archeologica Taureana a Palmi

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    - Fonte Foto -

    La carta topografica del luogo ove sorse Tauriana e dei ruderi ivi esistenti, che qui riportiamo, fu a nostra cura rilevata secondo la scala di 1 a 4.000 metri; ed il luogo rilevato (propriamente verso al Torre di Pietrenere) corrisponde al punto di incrociamento del 3°, 24', 22" di longitudine orientale, giusto il meridiano di Roma (Monte Mario), col 38°, 23', 18" di latitudine boreale. Dei ruderi, portiamo segnati i più notevoli, i quali dimostrarono chiaramente ove si trovava il corpo della città; e degli altri, sparsi per la campagna circostante abbiamo creduto superfluo riportarne la designazione, non essendo essi che di poca o nessuna importanza. In questo luogo ove sorse Tauriana e nelle vicinanze...

    Così inizia il capitolo dedicato alla pianta dei ruderi ancora visibili della presunta città di Tauriana nel volume scritto alla fine dell'800, da Antonio De Salvo su Metauria e Tauriana, volume che ancora oggi si può considerare un primo, valido strumento di approccio per quanti intraprendano la ricerca su questo sito brettio. Diversi i rinvenimenti fortuiti susseguitisi dalla fine dello stesso secolo, indicatori precisi di una consistente realtà archeologica e, soprattutto, della valenza scientifica del territorio palmese, anche nell'ottica di una attenta ricostruzione della storia del territorio tirrenico meridionale della Calabria, fino ad un paio di decenni fa, quasi totalmente sconosciuto. Il litorale costiero di Scinà ed il pianoro di Taureana, toponimo odierno che ricorda una realtà storico archeologica antica, sono le aree maggiormente indagate e più significative, data la ricchezza di rinvenimenti per la storia dell'area in età greco-italica, imperiale e bizantino-medievale.

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    Da sempre la scelta dei luoghi per gli insediamenti umani è stata fondamentale e rispondeva a requisiti ben precisi di difendibilità, possibilità di collegamenti viarii e marittimi, presenza di risorse locali da sfrutta re per l'economia quotidiana, abbondanza di acqua. Il sito di Palmi, che gli studi odierni e le indagini in corso evidenziano la necessità di leggere storicamente ed archeologicamente su scala territoriale più ampia, sembra rispondere a tutti questi requisiti. Così per l'età protostorica che vede svilupparsi nel settore ovest del pianoro di Taureana un abitato dell'età del Bronzo (XVII-XI secolo a. C.) le cui abitazioni trovano, almeno per la parte recentemente indagata, un confronto immediato con le capanne coeve dell'isola di Lipari. Attraverso il piccolo terrazzo di località Cropo, è documentata la presenza di ossidiana e di materiali ceramici di età neo-eneolitica, assimilabili tipologicamente a quelli di aree siciliane. O ancora, la presenza di vasellame frammentario riconducibile ad un orizzonte culturale egeo e miceneo rinvenuto in una delle grotte che caratterizzano il paesaggio litoraneo in località Petrosa.

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    Evidentemente, l'ubicazione di tali siti lungo o in prossimità di tracciati viarii che costeggiavano anche le vallate fluviali, permetteva collegamenti tra la costa, i pianori e l'interno, fondamentali per gli spostamenti e per la distribuzione, anche su larga scala, di diversi prodotti, tra i quali proprio l'ossidiana. E gli studiosi hanno sottolineato l'importanza fin da quella epoca, del litorale compreso tra Palmi e Gioia Tauro per i traffici commerciali, grazie ai quali sono arrivati in Calabria oggetti di produzione orientale, di un certo pregio e rarità. Oggetti che gli archeologi, in occasione degli scavi, hanno rinvenuto tra i corredi delle sepolture ad inumazione databili all'età del Bronzo finale e messe in luce sul pianoro di Torre Inferrata in località Castellace. Se per l'età arcaico-classica, quando Rhegion aveva il pieno controllo del suo territorio, il rinvenimento di vasellame e di anfore di VII-V secolo a. C. conferma l'uso dell'area – seppure il mancato rinvenimento di strutture ancora oggi, non permette di conoscerne le modalità di uso e di sfruttamento – dal IV secolo a. C. in poi, le emergenze archeologiche rinvenute e le fonti letterarie consentono, comunque, di rilevare ed evidenziare alcune interessanti specificità del territorio a sud del Metauros.


    Il territorio

    L'area dell'antica Taureana è collocabile nel territorio in cui oggi ricade il comune di Palmi, morfologicamente identificabile con una serie di pianori coltivabili, costituiti da terrazzio marini d'età pleistocenica, suddivisi in diversi ordini fino a raggiungere i primi aspri contrafforti aspromontani. Particolarmente visibili da Palmi nelle giornate in cui i venti spirano da nor, sono l'arcipelago eoliano e la costa nord-orientale della Sicilia, il cui legame artistico-commerciale con questo territorio sin dall'età protostorica è documentato anche dai rinvenimenti di ossidiana e dalle medesime classi ceramiche. Strategica è l'ubicazione di questo territorio pressochè all'imbocco dell'area dello stretto – nota agli antichi greci e la tini come Fretum Siculum e temuta per la pericolosità del suo attraversamento a causa di venti e correnti incontrollabili – ubicazione che favorì il suo inserimento nei percorsi commerciali marittimi, tipici dell'area mediterranea, da sempre. Ancora oggi il Portolano sconsiglia la navigazione a vela nello Stretto di Messina, perciò è fondamentale che i naviganti conoscano bene il gioco delle correnti, dei bastardi, dei vortici e la direzione dei venti. Storicamente quest'area segnava il limite nord della chora tirrenica della colonia calcidese di Rhegio, fondata nell'ultimo quarto dell'VIII secolo a. C. dalla città di Zancle, l'odierna Messina, per il controllo dello Stretto anche sul versante calabrese. Essa era contigua al centro coloniale di Metauros, fondato nel VII secolo a. C. nei pressi della foce del fiume omonimo, noto agli antichi per la pesca dei tonni. Il fiume, il cui bacino era caratterizzato da numerosi affluenti che raggiungevano il massiccio aspromontano, costituiva un importante via di navigazione grazie alla quale il collegamento con le zone interne era assicurato.

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    Testimonianza dell'appartenenza a Rheghion di quest'area situata a sud del fiume Metauros è l'iscrizione in lingua greca con dedica ad Eracle reggina, incisa su una lamina bronzea – forse elemento terminale di un elmo – ritrovata casualmente nella prima metà del secolo scorso in un appezzamento di terreno situato in località Castellace di Oppido Mamertina. Un rinvenimento da ricollegare senza dubbio all'esistenza di un luogo di culto finalizzato ad una chiara delimitazione dei confini del proprio territorio d'influenza, da porre sotto la protezione della divinità. Indicativa peraltro è la sua ubicazione in un'area interna, ad una ventina di chilometri dalla sommità del crinale aspromontano che fungeva da spartiacque tra il versante tirrenico e quello ionico. E' invece di difficile lettura la possibiltà che in età successiva, intorno al IV secolo a. C. possa esserci stato un nuovo confine tra l'area controllata dai regini e quella dove si stabilirono gli italici Tauriani. Sembrerebbe suggerirlo un passo di Catone che indicherebbe in un fiume, dal nome corrotto e pertanto difficilmente interpretabile, tale confine (Cato Originum Reliquae, fr. 71 PETER, ap. Probus, ed Verg. Buc., p. 326, HAGEN). Dalla seconda metà del IV secolo infatti, gruppi italici, specificamente brettii staccatisi dai Lucani, si resero politicamente autonomi e raggiunsero la Calabria meridionale, avviando così una loro espansione territoriale che li portò a conquistare diversi centri italioti: Terina, Hipponion, Petelia oltre a tentare la conquista di grossi centri coloniali come ad esempio Crotone.

    “La parte restante dell'italia, poi è stretta e allungata e termina con due punte una delle quali finisce nello stretto di Sicilia, l'altra a capo Iapigio, essa è abbracciata dall'Adriatico da una parte, dal mar Tirreno dall'altra. La parte restante la occupano i Brettii e alcuni dei Lucani…”
    Strabo, Geogr., V 1,3 C 211

    Le vicende dei Brettii e le loro alterne fortune furono in realtà strettamente collegate agli eventi politico-militari della regione e della stessa Magna Grecia: la venuta di Alessandro il Molosso, la politica di sostegno condotta dal siracusano Agatloche nei confronti di Crotone, lo scontro del re epirota Pirro contro i Romani, il conflitto tra Cartagine e Roma. Furono alternativamente nemici o alleati, prima dei centri italioti, dopo dei Romani, che nel loro esercito riservavano ruoli secondari ai Brettii i quali per la loro agilità e forza fisica e per la loro abitudine ad attraversare luoghi impervi, divennero ottimi “corrieri”. L'occupazione brettia del territorio tirrenico calabrese, zona oggi più sistematicamente indagata. Al di là di alcuni centri strutturati organicamente secondo modelli urbanistici greci, sembra caratterizzarsi per una presenza diffusa, con piccoli nuclei abitativi di tipo agricolo, dislocati sui pianori e zone interne, tra loro collegati ed ubicati nei pressi delle vie di comunicazione e delle tradizionali vie di transumanze.


    Con la completa romanizzazione della regione, successiva alla guerra sociale, la presenza brettia sul territorio calabrese è solo un ricordo, tuttavia ancora vivo in età bizantina quando, scrive Procopio di Cesarea, conquistata la regione, il suo nome attestato dai documenti ufficiali era ancora Bruttiorum, che succesive modifiche linguistiche mutarono in Brettia o Brettanìa. E' dunque nel periodo ricordato dagli studiosi del mondo antico come età ellenistica che alcuni gruppi brettii – specificatamente Tuuriani – occuparono con dinamiche insediative articolate e non acora del tutto note. Il territorio a sud del fiume Metauro, dal litorale alla zona aspromontana.

    “C'è poi un terza strada. Che parte da Rhegion, passa attraverso i territori dei Brettii, dei Lucani e dei Sanniti e arriva in Campania, dove si ricongiunge con la via Appia…”
    Strabo, Geogr., V 1,7 C 283

    Prova inconfutabile della loro presenza in questo comprensorio territoriale è la scoperta, in occasione delle indagini archeeoogiche sistematicamente condotte in località Mella di Oppido Mamertina e sul pianoro su Taureana di Palmi , di diversi laterizi da construzione su cui è impresso l'etnico dei Taureani al genitivo plurale.
    In entrambe le località sono stati portati infatti alla luce due centri abitati riconducibili ad ambito culturale italico di cui, con il proseguimento degli scavi, si potrà caratterizzare ulterior mente la tipologia insediativa, le eventuali differenze urbanistiche ed i reciproci ruoli. Per una nuova definizione cronologica circa i tempi di una prima occupazione brettia di questa fascia del territorio reggino, occupano un posto importante gli scavi condotti a partire dalla fine degli anni '90 sul pianoro di Torre Cillea, in località Castellaee di Oppido, già nota per la scoperta di sepolture italiche e quelli della struttura fortificata nella località asproniontana di Palazzo, situata in prossimità del percorso di dorsale che collegava il versante tirrenico con quello ionico, posto sotto l'influenza locrese.
    Come spesso accade, mito e storia si confondono nel tentativo di ricostruire la vita del territorio di Palmi e dell'intera area a sud del Metauros, aree per le quali la lettura e la corretta inter pretazione delle fonti ad esse riferibili, talora è difficile anche per la lacunosità dei testi giunti fino a noi.

    Eracle ("colui cui fiera diede gloria"), l'eroe semidivino che attraversò lo stretto per raggiungere la Sicilia all'inseguimento di uno dei buoi di Gerione e che, divenuto per le sue eroiche imprese, divinità particolarmente onorata dalle genti italiche, fu oggetto di culto nelle aree sacre situate ai confini di un territorio, come nel caso di Castellace; Oreste, figlio di Agamennone, colpevole dell'assassinio della madre Clitemnestra, nel suo vagabondare alla ricerca della purificazione avrebbe raggiunto con la sorella Ifigenia, la chora reggina, ferman dosi presso il fiume Pecoli, che segnava il confine tra il territorio di Rhegion e quello dei Tauriani, appendendo la sua spada ad un albero; Aurunci prima ed Achei dopo, al ritorno da Troia, avrebbero posseduto la città di Taurianum.
    Questa parte del territorio calabrese, inserito a pieno titolo nei circuiti commerciali marinari fin dall'età protostorica, è paesaggisticamente caratterizzato da scorci affascinanti: distese di uliveti man mano che ci si addentra verso i contrafforti aspromontani; una flora molto ricca dove, complici anche i caratteri geomorfologici, si sono venute a creare “microunità territoriali”; mulini ad acqua e frantoi che ancora oggi, seppure manufatti degradati o in ruderi, sono espressione di una società contadina molto vivace e produttiva.
    O ancora. Scogliere rocciose a picco sul mare, intervallate da brevi tratti di litorale sabbioso, di difficile ancoraggio per le imbarcazioni che solcavano il mare bruzio, ricordato dalle fonti letterarie come un tratto di mare spesso tempestoso, per la presenza di Scilla e Cariddi:
    “Così quando il maestrale sferza il mare bruzio e dalle profondità si gonfiano le onde, percosse le sue caverne geme Scilla e i marinai sul mare e nei porti temono ciù che il rapace Cariddi rigetta dopo averlo ingoiato…”
    Sen., thyestes, 577-81

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    Scogliere a picco sul mare che spesso, tra gli arbusti, nascondono l'ingresso di cavità frequenta te dall'uomo fin dall'età eneolitica, come nel caso di grotta San Sebastiano di Bagnara Calabra. Caratteristici i Piani della Corona costituiti da terrazzi coltivati oggi come nell'antichità, visibilmente collegati tra loro e sede di piccoli insediamenti fin dall'età protostorica, o centri abitati interni, come Seminara, dove la via delle Fabbriche, oggi pressoché abbandonata, testimonia l'abilità dei maestri vasai moderni nel modellare l'argilla, traendo ispirazione da iconografie antiche. Queesto territorio è stato martoriato, nel corso dei secoli, da un attività sismica piuttosto frequente che, in alcuni casi, ha determinato la distruzione e il totale abbandono di diversi centri abitati, basti pensale al sisma del 1638 o a quello del 1783.

    Edited by Isabel - 22/10/2014, 11:06
     
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    Parco di Taureana di Palmi

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    Logo dei Bretti

    - Fonte -
    A cura di Francesco Lopreste

    Alla fine del I secolo a.C. il pianoro è stata interessato da una estesa opera di urbanizzazione con una riorganizzazione complessiva degli spazi con strade pavimentate (A), isolati abitativi (B) unitamente ad edifici pubblici di natura civile (C) e religiosa (D). Gli scavi archeologici condotti, confermerebbero che lo città di Tauriana ricordata da Plinio il vecchia come Taurentum oppidum e da Pomponio Mela come Tourionum - rimase in vita fino al IV secolo d.C. quando il pianoro divenne area rurale. La strada oggi a vista, pavimentata con basali di pietra dura (gneiss) e larga cinque metri. costituiva uno degli assi principali della città e ne permetteva l’attraversamento da nord a sud. Sul suo lato orientale, sono ancora visibili in fondazione, resti delle abitazioni che la affiancavano. Alla città romana è collegato un piccolo nucleo di sepoltura rinvenute nell'area della Chiesa di San Fantino sul limitare sud del pianoro. Poche le notizie sulla vita del centro in età imperiale: fondamentali quelle desunte dalla vita di San Fantino scritta dal vescovo tauria¬nense Pietro, nell'VIII secolo d.C.

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    La struttura messa in luce ad ovest della strada basolata è identificabile con un edificio per spettacoli costituito da una cavea rivolta ad occidente, impostata su un pendio naturale roccioso e sostenuta a sua volta da possenti costruzioni costituite da strutture peculiari di forma triangolare e da una seridi setti radiali disposti regolarmente su ogni lato. Nulla è rimasto della gradinata. L’edificio, le cui murature sono state realizzate in conglomerato cementizio e rivestite con pietrame e mattoni, si è conservato parzialmente e si caratterizza per alcune particolarità costruttive. Dall’arena/orchestra si conserva la pavimentazione il laterizi. Costruito forse nel I secolo d.C, rimase in uso fino al IV quando fu destinato ad altro uso probabilmente. in conseguenza dell’Editto Costantiniano che bandì giochi e spettacoli pagani. Al momento un unicum in Italia meridionale sia per le particolarità architettoniche e dimensionali – è infatti degli anfiteatri noti- sia perchè potrebbe essere stato destinato contemporaneamente a giochi e spettacoli teatrali. Dalla fine dell'800 i rinvenimenti fortuiti e la redazione di una carta topografica a cura di Antonio De Salvo che ricordava i ruderi antichi ancora visibili a quel tempo, segnalaronol'interesse storico - archeologico del pianoro di Taureana di Palmi prospiciente lo costa e situato all'imbocco settentrionale della strategica area dello Stretto. Nel secolo scorso alcuni studiosi si interessarono a questo territorio e furono condotte indagini nell'area della Chiesa di San Fantino e in località Scinà, ma è solo con la conduzione di sistematiche campagne di scavo archeologico a cura della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria dalla fine degli anni '90 - in collaborazione anche con diversi Istituti Universitari italiani e stranieri - che è stato possibile definire l'esistenza di un abitato italico tra lo fine del IV e la fine del I secolo a.C. e di un centro romano in vita tra la seconda metà del I sec. a. C. ed il III-IV secolo d.C.

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    E' di particolare interesse avere compreso a seguito delle ricerche e degli studi che ne sono seguiti che, territorialmente, Taureana per l'età ellenistica (IV-I secolo a.C.) rientrava in un'area archeologicamente e storicamente omogenea il cui confine settentrionale ero definito dal fiume Métauros, odierno Petrace. Un'area abitata da gruppi BRETTI che raggiunsero il meridione della Calabria. Il logo etnico, Tauriani, è impresso sui laterizi da costruzione rinvenuti in occasione degli scavi condotti a Taureana e in località "Mella" di Oppido Mamertina.Si è avuta inoltre conferma dell'esistenza della città in età romana (forse con lo status di municipium) ricordata da scrittori quali Plinio il Vecchio e Pomponio Mela per l'età imperiale e dall'Anonimo Ravennate e Guidone per l'età tordo-antica e medievale; la città di Tauriana è segnalata anche sullo Tabula Peutingeriana, un itinerarium pictum di età medioevale.


    Il Santuario Romano

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    L'imponente santuario occupa un terrazzo (m. 45 x 52) appositamente regolarizzato alla fine del I secolo a.C. Il grande complesso sacro, la cui divinità rimane per ora ignota, è costituito do un porticato (A) che si sviluppa sui tre lati di un'ampia area scoperta, al centro della quale sorge il tempio (B). Tale porticato, largo circa m. 5, presenta una doppia fila di muri paralleli in conglomerato cementizio, conservati a livello di fondazione: i muri esterni orientale e occidentale fungevano anche da possenti muri di terrazzamento. Non si hanno dati per una ricostruzione certa del porticato: è ipotizzabile un muro di fondo chiuso, forse continuo, e una scansione di colonne o pilastri sul fronte interno. Sul lato sud era ubicatol'accesso al santuario (C) attraverso un ampio vano quadrangolare; sul lato nord un unico muro (D), a ridosso del ciglio del terrazzo, doveva fungere da delimitazione e parapetto, lasciando libera lo visuale da e verso il mare. Del tempio, orientato nord-sud, si conserva solo l’alto podio (B), oggi visibile per un'altezza di m. 1,70 ca. con l'accesso sul lato settentrionale dove si conservano, incassate, le tracce della scalinata. Il rivestimento, in opera incerta con pietrame locale e filari di mattoni, è andato quasi completamente perduto. Nulla è rimasto dello sviluppo in altezza del tempio che, che solo su base indicativa, poteva raggiungere complessivamente circa 10 metri. L'edificio templare di tipo italico è stato da sempre identificato dalla locale tradizione popolare come Palazzo di Donna Canfora. Una donna particolarmente bella, rapita dai corsari - attratti dalla fama della sua bellezza - mentre acquistava alla marina fini mercanzie e che si gettò nel mare dalla barca, preferendo la morte al distacco dai suoi cari.


    La casa del Mosaico

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    La struttura. di particolare complessità architettoniche ha una superfi¬cie conservata di circa 400 mq. In uso dal II al I secolo a.C., è da identificarsi come edificio pubblico o come abitazione privata di un personaggio pubblico. Ubicata sul bordo del terrazzo, è delimitata da un muro (A) realizzato con grandi blocchi di calcare lavorato (opus quadratum) che doveva conferirgli un aspetto imponente. Tra i numerosi vani, organizzati intorno al grande cortile pavimentato con lastre di terracotta (B); spicca lo sala da banchetto (C). all'interno della quale sono stati ritrovati i frammenti di una kline (letto) di bronzo ed un emblema (pannello musivo) con scena di caccia all’orso.Una canaletta in mattoni. posta all'estremità nord del cortile (D), rac¬coglieva le acque meteoriche, provenienti anche da un ambiente pavimentato in cocciopesto (E), e le scaricava all’esterno. L'accesso al complesso architettonico avveniva da ovest in corrispondenza dello grande strada acciottolata (F). Nel corso della seconda metà del I secolo a.C., l’edificio viene demolito: l’area viene adibita a cantiere e i materiali vengono riutilizzali per lo costruzione del grande santu¬ario che vi si sovrappone (G).Emblema in vermiculatum (fine II-inizi I secolo a.C.): pannello musivo (cm.78x66), in tessere policrome di dimensioni millimetriche, il quale doveva occupare il centro della c.d. sala da banchetto. Vi è rappresentata una scena di caccia: due cavalieri e un portatore di lance si dispongono ai lati di un orso, ferito da una lancia scagliata dal cavaliere di destra.Sono raffigurati altri animali tra i quali, in primo piano, un cane rappresentato di tergo e, a destra, un felino, forse un leone e, nell'angolo in basso un cinghiale.


    Scina' edifici di età Romana e Tardo-Antica/Altomedievale

    Numerose sono le attestazioni archeologiche del territorio che gravitano intorno all'insediamento di Tauriana, prima brettia e poi romana. Significative le scoperte che documentano una intensa occupazione e uso dell’area tra l’età protostorica e medievale, tra le quali i ritrovamenti dalla Grotta di Trachina, da Monte Terzo-Cisterne, da Cropo e da Scinà. Quest'ultima località, lungo la fascia litoranea sottostante il pianoro, con gli scavi condotti negli anni'90, ha restituito parte di un complesso edilizio monumentale di piena età imperiale con annessi apprestamenti per lo raccolta e lo smistamento delle acque. Di questo edificio, si conservano alcuni vani, tra i quali uno absidato, con pavimentazione in lastre di terracotta e cocciopesto.Una imponente struttura semicircolare destinata alla raccolta delle acque (oggi visibile) e verosimilmente collegata ad un impianto termale, si affianca all'edificio sopra ricordato. Sempre in località Scinà è ipotizzato lo presenza di un porto. Per l'età tardo-antico/altomedievale l'occupazione di questo se"ore costiero è documentato dal sovrapporsi di una nuova

    La torre

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    La torre in pietra, nei pressi degli scavi, detta “di Donna Canfora”, ben visibile dalla spiaggia, è di più recente costruzione. E' una delle 4 torri poste a difesa contro le incursioni saracene.L’origine di questi monumenti, torri tronco-coniche a pianta circolare, con geometria slanciata di circa sette metri di diametro, la si fa risalire ad un periodo tra XIV°-XV° secolo, o,(Come riportato nella guida "Bagnara Calabra, Scilla e...", curata dal Gruppo Culturale Periferia Xiphias e Cartolibreria De Maio, pubbl. nel 1995, che cita il testo "Tipologia delle torri costiere di avvistamento e segnalazione in Calabria Citra e Calabria Ultra" di Vittorio Faglia), più largamente ad un periodo tra il 1268 e il 1442. Fatto sta che intorno alla metà del 16° secolo, gli aragonesi sono costretti a difendere il litorale calabro dagli attacchi dei turchi provenienti dalle coste del'Africa del Nord, Ed è il vicerè Consalvo, su richiesta del consigliere regio Fabrizio Pignatelli, a far realizzare una sistema di avvistamento e di allertamento delle popolazioni. Gli scavi condotti negli anni ‘50 del ventesimo secolo hanno messo in luce porte di uno necropoli di età romana e tardo-ontico/altomedievale.

    Edited by Isabel - 22/10/2014, 11:10
     
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